Sequestro conservativo: la Cassazione sulla valutazione dei presupposti del fumus commissi delicti e del periculum in mora

L’apprezzamento della sussistenza del periculum in mora, ai fini dell’applicazione della misura cautelare reale del sequestro conservativo, va correlato al rischio che all’esito del processo la garanzia del credito non possa trovare soddisfazione con il patrimonio del debitore pertanto, è giuridicamente errato che tale valutazione sia effettuata sulla base di un mero automatismo imperniato sulla imputazione.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8445/19, depositata il 26 febbraio. Il caso. Il Tribunale del riesame di Venezia rigettava le richieste di riesame presentate dagli interessati nei confronti di un’ordinanza del GIP del medesimo Tribunale con la quale era stata applicata la misura del sequestro conservativo di somme di denaro, beni mobili e immobili fino alla concorrenza di una data somma di denaro, così come cristallizzata nell’ambito del decreto che disponeva il giudizio per le imputazioni di bancarotta fraudolenta documentale e per distrazione formulate nei confronti degli stessi. Riteneva, invero, il Tribunale che il decreto che dispone il giudizio, fissando le imputazioni, presuppone una valutazione giudiziale sull’idoneità e sufficienza degli elementi acquisiti a sostenere l’accusa in giudizio, valutazione che, con riguardo alle misure reali, la giurisprudenza di legittimità ritiene sovrapponibile a quella relativa alla sussistenza del presupposto del fumus commissi delicti necessario per l’adozione della misura . Avverso tale provvedimento, tuttavia, venivano proposte diverse impugnazioni con le quali si censurava principalmente, da un lato, la erronea valutazione del presupposto del fumus commissi delicti in presenza di decreto che dispone il giudizio, pena la superfluità del giudizio di riesame della misura e, dall’altro, la totale assenza di motivazione in ordine al periculum in mora. In merito al fumus commissi delicti. La Corte, nondimeno, ha rigettato le predette censure con riferimento alla valutazione del fumus , ritenendo corrette le argomentazioni del giudice di merito che ha accolto, sostanzialmente, la posizione consolidata della giurisprudenza di legittimità sul punto. Ha aggiunto, inoltre, che, se in sede di riesame è ammessa una valutazione del fumus commissi delicti anche quando sia stato già emesso il decreto di citazione diretta a giudizio, la medesima valutazione è preclusa laddove, di contro, sia stato emesso un decreto di rinvio a giudizio, posto che in questo secondo caso si è avuta una valutazione giurisdizionale, intervenuta nel corso dell’udienza preliminare con riferimento all’idoneità e sufficienza degli elementi acquisiti a sostenere l’accusa in giudizio, con riguardo alle fattispecie di reato ipotizzate apprezzamento giudiziale questo che certamente supera, in termini di intensità, quella sommaria valutazione che viene compiuta in sede di emissione della misura cautelare. La valutazione del fumus con riguardo alle misure personali o reali. Oltretutto, nella sentenza in commento si evidenzia che tale orientamento resta valido anche in presenza della intervenuta declaratoria di illegittimità degli artt. 309 e 310 c.p.p. che ha modificato quella parte delle norme in cui non si prevedeva la possibilità di valutare la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in caso di intervenuta emissione di decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’art. 429 c.p.p Ed invero, il motivo per cui tale principio non può applicarsi alle misure cautelari reali è proprio la non omologabilità delle situazioni riguardanti la libertà personale con quelle relative alla libera disponibilità dei beni, che la legge può limitare in contemperamento ad ulteriori e diversi interessi che vengano, nel caso di specie, coinvolti. Con riguardo al nuovo” art. 425 c.p.p Un ulteriore motivo per il quale la proponibilità della questione sulla sussistenza del fumus in presenza di decreto che dispone il giudizio sia preclusa è rappresentato anche dall’opposta completezza che è propria della sentenza di cui all’art. 425 c.p.p., dopo le argomentazioni delle Sezioni Unite sul punto. In particolare, la decisione del giudice dell’udienza preliminare oggi si basa su una valutazione motivata e critica di sufficienza, non contraddittorietà e idoneità degli elementi probatori e, quindi, è sempre diretta a determinare una delibazione di tipo prognostico circa la probabile sostenibilità dell’accusa in giudizio in base alla oramai tendenziale completezza delle indagini preliminari. Oltreciò, spiegano i Giudici, la possibilità di intervenire in contraddittorio, nel corso dell’udienza preliminare, consente un pieno esercizio di difesa, che assicura all’interessato attraverso la contestazione dell’accusa mossa con l’esercizio dell’azione penale, la possibilità di allegare le ragioni a sostegno dell’istanza restitutoria , e cioè la insussistenza del presupposto del rinvio a giudizio e quindi del fumus . Il periculum in mora. Si evidenzia, di contro, l’errore in cui è incorso il Tribunale circa l’apprezzamento della sussistenza del periculum in mora , ossia quello di avere identificato il valore dei beni distratti con i crediti che il sequestro avrebbe dovuto garantire e di conseguenza l’avere provveduto a sottoporre a sequestro una somma corrispondente. Non è possibile, in questo caso, applicare il principio che vuole la legittimità della misura posta a tutela di un credito determinabile con un apprezzamento che, anche se approssimativo, sia comunque correlato a dati oggettivi che evidenzino il ragionamento logico del giudice ad esempio il numero di parti civili, la causale delle richieste risarcitorie e l’ammontare delle eventuali somme richieste . Infatti, il ragionamento del giudicante non si è spinto fino all’apprezzamento di ulteriori elementi utili, così come richiesto da tale giurisprudenza di legittimità, ma ha semplicemente individuato l’ammontare complessivo del valore dei beni oggetto di condotte distrattive, che ha costituito solo una motivazione apparente.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 1 – 26 febbraio 2019, n. 8445 Presidente Morelli – Relatore Caputo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 07/09/2018, il Tribunale del riesame di Venezia ha rigettato le richieste di riesame proposte nell’interesse di S.A. , S.F. ed S.E. avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia con il quale era stata applicata la misura del sequestro conservativo di denaro, beni mobili e immobili dei ricorrenti fino alla concorrenza della somma di Euro 12.749.789,42. Il sequestro è stato disposto nell’ambito del procedimento nel quale nei confronti di S.A. quale legale rappresentante di omissis s.r.l. d’ora in poi , dichiarata fallita il 17/12/2013, S.F. ed S.E. , quali dipendenti della società con poteri di fatto di gestione e di disposizione patrimoniale sono state formulate le imputazioni provvisorie di concorso in bancarotta fraudolenta per distrazione capo 1 in relazione al finanziamento per circa 1.435.000 Euro in favore della controllante omissis , fallita nel 2015 alla cessione in blocco delle attrezzature in favore della società rumena La Fenice s.r.l. per circa complessivi Euro 8.954.000 ai compensi all’amministratore unico S.A. per complessivi 903 mila Euro all’incasso di bonifici per pagamenti di fatture emesse dalla fallita a favore della società interposta omissis e di concorso in bancarotta fraudolenta documentale capo 2 per aver occultato o tenuto la quasi totalità delle scritture contabili in modo irregolare, così da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari . Ha osservato il Tribunale del riesame che il decreto che dispone il giudizio intervenuto nel caso di specie , cristallizzando le imputazioni, presuppone una valutazione giudiziale sull’idoneità e sufficienza degli elementi acquisiti a sostenere l’accusa in giudizio, valutazione che, con riguardo alle misure reali, la giurisprudenza di legittimità ritiene sovrapponibile a quella relativa alla sussistenza del presupposto del fumus commissi delicti necessario per l’adozione della misura. 2. Avverso l’indicata ordinanza del Tribunale del riesame di Venezia ha proposto ricorso per cassazione S.A. , attraverso il difensore avv. Giuseppe Moschetti, articolando otto motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2.1. Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 318 c.p.p., e art. 324 c.p.p., comma 5 l’interpretazione secondo cui la valutazione del fumus commissi delicti è preclusa dall’emissione del decreto che dispone il giudizio rende del tutto superflui sia l’intervento del g.i.p., sia quello del tribunale del riesame, laddove tali interventi sono previsti dalla legge a tutela dell’imputato per una possibile revisione della valutazione del fumus operata dal g.u.p., tanto più che l’art. 324 c.p.p., comma 5, richiede una decisione collegiale e non monocratica. 2.2. Il secondo motivo denuncia mancanza di motivazione in relazione al fumus commissi delicti, e inosservanza dell’art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 317 c.p.p., comma 1. Il giudice dell’udienza preliminare non è chiamato a valutare il fumus della sussistenza del fatto e dell’attribuibilità all’imputato, ma solo la astratta sostenibilità dell’accusa in giudizio, sicché erronea è l’equiparazione di tali due valutazioni, ponendosi l’una sul piano del merito, sia pure sotto il profilo della riconducibilità del fatto contestato alla fattispecie incriminatrice alla luce della risultanze preliminari, l’altra sul piano esclusivamente processuale della prognosi in ordine agli esiti dell’istruttoria dibattimentale e quindi alla sua utilità il rinvio a giudizio a seguito dell’udienza preliminare richiede la sussistenza di qualcosa in meno del fumus commissi delicti, essendo sufficiente la non assoluta insostenibilità dell’accusa in giudizio. 2.3. Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 2 e 111 Cost., art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e 1 del Protocollo Cedu, nonché dell’art. 318 c.p.p., laddove, rinviando ad una valutazione del fumus commissi delicti compiuta dal g.u.p., ritiene superfluo il contraddittorio tra le parti, contraddice il principio di effettività della tutela giurisdizionale, afferma che il sequestro conservativo non incide sul diritto di proprietà. 2.4. Il quarto motivo denuncia violazione degli artt. 17 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea nella parte in cui tenta di bilanciare il diritto di proprietà del ricorrente con quello della parte civile, l’ordinanza impugnata non è conforme al principio di proporzionalità di cui all’art. 52 cit., tanto più in assenza di una valutazione del fumus commissi delicti. 2.5. Il quinto motivo denuncia violazione dell’art. 318 c.p.p., lì dove stabilisce che il riesame può essere chiesto anche nel merito, mentre l’ordinanza impugnata ha escluso l’esame delle censure difensive attinenti al merito. 2.6. Il sesto motivo denuncia violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 318 c.p.p., in quanto la necessità di esame del fumus commissi delicti, nel caso di specie, è del tutto palese alla luce degli elementi richiamati nelle memorie difensive del 27/04/2017 e del 26/06/2018. 2.7. Il settimo motivo invoca il rinvio alla Corte costituzionale, in quanto il caso di specie impone di verificare se l’interpretazione dell’ordinanza impugnata sia conforme all’art. 117 Cost. - e, in particolare, al principio di proporzionalità affermato dal diritto internazionale - in riferimento agli artt. 6 Cedu, 1 Primo Protocollo Cedu e in relazione all’ automatismo con il quale il sequestro viene concesso sulla base del rinvio a giudizio dell’indagato ed alla luce del principi di proporzionalità di cui all’art. 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. 2.8. L’ottavo motivo denuncia violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 317 c.p.p., in quanto il mancato esame del fumus commissi delicti si riverbera necessariamente sul periculum in mora, rispetto al quale l’ordinanza impugnata è mancante di motivazione. 3. Avverso la medesima ordinanza del Tribunale del riesame di Venezia hanno proposto ricorso per cassazione S.F. ed S.E. , con un unico atto e attraverso il difensore avv. Sandro Mason, articolando sette motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 3.1. Il primo motivo denuncia inosservanza dell’art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 317 c.p.p., comma 1, e mancanza di motivazione in ordine al fumus commissi delicti. Erroneamente l’ordinanza impugnata ha escluso la necessità della valutazione in ordine al fumus commissi delicti in ragione dell’adozione del decreto che dispone il giudizio, in quanto è erronea l’equiparazione di tali valutazione, ponendosi l’una su un piano di merito in punto responsabilità, l’altra sul piano esclusivamente processuale della prognosi in ordine agli esiti dell’istruttoria dibattimentale. 3.2. Il secondo motivo denuncia inosservanza dell’art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 317 c.p.p., comma 1, nonché dell’art. 6 Cedu e art. 1 Prot. Addizionale della Cedu, e mancanza di motivazione in ordine al fumus commissi delicti. Erroneamente l’ordinanza impugnata ha ritenuto compatibile l’orientamento accolto con l’art. 6 Cedu, che trova applicazione anche agli incidenti cautelari, e con l’art. 1 Prot. Addizionale Cedu, trattandosi di automatismo incompatibile con il principio di proporzione tra la compressione del diritto tutelato e lo scopo perseguito, laddove nel caso di specie il sequestro fino alla somma di più di 12 milioni di Euro non è basato su alcuna valutazione del fumus e del periculum. Qualora non fosse accolta un’interpretazione convenzionalmente orientata dell’art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 317 c.p.p., comma 1, si eccepisce l’illegittimità costituzionale di quest’ultima norma, in riferimento all’art. 117 Cost., e in relazione alle norme convenzionali richiamate. 3.3. Il terzo motivo denuncia inosservanza dell’art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 317 c.p.p., comma 1, e mancanza di motivazione in ordine al periculum in mora e al parametro di riferimento del giudizio di incapienza patrimoniale. Erroneamente l’ordinanza impugnata ha individuato detto parametro limitandosi a prendere atto del contenuto dell’imputazione, mancando del tutto la motivazione in ordine all’ammontare della pretesa risarcitoria e in ordine alle deduzioni di cui alla memoria depositata in data 26/06/2018 in vista dell’udienza del 28/08/2018, che evidenziavano come la somma complessiva che si assume distratta non fosse quella contestata. 3.4. Il quarto motivo denuncia inosservanza dell’art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 317 c.p.p., comma 1, e mancanza di motivazione in ordine al periculum in mora e al giudizio di incapienza patrimoniale relativo alla somma di quasi 9 milioni di Euro di cui alla contestata cessione delle attrezzature, avendo la difesa documentato, nelle memorie degli avv.ti Moschetti del 27/04/2017 e del 26/06/2018, che la cessione delle attrezzature alle società rumene non aveva mai avuto luogo, in considerazione della fittizietà dell’operazione. 3.5. Il quinto motivo denuncia inosservanza dell’art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 317 c.p.p., comma 1, e mancanza di motivazione in ordine al periculum in mora e al giudizio di incapienza patrimoniale in relazione alle somme di 1.435.914,63 e di Euro 903.000 riferibili al solo coindagato S.A. . L’ordinanza impugnata è del tutto priva di motivazione in ordine all’inclusione delle somme indicate nel danno attribuito alle ricorrenti. 3.6. Il sesto motivo denuncia inosservanza dell’art. 125, comma 3, e art. 317 c.p.p., comma 1, e mancanza di motivazione in ordine al periculum in mora e al giudizio di incapienza patrimoniale in relazione alle somme incassate da omissis s.r.l Nella memoria del 26/06/2018 si evidenziava come dalla documentazione bancaria e dai prospetti riepilogativi emergessero pagamenti da parte di omissis in favore di per un totale di Euro 637.632,08, di cui circa 159 mila Euro per stipendi, 298 mila Euro per fornitori e 179 mila Euro per una consulenza, sicché, anche a voler far riferimento all’imputazione, il danno riportato dal fallimento sarebbe inferiore ai 400 mila Euro. 3.7. Il settimo motivo denuncia inosservanza dell’art. 316 c.p.p., in relazione all’art. 545 c.p.c., vizi di motivazione in relazione alla solo parziale pignorabilità nei limiti del quinto delle somme dovute alle ricorrenti a titolo di retribuzioni e TFR. Considerato in diritto 1. I ricorsi devono essere accolti, nei termini di seguito indicati, essendo fondate le doglianze relative al periculum in mora. 2. Non meritano accoglimento, invece, le plurime doglianze relative al fumus commissi delicti centrale, nell’economia delle censure proposte dai ricorrenti, è la questione della preclusione della valutazione del fumus ai fini dell’applicazione della misura cautelare del sequestro conservativo determinata dall’intervenuto decreto che dispone il giudizio. Sul punto, del tutto consolidato è l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in materia di misure cautelari reali, la proponibilità della questione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti è preclusa se nel frattempo sia intervenuto il decreto che dispone il giudizio del soggetto interessato, in quanto, cristallizzando le imputazioni, esso presuppone una valutazione giudiziale sulla idoneità e sufficienza degli elementi acquisiti per sostenere l’accusa in giudizio e non può quindi essere privato della sua rilevanza per ragioni connesse al sistema impugnatorio delle misure reali Sez. 2, n. 52255 del 28/10/2016, Olisterno, Rv. 268733 conf., ex plurimis e con specifico riferimento al sequestro conservativo, Sez. 5, n. 26588 del 09/04/2014, Miserocchi, Rv. 260569 Sez. 2, n. 805 del 12/11/2003 - dep. 2004, Tuzzolo, Rv. 227802 nonché, con riferimento al sequestro preventivo, Sez. 2, n. 2210 del 05/11/2013 - dep. 2014, Bongini, Rv. 259420 Sez. 5, n. 30596 del 17/04/2009, Cecchi Gori, Rv. 244476 . Dunque, mentre in sede di riesame del provvedimento che dispone la misura cautelare reale, l’emissione di un decreto di citazione diretta a giudizio degli interessati non preclude la proponibilità della questione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti, atteso che, in tal caso, a differenza di quanto accade con l’emissione di un decreto di rinvio a giudizio, non vi è una preventiva verifica giurisdizionale sulla fondatezza dell’azione penale esercitata così, in una fattispecie relativa a un sequestro preventivo, Sez. 3, n. 13509 del 10/02/2016, Zecconi, Rv. 266762 , nel caso sia intervenuto il decreto che dispone il giudizio la ratio della preclusione è collegata all’intervento di una valutazione del giudice dell’udienza preliminare di idoneità e sufficienza degli elementi acquisiti a sostenere l’accusa in giudizio, che reca in sé una positiva delibazione di sussistenza dell’ipotizzata fattispecie di reato, più intensa della mera valutazione sommaria compiuta in sede di emissione della misura cautelare Sez. 5, n. 51147 del 02/10/2014, Figari, Rv. 261906, che ha precisato come la preclusione non operi rispetto alla richiesta di rinvio a giudizio, che tale valutazione non reca, trattandosi di atto della pubblica accusa . 2.1. L’orientamento in esame è stato ribadito dalla giurisprudenza di legittimità anche dopo la declaratoria di illegittimità degli artt. 309 e 310 c.p.p., nella parte in cui non prevedevano la possibilità di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nell’ipotesi di intervenuta emissione del decreto che dispone il giudizio a norma dell’art. 429 c.p.p. Corte cost., sent. n. 71 del 1996 infatti, rispetto al principio di diritto che esclude la proponibilità della questione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti una volta che sia stato disposto il rinvio a giudizio dell’imputato, l’indicata declaratoria di illegittimità costituzionale non ha alcun effetto data la non omologabilità delle situazioni relative alle misure cautelari personali a quelle riguardanti le misure cautelari reali Sez. 5, n. 4906 del 21/07/1998, Frattasio, Rv. 211969 conf., ex plurimis, Sez. 1, n. 5039 del 18/09/1997, Scibilia, Rv. 208969 Sez. 1, n. 2264 del 05/04/1996, Baldassar, Rv. 204820 . Una linea ricostruttiva, quella delineata dalle decisioni ora richiamate, ribadita anche di recente dalle Sezioni unite di questa Corte le condizioni generali per l’applicabilità delle misure cautelari personali, previste dall’art. 273 c.p.p., non sono estensibili, per le loro peculiarità, alle misure cautelari reali, essendo precluse per queste ultime, in sede di verifica della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo, ogni valutazione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati e sulla gravità degli stessi Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, Capasso conf. Sez. U, n. 4 del 25/03/1993, Gifuni, Rv. 193117 . Del resto, il diverso modularsi della disciplina delle misure cautelari personali rispetto a quella delle misure reali è stato convalidato anche dal giudice delle leggi, secondo cui la scelta del codice di non riprodurre per le misure cautelari reali i presupposti sanciti dall’art. 273 per le misure cautelari personali non può . ritenersi in sé contrastante con l’art. 24 Cost., essendo graduabili fra loro i valori che l’ordinamento prende in considerazione da un lato, l’inviolabilità della libertà personale, e, dall’altro, la libera disponibilità dei beni, che la legge ben può contemperare in funzione degli interessi collettivi che vengono ad essere coinvolti Corte cost., sent. n. 48 del 1994 . 2.2. La preclusione della proponibilità della questione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti qualora sia intervenuto il decreto che dispone il giudizio trova conferma, sul piano sistematico, nella considerazione delle valutazioni sottese all’adozione di detto decreto, valutazioni che possono essere descritte, per così dire, in controluce guardando ai profili della sentenza di non luogo a procedere delineati dalle Sezioni unite di questa Corte dopo l’obiettivo arricchimento, qualitativo e quantitativo, dell’orizzonte prospettico del giudice, rispetto all’epilogo decisionale determinato dalle incisive modifiche impresse alla disciplina dell’udienza preliminare dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479 la valutazione critica di sufficienza, non contraddittorietà e comunque di idoneità degli elementi probatori, secondo il dato letterale dell’art. 425, novellato comma 3, è sempre e comunque diretta a determinare, all’esito di una delibazione di tipo prognostico, divenuta oggi più stabile per la tendenziale completezza delle indagini, la sostenibilità dell’accusa in giudizio e, con essa, l’effettiva, potenziale, utilità del dibattimento in ordine alla regiudicanda , sicché il radicale incremento dei poteri di cognizione e di decisione del giudice dell’udienza preliminare, pur legittimando quest’ultimo a muoversi implicitamente anche nella prospettiva della probabilità di colpevolezza dell’imputato, non lo ha tuttavia disancorato dalla fondamentale regola di giudizio per la valutazione prognostica, in ordine al maggior grado di probabilità logica e di successo della prospettazione accusatoria ed all’effettiva utilità della fase dibattimentale, di cui il legislatore della riforma persegue, espressamente, una significativa deflazione Sez. U, n. 39915 del 30/10/2002, Vottari . L’orizzonte cognitivo e deliberativo in cui si muove il giudice in sede di risoluzione dell’alternativa rinvio a giudizio / non luogo a procedere conserva dunque una connotazione eminentemente processuale, correlata ad un giudizio prognostico circa la sostenibilità dell’accusa in giudizio, ma si basa su una valutazione critica di sufficienza, non contraddittorietà e idoneità degli elementi probatori comunque, implicitamente, proiettata nella prospettiva della probabilità di colpevolezza dell’imputato. È di tutta evidenza come la valutazione sull’alternativa in esame sia idonea - se, ovviamente, risolta nel senso del rinvio a giudizio - a dar corpo al presupposto della misura cautelare reale, nella cui adozione o conferma, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale, manca quella incisiva valutazione prognostica sulla responsabilità dell’imputato, basata sui gravi indizi di colpevolezza, che potrebbe rendere, o far apparire, condizionato il successivo giudizio di merito da parte dello stesso giudice, così da violare le garanzie che si collegano al principio del giusto processo Corte cost., sent. n. 66 del 1997 conf. ord. n. 181 del 2004 ord. n. 444 del 1999 ord. n. 29 del 1999 ord. n. 203 del 1998 . 3. I rilievi che precedono rendono ragione dell’infondatezza dei plurimi motivi articolati sul tema esaminato dai ricorrenti. 3.1. Non sono fondate le censure articolate con il primo, il secondo e il quinto motivo del ricorso di S.A. e con il primo motivo del secondo atto di impugnazione. La mancanza di un’incisiva valutazione prognostica sulla responsabilità dell’imputato, in sede di applicazione della misura del sequestro conservativo e, di converso, la riconoscibilità, a fondamento della decisione di rinvio a giudizio, di una valutazione critica di sufficienza, non contraddittorietà e comunque di idoneità degli elementi probatori svolta, implicitamente, nella prospettiva della probabilità di colpevolezza dell’imputato rendono questa seconda valutazione del tutto idonea ad integrare l’apprezzamento relativo al fumus commissi delicti necessario all’adozione della misura reale il che non priva di effettiva rilevanza l’intervento dei giudici in sede cautelare, chiamati comunque ad apprezzare quanto meno il presupposto cautelare, sicché del tutto infondata è la doglianza articolata con il quinto motivo del primo ricorso. 3.2. Né meritano accoglimento le censure incentrate sull’evocazione di parametri normativi sovranazionali terzo, quarto e settimo motivo del primo ricorso secondo motivo del secondo atto di impugnazione , parametri sovente chiamati in causa in termini generici - e, segnatamente, del tutto svincolati da specifici riferimenti alla giurisprudenza sovranazionale in materia - e comunque prospettati con riferimento alla dedotta mancante o apparente valutazione in ordine al fumus commissi delicti laddove le questioni relative al periculum in mora saranno di seguito esaminate deduzione confutata dai rilievi svolti nel precedente paragrafo. D’altra parte, con riferimento alle doglianze articolate dal primo ricorso richiamando alcune norme della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, il ricorrente neppure prospetta l’inerenza della materia in questione al diritto dell’Unione Europea, laddove presupposto di applicabilità della Carta di Nizza è . che la fattispecie sottoposta all’esame del giudice sia disciplinata dal diritto Europeo - in quanto inerente ad atti dell’Unione, ad atti e comportamenti nazionali che danno attuazione al diritto dell’Unione, ovvero alle giustificazioni addotte da uno Stato membro per una misura nazionale altrimenti incompatibile con il diritto dell’Unione - e non già da sole norme nazionali prive di ogni legame con tale diritto Sez. 3, n. 43453 del 17/09/2014 Miglio, Rv. 260328 nella giurisprudenza delle Sezioni civili di questa Corte, conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 23272 del 27/09/2018, Rv. 650691 Sez. L, n. 11129 del 30/05/2016, Rv. 639837 . In ogni caso, il pieno dispiegarsi del contraddittorio e delle possibilità di esercizio del diritto di difesa nell’udienza preliminare tanto più dopo le incisive modifiche introdotte dalla citata L. n. 479 del 1999 , nei termini sopra indicati con riferimento alla valutazione del fumus commissi delicti, esclude, all’evidenza, qualsiasi compressione del principio dell’effettività dell’intervento giurisdizionale in modo tale o tal punto che il diritto ne venga compromesso nella sua stessa sostanza cfr., ex plurimis e con riferimento all’art. 6 Cedu, Corte Edu, sez. 2^, 24/05/2011, Onorato vs Italia, § 47 , assicurando all’interessato, attraverso la contestazione dell’accusa mossa con l’esercizio dell’azione penale, la possibilità di allegare le ragioni a sostegno dell’istanza restitutoria cfr., con riferimento all’art. 1, Prot. add. Cedu, Corte Edu, sez. IV, 13/10/2015, unsped Paket San. Ve TiC. A.S. vs Bulgaria, § § 45 ss. , ossia dell’insussistenza del presupposto del rinvio a giudizio e, quindi, dell’insussistenza del fumus. Rilievi, questi, che rendono ragione della manifesta infondatezza delle eccezioni di illegittimità costituzionale proposte, peraltro in termini del tutto generici, dai ricorrenti. 3.3. Quanto al principio di proporzionalità, ad esso, in generale, si fa riferimento sia in sede di scrutinio di legittimità delle norme, sia con riguardo alle concrete misure adottate dal giudice. A proposito, in particolare, del primo profilo, il test di proporzionalità impone di verificare se la norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalità di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra più misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi Corte cost., sent. n. 1 del 2014 da questo punto di vista, nessun profilo di criticità può essere ravvisato nella disciplina in tema di cautele reali e nel diritto vivente formatosi sul tema in esame, posto che, come rimarcato dal giudice delle leggi, con riguardo alle misure cautelari non è richiesto il presupposto della gravità indiziaria, postulato, invece, in tema di cautele personali, in correlazione alla diversità pure di rango costituzionale - dei valori coinvolti Corte cost., ord. n. 153 del 2007 . Il che, come si è visto, offre un valido fondamento giustificativo alla preclusione in punto valutazione del fumus commissi delicti connessa alla decisione del giudice sul rinvio a giudizio. Sotto il secondo profilo, il principio di proporzionalità, con riferimento ai sequestri non solo cautelari , implica un bilanciamento tra l’interesse dello Stato all’intervento provvisoriamente ablativo e l’interesse del soggetto nei cui confronti detto intervento viene adottato interesse, il primo, relativo, per il sequestro probatorio, all’accertamento del reato cfr. Sez. 6, n. 9989 del 19/01/2018, Lillo, Rv. 272538, in tema di sequestro nei confronti di un giornalista per il sequestro preventivo, alle esigenze cristallizzate nell’art. 324 c.p.p. cfr. Sez. 3, n. 27840 del 23/03/2016, Calvisi, Rv. 267055, in tema di sequestro di un’abitazione disposto in relazione alla violazione delle normative urbanistiche per il sequestro conservativo, alle esigenze di tutela dal rischio che all’esito del processo la garanzia del credito non possa trovare soddisfazione con il patrimonio del debitore Sez. U, n. 51660 del 25/09/2014, Zambito . Ora, in questa prospettiva, la questione della proporzionalità viene in rilievo in relazione - non già al fumus, bensì - al periculum in mora, sicché, al riguardo, è sufficiente rinviare al successivo esame delle relative questioni poste dai ricorrenti. 3.4. Concludendo sul punto, non meritano accoglimento le censure dei ricorrenti che fanno leva su memorie ed allegate documentazioni sesto motivo del primo ricorso alcune censure articolate, peraltro con riferimento prevalentemente al tema del periculum, nel terzo e nel quarto motivo del secondo atto di impugnazione . Al riguardo, mette conto osservare che nessuna di tali memorie è indicata dai ricorrenti come afferente ad elementi sopravvenuti al rinvio a giudizio anzi, le date di esse e l’indicazione contenuta nel secondo atto di impugnazione lì dove evidenzia che la memoria del 26/06/2018 fu predisposta per l’udienza del 28/06/2018, confermano l’anteriorità rispetto all’udienza di discussione dinanzi al Tribunale del riesame 07/09/2018 , sicché, preso atto del carattere scarsamente perspicuo dei ricorsi sul punto che comunque rende generiche le doglianze cfr. Sez. 2, n. 7801 del 19/11/2013 - dep. 2014, Hussien, Rv. 259063 , deve ritenersi che le memorie in questione siano state depositate originariamente in sede di udienza preliminare. Pertanto, è sufficiente osservare che, nella prospettiva della preclusione dell’esame di questioni attinenti al fumus quando sia intervenuto, per i fatti cui è riferibile il danno per garantire il quale si è disposto il sequestro conservativo, decreto che dispone il giudizio, la giurisprudenza di legittimità ha sottolineato che l’esistenza di elementi addotti dalla difesa e posti all’attenzione del Giudice dell’udienza preliminare che, ciò nonostante, è pervenuto alla decisione di rinviare a giudizio l’imputato, non determina alcun obbligo motivazionale specifico del Giudice del sequestro conservativo sulle ragioni per cui si nega loro rilevanza a discarico , posto che, se la valutazione del giudice dell’udienza preliminare di idoneità e sufficienza degli elementi acquisiti a sostenere l’accusa in giudizio costituisce un dato determinante nella valutazione del fumus, esso assume rilievo pregnante anche rispetto al profilo dedotto dall’impugnante, nella misura in cui sancisce implicitamente l’inidoneità delle allegazioni difensive ad impedire il transito alla fase dibattimentale , sicché, di fronte a tale rilievo, nessun obbligo motivazionale ulteriore può residuare in sede di emissione di ordinanza ex art. 316 c.p.p. e segg. Sez. 5, n. 5185 del 13/11/2017 - dep. 2018, Passaretti . 4. Passando all’esame delle doglianze relative al periculum in mora, devono essere accolti l’ottavo motivo del ricorso nell’interesse di S.S. e il terzo motivo del secondo atto di impugnazione in favore di S.F. e di S.E. , ossia, in estrema sintesi, le censure dei ricorrenti concernenti la valutazione del periculum in mora e del quantum della misura cautelare reale sulla base di un automatismo imperniato sull’imputazione. In questo senso, in effetti, il provvedimento impugnato aderisce all’impostazione del provvedimento applicativo nella parte in cui ha valutato il quantum della pretesa risarcitoria facendolo derivare dalle somme in tesi accusatoria oggetto delle singole condotte distrattive . L’assunto dell’ordinanza impugnata è errato. Come si è visto, l’apprezzamento della sussistenza del presupposto in esame va correlato al rischio che all’esito del processo la garanzia del credito non possa trovare soddisfazione con il patrimonio del debitore Sez. U, n. 51660 del 25/09/2014, Zambito . Punto di vista centrale nell’individuazione del periculum in mora è, dunque, il credito nei confronti dell’imputato se, pertanto, per l’adozione del sequestro conservativo è sufficiente che vi sia il fondato motivo per ritenere che manchino le garanzie del credito, ossia che il patrimonio del debitore sia attualmente insufficiente per l’adempimento delle obbligazioni di cui all’art. 316 c.p.p., commi 1 e 2, non occorrendo invece che sia simultaneamente configurabile un futuro depauperamento del debitore Sez. U, n. 51660 del 25/09/2014, Zambito, Rv. 261118 , la valutazione del pericolo per le garanzie del credito è imprescindibile ai fini dell’adozione della misura cautelare reale. L’ordinanza impugnata, invece, muove dall’erronea identificazione del valore dei beni oggetto di distrazione con i crediti che il sequestro conservativo è chiamato a garantire. Né giova ad escludere la riconoscibilità del vizio denunciato il riferimento al principio di diritto - consolidato nella giurisprudenza di legittimità e del tutto condiviso dal Collegio - in forza del quale è legittimo il sequestro conservativo disposto a tutela di un credito il cui importo sia determinabile con un apprezzamento che, pur approssimativo, è, tuttavia, ancorato a dati oggettivi e ad argomenti sviluppati in termini idonei a rendere comprensibile il ragionamento del giudice Sez. 5, n. 16750 del 30/03/2016, Barberini, Rv. 266702 nella fattispecie allora esaminata da questa Corte, infatti, fu ritenuta immune da vizi l’ordinanza del tribunale del riesame che, in relazione ad un processo per bancarotta fraudolenta, aveva determinato l’entità della somma sottoposta a sequestro facendo riferimento al numero delle parti civili, alla causale delle pretese risarcitorie ed all’ammontare delle somme richieste. Elementi, questi che qui si richiamano solo per dar conto dell’effettiva portata della decisione evocata dal giudice del riesame, ma che non esauriscono il novero dei dati astrattamente suscettibili di apprezzamento ai fini del giudizio sulla sussistenza del periculum in mora , del tutto assenti nell’ordinanza in esame, che si è limitata a richiamare l’ammontare complessivo del valore dell’oggetto dei vari fatti distrattivi contestati, così rendendo sostanzialmente apparente la motivazione del provvedimento impugnato, in quanto l’apparato argomentativo posto a sostegno dello stesso è privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 conf. Sez. U., 29 maggio 2008 n. 25933, Malgioglio, non massimata sul punto . 5. In conclusione, ferma restando l’infondatezza delle censure relative al fumus commissi delicti, il provvedimento impugnato, con esclusivo riferimento al periculum in mora, deve essere annullato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Venezia restano assorbiti gli ulteriori motivi articolati sempre in punto periculum in mora, dovendosi solo ribadire, con riguardo al settimo motivo dei ricorsi nell’interesse di S.F. e di S.E. , il principio di diritto - ormai accreditatosi nella giurisprudenza di legittimità - secondo cui il divieto, stabilito dall’art. 545 c.p.c., di pignoramento delle somme percepite a titolo di credito retributivo o pensionistico in misura eccedente il quinto del loro importo non opera quando le somme siano già state corrisposte all’avente diritto e si trovino confuse con il suo patrimonio mobiliare così, in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente Sez. 2, n. 42553 del 22/06/2017, Giorgi, Rv. 271183 conf., ex plurimis, Sez. 3, n. 44912 del 07/04/2016, Bernasconi, Rv. 268771 . Pertanto, il giudice del rinvio, nei limiti dell’annullamento statuito dalla presente pronuncia e nel quadro dei principi di diritto richiamati, conserva nel merito piena autonomia di giudizio nella ricostruzione dei dati di fatto e nella valutazione di essi Sez. 1, n. 803 del 10/02/1998, Scuotto, Rv. 210016 , potendo procedere ad un nuovo esame degli elementi acquisiti con il solo limite di non ripetere il vizio riscontrato del provvedimento annullato Sez. 3, n. 7882 del 10/01/2012, Montali, Rv. 252333 . P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Venezia.