Quale bancarotta per la restituzione di versamenti al socio in costanza di dissesto?

Il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale o indicati con analoga altra dizione integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie della bancarotta preferenziale.

La Quinta Sezione della Cassazione Penale sentenza n. 8431/19 depositata il 26 febbraio fa chiarezza sulla tipologia di bancarotta integrata, nelle possibili diverse fattispecie, dalla restituzione al socio di conferimenti immediatamente prima della declaratoria di fallimento della società. Bancarotta da restituzione di versamenti del socio. La vicenda sottostante alla pronuncia in esame è invero accadimento assai frequente. Trattasi di verificare quale fattispecie di bancarotta integri la condotta del socio amministratore di una società che, quale socio creditore della società, in periodo di dissesto della società si rimborsi finanziamenti in precedenza da lui concessi alla società stessa. Come noto e come ripercorre con puntualità anche la motivazione della sentenza che si annota, esiste un risalente contrasto giurisprudenziale sul punto. Da un lato, infatti, si segnalano pronunce che ritengono che il socio amministratore che realizza la menzionata condotta debba rispondere del delitto di bancarotta per distrazione. Secondo altro orientamento, invece, il socio che ottenga, in periodo di dissesto, il rimborso di finanziamenti erogati alla società, che rappresentano un credito certo liquido ed esigibile, risponde dell’assai meno grave delitto di bancarotta preferenziale. In taluni casi la giurisprudenza ha espressamente ricondotto alla figura della bancarotta per distrazione il caso in cui il socio abbia anche la qualifica di amministratore della società e dunque abusi di tale qualifica onde ottenere la restituzione in presenza del dissesto , mentre riconduce alla mera ipotesi della preferenziale l’ipotesi in cui il socio non rivesta anche la qualifica di organo amministrativo della società. Il nuovo discrimen. La sentenza in commento assume un parametro completamente diverso onde verificare quando, in situazione di dissesto, l’ottenimento della restituzione di quanto conferito integra ipotesi di bancarotta per distrazione anziché di bancarotta preferenziale. Il nuovo discrimen viene rinvenuto dagli Ermellini nella natura del versamento che fu a suo tempo effettuato dal socio e di cui, dunque, in presenza del dissesto, viene ottenuta la restituzione. Deve distinguersi, osserva la Corte, sa trattavasi di versamento del socio in conto di capitale, ovvero di finanziamento a titolo di mutuo. In ossequio alla giurisprudenza civilistica evidenzia la Cassazione che, se trattasi di finanziamento in conto capitale, dello stesso il socio non può pretendere la restituzione durante la vita della società, ma solo nei limiti dell’eventuale residuo dell’attivo del bilancio di liquidazione. Trattasi in tale caso di conferimento di vero e proprio capitale di rischio da parte del socio. Tuttavia, il socio può anche operare un conferimento a titolo di capitale di credito, se effettua un versamento a titolo di mutuo alla società, riservandosi in tal modo il diritto alla restituzione di quanto conferito anche durante la vita della società, ad una determinata scadenza. In tale ipotesi il socio è un vero e proprio creditore della società e la restituzione del credito in presenza del dissesto della società potrà al limite configurare una ipotesi di lesione della par condicio creditorum e, dunque, di bancarotta preferenziale, ma non certo un’ipotesi distrattiva. Quali criteri per distinguere le due tipologie di versamento del socio. Il passaggio logico giuridico successivo che viene effettuato dagli Ermellini è quello di individuare i criteri in base ai quali distinguere le due tipologie di versamento. Il criterio principe per stabilire se un versamento integra un conferimento di capitale di rischio e, dunque, sia in conto capitale ovvero se si tratti di una somma versata a titolo di mutuo è la concreta volontà delle parti. Osserva la Cassazione che a tale fine dovrà verificarsi il modo in cui il rapporto ha avuto concreta attuazione, le finalità pratiche a cui il versamento è stato diretto e gli interessi sottesi al medesimo. Solo in via subordinata ed in caso di insufficienza di detti parametri dovrà farsi riferimento alla qualificazione formale che i versamenti hanno ricevuto in bilancio. Laddove, infatti, non risulti una diversa volontà della parti, con l’approvazione del bilancio da parte della assemblea dei soci si avrà la ratifica della natura assunta in bilancio del versamento fatto dal socio a favore della società stessa. Dalla prevalenza della volontà delle parti all’annullamento. E’ proprio il riferimento nel caso specifico alla ricerca della volontà perseguita dalle parti che porta gli Ermellini ad annullare l’impugnata sentenza. Osserva, infatti, la Corte come i Giudici dell’Appello si fossero accontentati di verificare la formale qualifica ricevuta dai versamenti di conferimenti in conto capitale, senza considerare in alcun modo la doglianza della difesa che, sin dall’inizio, aveva argomentato di come si trattasse, secondo la volontà delle parti, di versamenti effettuati a titolo di finanziamento a breve termine per l’acquisto di merci da parte della società. Sotto questo profilo l’omesso vaglio della Corte d’Appello appare decisivo e rende meritevole di annullamento la pronuncia, in quanto laddove l’assunto difensivo fosse stato verificato la fattispecie avrebbe dovuto essere riqualificata in termini di bancarotta preferenziale e non più per distrazione.

Corte di Cassazione, Sez. V Penale, sentenza 1 – 26 febbraio 2019, n. 8431 Presidente Morelli – Relatore Caputo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza deliberata il 09/02/2018, la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la sentenza del 02/03/2016 con la quale il Tribunale di Teramo aveva dichiarato V.E. responsabile, quale amministratore di Vuesse Moda Italia s.r.l., fallita il 27/09/2011, del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per avere distratto la somma di 220 mila Euro mediante prelievo ingiustificato da una banca, e lo aveva condannato alla pena di giustizia. 2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di L’Aquila ha proposto ricorso per cassazione V.E. , attraverso il difensore avv. Francesco De Minicis, articolando cinque motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2.1. Il primo motivo denuncia vizi di motivazione in ordine alle doglianze proposte con il primo motivo di appello, che - censurando l’affermazione della sentenza di primo grado secondo cui non vi era traccia di pregressi finanziamenti dei soci - aveva richiamato alcuni passaggi della testimonianza della curatrice P. di segno contrario rispetto ai rilievi del Tribunale. 2.2. Il secondo motivo denuncia travisamento della prova in ordine ai sei partitari contabili della fallita richiamati nel primo motivo di appello dai quali si desume che gli acquisti di merce operati nel primo trimestre del 2005 erano stati pagati con denaro fornito dai soci, che dunque erano stati rimborsati alcuni mesi dopo, laddove, travisando la prova, la Corte di appello afferma che detti partitari proverebbero solo un’uscita di cassa pari a 220 mila Euro. 2.3. Il terzo motivo denuncia inosservanza della L. Fall., art. 216, e vizi di motivazione in ordine alla pretesa appropriazione dell’intera somma da parte del ricorrente senza restituzione agli altri soci della loro quota parte. In modo contraddittorio la sentenza impugnata, da una parte, riconosce la genuinità delle delibere assembleari che riconoscevano i versamenti effettuati dai soci e, dall’altra, ritiene integrato il fatto distrattivo con riferimento all’intero ammontare della somma prelevata e non per la sola parte eccedente quella corrispondente alla quota sociale di cui il ricorrente era titolare. 2.4. Il quarto motivo denuncia omessa motivazione in ordine alla censura proposta con il secondo motivo di appello concernente la riqualificazione del fatto come bancarotta preferenziale il credito dei soci era esistente e, al di là del nomen iuris di versamento in conto futuro aumento capitale sociale , aveva rappresentato un finanziamento a breve finalizzato all’approvvigionamento di merce poi andata distrutta in un incendio . 2.5. Il quinto motivo denuncia inosservanza della legge e vizi di motivazione in ordine alla conferma del diniego dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere accolto, nei termini di seguito indicati. 1.1. La sentenza impugnata ha richiamato le due delibere assembleari del 09/07/2005 e del 26/11/2005, rilevando che la prima stabilì di ratificare i versamenti infruttiferi e proporzionali, effettuati dai soci nei precedenti periodi in c/aumento capitale per somme pari ad Euro 270.623,54 , mentre la seconda decise la restituzione ai soci di una somma pari ad Euro 220.000,00 relativa ai versamenti infruttiferi dagli stessi effettuati negli anni precedenti in c/aumento capitale sociale . La Corte distrettuale ha poi messo in luce come dalla relazione del curatore si evinca che il 07/12/2005 dal conto corrente della fallita furono tratti 22 assegni circolari per complessivi 220 mila Euro, assegni intestati alla società e recanti la firma dell’imputato per l’incasso, sicché è pacifico che i titoli furono riscossi da V. . Al riguardo, la sentenza impugnata esclude che l’operazione posta in essere dall’imputato fosse riconducibile alla delibera del 26/11/2005, in quanto, per un verso, gli assegni circolari, come si è visto, furono intestati alla società e riscossi dal suo amministratore, laddove, per altro verso, nessuna firma per girata degli altri soci fu mai apposta sui titoli. 2. A fronte della motivazione della sentenza impugnata, il primo motivo è inammissibile. Esso muove dal presupposto che l’imputazione, a sua volta, presupporrebbe l’ inesistenza storica dei pregressi versamenti dei soci , ma escluso che l’imputazione sia delineata nei termini prospettati dal ricorrente - il percorso argomentativo del giudice di appello smentisce detto assunto, avendo anzi rimarcato l’insussistenza di elementi idonei ad inficiare la genuinità delle due delibere assembleari. Il che rende ragione dell’evidente disallineamento della doglianza rispetto alle giustificazioni poste a sostegno della decisione. Escluso che l’esistenza dei pregressi finanziamenti da parte dei creditori sia stata revocata in dubbio dalla Corte distrettuale, è la riconducibilità del prelievo dei 220 mila Euro alla seconda delibera assembleare ad essere stata negata dalla sentenza impugnata è dunque l’esclusione di detta riconducibilità a dar corpo alla ratio decidendi della sentenza impugnata. Da ciò consegue che la valenza dimostrativa dei partitari prospettata dal ricorso non è disconosciuta dalla Corte di appello, che ha invece escluso l’attitudine di detti documenti a dar conto del versamento delle somme riscosse dall’amministratore ai soci anche il secondo motivo è pertanto inammissibile, essendo del tutto carente della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849 . 3. Il terzo motivo deve essere accolto, nei termini di seguito specificati. Premesso che nel caso di specie non viene in rilievo la diversa questione dell’amministratore o del liquidatore che disponga in proprio favore il pagamento di somme a titolo di compenso per l’attività svolta questione sulla quale si registrano divergenti indirizzi nella giurisprudenza di questa Corte ex plurimis, cfr., per la configurabilità della bancarotta preferenziale Sez. 5, n. 32378 del 12/04/2018, Fagiolo, Rv. 273576 e, per la configurabilità della bancarotta fraudolenta patrimoniale, Sez. 5, n. 49509 del 19/07/2017, Allia, Rv. 271464 , sulla questione posta dal ricorso sussiste un contrasto nella giurisprudenza di legittimità secondo un primo orientamento, integra l’ipotesi di bancarotta per distrazione, e non quella di bancarotta preferenziale, la condotta dell’amministratore di una società, che, quale socio creditore della stessa, recupera, in periodo di dissesto, finanziamenti da lui in precedenza concessi Sez. 5, n. 41143 del 20/05/2014, Zavaroni, Rv. 261250 conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 34505 del 06/06/2014, Marchesi, Rv. 264277 Sez. 5, n. 42710 del 03/07/2012, De Falco, Rv. 254456 Sez. 5, n. 25292 del 30/05/2012, Massocchi, Rv. 253001 Sez. 5, n. 2273 del 06/12/2004 - dep. 2005, Martella, Rv. 231289, nonché, più di recente, Sez. 5, n. 37053 del 21/05/2018, Sandrini Sez. 5, n. 11053 del 13/11/2017 - dep. 2018, Ancona orientamento, questo, al quale si contrappone l’indirizzo secondo cui integra il reato di bancarotta preferenziale la restituzione ai soci, effettuata in periodo di insolvenza, dei finanziamenti concessi dai medesimi alla società, che costituiscono crediti liquidi ed esigibili Sez. 5, n. 1793 del 10/11/2011 - dep. 2012, Rv. 252003 conf. Sez. 5, n. 5186 del 02/10/2013 - dep. 2014, Giamundo, Rv. 260196 Sez. 5, n. 10117 del 22/01/2018, Bartolini . 3.1. Al riguardo, il Collegio ritiene necessario muovere dalla distinzione tra versamenti in conto capitale e finanziamenti a titolo di mutuo. Secondo il consolidato insegnamento delle Sezioni civili di questa Corte, invero, i versamenti operati dai soci in conto capitale o con altra analoga dizione indicati , pur non incrementando immediatamente il capitale sociale, e pur non attribuendo alle relative somme la condizione giuridica propria del capitale onde non occorre che siano conseguenti ad una specifica deliberazione assembleare di aumento dello stesso , hanno tuttavia una causa che, di norma, è diversa da quella del mutuo ed è assimilabile a quella del capitale di rischio, sicché non danno luogo a crediti esigibili nel corso della vita della società, e possono essere chiesti dai soci in restituzione solo per effetto dello scioglimento della società, e nei limiti dell’eventuale residuo attivo del bilancio di liquidazione, fermo restando che tra la società ed i soci può viceversa essere convenuta l’erogazione di capitale di credito, anziché di rischio, e che i soci possono effettuare versamenti in favore della società a titolo di mutuo con o senza interessi , riservandosi in tal modo il diritto alla restituzione anche durante la vita della società Sez. civ. 1, n. 7692 del 31/03/2006, Rv. 588234 conf., ex plurimis, Sez. civ. 1, n. 25585 del 03/12/2014, Rv. 633810 Sez. civ. 1, n. 2758 del 23/02/2012, Rv. 621560 Sez. civ. 1, n. 21563 del 13/08/2008, Rv. 605073 pertanto, l’erogazione di somme che a vario titolo i soci effettuano alle società da loro partecipate può avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza, oppure di versamento, destinato ad essere iscritto non tra i debiti, ma a confluire in apposita riserva in conto capitale o altre simili denominazioni , versamento, quest’ultimo, che non dà luogo ad un credito esigibile, se non per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio di liquidazione, ed è più simile al capitale di rischio che a quello di credito, connotandosi proprio per la postergazione della sua restituzione al soddisfacimento dei creditori sociali e per la posizione del socio quale residual claimant Sez. civ. 1, n. 24861 del 09/12/2015, Rv. 637899 . 3.2. Da ciò consegue che, nella materia penai-fallimentare, il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale o indicati con altra analoga dizione integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie della bancarotta preferenziale in questo senso, Sez. 5, n. 14908 del 07/03/2008, Frigerio, Rv. 239487, che ha qualificato in termini di bancarotta preferenziale la restituzione di finanziamenti che, non avendo natura di conferimenti di capitale di rischio , rappresentano il sorgere di un effettivo ed esigibile credito chirografario in capo ai soci, senza che da ciò consegua effettivo depauperamento dell’asse patrimoniale nella stessa prospettiva, Sez. 5, n. 13318 del 14/02/2013, Viale, Rv. 254985 . 3.3. In senso contrario alla configurazione del prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale in termini di bancarotta fraudolenta per distrazione, si è richiamata la fattispecie di cui all’art. 2626 c.c., ritenuta applicabile anche ai finanziamenti in conto capitale effettuati durante la vita della società sulla base di un’interpretazione estensiva della nozione di conferimento di cui all’indicata disposizione, interpretazione resa possibile - con la conseguente sussumibilità del caso in esame nella figura della bancarotta da reato societario L. Fall., ex artt. 223, comma 2, n. 1 , e, appunto, 2626 cod. civ. - dal fatto che la postergazione - sebbene non comporti una riqualificazione ope legis dei crediti - ne assimila in tutto e per tutto la disciplina ai conferimenti in conto capitale, non incidendo semplicemente sulla loro graduazione Sez. 5, n. 42568 del 19/06/2018, Esposito, sostanzialmente in linea con Sez. 5, n. 11210 del 15/11/1993, Callegaro, Rv. 196458, secondo cui integra il delitto di illegittima restituzione di conferimenti, previsto - nella disciplina all’epoca vigente - dall’art. 2623, n. 2 cod. civ., la condotta dell’amministratore della società che restituisca somme di danaro ai soci che le abbiano versate in conto capitale, in seguito ad una deliberazione dell’assemblea, in assenza dei presupposti dell’esuberanza in riferimento al conseguimento dell’oggetto sociale e del rispetto delle garanzie previste dall’art. 2445 c.c. . La tesi sintetizzata che, per un verso, ritiene, sulla base della prospettata interpretazione estensiva, applicabile la fattispecie di cui all’art. 2626 c.c., anche ai finanziamenti in conto capitale e, per altro verso, propende per la configurazione del prelievo volto alla restituzione di siffatti finanziamenti in termini - non già di bancarotta per distrazione, ma - di bancarotta da reato societario non può essere seguita. La prospettata interpretazione estensiva dell’art. 2626 c.c., in realtà, si risolve in un’analogia in malam partem come il riferimento all’ identità di ratio contenuto nella stessa sentenza n. 42568 del 2018 lascia, a ben vedere, intendere in quanto i versamenti in conto capitale o in conto futuro aumento di capitale consistono in versamenti non imputati o non ancora imputati a capitale, tanto da confluire in un’apposita riserva - appunto - in conto capitale che non può essere identificata con il capitale, il che esclude la riferibilità anche ai versamenti in esame dello statuto penalistico a tutela del capitale sociale. La giurisprudenza delle Sezioni civili di questa Corte sopra richiamata Sez. civ. 1, n. 7692 del 2006, cit., etc. conferma questo assunto i versamenti dei soci in conto capitale hanno di regola una causa diversa da quella del mutuo e assimilabile a quella del capitale di rischio, il che, come si è visto, esclude che diano luogo a crediti esigibili nel corso della vita della società con conseguente non configurabilità della bancarotta preferenziale in riferimento ai prelievi volti alla loro restituzione essi, però, non incrementano immediatamente il capitale sociale e non attribuiscono alle relative somme la condizione giuridica propria del capitale, tanto è vero che vengono iscritti in un’apposita riserva in conto capitale . Pertanto, la - mera - assimilabilità al capitale di rischio dei versamenti in conto capitale conduce, sul terreno penalistico, ad escludere che essi possano essere ricondotti nella nozione di conferimento a norma dell’art. 2626 c.c., e che, dunque, la loro restituzione possa integrare la fattispecie di indebita restituzione dei conferimenti e quella di bancarotta da reato societario . Da ciò consegue che il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale deve essere qualificato in termini di distrazione nozione, questa, che la giurisprudenza di legittimità ricollega al distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore poi fallito con conseguente depauperamento in danno dei creditori , che può realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell’atto negoziale con cui tale distacco si compie, né la possibilità di recupero del bene attraverso l’esperimento delle azioni apprestate a favore della curatela Sez. 5, n. 44891 del 09/10/2008, Quattrocchi, Rv. 241830 conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 30830 del 05/06/2014, Di Febo, Rv. 260486 , in una prospettiva che attribuisce alla nozione di distrazione una funzione anche residuale , tale da ricondurre ad essa qualsiasi fatto diverso dall’occultamento, dalla dissimulazione, etc. determinante la fuoriuscita del bene dal patrimonio del fallito che ne impedisca l’apprensione da parte degli organi del fallimento Sez. 5, n. 8755 del 23/03/1988, Fabbri, Rv. 179047 conf. Sez. 5, n. 7359 del 24/05/1984, Pompeo, Rv. 165673 . 4. Le conclusioni fin qui raggiunte impongono di esaminare l’ulteriore questione rappresentata dai criteri in base ai quali distinguere le due diverse tipologie di versamenti in questione. Soccorrono, anche in questo caso, le indicazioni rinvenibili nella giurisprudenza delle Sezioni civili di questa Corte, ove si è precisato che stabilire se, in concreto, un determinato versamento tragga origine da un mutuo, o se invece sia stato effettuato quale apporto del socio al patrimonio dell’impresa collettiva, è questione di interpretazione della volontà delle parti Sez. civ. 1, n. 7692 del 31/03/2006, cit. più in particolare, i versamenti in conto capitale sono assoggettati all’onere di contabilizzazione nel patrimonio netto della società come riserve di capitale ed alla distinta indicazione di tale natura nella nota integrativa , mentre l’individuazione della natura del versamento dipende dalla ricostruzione della comune intenzione delle parti, la cui prova va desunta in via principale dal modo in cui il rapporto ha trovato concreta attuazione, dalle finalità pratiche cui appare diretto e dagl’interessi allo stesso sottesi, e solo in subordine dalla qualificazione che i versamenti hanno ricevuto in bilancio, la cui portata può risultare determinante, in mancanza di una chiara manifestazione di volontà negoziale, in considerazione della sottoposizione del bilancio all’approvazione dei soci Sez. civ. 1, n. 15035 del 08/06/2018, Rv. 649557 . Già con l’atto di appello, l’imputato aveva dedotto che le somme di cui alle due citate delibere assembleari consistevano in realtà in finanziamenti a breve finalizzati all’acquisto di merci la Corte di appello non ha affrontato il tema, potenzialmente idoneo, alla luce della giurisprudenza richiamata, ad attribuire alle erogazioni dei soci natura di mutuo e non di conferimenti in conto capitale e, in questa prospettiva, al prelievo operato dall’imputato ovvero a una parte di esso natura di bancarotta preferenziale. Sussiste, dunque, il denunicato vizio motivazionale. 5. Assorbiti gli ulteriori motivi, si impone pertanto l’annullamento con rinvio alla competente Corte di appello di Perugia, che si uniformerà al principio di diritto enunciato al punto 3.2. in ordine ai criteri distintivi tra bancarotta fraudolenta per distrazione e bancarotta preferenziale, nonché, al fine di distinguere versamenti operati in conto capitale e versamenti a titolo di mutuo, alle indicazioni offerte dalla giurisprudenza delle Sezioni civili di questa Corte da ultimo richiamate nel quadro di tali principi di diritto, il giudice del rinvio conserva nel merito piena autonomia di giudizio nella ricostruzione dei dati di fatto e nella valutazione di essi Sez. 1, n. 803 del 10/02/1998, Scuotto, Rv. 210016 , potendo procedere ad un nuovo esame del compendio probatorio con il solo limite di non ripetere i vizi rilevati nel provvedimento annullato Sez. 3, n. 7882 del 10/01/2012, Montali, Rv. 252333 . All’esito del giudizio di rinvio va altresì devoluto il regolamento delle spese sostenute nel presente giudizio di legittimità. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Perugia.