La psicosi non basta, per il ricovero all’opg occorre che il giudizio di merito sia terminato

Non è ammessa l’adozione di alcuna misura di sicurezza provvisoria nei confronti dell’imputato per le ipotesi che si fermano allo stadio del quasi reato. Per esse, come conferma la Cassazione, è ammessa solo la libertà vigilata.

Così con sentenza n. 8284/19 depositata il 25 febbraio. Il caso. L’imputato, ritrovato in stato di alterazione psicofisica ad appiccare un incendio all’interno dell’immobile, veniva sottoposto al trattamento sanitario obbligatorio durante il quale gli veniva diagnosticata una forma patologica di schizofrenia paranoidea. Pur dando atto che tale condotta non integrava il delitto di cui all’art. 423 c.p., il Tribunale di Brescia, in sede d’appello, ravvisava comunque l’ipotesi di cui all’art. 49, comma 2, c.p. e riteneva opportuno applicare la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico. Il disturbo psicotico di cui era affetto l’imputato comportava, infatti, il rischio della commissione dei reati e dimostrava la necessità di tutelare l’incolumità pubblica. Proposto ricorso per cassazione, il difensore dell’imputato lamenta in particolare che, in base a quanto previsto dall’art. 49, comma 4, c.p., l’applicazione della misura di sicurezza in questione non è consentita prima dell’esito del giudizio sul fatto. Negata l’applicazione della misura di sicurezza in via provvisoria. La Corte di legittimità ritiene il ricorso fondato e nega la possibilità nel caso di specie di applicare tale misura di sicurezza in via provvisoria. Infatti, il Collegio afferma che tale misura è ammessa per le ipotesi dei fatti costituenti quasi reato solo dopo l’accertamento di merito dinanzi al giudice chiamato a definire il procedimento. Tale principio trova conferma nel regime di tassatività esistente in materia e secondo cui nessuna misura di sicurezza detentiva è applicabile nelle ipotesi dei fatti che si fermano allo stadio del quasi reato , per i quali è ammessa la sola libertà vigilata. Pertanto, la Cassazione accoglie il ricorso e afferma che nessuna misura di sicurezza provvisoria poteva essere applicata al ricorrente e, dunque, annulla senza il rinvio il provvedimento.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 31 gennaio 25 febbraio 2019, n. 8284 Presidente Casa Relatore Binetti Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Brescia, con il provvedimento indicato in epigrafe, accogliendo l’appello proposto dal pubblico ministero, applicava nei confronti di T.R. , in via provvisoria, la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario con esecuzione presso REMS e, in attesa, presso Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura territorialmente competente . 2. Risultava accertato che il omissis T.R. , in stato di alterazione psicofisica, barricatosi in casa con intenti suicidi, appiccava il fuoco all’interno dell’immobile, provocando l’intervento di polizia e di personale sanitario. Dopo il distacco della corrente elettrica, iniziavano le operazioni di forzatura della porta, ma ad un certo punto T. spontaneamente la apriva, mantenendo però un atteggiamento non collaborativo, tanto che era necessario tenerlo disteso sul pavimento. Il medesimo rifiutava in seguito le cure, di modo che era sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio, nel corso del quale gli veniva diagnostica una forma di patologia schizofrenica di tipo paranoideo. Il Tribunale, pur dando atto che la condotta di T. , consistente nell’appiccare il fuoco all’interno dell’immobile, non poteva integrare il delitto di cui all’art. 423 c.p., mancando l’idoneità a cagionare l’evento dell’incendio previsto da tale fattispecie, tuttavia concordava con quanto rilevato dal pubblico ministero in sede di appello in ordine alla possibilità di ravvisare l’ipotesi di cui all’art. 49 c.p., comma 2, ugualmente idonea, come previsto dal successivo quarto comma, a consentire l’applicazione della misura di sicurezza. Quanto alla pericolosità posta a fondamento dell’adozione del ricovero, il provvedimento evidenziava che, secondo quanto emerso a seguito di consulenza tecnica espletata il 28 agosto 2018, il grave disturbo psicotico da cui era affetto T.R. comportava il rischio della commissione di reati, essendo prossima la dimissione dalla comunità riabilitativa e non avendosi alcuna garanzia circa la prosecuzione del trattamento necessario per stabilizzare la patologia, posto che il soggetto non mostrava adeguata consapevolezza in ordine alla sua esistenza e alle conseguenti gravi manifestazioni impulsive e reattive. Il Collegio evidenziava, inoltre, che i fatti anche precedenti al 29 agosto 2018 dimostravano la pressante necessità di tutelare l’incolumità pubblica, che i miglioramenti osservati nell’ultimo periodo del trattamento sanitario obbligatorio erano derivati dalla somministrazione forzata dei farmaci e che solo il costante e diretto controllo poteva nel prosieguo garantire tale somministrazione, sicché l’unica misura idonea a prevenire il pericolo ravvisabile risultava quella detentiva. 3. Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione T.R. , tramite il proprio difensore, rappresentando doglianze affidate a due motivi. 3.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge, osservando che nel caso previsto dall’art. 49 c.p., comma 4, non è consentito applicare la misura di sicurezza, come avvenuto, prima dell’esito del giudizio sul fatto. 3.2. Con il secondo motivo lamenta vizio della motivazione in punto di valutazione della pericolosità, per non essersi considerato che la lettera di dimissioni in data 30 agosto 2018, prodotta nel corso del procedimento, aveva rappresentato come il ricorrente durante il trattamento sanitario obbligatorio - e fra l’altro in occasione dei permessi con pernottamento a casa via via concessi - non avesse mai dato prova di manifestazioni di pericolosità sociale e avesse espresso la sua disponibilità nel prosieguo a recarsi presso le strutture sanitarie. Di contro si è solo acriticamente recepito il diverso parere del consulente. Né sono intervenute idonee spiegazioni con riferimento al genere di misura applicata, anche alla luce dell’intervento della sentenza della Corte costituzionale n. 347 del 2004 che ha eliminato in materia qualsiasi automatismo applicativo, così da non risultare giustificata la scelta della più restrittiva misura detentiva. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito illustrate. 2. Il primo motivo, negando la possibilità nel caso di cui trattasi di adottare la misura di sicurezza in via provvisoria, richiama la giurisprudenza di legittimità, che ammette l’applicazione di tale misura nella ipotesi dei fatti costituenti quasi reato solo dopo l’accertamento di merito nel contraddittorio davanti al giudice chiamato contestualmente ad emettere la decisione che definisce il procedimento Sez. 1, n. 2260 del 26/03/2014, dep. 2015, Rv. 261893 Sez. 5, n. 19312 del 21/04/2006, Rv. 234404 Sez. 1, n. 6234 del 28/12/1994, Rv. 200536 . Le considerazioni alla base di tale orientamento sono condivisibili, ma va chiarito che la possibilità di emettere qualsiasi misura di sicurezza provvisoria nel caso del quasi reato trova ancor prima altri insuperabili ostacoli normativi. 3. Gli artt. 49 e 115 c.p., si limitano a prevedere la possibilità nei casi ivi contemplati di applicare la misura di sicurezza personale, senza alcuna specificazione sul tipo di misura neanche per categoria, detentiva o meno. È l’art. 219 c.p., ad indicare al n. 2 la libertà vigilata come la misura applicabile nei casi di cui sopra, mentre tutte le altre disposizioni in tema di misura di sicurezza detentive non possono riguardare l’ipotesi del quasi reato , riferendosi sempre a condotte che oggettivamente integrano una fattispecie delittuosa per la quale deve essere irrogata o sarebbe irrogabile laddove presenti le condizioni di imputabilità una certa pena secondo parametri edittali. Pertanto, tenuto presente il regime di tassatività in materia delineato dall’art. 199 c.p., in ossequio all’art. 23 Cost., comma 3, nessuna misura di sicurezza detentiva è applicabile nelle ipotesi dei fatti che si fermano allo stadio del quasi reato, per cui invece rimane adottabile la sola libertà vigilata. L’art. 206 c.p., che si occupa dell’applicazione provvisoria delle misure di sicurezza, al comma 1, ne limita l’ambito alle misure detentive, facendo altresì sempre riferimento a ipotesi ben diverse dal quasi-reato , dato che vengono in evidenza piuttosto le condizioni personali minore età, infermità di mente, uso di sostanze stupefacenti, ubriachezza abituale, cronica intossicazione prodotta alcool o da sostanze stupefacenti di chi ha commesso condotte che integrano oggettivamente la fattispecie di reato citata per la misura definitiva. Ne discende che non è possibile applicare in via provvisoria la misura di sicurezza non detentiva della libertà vigilata tanto più nelle ipotesi di quasi-reato. L’unica parziale eccezione alle regole ora enunciate si ha nel caso del ricovero previsto dall’art. 222 c.p., per effetto dell’intervento della sentenza della Corte costituzionale n. 253 del 2003 che, in presenza dei presupposti di cui al succitato articolo, ha consentito l’applicazione della libertà vigilata in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico, in via non solo definitiva ma anche provvisoria. Ciò tuttavia non può rilevare in relazione al quasi - reato, dato che l’art. 222 c.p., si occupa della diversa ipotesi del fatto costituente reato non punibile in ragione dell’assenza delle condizioni di imputabilità di chi lo ha commesso. Del resto, a conferma dell’esclusione dell’adozione di una misura di sicurezza provvisoria nelle ipotesi di quasi-reato, depone anche l’art. 312 c.p.p., comma 1, che, occupandosi dei presupposti per l’applicabilità del particolare provvedimento cautelare di cui trattasi, richiede l’assenza di talune delle ipotesi contemplate dall’art. 272 c.p.p., comma 3, cioè di quelle condizioni che rendono non punibile il fatto - proprio come avviene nei casi previsti dagli artt. 49 e 115 c.p. - per cause che siano diverse dalla non imputabilità. 4. Alla stregua di tutte le considerazioni che precedono deve in conclusione affermarsi, in accoglimento dei rilievi svolti con il primo motivo e con assorbimento pertanto del secondo , che nessuna misura di sicurezza provvisoria poteva essere applicata al ricorrente in ragione della configurata esistenza del quasi reato di talché il provvedimento impugnato va annullato senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.