Manifesto contro le forze dell’ordine: legittimo il DASPO

L’episodio incriminato risale al febbraio del 2018 e si è verificato a Roma, a pochi metri dallo stadio Olimpico. All’epoca un tifoso fu beccato ad affiggere un manifesto contenente un acronimo offensivo nei confronti dei poliziotti. Per i Giudici della Cassazione va confermato il DASPO emesso dal Questore della Capitale.

Legittima l’applicazione del DASPO nei confronti del tifoso beccato ad affiggere su un muro, a pochi metri dallo stadio, uno striscione contenente un’espressione offensiva nei confronti delle forze dell’ordine Cassazione, sentenza n. 7648/19, sez. III Penale, depositata il 20 febbraio . Manifesto. Scenario della vicenda è Roma, più precisamente lo stadio Olimpico. A poche ore dalla chiusura del match Lazio-Milan – a fine febbraio del 2018 –, un tifoso della squadra romana viene beccato da alcuni agenti di Polizia mentre, assieme ad un’altra persona, stava affiggendo su un muro, a pochi metri dall’impianto sportivo, un manifesto caratterizzato anche da un acronimo offensivo nei confronti delle forze dell’ordine, cioè ‘Acab’, ossia ‘All cops are bastard’. Inevitabile il DASPO quinquennale per il tifoso. A firmare il provvedimento è il Questore di Roma. A confermarne la legittimità è il Gip del Tribunale capitolino, il quale osserva che la condotta ascritta rientra tra quelle che incitano, inneggiano o inducono alla violenza” . Violenza. Secondo il legale del tifoso, però, è errato il ‘peso’ riconosciuto all’episodio, che, a suo parere, può rappresentare al massimo una forma di denigrazione nei confronti delle forze di polizia . Applicando questa prospettiva, il DASPO è un provvedimento eccessivo. Ma i Giudici della Cassazione non concordano con l’avvocato, e confermano anzi la giustezza della decisione presa dal Questore della Capitale. I magistrati ritengono rilevante, innanzitutto, la prossimità topografica con l’impianto sportivo e quella temporale con la disputa della partita di calcio . Ciò che conta, però, è soprattutto il contenuto di quanto vergato sul manifesto , che, pur non contenendo un esplicito incitamento alla violenza , è idoneo per contenuto e contesto a suscitare potenzialmente intense passioni verosimilmente adeguate a far scaturire episodi di violenza . Inequivocabili, a questo proposito, i dettagli del manifesto affisso a pochi metri dall’‘Olimpico’. Più precisamente, si fa riferimento al richiamo all’ episodio in cui un tifoso ebbe a trovare la morte a causa dell’operato di un agente della Polizia e alla espressione offensiva nei confronti dei componenti delle forze dell’ordine .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 14 novembre 2018 – 20 febbraio 2019, n. 7648 Presidente Rosi - Relatore Gentili Ritenuto in fatto Con ordinanza depositata in data 30 aprile 2018, alle ore 11.40, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, su conforme richiesta formulata in pari data dal Pm presso il medesimo Tribunale, ha convalidato il provvedimento, emesso dal Questore in Roma il precedente 3 aprile 2018, notificato all'interessato il successivo 28 aprile 2018 alle ore 10.30, con il quale era stato imposto a Pr. Al., ai sensi dell'art. 6, comma 2, della legge n. 401 del 1989, il divieto, per la durata di cinque anni, di accesso a tutte le manifestazioni sportive riguardanti il giuoco del calcio che saranno disputate sul territorio nazionale, nonché, per la medesima durata, il divieto di accesso negli impianti sportivi anche ubicati all'estero ove saranno disputati incontri di calcio cui partecipino compagini italiane o rappresentative della Nazione italiana, prescrivendogli, altresì, di presentarsi, trenta minuti dopo l'inizio dell'incontro, per lo stesso periodo di tempo presso il Commissariato di PS di Roma, Flaminio Nuovo, in occasione di tutte le partite di calcio ufficiali disputate dalla squadra della SS Lazio. Avverso il predetto provvedimento ha interposto ricorso per cassazione il Pr., assistito dal proprio difensore fiduciario, articolando un unico motivo di ricorso con il quale, in sintesi, ha lamentato, deducendo la violazione di legge, che, considerata la condotta addebitatagli, non sussistevano gli elementi per la adozione del provvedimento del Questore. Considerato in diritto Il ricorso è risultato infondato e, pertanto, lo stesso deve essere rigettato. Ritiene il Collegio, onde comprendere sia le ragioni della convalida che quelle del ricorso che, infine, i motivi per i quali lo stesso è stato rigettato, che sia necessaria una rapida incursione nel fatto, nei limiti in cui lo stesso è accessibile attraverso l'esame dell'ordinanza impugnata e del ricorso introduttivo del giudizio, che ha determinato l'adozione della misura di prevenzione a carico dell'odierno ricorrente. E', infatti, concordemente risultato che nelle prime ore della notte del 1 marzo 2018, nei pressi dello stadio Olimpico di Roma - ove era stata disputata nella tarda serata immediatamente precedente la partita di calcio fra le squadre della SS Lazio e della AC Milan - agenti del Commissariato di Polizia Ponte Milvio avevano fermato ed identificato l'attuale ricorrente il quale, unitamente ad altra persona, aveva affisso sul muro esterno dell'edificio ove ha sede la Scuola Nazionale della Pubblica Amministrazione, ubicato anch'esso nei pressi del citato impianto sportivo, un manifesto avente le dimensioni di 10 metri di base per 1 di altezza recante la seguente scritta 01.03 St. Fu.! ACAB Lazio . Sulla base di questa evidenza il Questore di Roma ha emesso a carico del Pr. il provvedimento il cui contenuto è meglio precisato nella parte in fatto della presente sentenza che, successivamente, il Gip del Tribunale di Roma ha, a sua volta, convalidato, rilevando che, rientrando nel notorio la circostanza che l'acronimo ACAB vada sciolto nel senso che lo stesso sta ad esprimere la frase in lingua inglese All cops are bastarti la cui traduzione non necessita di essere esplicitata , la condotta ascritta al ricorrente, rientrando fra quelle che incitano, inneggiano o inducono alla violenza , era tale da legittimare l'adozione del provvedimento emesso dal Questore di Roma. Nell'impugnare la predetta convalida il ricorrente ha, invece, sostenuto che il contenuto della frase presente sul manifesto affisso dal Pr., lungi dal costituire un incitamento o comunque lungi dall'essere potenziale fomite di atti di violenza, potrebbe al massimo rappresentare una forma di denigrazione nei confronti della Forze di polizia, non tale, pertanto anche laddove se ne dovesse ritenere la rilevanza penale - tenuto conto del fatto che la espressa formula legislativa si riferisce esclusivamente a chi abbia incitato, inneggiato o indotto alla violenza - a costituire fonte legittimante la emissione del provvedimento del tipo di quello adottato dal Questore di Roma ai danni del Pr., posto che esso è, per quanto ora interessa, esclusivamente riferibile, si ribadisce, a condotte che incitano, inneggiano o inducono alla violenza . Il ricorso è infondato. Ribaditi gli elementi di fatto dianzi riportati, rileva, infatti, il Collegio che - indubbia essendo la appartenenza al generale patrimonio culturale di una certa parte della tifoseria delle squadre di calcio ed, in verità, non solo a tale fetta sociologicamente caratterizzata della popolazione , del significato, dianzi riportato, dell'acronimo ACAB - la predetta espressione era accompagnata dalla indicazione di una data - 01.03, cioè primo marzo, giorno in cui i fatti si sono verificati - e di un nome - St. Fu. - la cui identificazione personale in soggetto che, tifoso della squadra di calcio della Triestina, perse la vita, proprio il 1 marzo 1984, dopo alcuni giorni di agonia, a seguito delle lesioni da lui riportate in occasione di incidenti verificatisi l'8 febbraio precedente al termine di un incontro di calcio fra le squadre della Triestina Calcio e della US Udinese, è nell'ambiente dei sostenitori delle squadre di calcio di immediata percepibilità, stante la particolare attenzione che nel mondo della tifoseria organizzata è stata, nel tempo, riservata alla figura del giovane in questione, cui è persino stata intitolata una curva dello stadio di Trieste, così come è dato comunemente conosciuto, tanto più nell'ambiente del tifo calcistico organizzato spesso caratterizzato da forme di solidarietà che attraversano le appartenenze territoriali, che in tale circostanza, per come è emerso in sede anche giurisdizionale, le lesioni mortali da lui subite furono conseguenza dell'operato di appartenenti alla Polizia di Stato intervenuti per sedare i disordini. In tal senso ricostruiti gli elementi di fatto rilevanti ai fini della decisione, osserva il Collegio che effettivamente, secondo l'orientamento di questa Corte che risulta allo stato prevalente, il presupposto per la legittima applicazione del provvedimento con il quale il Questore dispone il cosiddetto Daspo amministrativo in relazione a condotte tenute in occasione di manifestazioni sportive e, di conseguenza, per la convalida giurisdizionale di esso, per ciò che attiene alla esposizione di scritte o striscioni, è riferito all'ipotesi in cui essi siano contenenti espressioni aventi una specifica valenza di istigazione alla violenza nelle forme dell'incitamento, inneggiamento ovvero alla induzione ad essa, non costituendo elementi a ciò idonei le forme di induzione indiretta di essa attraverso il mero utilizzo di espressioni anche gravemente denigratorie, diffamatorie ovvero offensive o oltraggiose nei confronti anche delle forze dell'ordine Corte di cassazione, Sezione III penale, 17 marzo 2014, n. 12352 idem Sezione III penale, 13 gennaio 2014, n. 972 idem Sezione I penale, 15 luglio 2003, n. 29581 . Tale orientamento non pare, tuttavia, pertinente al presente caso. Infatti, deve, in primo luogo osservarsi che è circostanza non rilevante il dato di fatto secondo il quale l'episodio contestato al Pr. non si è verificato all'interno di un impianto sportivo ma nelle vicinanze di esso e in prossimità temporale con la disputa di una competizione sportiva. Come, infatti, questa Corte ha, nel recente passato, chiarito è legittima l'imposizione da parte del Questore di un provvedimento di DASPO amministrativo, con relative prescrizioni, anche nel caso in cui gli atti di violenza siano stati realizzati non durante l'effettivo svolgimento della manifestazione sportiva, bensì in un momento diverso e non contestuale, a condizione che tali atti siano in rapporto di immediato ed univoco nesso eziologico con essa Corte di cassazione, Sezione III penale, 16 gennaio 2017, n. 1767 . Nel caso di specie non solo la prossimità topografica con l'impianto sportivo e quella temporale con la disputa della ricordata competizione fra le compagini della Lazio e del Milan ma in particolare il contenuto stesso di quanto vergato sul manifesto che il Pr. stava affiggendo allorché fu avvistato dagli agenti del Commissariato Ponte Milvio rendono indubbio il collegamento eziologico fra tale evenienza e la manifestazione sportiva da poco conclusasi. Quanto alla ricorrenza degli altri elementi legittimanti la adozione della misura in questione, osserva la Corte come già in altra occasione questo giudice ha avuto occasione di affermare che può ritenersi tale da integrare il reato di cui al predetto art. 2-bis del decreto legge n. 8 del 2007, e la tematica si ritiene sia sicuramente estensibile, per ciò che attiene alla previsione del Daspo, anche alle ipotesi di cui all'art. 6 della legge n. 401 del 1989, la esposizione di uno striscione che, pur non contenendo un esplicito incitamento alla violenza, sia tale, per il suo contenuto ed il contesto nel quale esso viene mostrato, da suscitare potenzialmente intense passioni verosimilmente idonee a far scaturire episodi di violenza Corte di cassazione, Sezione III penale, 16 gennaio 2017, n. 1766 . Deve, infatti, al proposito considerarsi che, ai fini della adozione della misura di prevenzione non vi è affatto la necessità che dalla condotta dell'interessato sia effettivamente scaturito un atto di violenza essendo, invece, sufficiente che quella sia anche solo potenzialmente idonea a costituirne la possibile scaturigine. Invero, quanto alla fattispecie, l'inequivocabile riferimento all'episodio nel corso del quale un tifoso ebbe a trovare la morte a causa dell'operato di un appartenente alla Polizia di Stato e la espressione offensiva nei confronti dei componenti delle forze dell'ordine costituiscono indubbiamente fattori tali da giustificare, tanto più ove si consideri la non infrequente tendenza delle tifoserie a fornire risposte non meditate ma immediate ed irrazionali alle sollecitazione ad esse rivolte, una reazione di tipo violento ad essi. Alla luce delle argomentazioni che precedono il ricorsi deve, pertanto, essere rigettato, essendo state rispettate le condizioni legittimanti la adozione del provvedimento impugnato ed il ricorrente deve, di conseguenza, essere condannato, visto l'art. 616 cod. proc. pen. al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.