Sottrae la merce dai banchi del supermercato ma viene sorpreso subito dopo le casse: è rapina tentata

Un individuo sottrae della merce all’interno del supermercato e, al suonare dei dispositivi antitaccheggio oltre le barriere delle casse, viene bloccato dagli addetti alla sicurezza. Secondo gli Ermellini, a fronte dell’intervento difensivo del personale, la condotta criminosa resta allo stadio del tentativo poiché l’agente non ha conseguito, neppure per un attimo, l‘autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva .

Sul tema gli Ermellini con la sentenza n. 7606/19, depositata il 19 febbraio. La vicenda. All’interno di un supermercato un individuo nasconde nelle tasche quattro bottiglie di liquore ma, una volta superate le barriere, i dispositivi antitaccheggio suonano attirando così l’attenzione degli addetti alla sicurezza. Il ladro, intento a conseguire l’impunità e mantenere il possesso delle bottiglie di liquore, si ribella al fine di sottrarsi al controllo del personale del supermercato usando violenza e minacce. Vicenda che giunge all’attenzione del GIP di Torino che giudica l’indagato responsabile del reato di rapina aggrava ex art. 628, comma 1, c.p. e consumata. Il condannato ricorre in Cassazione sostenendo che, sulla base del recente orientamento della stessa Corte, il fatto è stato erroneamente qualificato come rapina consumata invece che come rapina tentata . La costante vigilanza e il tempestivo intervento della sicurezza. La giurisprudenza di legittimità ha riscontrato diversi orientamenti contrastanti circa la possibilità di qualificare come furto consumato o tentato la condotta di sottrazione di merce all’interno di un supermercato e avvenuta sotto il controllo degli addetti alla sicurezza, allorquando l’autore, ancora in possesso della merce sottratta, si fermi dopo il superamento della barriera delle casse. Discorso che vale per il delitto di furto ma anche per quello di rapina, delitti differenziati tramite l’utilizzo o meno della violenza o della minaccia per l’impossessamento della cosa altrui. Il Supremo Collegio, tuttavia, ha ritenuto di dar seguito all’orientamento oramai prevalente secondo il quale la concomitante osservazione , del personale addetto del supermercato, dell’attività criminosa e la correlata e immanente possibilità di intervento del personale suddetto, impediscono la consumazione del reato poiché l’agente non ha conseguito l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva , refurtiva non ancora esterna alla sfera di vigilanza e di controllo diretto del soggetto passivo, la cui signoria sulla cosa non è stata eliminata . In tal modo si privilegia, ai fini della consumazione del delitto, il connotato di effettività dell’impossessamento del bene, ponendo in secondo piano, dunque, il semplice momento sottrattivo della cosa altrui. Il principio. Alla luce di ciò, la S.C afferma il seguente principio di diritto Il monitoraggio nella attualità della azione furtiva avviata, esercitato sia mediante la diretta osservazione della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza o delle forze dell’ordine presenti in loco , sia mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce, e il conseguente intervento difensivo in continenti, a tutela della detenzione, impediscono la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, in quanto l’agente non ha conseguito, neppure momentaneamente, l‘autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto del soggetto passivo . Per concludere la Corte qualifica il fatto come tentativo, annulla senza rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 24 gennaio – 19 febbraio 2019, n. 7606 Presidente Gallo - Relatore Alma Ritenuto in fatto 1. Il G.I.P. del Tribunale di Torino, con sentenza in data 27 luglio 2018, applicava nei confronti di G.M. la pena concordata dalle parti ex art. 444 c.p.p., in relazione al reato di rapina aggravata art. 628 c.p., commi 1 e 2 consumato in data omissis . È contestato al G. di essersi impossessato, nascondendole nelle tasche, di quattro bottiglie di liquore che sottraeva dai banchi espositori dell’ipermercato Carrefour di e, dopo aver superato le barriere antitaccheggio che suonavano, così richiamando l’attenzione degli addetti alla sicurezza, di avere usato violenza e minaccia nei confronti degli stessi al fine di sottrarsi al controllo e conseguire l’impunità nonché mantenere il possesso di quanto sottratto. 2. Ricorre per Cassazione avverso detta sentenza il difensore dell’imputato, deducendo violazione di legge ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , rilevando che, sulla base della più recente giurisprudenza di questa Corte Suprema, il fatto è stato erroneamente qualificato come rapina consumata invece che come rapina tentata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è ammissibile e fondato. 2. Quanto al profilo della ammissibilità del ricorso deve innanzitutto rilevarsi che l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. espressamente prevede la possibilità per l’imputato di proporre ricorso per cassazione per motivi attinenti all’erronea qualificazione giuridica del fatto. È, poi, ben noto il costante orientamento di questa Corte secondo il quale In tema di patteggiamento, anche a seguito dell’introduzione dell’art. 448 c.p.p., comma 2-bis, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione giuridica del fatto è limitata ai casi in cui tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, dovendo escludersi l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione . In motivazione, la Corte ha precisato che la verifica sulla corretta qualificazione giuridica del fatto va compiuta esclusivamente sulla base dei capi di imputazione, della succinta motivazione della sentenza e dei motivi dedotti in ricorso . Sez. 6, n. 3108 del 08/01/2018, Antoci, Rv. 272252 in senso conforme Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018, Maugeri, Rv. 272619 . Ciò premesso, rileva il Collegio che nel caso di specie la verifica della corretta qualificazione giuridica del fatto risulta con immediatezza dalla contestazione analiticamente descritta nel capo di imputazione e non presenta ragionevoli margini di opinabilità alla luce del dictum in materia delle Sezioni Unite di questa Corte. 3. Passando ora alla valutazione della corretta qualificazione giuridica del fatto, deve rilevarsi che la questione aveva dato luogo nel passato a contrasti giurisprudenziali sorti in principalità in relazione al momento consumativo del reato di furto ma perfettamente traslabili in quello di rapina, che dal primo si differenzia sostanzialmente da un quid pluris costituito dall’uso di violenza o minaccia finalizzate all’impossessamento della cosa mobile altrui mediante sottrazione a chi la detiene. Le Sezioni Unite di questa Corte sono state chiamate in due occasioni ad occuparsi della questione della qualificazione giuridica del fatto Sez. U, n. 34952 del 19/04/2012, Reina, Rv. 253153 e Sez. U, n. 52117 del 17/07/2014, Prevete, Rv. 261186 . Mentre nella prima delle pronunce indicate è stato affrontato in principalità il problema della configurabilità del tentativo di rapina impropria, nella seconda la questione di diritto sottoposta alle Sezioni Unite si è sostanziata nel quesito seguente Se la condotta di sottrazione di merce all’interno di un supermercato, avvenuta sotto il costante controllo del personale di vigilanza, sia qualificabile come furto consumato o tentato allorché l’autore sia fermato dopo il superamento della barriera delle casse con la merce sottratta . L’indirizzo giurisprudenziale al quale ha ritenuto di aderire il Supremo Collegio si fonda sulla considerazione che la concomitante osservazione da parte della persona offesa, ovvero del dipendente personale di sorveglianza, dell’avviata azione delittuosa al pari dei controlli strumentali mediante apparati elettronici di rilevazione automatica del movimento della merce sensori, placche antitaccheggio e la correlata e immanente possibilità di intervento nella immediatezza, a tutela della detenzione, impediscono la consumazione del reato, per non essersi perfezionata la fattispecie tipizzata - dell’impossessamento, mediante sottrazione, della cosa altrui - in quanto l’agente non ha conseguito l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto del soggetto passivo, la cui signoria sulla cosa non è stata eliminata. In sostanza, le Sezioni Unite hanno ritenuto di confermare l’orientamento secondo il quale è da ritenersi preferibile la tesi che tende a privilegiare il connotato di effettività che deve caratterizzare l’impossessamento quale momento consumativo del delitto di furto ma il discorso, come detto, vale anche per la rapina , rispetto al semplice momento sottrattivo argomentando che finché la cosa non sia uscita dalla sfera di sorveglianza del possessore e questi è ancora in grado di recuperala tanto fa degradare la condotta di apprensione del bene a mero tentativo , sicché la descrizione della condotta delittuosa risulta scandita dal sintagma impossessamento-sottrazione. In tale prospettiva la condotta dell’agente il quale oltrepassi la cassa, senza pagare la merce prelevata, rende difficilmente contestabile l’intento furtivo, ma lascia impregiudicata la questione se la circostanza comporti di per sé sola la consumazione del reato, quando l’azione delittuosa sia stata rilevata come è avvenuto nel caso in esame - nel suo divenire dalla persona offesa, o dagli addetti alla vigilanza, i quali, nella immediatezza intervengano a difesa della proprietà della merce prelevata. Orbene, appare difficilmente confutabile - e il dato deve ritenersi acquisito per generale consenso e in carenza di veruna apprezzabile obiezione - che l’impossessamento del soggetto attivo del delitto di furto postuli il conseguimento della signoria del bene sottratto, intesa come piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva da parte dell’agente. Sicché, laddove esso è escluso dalla concomitante vigilanza, attuale e immanente, della persona offesa e dall’intervento esercitato in continenti a difesa della detenzione del bene materialmente appreso, ma ancora non uscito dalla sfera del controllo del soggetto passivo, la incompiutezza dell’impossessamento osta alla consumazione del reato e circoscrive la condotta delittuosa nell’ambito del tentativo. La conclusione - sempre secondo le Sezioni Unite - riceve conforto dalla considerazione dell’oggetto giuridico del reato alla luce del principio di offensività. In tale prospettiva, di recente valorizzata quale canone ermeneutico di ricostruzione dei singoli tipi di reato da Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, il fondamento della giustapposizione tra il delitto tentato e quello consumato e del differenziato regime sanzionatorio risiede nella compromissione dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice. Affatto coerente risulta, pertanto, l’aggancio della consumazione del furto alla completa rescissione anche se istantanea della signoria che sul bene esercitava il detentore . Mentre, di converso, se lo sviluppo dell’azione delittuosa non abbia comportato ancora la uscita del bene dalla sfera di vigilanza e di controllo dell’offeso, è per vero confacente, alla stregua del parametro della offensività, la qualificazione della condotta in termini di tentativo. Le considerazioni che precedono hanno consentito di formulare il seguente principio di diritto al quale ritiene di aderire anche l’odierno Collegio Il monitoraggio nella attualità della azione furtiva avviata, esercitato sia mediante la diretta osservazione della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza o delle forze dell’ordine presenti in loco , sia mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce, e il conseguente intervento difensivo in continenti, a tutela della detenzione, impediscono la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, in quanto l’agente non ha conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto del soggetto passivo . 4. Alla luce di quanto esposto è pertanto da rilevarsi un errore di diritto nella qualificazione giuridica del fatto che deve essere qualificato come tentativo di rapina impropria art. 56 c.p., art. 628 c.p., commi 1 e 2 , il che impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e la restituzione degli atti al Tribunale di Torino per l’ulteriore corso. P.Q.M. Qualificato il fatto come tentativo, annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la restituzione degli atti al Tribunale di Torino per l’ulteriore corso.