Nessuna liquidazione delle spese alla parte civile assente nel giudizio d’appello, anche in caso di condanna

Il principio di immanenza della costituzione di parte civile ex art. 76 c.p.p. – ai sensi del quale la rituale costituzione di parte civile in primo grado dispiega i propri effetti in ogni stato e grado del processo penale - non giova ai sensi delle statuizioni del giudice d’appello sulla liquidazione delle spese. In breve, in ogni caso di costituzione di parte civile, converrà alla medesima partecipare anche al giudizio d’appello, per vedersi riconosciute ulteriori spese.

Così la Cassazione, seconda sez. penale, n. 6965/19, depositata il 13 febbraio. Il fatto processuale. Per fatti di appropriazione indebita ex art. 646 c.p., il giudice d’appello confermava la condanna dell’imputato resa all’esito del giudizio di primo grado, in cui si era ritualmente costituita la parte civile già querelante, assente nel giudizio d’appello. Ciò nonostante liquidava le spese alle parte civili assenti ! . L’imputato ricorreva, fra gli altri motivi di ricorso, anche avverso quest’ultima statuizione, appurata la totale assenza di attività processuale nel giudizio di secondo grado delle parti civili già costituite. La Cassazione accoglie e sul punto annulla con rinvio. Le norme rilevanti. Come noto, ai sensi dell’art. 76 c.p.p., la costituzione di parte civile avvenuta in primo grado giova in ogni stato e grado del processo, anche in secondo grado, nonostante non presenti conclusioni scritte ai sensi dell’art. 523 c.p.p., non sia impugnante nè partecipi personalmente al giudizio salvi – ovviamente – gli effetti della revoca della costituzione di parte civile ex art. 82 c.p.p. Inoltre l’art. 153 disp. att. c.p.p. parametra la liquidazione delle spese alla notula dei compensi allegata alle conclusioni. Tuttavia per l’art. 91 c.p.c. la statuizione sulle spese segue la soccombenza, dunque il giudice dovrebbe provvedervi anche d’ufficio, pur in assenza di richiesta. Inoltre, ai sensi dell’art. 541 c.p.p., in caso di accoglimento della domanda di risarcimento del danno o alle restituzioni civili, il giudice condanna alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile, salvo compensazione per giusti motivi. La soluzione della Cassazione. Gli Ermellini attribuiscono alle statuizioni ex art. 541 c.p.p. una valenza restitutoria delle spese occorse alla parte civile solo quando realmente sostenute dalla persona offesa, nonostante gli effetti della costituzione di parte civile nel primo grado si propaghino anche nei gradi successivi per il cit. principio di immanenza ex art. 76 c.p.p. In adesione, anche nel processo civile, non possono essere riconosciute le spese giudiziali in favore del contumace vittorioso. In entrambi i casi di liquidazione, s’avrebbe un arricchimento senza causa, vietato dall’ordinamento. In breve, in ogni caso di costituzione di parte civile, converrà alla medesima partecipare personalmente anche al giudizio di secondo grado, per vedersi riconosciute ulteriori spese.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 ottobre 2018 – 13 febbraio 2019, n. 6965 Presidente Cammino – Relatore Beltrani Ritenuto in fatto Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Messina ha confermato integralmente la sentenza emessa dal Tribunale di Messina in data 5.7.2016, che aveva dichiarato D.B.G. , in atti generalizzato, colpevole dell’appropriazione indebita di cui al capo C . Contro tale provvedimento, l’imputato con l’ausilio di un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione ha proposto ricorso per cassazione denunziando i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1 1 - violazione di legge e vizi di motivazione quanto all’assenza di una valida querela quella dei condomini C. e P. sarebbe precedente rispetto ai fatti in contestazione, in quanto datata 7.8.2009, e comunque non riguardante i fatti di cui ai capi B e C la separata querela di altri soggetto, specificamente riguardante il reato di cui al capo C , sarebbe stata rimessa mancherebbe quindi una valida e tempestiva querela di soggetto legittimato 2 - violazione di legge e vizi di motivazione quanto alla configurazione dell’appropriazione indebita contestata poiché l’imputato era asseritamente creditore delle somme di cui secondo la contestazione si sarebbe appropriato 3 - erronea condanna alla rifusione delle spese del grado in favore delle parti civili assenti. All’odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all’esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe, ed il collegio, riunito in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in udienza. Considerato in diritto 1. Il reato di cui al capo C - l’unico per il quale attualmente si proceda - è estinto per prescrizione, maturata dopo l’emissione della sentenza di appello, poiché il primo motivo, come si vedrà, è infondato, e quindi il ricorso, agli effetti penali, è infondato ma non inammissibile. 1.1. Questa Corte è, infatti, ferma nel ritenere che soltanto la totale inammissibilità del ricorso impedisce la declaratoria della prescrizione eventualmente maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della totale inammissibilità del ricorso come più volte chiarito, soltanto l’inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. Cass. pen., Sez. un., sentenza n. 32 del 22 novembre 2000, CED Cass. n. 217266 nella specie, l’inammissibilità del ricorso era dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, e la prescrizione del reato era maturata successivamente alla data della sentenza impugnata con il ricorso conformi, Sez. un., sentenza n. 23428 del 2 marzo 2005, CED Cass. n. 231164, e Sez. un., sentenza n. 19601 del 28 febbraio 2008, CED Cass. n. 239400 . 1.2. Gli elementi valorizzati a fondamento della condanna dal Tribunale e dalla Corte di appello non consentono il proscioglimento dell’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p., con formula più favorevole. 1.3. Ai sensi dell’art. 578 c.p.p., è, inoltre, consentita - ricorrendone le condizioni - la conferma delle statuizioni civili. 2. Come anticipato, il primo motivo è infondato. 2.1. Esiste in atti valida querela presentata in ordine a vicende rientranti tra quelle contestate sub C dall’amministratore giudiziario CR. che, in quanto tale, era esonerato dall’obbligo di procurarsi all’uopo il previo mandato dell’assemblea condominiale. È pur vero che il CR. aveva successivamente rimesso la querela di qui la mera infondatezza del motivo , ma ciò era avvenuto quando ormai era cessato dalla carica essendo stato nominato dall’assemblea condominiale altro amministratore e non era più legittimato a farlo. D’altro canto, il nuovo amministratore M. non risulta aver presentato a sua volta autonoma querela, di tal che l’assenza del previo mandato dell’assemblea condominiale è priva di rilievo. Privo di rilievo giuridico, pur contribuendo a far ritenere il motivo meramente infondato, è l’ulteriore ed ultroneo rilievo della Corte di appello, secondo la quale la questione della procedibilità sarebbe stata superabile soprattutto in ordine alla autonomia del diritto di querela di singoli condomini che permangono oggi come parti civili , a loro volta al contrario non validamente querelanti la querela a loro firma reca data 7.8.2009, ed è quindi di data antecedente rispetto ai fatti contestati sub C , gli unici in ordine ai quali si proceda tuttora, risalenti al successivo mese di ottobre dello stesso anno , ma validamente costituiti come parti civili nella qualità di meri danneggiati dal reato. 2.2. Ne consegue, come anticipato, la mera infondatezza del motivo, e quindi l’estinzione del reato ascritto all’imputato per prescrizione. 3. Il secondo motivo - conseguentemente delibabile ai soli effetti civili - è meramente reiterativo e comunque manifestamente infondato, poiché, nel contestare l’affermazione di responsabilità, reitera, più o meno pedissequamente, censure già dedotte in appello e già non accolte, risultando, pertanto, privo della specificità necessaria ai sensi dell’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. C , Sez. 4, sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693 Sez. 6, sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133 , e, comunque, manifestamente infondato, in considerazione dei rilievi con i quali la Corte di appello - con argomentazioni giuridicamente corrette, nonché esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede - ha motivato la contestata statuizione, in particolare valorizzando incensurabilmente f. 3 s. della sentenza impugnata l’intervenuta nomina di un amministratore giudiziario, che non consentiva più all’imputato il compimento di atti di gestione, neppure - in ipotesi - per soddisfare un proprio asserito credito, peraltro non legittimato dalla necessaria delibera assembleare. Nel caso di specie, quindi, la Corte di appello ha riesaminato e valorizzato lo stesso compendio probatorio già sottoposto al vaglio del Tribunale e, dopo avere preso atto delle censure dell’appellante, è giunta alla medesima conclusione in termini di sussistenza della responsabilità dell’imputato che, in concreto, si limita a reiterare le doglianze già incensurabilmente disattese dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa lettura delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti degli elementi probatori valorizzati. 4. Il terzo motivo - che riguarda soltanto il punto della sentenza impugnata riguardante la condanna dell’imputato alla rifusione delle spese del grado in favore delle parti civili, in realtà assenti -, è fondato. 4.1. Deve premettersi che l’assenza delle parti civili in appello non faceva venire meno la costituzione perché la parte civile costituita, che non partecipi al giudizio di appello personalmente e non presenti conclusioni scritte ai sensi dell’art. 523 c.p.p., deve ritenersi comunque presente nel processo e le sue conclusioni, pur rassegnate in primo grado, restano valide in ogni stato e grado in virtù del principio di immanenza previsto dall’art. 76 c.p.p. Sez. 5, Sentenza n. 24637 del 06/04/2018, Rv. 273338 - 01 . 4.2. Ciò premesso, un orientamento espresso unicamente da Sez. 2, Sentenza n. 42934 del 18/09/2014, Rv. 260830 - 01 ha ritenuto, in tema di spese relative all’azione civile, che il giudice di appello non può liquidare d’ufficio le spese processuali sopportate dalla parte civile che non sia comparsa in udienza e non abbia presentato le conclusioni in forma scritta e la nota spese di cui all’art. 153 disp. att. c.p.p., difettando il requisito della presentazione di una specifica domanda sul punto. 4.2.1. Altro orientamento espresso unicamente da Sez. 5, Sentenza n. 39471 del 04/06/2013, Rv. 257199 - 01 ritiene, al contrario, legittima la statuizione - pronunciata in sede di appello - di condanna alle spese a favore della parte civile, ancorché quest’ultima non abbia presentato in tale sede le proprie conclusioni, stante il principio di immanenza della costituzione di parte civile, previsto dall’art. 76 c.p.p., comma 2, in virtù del quale la parte civile, una volta costituita deve ritenersi presente nel processo anche se non compaia e deve essere citata nei successivi gradi di giudizio ancorché non impugnante sicché l’immanenza viene meno solo nel caso di revoca espressa ovvero nei casi di revoca implicita che non possono essere estesi al di là di quelli tassativamente previsti dall’art. 82 c.p.p., comma 2. 4.3. Il collegio ritiene che nel caso di specie la liquidazione delle spese de quibus non fosse dovuta, ma sulla base di un percorso argomentativo diverso. 4.3.1. Deve premettersi che, ai sensi dell’art. 153 disp. att. c.p.p., agli effetti dell’art. 541, comma 1, del codice, le spese sono liquidate dal giudice sulla base della nota che la parte civile presenta al più tardi insieme alle conclusioni . 4.3.2. Le Sezioni Unite di questa Corte Sentenza n. 20 del 27/10/1999, Rv. 214637-41, Fraccari hanno già chiarito che, nel caso in cui la parte civile abbia ritualmente formulato richiesta di liquidazione delle spese, senza depositare la relativa nota, la mancanza della nota delle spese nel giudizio ordinario non è di ostacolo alla liquidazione In proposito deve porsi in risalto che il citato art. 153 disp. att. non commina alcuna sanzione di nullità o di inammissibilità per l’inosservanza del dovere di produrre la nota insieme alle conclusioni, di talché è da ritenere che la mancanza del documento non precluda la liquidazione delle spese sulla base della tariffa professionale vigente, che, essendo adottata nell’esercizio del potere regolamentare previsto direttamente dalla legge, costituisce, nei limiti segnati dalla legge stessa, fonte normativa ai sensi degli artt. 1 - 4 disp. gen. . 4.4. Valorizzando a contrario le medesime argomentazioni, potrebbe in astratto ritenersi che, in difetto della richiesta di liquidazione, non sia consentita la liquidazione delle predette spese processuali d’ufficio, non per difetto della nota spese, ma in difetto della stessa domanda. 4.4.1. L’assunto non sarebbe, peraltro, corretto, poiché le spese processuali relative all’azione civile, pur se espletata nel processo penale, seguono, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., la soccombenza invero, il regolamento delle spese giudiziali riguardanti l’azione civile costituisce conseguenza legale della decisione della lite, ed in particolare della soccombenza, talché il giudice deve procedervi anche di ufficio, se le parti non abbiano proposto alcuna istanza in istanza in proposito Sez. civ. 3, Sentenza n. 6333 del 14/12/1985, Rv. 443426 - 01 , a meno che la parte risultata vittoriosa non abbia manifestato espressa volontà contraria. 4.5. Nondimeno, nessuna pronunzia sulle spese può ritenersi dovuta in favore della parte che, pur avendone diritto, in concreto non abbia svolto alcuna attività processuale. 4.5.1. Costituisce, invero, principio consolidato da oltre cinquanta anni nella giurisprudenza civile di questa Corte quello secondo il quale non può essere pronunciata condanna della parte soccombente a rimborsare le spese alla parte vittoriosa che - per qualsiasi ragione - non abbia sopportato spese, essendo vietato l’arricchimento senza causa dell’una parte in danno dell’altra Sez. civ. 3, Sentenza n. 1692 del 04/07/1962, Rv. 252690 01 , e considerato che l’onere delle spese non può non porsi in correlazione con l’attività svolta in giudizio Sez. civ. 3, Sentenza n. 474 del 11/02/1969, Rv. 338567 - 01 . 4.5.2. Trattasi di principio pacifico, anche da ultimo ribadito La condanna alle spese processuali, a norma dell’art. 91 c.p.c., ha il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto sicché essa non può essere pronunziata in favore del contumace vittorioso, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto Sez. civ. 6 - 3, Ordinanza n. 16174 del 19/06/2018, Rv. 649432 - 01 . 4.6. Uguale sorte segue necessariamente la omologa statuizione riguardante l’esito dell’azione civile esercitata nel processo penale. Invero, anche la condanna alle spese processuali prevista dall’art. 541 c.p.p. trova il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto sicché essa non può essere pronunziata in favore della parte civile vittoriosa che non abbia partecipato al giudizio d’appello, poiché essa, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto. 4.7. Va, pertanto, affermato il seguente principio di diritto La condanna alle spese processuali, a norma dell’art. 541 c.p.p., trova il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto ne consegue che essa non può essere pronunziata in favore della parte civile vittoriosa che non abbia partecipato al giudizio d’appello, poiché essa, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto”. 4.8. Pacifico essendo che le parti civili C.R. e B.P. non hanno partecipato al giudizio di appello, ne consegue che, pur essendo esse risultate, all’esito del predetto giudizio, vittoriose, non era dovuta la condanna dell’imputato alla rifusione in loro favore delle spese del grado, non avendo le predette parti civili svolto in appello attività processuali legittimanti la predetta statuizione. 4.8.1. S’impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio di tale punto della sentenza impugnata, con eliminazione della relativa statuizione. 5. Conclusivamente, la sentenza impugnata - va annullata senza rinvio agli effetti penali perché il reato di cui al capo C è estinto per prescrizione - va annullata senza rinvio limitatamente alla condanna in favore delle parti civili C.R. e B.P. alla rifusione delle spese del giudizio di appello, che va eliminata - va confermata nel resto, ovvero quanto alle residue statuizioni civili. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato capo C è estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla condanna in favore delle parti civili C.R. e B.P. alla rifusione delle spese del giudizio di appello, che elimina.