Prima le offrono soldi per un rapporto sessuale, poi la violentano: dissenso comprensibile nonostante la differenza linguistica

Condanna definitiva per gli imputati, originari del Pakistan, che di notte hanno avvicinato una ragazza, prima provando a convincerla a fare sesso in cambio di soldi e poi trascinandola fisicamente in un bosco e violentandola a turno. Nessun dubbio, spiegano i Giudici, sul chiaro dissenso manifestato dalla ragazza.

L’hanno avvicinata in strada, di notte, le hanno proposto soldi in cambio di sesso, ma quando lei, a passeggio col proprio cane, ha rifiutato, loro – tre uomini, originari del Pakistan – l’hanno presa di peso con la forza, l’hanno portata in un bosco vicino e l’hanno violentata. Inevitabile la condanna per violenza sessuale”. Pena fissata in cinque anni e quattro mesi di reclusione per ognuno dei tre stupratori. Respinta la loro tesi difensiva, centrata su un presunto equivoco dovuto alla difficoltà di comprensione della lingua italiana parlata dalla donna Cassazione, sentenza n. 6916/19, sez. III Penale, depositata oggi . Lingua. Linea di pensiero comune per i Giudici del Tribunale e della Corte d’Appello i tre uomini sotto processo sono tutti ritenuti colpevoli di violenza sessuale e condannati a scontare cinque anni e quattro mesi di carcere a testa. Decisiva la versione fornita dalla vittima, una ragazza italiana, che ha raccontato di essere stata afferrata per un braccio, trascinata in un bosco, minacciata di morte e costretta a subire atti sessuali, consistiti in rapporti completi da tutti e tre gli uomini, risultati poi essere originari del Pakistan. A chiudere la delicata vicenda è ora la Cassazione, prendendo in esame e respingendo i ricorsi presentati da due dei tre stupratori. I due uomini sostengono di essere vittime di un equivoco. In sostanza, essi spiegano che, non comprendendo la lingua italiana , non hanno potuto capire quanto si erano detti la ragazza e il terzo uomo che era con loro, e quindi hanno ritenuto che ella avesse dato il consenso al rapporto sessuale , accettando la loro offerta di denaro. Dissenso. Per i Giudici del Palazzaccio, però, è risibile la linea difensiva proposta dai due uomini, soprattutto perché già la ricostruzione dell’atteggiamento avuto nei confronti della ragazza, trascinata fisicamente nel bosco, testimonia la condotta violenta messa in atto. Impossibile, poi, parlare di errore sul dissenso manifestato dalla ragazza. Anche su questo fronte è sufficiente prendere in esame quella notte lo sviluppo dei fatti , osservano i giudici, era chiaramente indicativo della manifestazione del dissenso della ragazza che aveva respinto il primo approccio con cui le era stato chiesto un rapporto sessuale a pagamento e poi si era sottratta al tentativo di uno dei tre uomini di darle un bacio in bocca . Peraltro, il fatto che la ragazza sia stata trascinata per un braccio nel parco non lascia alcun dubbio sulla consapevolezza dei tre uomini rispetto al dissenso da lei manifestato all’idea di avere rapporti sessuali. E questa valutazione non può essere messa in discussione dalla presunta non conoscenza della lingua italiana .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 30 novembre 2018 – 13 febbraio 2019, n. 6916 Presidente Ramacci – Relatore Gai Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 2 novembre 2017, la Corte d'appello di Brescia ha confermato la sentenza del Giudice dell'Udienza preliminare del Tribunale della medesima città con la quale Ta. So. e Su. Mu. za consistita nell'afferrare la persona offesa per un braccio trascinandola in un bosco, minacciandola di morte, costretto Di Mo. An. a subire atti sessuali consistiti in rapporti sessuali completi a turno. In Chiari il 10/10/2016. Con la medesima sentenza gli imputati erano stati condannati al risarcimento del danno cagionato alla parte civile, con liquidazione in separato giudizio, e con assegnazione di una provvisionale di Euro 35.000,00. 2. Avverso la sentenza hanno presentato ricorsi per cassazione gli imputati Ta. So. e Su. Mu. tramite il comune difensore di fiducia, e ne hanno chiesto l'annullamento per i seguenti motivi comuni enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. 2.1. Con il primo motivo deducono la violazione di legge processuale in relazione agli art. 192 e 530 cod.proc.pen., della legge penale in relazione alla corretta applicazione degli artt. 609-octies cod.pen. e il vizio di motivazione in relazione alla illogicità, contraddittorietà e mancanza di motivazione sull'affermazione della responsabilità penale. In sintesi, lamentano i ricorrenti che la corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto integrato il reato nonostante gli odierni ricorrenti, che non comprendono la lingua italiana, non avessero capito quanto si erano detti il coimputato Ra. e la persona offesa, sicché avevano ritenuto che costei avesse dato il consenso al rapporto sessuale. Il processo non avrebbe offerto la prova certa che la persona offesa non fosse consenziente. 2.2. Con il secondo motivo deducono la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non avendo tenuto conto, i giudici del merito, dello stato di incensuratezza e del ruolo secondario di costoro nella commissione del reato, il mancato risarcimento del danno non potrebbe essere di ostacolo al riconoscimento delle menzionate attenuanti tenuto conto che i ricorrenti sono giovani privi di attività lavorativa. 3. Il Procuratore Generale ha chiesto, in udienza, che i ricorsi siano dichiarati inammissibili. Considerato in diritto 4. I ricorsi, che possono essere scrutinati congiuntamente in quanto presentano motivi comuni, sono inammissibili per la proposizione di motivi manifestamente infondati e, anche, ripetitivi di quelli già proposti. 5. Il primo motivo di ricorso volto formalmente a contestare la motivazione con cui la sentenza impugnata ha ritenuto l'assenza di consenso della persona offesa, è manifestamente infondato. Peraltro, la censura ripropone la medesima questione sollevate davanti alla Corte d'appello e dalla stessa vagliata e disattesa con motivazione congrua e corretta. Quanto al profilo dedotto con il motivo di ricorso, va anzitutto chiarito che devono restare estranee all'orizzonte cognitivo di questa Corte la censure con cui, deducendosi apparentemente una carenza logica od argomentativa della decisione impugnata, si pretenda, in realtà, di rivisitare il giudizio valutativo sul materiale probatorio e in particolare delle dichiarazioni della persona offesa, rivestendo un tale aspetto natura prettamente fattuale. A tale proposito deve rilevarsi che i ricorrenti, nel censurare la congruità della motivazione sulla prova dell'assenza di consenso, introducono un elemento, la mancata conoscenza della lingua italiana, che secondo la tesi difensiva, avrebbe impedito di comprendere ciò che si erano detti il coimputato Ra. e la persona offesa e sulla base di tale incomprensione avrebbero ritenuto in via presuntiva il consenso al compimento degli atti sessuali. Orbene tale prospettazione deve essere respinta per una duplicità di ragioni. Sotto un primo profilo si tratta di una censura di merito diretta a rivalutare il materiale probatorio che, peraltro, sconta anche una genericità laddove non considera che, secondo la ricostruzione fattuale dei giudici del merito, all'esito del doppio grado di giudizio, la persona offesa era stata trascinata per un braccio dal Ra. in un boschetto del parco comunale e che durante il compimento del rapporto sessuale gli altri due erano rimasti a fare il palo uno di questi aveva chiuso una telefonata giunta sul telefono della vittima durante il compimento del primo rapporto sessuale e, dunque, era stata posta in essere una condotta violenta, condotta che di per ciò solo esclude il tema del consenso e della prova dello stesso. Sotto altro profilo, deve rammentarsi che nei rapporti sessuali tra persone maggiorenni il compimento di atti sessuali deve essere sorretto da un consenso che deve sussistere al momento iniziale e deve permanere durante l'intero corso del compimento dell'atto sessuale Sez. 3, n. 25727 del 24/02/2004, Guzzardi, Rv. 228687 , sicché la manifestazione del dissenso, che può essere anche non esplicita, ma per fatti concludenti chiaramente indicativi della contraria volontà e può intervenire in itinere, esclude la liceità del compimento dell'atto sessuale. A fronte della struttura del reato come delineata, l'esimente putativa del consenso dell'avente diritto non è configurabile nel delitto di violenza sessuale, in quanto la mancanza del consenso costituisce requisito esplicito della fattispecie e l'errore sul dissenso si sostanzia, pertanto, in un errore inescusabile sulla legge penale Sez. 3, n. 37166 del 18/05/2016. B., Rv. 268311 . Rileva unicamente il consenso tacito che deve essere motivato in relazione al caso concreto il cui onere spetta all'imputato per escludere la rilevanza penale del fatto. Solo la prova del consenso esclude il reato. Nella specie, in coerenza con il principio appena ricordato, la Corte territoriale ha evidenziato come lo sviluppo dei fatti era chiaramente indicativo della manifestazione del dissenso della persona offesa la quale aveva respinto il primo approccio, con il quale le chiedevano un rapporto sessuale a pagamento, e poi si era sottratta al tentativo di uno degli imputati di darle un bacio in bocca, di poi, la persona offesa era stata trascinata per un braccio nel parco, sicché nessun margine di dubbio poteva sussistere sulla manifestazione del consenso e nemmeno di percezione del dissenso in capo ai ricorrenti che allegano la non conoscenza della lingua italiana pag. 11 . Tanto basta, dunque, per ritenere adeguatamente motivato e coretto sul piano del diritto, nella specie, il profilo coercitivo del reato senza potersi pervenire a conclusioni contrarie argomentando, come fanno i ricorrenti della mancanza di percezione del dissenso/errore sul consenso. 6. Anche il secondo motivo di ricorso con cui si censura il diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche è manifestamente infondato. La Corte territoriale ha motivato la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche in ragione dell'assenza di elementi positivi per concederle evidenziando, al contempo, i profili di personalità negativa sotto il profilo della mancata resipiscenza avendo costoro perseverato nella tesi difensiva dell'atto sessuale consenziente. Nel pervenire a tale conclusione, la Corte d'appello si è attenuta al principio di diritto secondo il quale la concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull'accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell'imputato oltre lo stato di incensuratezza che di per sé non rileva . Ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposti alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell'istanza - l'onere di motivazione per il diniego dell'attenuante è soddisfatto con il richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, Piliero, Rv. 266460 Sez. 3, n. 44071, del 25/09/2014, Papini e altri, Rv. 260610 . Ora, i ricorrenti nel censurare le ragioni del diniego non evidenziano gli elementi positivi che avrebbero dovuto essere valorizzati per il riconoscimento delle menzionate attenuanti. In tale ambito le condizioni di disagio sociale, cui consegue l'impossibilità di un risarcimento dei danni unitamente, alla giovane età sono stati ritenuti dalla corte territoriale non pregnanti ai fini del giudizio di meritevolezza, con motivazione che non appare manifestamente illogica, alla luce dei dati di personalità come già evidenziati più sopra. La pena è stata poi irrogata nel minimo edittale. 7. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , si dispone che ciascun ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. I ricorrenti devono, altresì, essere condannati alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Di Mo. An. che si liquidano in complessive Euro 2.500,00 oltre spese generali e accessori di legge, disponendone il pagamento in favore dello Stato. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Di Mo. An. che liquida in complessivi Euro 2.500,00 oltre spese generali e accessori di legge, disponendone il pagamento in favore dello Stato.