L’inquinamento della genuinità della prova testimoniale e l’esame dibattimentale

Qualora il testimone destinatario di pressioni finalizzate ad inquinare la genuinità della prova non si sottragga all’esame dibattimentale, è illegittima l’acquisizione a fini probatori delle dichiarazioni predibattimentali in precedenza rese dallo stesso, se prima non si procede al suo esame .

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con sentenza n. 6287/19, depositata l’8 febbraio. Il caso. La Corte d’Appello confermava la decisione di primo grado che condannava l’imputato alla pena di giustizia per rapina e resistenza a pubblico ufficiale previa acquisizione dei verbali delle dichiarazioni rese dalla persona offesa. L’imputato propone ricorso per cassazione per violazione di legge in relazione all’acquisizione e utilizzo delle prove. Acquisizione dei verbali delle dichiarazioni del teste. Come più volte affermato dal Supremo Collegio, nel caso in cui il testimone destinatario di pressioni finalizzate ad inquinare la genuinità della prova non si sottragga all’esame dibattimentale, è illegittima l’acquisizione a fini probatori delle dichiarazioni predibattimentali in precedenza rese dallo stesso, se prima non si procede al suo esame questo ai sensi dell’art. 500, comma 4, c.p.p Pertanto, sulla base di quanto detto, con riferimento al caso in esame, la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata ed afferma il seguente principio di diritto nel caso in cui il testimone oggetto di pressioni volte ad inquinare la genuinità delle sue dichiarazioni dibattimentali nel caso di specie, dallo stesso denunciate non si sottragga all’esame dibattimentale, è illegittima l’acquisizione delle dichiarazioni predibattimentali dallo stesso rese senza procedere all’esame .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 6 – 8 febbraio 2019, n. 6287 Presidente Gallo – Relatore Tutinelli Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in questa sede impugnato, la Corte di appello di Milano ha confermato la condanna dell’odierno ricorrente già pronunciata dal Tribunale di Milano con sentenza 16 gennaio 2017 in ordine ad una fattispecie di rapina e resistenza a pubblico ufficiale previa acquisizione dei verbali delle dichiarazioni rese dalla parte offesa in sede di indagini ai sensi dell’art. 500 c.p.p 2. Propone ricorso per cassazione l’imputato articolando i seguenti motivi. 2.1. Ricorso A.M.G. . 2.1. Violazione di legge in relazione ad acquisizione e utilizzo della denuncia della persona offesa in difetto di consenso da parte dell’imputato. 2.2. violazione e falsa applicazione di legge e segnatamente dell’art. 500 c.p.p., commi 4 e 5 in relazione alla insussistenza di elementi concreti a sostegno della presunta minaccia subita dalla persona offesa e carenza assoluta di accertamenti per verificare la sussistenza di tale coartazione. Alla illegittima acquisizione delle dichiarazioni della parte offesa medesima conseguirebbe una serie di vizi della sentenza in relazione alla mancanza di controesame, alla mancata assunzione di prova decisiva inerente alla richiesta di rinnovazione dibattimentale avente ad oggetto l’assunzione della testimonianza della parte offesa e all’acquisizione della telefonata effettuata alla centrata delle operativa per il giorno del fatto nonché la manifesta illogicità, contraddittorietà e comunque carenza della motivazione in relazione alla affermata penale responsabilità. Il ricorrente contesta la contraddittorietà delle ordinanze con cui il Tribunale aveva prima disposto un rinvio per la sentire con un interprete la parte offesa, che si era regolarmente presentata, e poi, sulla base del fatto che anche gli operanti presenti in sala testimoni avevano sentito la parte offesa dire di essere stata minacciata, disporre l’acquisizione dei verbali di dichiarazioni predibattimentali e revocare la precedente ordinanza. Lamenta in particolare l’illegittimità della acquisizione dei verbali medesimi in relazione al principio di diritto espresso da questa Corte con sentenza 37868 del 13 giugno-16 settembre 2014 per cui, quando il testimone oggetto di pressioni non si sottrae all’esame dibattimentale, sarebbe illegittima l’acquisizione delle dichiarazioni stesse senza procedere all’esame del teste asseritamente minacciato. Denuncia la assoluta incomprensibilità delle dichiarazioni della persona offesa, persona incapace di esprimersi in lingua italiana come desumibile dal diretto esame dei verbali che vengono riportati nel corpo del ricorso e che riferirebbe comunque circostanze inverosimili. Evidenzia la peculiarità della traduzione effettuata all’atto dell’assunzione a verbale delle dichiarazioni predibattimentali, asseritamente a mezzo di un connazionale del dichiarante della cui presenza non vi è però traccia nel verbale medesimo e che gli operanti non hanno nemmeno identificato. Segnala che la descrizione degli aggressori svolta nel contesto della telefonata con cui si richiedeva l’intervento della polizia era diversa da quella fornita successivamente. Contesta che vi sia stata una ingiustificata negazione sulla richiesta di acquisizione in sede di appello del nastro della telefonata con cui si richiedeva l’intervento della polizia salvo poi utilizzare tale telefonata come elemento di prova. 2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla affermata credibilità della parte offesa. 2.4 Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla qualificazione giuridica del fatto di cui al capo B perché le minacce dell’imputato non sarebbero state finalizzate ad impedire alcun atto del pubblico ufficiale. Il ricorrente ha inoltre depositato memoria e motivi aggiunti a sostegno di quanto in precedenza dedotto segnalando la presenza di precedente annullamento con rinvio pronunciato a favore del coimputato in relazione alla medesima fattispecie. Considerato in diritto 1. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile. Deve infatti rilevarsi che la formulazione del motivo risulta essere articolata solo in fatto e propone una lettura degli atti istruttori sganciata dalla complessiva valutazione degli elementi del fascicolo processuale sulla base di una lettura basata su valutazione parcellizzata e atomistica dei singoli elementi. Il fatto che il ricorrente abbia brandito una bottiglia rotta contro i carabinieri intervenuti mentre la parte offesa li accusava di avere tentato una rapina nei suoi confronti non può essere valutata separatamente dalla qualifica e dai doveri istituzionali dei pubblici ufficiali in un contesto in cui risulta che gli stessi proprio tali doveri stavano adempiendo. 2. Il ricorso è invece fondato in relazione all’assorbente motivo attinente alla acquisizione dei verbali delle dichiarazioni del teste e limitatamente al capo a . Va infatti rilevato che l’acquisizione dei verbali risulta indispensabile per raggiungere la prova unicamente in relazione al delitto di tentata rapina posto che la prova del delitto di resistenza a pubblico ufficiale deriva integralmente dalla testimonianza degli operanti regolarmente escussi. 2.1 Quanto alla questione se l’applicazione della disciplina di cui all’art. 500 c.p.p., comma 4, postuli la previa audizione dibattimentale del dichiarante, devono infatti ribadirsi considerazioni e conclusioni già proposte da questa Corte che ha già avuto modo di specificare che, qualora il testimone destinatario di pressioni volte ad inquinare la genuinità della prova non si sottragga all’esame dibattimentale, è illegittima l’acquisizione a fini probatori, ai sensi dell’art. 500 c.p.p., comma 4, delle dichiarazioni predibattimentali in precedenza rese dallo stesso, se prima non si procede al suo esame Sez. 2, Sentenza n. 37868 del 13/06/2014 Rv. 261754 . 2.2. La Corte di appello e - prima ancora il giudice di primo grado - ha fondato il contrario convincimento sulla sentenza n. 27582 del 2010 di questa Corte Suprema, la cui massima ufficiale Rv. 248052 è cosi formulata L’acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni precedentemente rese al Pubblico Ministero dal testimone condizionato , ai sensi dell’art. 500 c.p.p., comma 4, non richiede né la loro preventiva contestazione, né la presentazione del testimone al dibattimento perché l’espressione sono acquisite , impiegata dalla norma citata, indica un automatismo che ne consente l’acquisizione anche in assenza di una richiesta delle parti . 2.2.1. Dalla lettura della motivazione si desume che, in quel caso, la dichiarante che si assumeva essere stata vittima di violenze e/o minacce volte ad inquinare la genuinità delle sue future dichiarazioni dibattimentali, o ad incidere tout court sulla sua volontà di rendere l’esame, non si era presentata in dibattimento. Il principio, assolutamente condivisibile in relazione al caso cui esso si riferiva emblematico esempio di violenze o minacce poste in essere con il risultato più proficuo per il soggetto agente, per indurre un testimone a non rendere il previsto esame dibattimentale, avendolo addirittura indotto a rendersi irreperibile , è stato poi ribadito in altra pronuncia Sez. 3, sentenza n. 12463 del 14 dicembre 2011, dep. 3 aprile 2012, Rv. 252246 Sono utilizzabili e legittimamente acquisite al fascicolo del dibattimento ex art. 500 c.p.p., comma 4, le dichiarazioni predibattimentali della persona offesa, vittima di violenza sessuale, che, per sottrarsi a gravi intimidazioni finalizzate ad evitarne la deposizione o a ritrattare le accuse, sia costretta a rendersi irreperibile e non compaia in udienza per testimoniare” , ma mal si attaglia alla fattispecie concreta oggetto degli odierni ricorsi, caratterizzata dal fatto che la P.O., per nulla irrimediabilmente intimidita, aveva denunciato le pressioni ricevute e si era presentata in dibattimento per rendere il chiesto esame. 2.2.2. In siffatta fattispecie, se non è dubbia la possibilità, ove ne fosse risultata la necessità, di acquisire, ai sensi dell’art. 500 c.p.p., comma 4, le dichiarazioni predibattimentali della p.o., è certamente indebito il preliminare rifiuto di procedere all’esame dibattimentale in contradditorio del dichiarante. 2.3. A tale conclusione induce, invero, il rilievo testuale che l’art. 500 c.p.p., comma 4, espressamente condiziona l’operatività della disciplina acquisitiva in deroga che prevede, al ricorrere, alternativamente, di uno dei due seguenti presupposti - la non accettazione in tutto od in parte del contraddittorio da parte del testimone affinché non deponga , in presenza della quale non sarebbero tout court ammesse contestazioni - l’accettazione del contraddittorio da parte del testimone o deponga il falso , il quale renda, peraltro, dichiarazioni dibattimentali difformi rispetto a quelle predibattimentali solo perché inquinate dall’intervento della indebita turbativa esterna. In quest’ultima fattispecie, il riferimento all’eventualità di una precedente contestazione e quindi alia necessita che l’esame abbia luogo , pur se non normativamente esplicitato, deve ritenersi implicito, ove si consideri che l’art. 500 c.p.p. null’altro disciplina se non la materia delle contestazioni in corso dell’esame dibattimentale del testimone. 2.4 A conferma di tale assunto, questa Corte pur in relazione a diversa fattispecie, ha già chiarito che, quando l’esame dibattimentale sia possibile, le contestazioni nell’esame testimoniale costituiscono l’unico strumento processuale per far rilevare la divergenza tra le dichiarazioni rese dal teste in dibattimento e quelle dallo stesso rese in fase di indagini preliminari Sez. 3, sentenza n. 39319 del 5 giugno 2009, Rv. 244958 . 2.5. Cosi riepilogata la disciplina positiva, appare evidente come, nel caso di specie, non ricorresse la prima delle alternative cui l’art. 500 c.p.p., comma 4, condiziona le acquisizioni de quibus, e cui si riferisce il precedente indebitamente valorizzato dalla Corte di appello. In difetto dell’esame del dichiarante, non può ritenersi verificata neanche la condizione alternativa prevista dalla predetta disposizione, non essendo dato sapere se il dichiarante avrebbe o meno deposto il falso. 2.6. Deve, peraltro, aggiungersi che, sotto il profilo strettamente motivazionale, la valutazione di irrimediabile inquinamento della genuinità della deposizione della P.O. in virtù delle pressioni ricevute, posta dai giudici di merito a fondamento della ritenuta inutilità dell’esame dibattimentale, mal si concilia, ed anzi più radicalmente contraddice quella dagli stessi giudici operata nel procedimento quanto alla ritenuta attendibilità dello stesso dichiarante in merito alle pressioni ricevute, delle quali si e ritenuta raggiunta la prova onde legittimare la disposta acquisizione ex art. 500 c.p.p., comma 4, delle dichiarazioni predibattimentali dal medesimo rese proprio e soltanto in virtù delle dichiarazioni dal predetto in proposito rese. La ragione di tali diverse valutazioni - se esistente - avrebbe, pertanto, dovuto essere esplicitata. 2.7. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata nei confronti di tutti gli odierni ricorrenti, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano che, nel nuovo giudizio, si atterra al seguente principio di diritto Nel caso in cui il testimone oggetto di pressioni volte ad inquinare la genuinità delle sue dichiarazioni dibattimentali nel caso di specie, dallo stesso denunciate non si sottragga all’esame dibattimentale, e illegittima l’acquisizione delle dichiarazioni predibattimentali dallo stesso rese senza procedere all’esame . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al capo a con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso.