Titolo e sottotitolo di un articolo possono avere carattere diffamatorio? Tutto sta al lettore frettoloso

Assumono valenza diffamatoria, a prescindere dall’articolo a cui si riferiscono, il titolo ed il sottotitolo di un pezzo giornalistico che, per il loro collocamento, siano in grado di trasmettere un’informazione compiuta anche ad un lettore frettoloso.

Così il Supremo Collegio, con la sentenza n. 6110/19 depositata il 7 febbraio, chiamato a pronunciarsi sulla sentenza emessa dalla Corte di Appello di Roma che condannava il direttore di un noto giornale quotidiano per non aver controllato la natura diffamatoria del titolo di un articolo riferito a un candidato alle elezioni regionali. Il titolo e il sottotitolo un argomento completo. Un articolo dal titolo diffamatorio è la causa della condanna del direttore che veniva accusato dai Giudici di primo grado di omesso controllo sulla portata del titolo in questione. Invero, i giornalisti autori del contenuto dell'articolo vengono assolti poiché, secondo i Magistrati, la natura diffamatoria è circoscritta al titolo e non al contenuto dell’interno pezzo. I Giudici del riesame confermano la pronuncia di primo grado soffermandosi sulla figura del lettore frettoloso nel caso di specie, il titolo, il sottotitolo ed il nome del candidato posto in evidenza – protagonista dell’articolo giornalistico – costituiscono un ordito argomento completo, univoco e razionale . Per i Giudici di legittimità, aditi dal direttore, il giudizio di secondo grado è privo di illogicità poiché la combinazione tra il titolo e il sottotitolo posti in evidenza, possono rappresentare un percorso guidato in grado di condurre il lettore a trarre determinate convinzioni anche attraverso una lettura, appunto, frettolosa, ossia concentrata sulle parti più accattivanti dell’articolo. La percezione del lettore frettoloso. La S.C. ricorda che l’articolo giornalistico è destinato a un ampio pubblico di lettori, tra cui appunto anche il lettore frettoloso ossia colui che si sofferma sulle parti graficamente più accattivanti dell’articolo e che omette di leggerne il contenuto data la struttura del pezzo stesso. Per i Giudici di legittimità, di conseguenza, è irrilevante la deduzione del ricorrente con cui eccepisce che il titolo per assumere un carattere diffamatorio e dunque, penalmente rilevante, avrebbe dovuto contenere un’affermazione autonomamente diffamatoria nei confronti del protagonista dell’articolo. Infatti, la S.C. ricorda che il titolo può assumere autonomamente il carattere diffamatorio, ossia a prescindere dal contenuto dell’articolo a cui si riferisce poiché, il titolo stesso è in grado di orientare il lettore e trasmettergli un’informazione compiuta, a maggior ragione quando è caratterizzato da espressioni forti e lapidarie tale da condurre il lettore stesso a trarre determinate convinzioni anche tramite una lettura sommaria del contenuto dell’articolo.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 14 dicembre 2018 – 7 febbraio 2019, n. 6110 Presidente Catena – Relatore Borelli Ritenuto in fatto 1. La sentenza all’odierno vaglio di questa Corte è stata emessa dalla Corte di appello di Roma il 26 maggio 2017 e reca la conferma della condanna di P.A. con la sola riduzione del quantum del risarcimento del danno , quale direttore de Il fatto quotidiano , per omesso controllo sul titolo Gli impresentabili - corrotti, rinviati a giudizio, collusi e fuori dalle regole eppure sono in lista dell’articolo pubblicato il 2 marzo 2010 secondo le sentenze di merito, tali espressioni avevano contenuto diffamatorio rispetto a G.M. , candidato alle elezioni regionali delle nella lista del . Originariamente si procedeva anche nei confronti dei giornalisti che avevano firmato l’articolo e, in particolare di A.S. , che si era accertato avere redatto proprio la parte concernente G. in primo grado tuttavia i giornalisti erano stati assolti perché si era esclusa la natura diffamatoria dell’articolo in cui si contestava che G. avesse accettato di difendere il boss C.P. , circoscrivendo tale natura al solo titolo e sottotitolo di cui sopra. 2. La sentenza è stata impugnata dal difensore del P. , che ha affidato il ricorso a due motivi. 2.1. Con il primo, il ricorrente lamenta vizio di motivazione nella parte in cui la Corte di appello aveva attribuito valenza diffamatoria al complesso dell’informazione rinveniente dalla lettura combinata del titolo e dell’articolo, mentre ciascuno di essi, isolatamente considerato, non aveva contenuto illecito. Secondo il ricorrente, il titolo, per essere penalmente rilevante, avrebbe dovuto contenere un’affermazione autonomamente diffamatoria nei confronti del G. , mentre la lettura chiarificatrice del trafiletto che lo riguardava avrebbe posto in luce che egli, pur essendo impresentabile , non era riconducibile ad alcuna delle categorie menzionate nel sottotitolo. Il ricorrente critica altresì il ragionamento della Corte territoriale che fonda sulla figura del lettore frettoloso , che, se effettivamente fosse stato tale, avrebbe potuto leggere il brevissimo trafiletto che riguardava il G. ed evincere che questi non apparteneva alle figure indicate nel sottotitolo. 2.2. Il secondo dei motivi di ricorso affronta la carenza logica che caratterizzerebbe la sentenza impugnata circa la riferibilità al G. delle categorie di impresentabili enunciate nel sottotitolo, che non concernevano tutti i soggetti indicati nel paginone centrale, ma solo i casi più eclatanti. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. Va premesso che, per giurisprudenza costante, il titolo può assumere una valenza diffamatoria che prescinde dal contenuto dell’articolo cui si riferisce. Esso, infatti, è in grado di orientare il lettore e di trasmettergli un’informazione compiuta, a maggior ragione quando è caratterizzato da espressioni forti e lapidarie come quello in discussione ed a fortiori riguardando la propensione dell’utente ad una lettura sommaria del contenuto dell’articolo. La figura del lettore frettoloso è invero stata recepita dalla giurisprudenza di questa Corte, che ne ha tratto la necessità di vagliare i titoli e l’esposizione grafica delle singole componenti dell’articolo, al fine di valutare se una lettura che si limiti ai passaggi maggiormente evidenziati possegga un’autonoma portata diffamatoria sul tema, cfr. Sez. 5, n. 4558 del 09/12/2010, dep. 2011, Mauro, Rv. 249264 - 01 Sez. 5, n. 26531 del 09/04/2009, Cosentino e altri, Rv. 244093 - 01 Sez. 5, n. 8035 del 03/06/1998, De Battaglia F e altro, Rv. 211636 - 01 nonché, nella giurisprudenza civile, Sez. 3, Ordinanza n. 12012 del 16/05/2017, Rv. 644302 01 . Ebbene, nel caso di specie, la Corte territoriale ha evidenziato che, dalla combinazione tra titolo e sottotitolo con il nome del G. in neretto sotto quello della Regione quest’ultimo in carattere maiuscolo rosso con sottolineatura , il lettore frettoloso avrebbe potuto trarre la convinzione che la persona offesa appartenesse ad una delle categorie di impresentabili menzionate nel sottotitolo secondo quello che la Corte territoriale ha definito un percorso guidato . Di fronte a quest’ultima affermazione, che correla tra loro il titolo, il sottotitolo e l’evidenziazione grafica del nome della persona offesa, le censure del ricorso sub iudice si presentano aspecifiche perché non affrontano il tema della valenza diffamatoria autonoma di tale complesso, insistendo sul versante della non autosufficienza del titolo e della non correlazione tra le categorie di impresentabili e tutti i soggetti di cui si trattava nell’articolo, profilo privo di rilevanza perché contraddetto dai connotati tipografici offerti al lettore e dalla possibilità di quest’ultimo di accedere alle informazioni chiarificatrici solo a seguito di un approfondimento ulteriore ed eventuale. Né il ricorso evidenzia dei tratti di manifesta illogicità nella motivazione avversata che, anzi, proprio perché collega in maniera lineare - esaltandone la valenza diffamatoria autonoma - il titolo, il sottotitolo ed il nome del G. in carattere evidenziato e valorizza contra reum l’informazione che con essi è stata offerta al lettore, costituisce un ordito argomentativo completo, univoco e razionale. Quanto ad un’altra argomentazione che si legge nell’impugnativa, giova sottolineare che il lettore frettoloso, secondo la definizione che ne ha dato la giurisprudenza di legittimità, è proprio colui che si sofferma sulle parti graficamente più accattivanti dell’articolo e che omette di leggerne il contenuto, sicché l’argomentazione secondo cui tale figura di fruitore dell’informazione, proprio perché superficiale, avrebbe potuto estendere la lettura alle brevi righe dedicate al G. nell’articolo e ritenute non diffamatorie, evidenzia tutti i suoi limiti. Essa, infatti, non sembra cogliere il senso della definizione suddetta, che è in completa antitesi con la tendenza all’approfondimento che comunque sarebbe manifestata dalla lettura di quello che lo stesso ricorso definisce un trafiletto . Quanto alla giurisprudenza civile menzionata nel ricorso - in particolare Sez. 3, Ordinanza n. 12012 del 16/05/2017, Rv. 644302 - 01 - deve osservarsi che una lettura completa del provvedimento legittima, anziché smentire, la correttezza del ragionamento del Collegio di appello, giacché la pronunzia menzionata è portatrice di un’esegesi che vede al centro il lettore frettoloso e la necessità, data l’odierna proliferazione dei mezzi di informazione, di attribuire particolare rilievo alle parti di un articolo più visibili. 2. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103 , al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, così equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere il proponente in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte cost. 13/6/2000 n. 186 . Il ricorrente va altresì condannato a rifondere le spese sostenute dalla parte civile nel presente giudizio, che si liquidano in Euro 2.500,00, oltre accessori di legge. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3000,00 a favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel presente grado di giudizio, che liquida in Euro 2.500,00, oltre accessori di legge.