Uso temporaneo? L’opera non è abusiva

In tema di reati edilizi-urbanistici, al fine di ritenere sottratta al preventivo rilascio del permesso di costruire la realizzazione di un manufatto, l'asserita precarietà dello stesso non può essere desunta dal suo carattere stagionale, ma deve ricollegarsi - a mente di quanto previsto dall'art. 6, comma 2, lett. b , d.P.R. n. 380/2001, come emendato dall'art. 5, comma 1, d.l. 25 marzo 2010, n. 40 convertito, con modificazioni, nella l. n. 73/2010 - alla circostanza che l'opera sia intrinsecamente destinata a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee, e ad essere immediatamente rimossa al venir meno di tale funzione.

Lo ha ribadito la Terza Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5821/19, depositata il 6 febbraio. Le opere edilizie precarie L'art. 3, comma 1, lett. e del testo unico sull'edilizia annovera tra gli interventi di nuova costruzione - come tali soggetti al permesso di costruire - tra gli altri, l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati ed in genere l'installazione di strutture di qualsiasi tipologia, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, a condizione che siano utilizzate come abitazioni, ambienti di lavoro, depositi, magazzini, ecc. e siano tese a soddisfare esigenze durevoli nel tempo in definitiva il concetto di costruzione non postula necessariamente l'ancoraggio al suolo del fabbricato, ove sussistano le condizioni dianzi evidenziate. Ad esempio, nel caso di struttura adibita a campeggio, sussiste il fumus del reato di lottizzazione abusiva laddove essa, sia pure debitamente autorizzata, venga radicalmente mutata per effetto di opere edilizie non autorizzate e di roulotte posizionate stabilmente a terra e, pertanto, non più agevolmente trasportabili, dando luogo ad uno stabile insediamento abitativo di rilevante impatto negativo sull'assetto territoriale. Sempre in tema di attività di campeggio, la Suprema Corte ha altresì stabilito che integra il reato di lottizzazione abusiva la realizzazione, all'interno di una area adibita a campeggio, di una struttura ricettiva che presenta le caratteristiche di uno stabile insediamento residenziale, posto che il campeggio” presuppone allestimenti e servizi finalizzati ad un soggiorno occasionale e limitato nel tempo in quanto previsto dalla legge in funzione di turisti in prevalenza provvisti di propri mezzi mobili di pernottamento. e la scriminante della particolare tenuità del fatto. La sentenza in commento appare particolarmente interessante anche con riguardo all’incidenza della nuova scriminante per particolare tenuità del fatto art. 131- bis c.p. sui reati edilizi. Sul punto, la Suprema Corte ha recentemente stabilito che la esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131- bis c.p., ha natura sostanziale ed è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del d.lgs. 16 marzo 2015 n. 28, ivi compresi quelli pendenti in sede di legittimità, nei quali la suprema Corte può rilevare di ufficio ex art. 609, comma 2, c.p.p. la sussistenza delle condizioni di applicabilità del predetto istituto, fondandosi su quanto emerge dalle risultanze processuali e dalla motivazione della decisione impugnata e, in caso di valutazione positiva, deve annullare la sentenza con rinvio al giudice di merito. Peraltro, nell'assenza di una disciplina transitoria, la disciplina della declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto è applicabile anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore e, quindi, anche a quelli pendenti in Cassazione. In tale evenienza, la Corte di legittimità, deve in primo luogo considerare di verificare l'astratta applicabilità dell'istituto, avendo riguardo ai limiti edittali di pena del reato. In secondo luogo, la Corte deve verificare la ricorrenza congiunta della particolare tenuità dell'offesa e della non abitualità del reato. Nell'effettuare questo secondo apprezzamento, il giudice di legittimità non potrà che basarsi su quanto emerso nel corso del giudizio di merito, tenendo conto, in modo particolare, dell'eventuale presenza, nella motivazione del provvedimento impugnato, di giudizi già espressi che abbiano pacificamente escluso la particolare tenuità del fatto. Da queste premesse in una fattispecie in cui l'imputato era stato riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 11 d.lgs. n. 74/2000 la condotta materiale si era concretizzata nella costituzione di un trust al fine di eludere, in tutto o in parte, una procedura di riscossione coattiva di un debito tributario , la Corte ha ritenuto di non poter accedere alla richiesta avanzata in udienza di applicazione della causa di non punibilità in effetti, la pena edittale del reato oggetto della condanna rientrava nel range stabilito per il ricorso all'istituto, ma emergevano dalla decisione plurimi dati indicativi di un apprezzamento sulla gravità del fatto che non consentiva di ritenere astrattamente configurabili i presupposti per la non punibilità.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 gennaio – 6 febbraio 2019, n. 5821 Presidente Di Nicola – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. La Corte d’Appello di Ancona, con sentenza del 6 novembre 2017 ha confermato la decisione con la quale, in data 7 ottobre 2016, il Tribunale di Macerata aveva affermato la responsabilità penale di D.S. in ordine i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c , art. 93, art. 93, comma 4 e art. 95 per aver realizzato, in assenza di validi titoli abilitativi, in zona sismica e sottoposta a vincolo paesaggistico, una platea in conglomerato cementizio avente una superficie di circa 100 metri quadrati e tramezzature perimetrali in laterizio di lunghezza complessiva di metri 25 ed altezza variabile tra metri 1,80 e metri 3,10, dichiarando non doversi procedere in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1, così qualificata l’originaria imputazione, perché estinto ai sensi dell’art. 181, comma 1-quinquies dello stesso decreto fatti accertati in omissis . Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen 2. Con un primo motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione, osservando che la Corte territoriale avrebbe erroneamente escluso la natura precaria del manufatto costruito, il quale sarebbe stato destinato a ricovero degli attrezzi necessari per i lavori in corso nella casa della moglie dell’imputato e realizzato in tal modo per preservare gli utensili in esso custoditi, avendo egli già subito furti in precedenza. Aggiunge che, nel pervenire alla decisione impugnata, i giudici del merito avrebbero disatteso precisi principi giurisprudenziali sulla base di mere probabilità ed ipotesi e non anche di oggettivi elementi di prova. 3. Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, osservando che i giudici del gravame avrebbero erroneamente escluso, nella fattispecie, l’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Va osservato, con riferimento al primo motivo di ricorso, che gli interventi edilizi precari, categoria già individuata dalla giurisprudenza e dalla dottrina con inequivocabile indicazione delle specifiche caratteristiche, sono ora espressamente menzionati dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 6 che, nell’attuale formulazione, li descrive, al comma 1, lett. e-bis , come opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni, previa comunicazione di avvio lavori all’amministrazione comunale. In precedenza, il testo unico dell’edilizia conteneva riferimenti indiretti, che riguardavano gli interventi di cui all’art. 3, comma 1, lett. e.5 e quelli per le attività di ricerca descritti nell’art. 6. L’opera precaria, per la sua stessa natura e destinazione, non comporta effetti permanenti e definitivi sull’originario assetto del territorio tali da richiedere il preventivo rilascio di un titolo abilitativo e la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che l’intervento precario deve necessariamente possedere alcune specifiche caratteristiche la sua precarietà non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all’opera dall’utilizzatore sono irrilevanti le caratteristiche costruttive i materiali impiegati e l’agevole amovibilità deve avere una intrinseca destinazione materiale ad un uso realmente precario per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo deve essere destinata ad una sollecita eliminazione alla cessazione dell’uso cfr. ex. pl. Sez. 3, n. 36107 del 30/6/2016, Arrigoni e altro, Rv. 267759 Sez. 3, n. 6125 del 21/1/2016, Arcese, non massimata Sez. 3, n. 16316 del 15/1/2015, Curti, non massimata Sez. 3, n. 966 del 26/11/2014 dep. 2015 , Manfredini, Rv. 261636 Sez. 3, n. 25965 del 22/06/2009, Bisulca, non massimata . Tali principi, pienamente condivisi dal Collegio, sono stati correttamente applicati nella sentenza impugnata, avendo la Corte territoriale posto in evidenza le dimensioni, le caratteristiche costruttive dell’immobile in corso di realizzazione e la inverosimiglianza della tesi difensiva della destinazione a ricovero di attrezzi, considerando anche che il fabbricato era privo di chiusure e che la tipologia ed i costi dei materiali utilizzati deponevano inequivocabilmente per una destinazione stabile e diversa. A fronte di tali coerenti ed inequivocabili considerazioni, il ricorrente ribadisce le medesime censure formulate con l’atto di appello ed efficacemente confutate dal giudice del riesame, riproponendo la inverosimile giustificazione della temporanea destinazione a ricovero per attrezzi dell’opera abusivamente realizzata attraverso una personale lettura delle emergenze processuali, non proponibile in questa sede di legittimità ed una ancor più personale interpretazione della richiamata giurisprudenza. 3. Va a tale proposito specificato che i richiami, effettuati dalla giurisprudenza alla destinazione dell’opera che ne evidenzia la precarietà ed al fatto che ai fini della individuazione di tale caratteristica non rileva la tipologia dei materiali utilizzati o dal sistema di ancoraggio al suolo, hanno lo scopo di puntualizzare la specificità degli interventi precari, chiarendo che anche l’immobile realizzato con materiali non abitualmente impiegati nella realizzazione di stabili costruzioni e facilmente rimovibile, se comporta una modifica dell’assetto del territorio, non può definirsi precario e richiede il permesso di costruire, poiché ciò che rileva è la sua obiettiva ed intrinseca destinazione ad un uso temporaneo per specifiche esigenze contingenti e limitate nel tempo. Nel caso di specie correttamente la Corte territoriale ha escluso la precarietà dell’intervento, il quale si compone, come descritto nell’imputazione, di una platea in cemento di 100 metri quadrati, la cui realizzazione, da sola, richiede il permesso di costruire cfr. Sez. 3, n. 31399 del 11/5/2018, Spica, non ancora massimata e da tramezzature in laterizio ed obiettivamente denota una futura stabile destinazione. 4. Il motivo di ricorso è, dunque, manifestamente infondato e ad analoghe conclusioni deve pervenirsi per ciò che concerne il secondo motivo di ricorso. Si è già avuto modo di affermare Sez. 3, n. 47039 del 8/10/2015, P.M. in proc. Derossi, Rv. 265450. Conf. Sez. 3, n. 19111 del 10/3/2016, Mancuso, Rv. 266586 che, per quanto concerne le violazioni urbanistiche e paesaggistiche, la consistenza dell’intervento abusivo tipologia di intervento, dimensioni e caratteristiche costruttive costituisce solo uno dei parametri di valutazione utilizzabili ai fini della verifica della particolare tenuità del fatto, assumendo rilievo anche altri elementi, quali, ad esempio, la destinazione dell’immobile, l’incidenza sul carico urbanistico, l’eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici e l’impossibilità di sanatoria, il mancato rispetto di vincoli idrogeologici, paesaggistici, ambientali, etc. , l’eventuale collegamento dell’opera abusiva con interventi preesistenti, il rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dall’amministrazione competente ad es. l’ordinanza di demolizione , la totale assenza di titolo abilitativo o il grado di difformità dallo stesso, le modalità di esecuzione dell’intervento, ritenendo anche indice sintomatico della non particolare tenuità del fatto la contestuale violazione di più disposizioni quale conseguenza dell’intervento abusivo, come nel caso in cui siano contestualmente violate, mediante la realizzazione dell’opera, anche altre disposizioni finalizzate alla tutela di interessi diversi norme in materia di costruzioni in zone sismiche, di opere in cemento armato, di tutela del paesaggio e dell’ambiente, a quelle relative alla fruizione delle aree demaniali . Il ricorrente lamenta che la Corte di appello non avrebbe adeguatamente considerato l’avvenuta demolizione dell’intervento e l’esiguità del danno, valorizzando, al contrario, l’aspetto dimensionale che si assume, di per sé, non ostativo all’applicazione della invocata causa di non punibilità. 5. Anche in questo caso, tuttavia, tale deduzioni vengono fondate su una soggettiva lettura della giurisprudenza che viene richiamata in ricorso. Va detto, in primo luogo, che il riferimento alle caratteristiche costruttive dell’intervento edilizio abusivo quale uno dei plurimi parametri di valutazione cui il giudice del merito deve fare ricorso per verificare la sussistenza delle condizioni di applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. non significa affatto che tale elemento non sia, da solo, sufficiente per escludere la particolare tenuità del fatto, ma sta più semplicemente ad indicare che la verifica cui il giudice è chiamato non deve basarsi soltanto su tale specifico parametro, ben potendosi individuare, quali elementi indicativi di una condotta non suscettibile di positiva valutazione, anche altri aspetti quali quelli in precedenza indicati. Quanto alla demolizione, si è specificato che l’eliminazione dell’opera abusiva, attraverso la sua demolizione o la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, implicando la cessazione della permanenza, può consentire, a condizioni esatte, l’applicazione della causa di non punibilità introdotta dall’art. 131-bis cod. pen. così, in motivazione, Sez. 3, n. 50215 del 8/10/2015, Sarli, Rv. 265435. V. anche Sez. 3, n. 4123 del 11/7/2017 dep. 2018 , P.G. in proc. Zoccarato, Rv. 272039 . Nel caso di specie, dunque, la Corte del merito, ha ritenuto non applicabile l’art. 131-bis cod. pen. in ragione delle dimensioni dell’intervento e del fatto che lo stesso era stato realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico. Si tratta di motivazione sufficiente ed adeguata, dovendosi peraltro ricordare come questa Corte, richiamando quella giurisprudenza secondo la quale l’assenza dei presupposti per l’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. può essere rilevata anche con motivazione implicita Sez. 3, n. 48317 del 11/10/2016 Scopazzo, Rv. 268499. V. anche Sez. 5, n. 39806 del 24/6/2015, Lembo, Rv. 265317 Sez. 3, n. 24358 del 14/5/2015, Ferretti e altri, Rv. 264109 , ovviamente in presenza di dati obiettivamente preclusivi di una valutazione di particolare tenuità del fatto, ritenendo quindi del tutto adeguata la motivazione espressa che valorizzi l’assenza anche di uno solo dei requisiti richiesti dall’art. 131-bis cod. pen. Sez. 3, n. 34151 del 18/6/2018, Foglietta e altro, Rv. 273678 . 6. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 alla Cassa delle ammende.