È assoluto il diritto dell’indagato a comparire all’udienza?

L’indagato che voglia comparire all’udienza innanzi al Tribunale del riesame deve farne richiesta nell’ambito della stessa istanza di riesame, altrimenti il procedimento svolto in sua assenza non è lesivo del diritto di difesa.

Assenza dell’indagato all’udienza. Il Tribunale di Palermo rigettava la richiesta di riesame proposta da B.J. avverso quella del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento che gli aveva applicato la misura di custodia cautelare in carcere a seguito della condanna per i delitti di tentato omicidio aggravato, detenzione e porto in luogo pubblico di armi da sparo. Ricorreva in Cassazione il difensore dell’indagato domandando l’annullamento dell’ordinanza impugnata poiché, a seguito della fissazione dell’udienza davanti al Tribunale del riesame, l’indagato aveva espresso con dichiarazione la volontà di essere presente all’udienza ma questa si era svolta in sua assenza. Il termine entro cui presentare la richiesta di partecipazione. La Corte rileva che secondo quanto sancito dalla Cass. pen. n. 12854/2018 e dall’art. 309, comma 6, c.p.p. come modificato dalla l. n. 47/2015 l’indagato avrebbe dovuto presentare la richiesta di comparizione in udienza nell’ambito della richiesta di riesame. Nel concreto, tuttavia, la richiesta di partecipazione è avvenuta successivamente a questa. I Giudici in ciò non ravvisano una violazione del diritto di difesa dell’indagato, poiché pochi giorni prima dell’udienza di riesame egli ha potuto esporre tutte le sue ragioni in sede di interrogatorio di garanzia, avendo la possibilità di fare presenti compiutamente tutte le circostanze in suo favore. A seguito di ciò, la presenza dell’indagato all’udienza di riesame assume un minor rilievo sotto il profilo difensivo. Di conseguenza, una norma che delimita a livello temporale la possibilità di presentare la richiesta di partecipazione all’udienza di riesame, non è lesiva del diritto di difesa. Alla luce di quanto constatato, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 8 gennaio – 5 febbraio 2019, n. 5673 Presidente Mazzei – Relatore Rocchi Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Palermo rigettava la richiesta di riesame proposta dal difensore di B.J. avverso quella del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento, che aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere per i delitti di tentato omicidio aggravato, detenzione e porto in luogo pubblico di arma comune da sparo. 2. Ricorrono per cassazione i difensori di B.J. , deducendo violazione di legge processuale. A seguito della fissazione dell’udienza davanti al Tribunale del Riesame, l’indagato, con dichiarazione resa all’Ufficio Matricola della Casa Circondariale di Sciacca, aveva espresso la volontà di essere presente all’udienza. La mancata traduzione all’udienza camerale dell’indagato aveva determinato la nullità assoluta ed insanabile del giudizio camerale e del conseguente provvedimento, essendo stati violati l’art. 178 c.p.p., lett. c , e art. 179 c.p.p I ricorrenti concludono per l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi. 1. Come risulta dall’esame degli atti, la mancata traduzione di B. all’udienza davanti al Tribunale del riesame di Palermo fu conseguenza di un decreto del Presidente, motivato sulla circostanza che la relativa richiesta non era stata avanzata nell’ambito della richiesta di riesame, ma successivamente ad essa. In effetti, ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 6 , così come modificato dalla L. n. 47 del 2015, con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi e l’imputato può chiedere di comparire personalmente ai sensi del comma 8 bis, l’imputato che ne abbia fatto richiesta ai sensi del comma 6 ha diritto di comparire personalmente . Numerose sentenze di questa Corte successive alla riforma hanno stabilito il principio per cui,nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, il soggetto sottoposto a misura privativa o limitativa della libertà personale, che intenda esercitare il diritto di comparire personalmente all’udienza camerale ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 8 bis, deve formularne istanza, personalmente o a mezzo del difensore, nella richiesta di riesame da ultimo, Sez. 2, n. 12854 del 15/01/2018 - dep. 20/03/2018, Mirenda, Rv. 272467 , in quanto non sono più applicabili le disposizioni di cui all’art. 127 c.p.p., comma 3, e art. 101 disp. att. c.p.p., che prevedono il diritto dell’interessato detenuto o internato fuori dal circondario ad essere sentito dal Magistrato di sorveglianza Sez. 1, n. 49882 del 06/10/2015 - dep. 17/12/2015, Pernagallo, Rv. 265546 . In effetti, la novità normativa si innesta in un sistema precedentemente regolato dall’art. 309 c.p.p., comma 8, mediante rinvio alle disposizioni dettate dall’art. 127 dello stesso codice, che disegna un modello generale a partecipazione non necessaria in tale modello, l’interessato ha diritto ad essere sentito se compare, mentre, qualora sia detenuto o internato in luogo posto fuori dalla circoscrizione e ne fa richiesta, ha diritto di essere sentito prima dell’udienza camerale dal magistrato di sorveglianza del luogo art. 127 c.p.p., comma 3 . In tale sistema, l’orientamento maggioritario di questa Corte ha espresso il principio per cui la mancata traduzione all’udienza camerale davanti al Magistrato delegato del detenuto fuori distretto che ne abbia fatto richiesta è causa di nullità assoluta e insanabile, senza che da ciò, derivi, peraltro, la perdita di efficacia della misura tra le più recenti, vedi Sez. 6, n. 21849 del 21/5/2015, Farina, Rv. 263630 vedi anche Sez. 6, n. 44415 del 17/10/2013, Blam, Rv. 256689 Sez. 6, n. 1099 del 4/12/2006, dep. 2007, Di Girolamo, Rv. 2356211 in tema di giudizio camerale d’appello ex art. 599 cod. proc. pen., vedi Sez. U, n. 35399 del 24/6/2010, F., Rv. 247835 . Peraltro, va rilevato che in talune recenti decisioni si è ancorato il diritto di presenziare del detenuto fuori distretto alla necessità sostanziale che la richiesta sia formulata in modo tale da rendere manifesta la volontà di rendere dichiarazioni su questioni di fatto concernenti la propria condotta Sez. 2, n. 6023 del 5/11/2014, dep. 2015, Di Tella, Rv. 262312 . Quanto allo specifico profilo della necessaria tempestività della richiesta di traduzione, si è posto in evidenza che essa non deve pregiudicare la celerità del procedimento e che la sua presentazione deve avvenire nella ragionevole immediatezza della ricezione della notificazione dell’avviso della data fissata per l’udienza camerale dinanzi al Tribunale Sez. 6, n. 42710 del 4/10/2011, Ventrici, Rv. 251277 Sez. 2, n. 20883 del 30/4/2013, Campo, Rv. 255819 . A tal proposito, si è precisato che, in considerazione della peculiarità della procedura di riesame, caratterizzata dalla ristrettezza dei tempi e dalla rilevanza determinante della loro osservanza ai fini dell’efficacia stessa della decisione, solo tale ragionevole immediatezza che dovrà essere oggetto di specifica argomentazione, ove necessario individua il punto di bilanciamento tra il diritto fondamentale dell’imputato di essere presente e la necessità di rispettare le caratteristiche di snellezza e celerità del rito e di assicurare che l’esito del procedimento non sia influenzato da condotte dell’imputato maliziose o non giustificate n. 42710/2011 cit. . In tale contesto, dunque, sono intervenute le modifiche normative in esame, il senso delle quali sembra quello di affermare, in modo inequivoco, il diritto del ricorrente di comparire all’udienza camerale fissata per la trattazione, anche se eventualmente detenuto fuori distretto la possibilità di esercitare tale diritto, peraltro, risulta strettamente correlata, per l’impugnante detenuto o internato, alla formulazione della richiesta nell’atto di riesame. Vi è, anzi tutto, un elemento ineludibile da cui partire, ed è l’inequivoco significato letterale delle disposizioni in commento, che subordinano il diritto di comparire personalmente attribuito all’ imputato - espressione, quest’ultima, che, ovviamente, va intesa estensivamente ricomprendendovi anche l’ indagato , ai sensi dell’art. 61 c.p.p., comma 1 all’adempimento/condizione di averne fatto richiesta ai sensi del comma 6 , ovvero contestualmente alla istanza di riesame Con la richiesta di riesame l’imputato può chiedere di comparire personalmente . Nel contesto di una procedura scandita da ritmi serrati come quella delineata dall’art. 309 cod. proc. pen., tale rigorosa disposizione riveste una sua precisa coerenza, in quanto appare finalizzata a dirimere ogni incertezza, eliminando la relativa discrezionalità in capo ai giudici de libertate, in ordine alla individuazione della concreta nozione di tempestività della richiesta di comparire , sulla quale la giurisprudenza di questa Corte è stata, finora, costretta a intervenire per individuareb il punto di bilanciamento tra il diritto fondamentale dell’imputato di essere presente e la necessità di rispettare le caratteristiche di snellezza e celerità del rito e di assicurare che l’esito del procedimento non sia influenzato da condotte dell’imputato maliziose o non giustificate vedi sopra gli arresti richiamati . Con la novella in commento il legislatore si è, dunque, prefisso la finalità di ancorare il diritto dell’indagato detenuto o internato a comparire all’udienza ad un dato obiettivo, certo e incontrovertibile - insuscettibile di interpretazioni elastiche e volto a prevenire eventuali atteggiamenti dilatori e/o di mera ostruzione - costituito dall’inserimento della richiesta di comparire nel corpo dell’istanza di riesame, che sia questa sottoscritta dall’interessato o dal suo difensore, parimenti legittimato a proporre istanza di riesame ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 3, e, in conseguenza, parimenti legittimato, ai sensi dell’art. 99 cod. proc. pen., a presentare, per conto del suo assistito, contestuale richiesta di comparizione personale all’udienza camerale . A opinare diversamente, disancorando, quindi, il diritto dell’interessato di comparire dalla previa richiesta ai sensi del comma 6 , si finirebbe con il privare il comma 8 bis di un qualsivoglia ambito di pratica applicazione, facendo di detto comma una norma inutiliter data. Non è dato ravvisare, in tale opzione ermeneutica, una portata lesiva dei diritti della difesa. Non può ignorarsi, infatti, che l’indagato, solo pochi giorni prima dell’udienza di riesame, ha già avuto modo di esporre compiutamente le sue ragioni in sede di interrogatorio di garanzia art. 294 cod. proc. pen. , atto, quest’ultimo, dalla natura eminentemente difensiva, in quanto volto a consentire all’indiziato di fare presenti le circostanze adducibili a suo favore sotto il profilo indiziario e cautelare , così da obbligare il giudice ad un controllo successivo della tenuta delle valutazioni operate ex ante, a fronte degli argomenti emersi in quella sede. Questa forte accentuazione della fisionomia dell’interrogatorio di garanzia come strumento di difesa - che spiega anche la previsione del meccanismo di caducazione disciplinato dall’art. 302 cod. proc. pen. ogniqualvolta il giudice non proceda all’interrogatorio entro il termine perentorio di cui all’art. 294 cod. proc. pen. - e la breve distanza temporale che lo separa dall’udienza di riesame, comportano, come conseguenza logica e sistematica, che, nella fase dell’incidente cautelare, la presenza dell’indagato assume un rilievo in chiave difensiva necessariamente di minore pregnanza, sia perché rimessa alla sua volontà, sia perché parimenti rimesso alla sua volontà è l’esercizio della facoltà di rendere spontanee dichiarazioni in udienza, sia, infine, perché dette spontanee dichiarazioni, proprio per essere rese solo qualche giorno dopo l’obbligatorio interrogatorio di garanzia, nella stragrande maggioranza dei casi non possono che risolversi nella pedissequa ripetizione di quanto già dichiarato davanti al G.I.P. o in generiche proteste d’innocenza. Così delineata la funzione della eventuale presenza dell’indagato all’udienza di riesame, non può ritenersi lesiva dei diritti di difesa una disposizione, come quella in commento, che, per soddisfare le finalità più sopra illustrate e nel contesto di una procedura necessariamente celere e snella, ha ancorato il diritto dell’indagato a presenziare all’udienza alla condizione che ne faccia richiesta nel corpo dell’istanza di riesame. D’altro canto, a fronte di norme certamente rigorose come quelle di cui ai modificati dall’art. 309 c.p.p., commi 6 e 8-bis, il legislatore, con la novella del 2015, ha inteso accrescere gli strumenti a disposizione della difesa, consentendo, con l’introduzione del nuovo comma 9-bis, che, su richiesta formulata personalmente dall’imputato entro due giorni dalla notificazione dell’avviso , il Tribunale differisca la data dell’udienza da un minimo di cinque ad un massimo di dieci giorni se vi sono giustificati motivi . Nonostante la natura prettamente tecnica delle esigenze difensive atte a fondare una richiesta di differimento del termine, il legislatore ha inteso ricollegare quest’ultima ad una manifestazione di volontà espressa direttamente dall’imputato per intuibili ragioni correlate alla delicatezza di un tema quale la privazione della libertà personale anche oltre il termine ordinario previsto dalla legge. Anche alla luce del tenore della richiamata ultima disposizione, che, in relazione ad una questione eminentemente tecnica, ha voluto, comunque, affidarsi, in via esclusiva, all’iniziativa personale dell’imputato, non possono che disattendersi le obiezioni formulate, a sostegno di un’interpretazione meno stringente del combinato disposto dell’art. 309 c.p.p., commi 6 e 8 bis, a proposito di un’iniziativa certamente meno complessa sul piano tecnico-difensivo - quella di chiedere di presenziare all’udienza di riesame contestualmente alla presentazione dell’impugnazione - rimessa a un soggetto sprovvisto delle necessarie cognizioni tecniche. Si tratta, invero, di una scelta legislativa - finalizzata alle preminenti esigenze già illustrate - che non ignora, da un lato, che, antecedentemente alla presentazione della richiesta di riesame, un previo contatto tra indagato e difensore vi è già stato o all’udienza di convalida dell’arresto o del fermo o in sede d’interrogatorio di garanzia dopo l’esecuzione dell’ordinanza cautelare non preceduta da arresto in flagranza o da fermo ,e, dall’altro, che la richiesta di riesame con la contestuale eventuale richiesta di partecipazione dell’indagato all’udienza camerale può essere presentata anche dal difensore tecnico. 2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua, di Euro 3.000 tremila in favore delle Cassa delle Ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso v. sentenza Corte Cost. n. 186 del 2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000 in favore della cassa delle ammende. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 diap. att. c.p.p., comma 1 ter.