Scorta di hashish e marijuana per un universitario: esclusa la non punibilità

Riprendono vigore le accuse nei confronti dell’imputato, di quasi 30 anni, inchiodato da un controllo della Guardia di Finanza. Necessario un approfondimento in appello sui dettagli della vicenda, a partire da quantità e qualità delle sostanze. Rimessa in discussione la non punibilità per particolare tenuità del fatto pronunciata dai giudici di merito alla luce della versione fornita in sede di interrogatorio dallo studente.

Ritorno a casa per lo studente universitario, che per affrontare il periodo di vacanze mette metaforicamente in valigia anche 91 grammi di hashish e 7 grammi di marijuana. Questa linea difensiva non è però sufficiente per rendere meno grave la condotta da lui tenuta, alla luce del ‘Testo unico sulla droga’. Rimessa perciò in discussione la non punibilità per particolare tenuità del fatto Cassazione, sentenza n. 4633/19, sez. IV Penale, depositata oggi . Consumo. Fatale il controllo della Guardia di Finanza all’uscita dell’autostrada A14. Gli uomini delle ‘Fiamme Gialle’ perquisiscono la vettura e rinvengono sotto il seggiolino del passeggero – un uomo di quasi 30 anni – oltre 91 grammi di hashish e oltre 7 grammi di marijuana. Inevitabile il processo per il soggetto che occupava quel posto in auto. A sorpresa, però, i giudici, prima in Tribunale e poi in appello, ritengono la condotta non punibile”. Decisiva è valutata la versione data dall’uomo in sede di interrogatorio . In quel contesto, difatti, egli ha ammesso la detenzione delle sostanze stupefacenti rinvenute nella vettura, ma ha spiegato di averle acquistate, nella città dove studia, per un uso esclusivamente personale, dovendo trascorrere un periodo lungo di permanenza in famiglia e non sapendo dove procurarsi le sostanze di cui faceva uso . Per i giudici di merito, la giustificazione data dallo studente – risultato, peraltro, positivo ai cannabinoidi – è plausibile egli si è procacciato una scorta consistente da consumare durante il periodo da trascorrere a casa. Questi elementi però non sono sufficienti, chiariscono i magistrati della Cassazione, per catalogare come non punibile” la condotta tenuta dall’uomo sotto processo. In sostanza, non si può automaticamente escludere l’ipotesi che le sostanze rinvenute fossero destinate alla cessione a terze persone basandosi semplicemente sulla detenzione per uso personale sostenuta dallo studente universitario. Necessario, quindi, un approfondimento in Appello, anche tenendo presente quantità e qualità delle sostanze, e ricordando, concludono i giudici della Cassazione, che in tema di stupefacenti la fattispecie di lieve entità e la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto sono strutturalmente e teleologicamente non coincidenti .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 25 ottobre 2018 – 30 gennaio 2019, numero 4633 Presidente Ciampi – Relatore Bruno Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Campobasso, con sentenza del 20 febbraio 2018, ha confermato la pronuncia emessa nei confronti di Zi. Anumero con cui il G.U.P. presso il Tribunale di Larino, previa riqualificazione del fatto ai sensi dell'art. 73, comma 5, D.P.R.309/90, aveva applicato la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. penumero Lo Zi., da quanto emerge dalla lettura della sentenza di primo grado, era sottoposto a controllo da parte di personale della Guardia di Finanza in Termoli, all'uscita dell'autostrada A14, mentre si trovava a bordo dell'autovettura condotta da Palladino Michele. Nell'occasione del controllo venivano rinvenuti sotto il seggiolino della vettura dal lato passeggero gr. 91,15 di hashish dai quali erano ricavabili numero 741 dosi gr. 7,318 di marijuana dai quali erano ricavabili numero 35 dosi . In sede di interrogatorio l'imputato ammetteva la detenzione, dichiarando di avere acquistato lo stupefacente in Bologna, dove studiava, per un uso esclusivamente personale. Dovendo trascorrere un periodo lungo di permanenza in famiglia, non sapendo dove approvvigionarsi delle sostanze di cui faceva uso, aveva ritenuto di procacciarsi una scorta consistente. Produceva, a sostegno della sua giustificazione, un esame di laboratorio da cui risultava la positività ai cannabinoidi. 2. Avverso la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione il P.G. presso la Corte d'appello di Campobasso, articolando diversi motivi di ricorso, riassumibili come segue, ai sensi dell'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. penumero Primo motivo paragrafo A violazione di legge con riferimento agli artt. 110 cod. penumero , 73 comma V, D.P.R. 309/90 e art. 192 cod. proc. penumero Si afferma nel ricorso che il giudice di primo grado e la Corte di appello sono incorsi in una erronea qualificazione giuridica del fatto. Secondo motivo paragrafo B violazione ed erronea applicazione dell'art. 131-ò/s cod. penumero carenza di motivazione in ordine alla chiesta rinnovazione della istruttoria dibattimentale. Terzo motivo paragrafo C carenza di motivazione con riferimento all'applicazione dell'art. 131-bis cod. penumero La sentenza della Corte territoriale si sarebbe limitata ad un mero richiamo per relationem della sentenza di primo grado senza fornire risposta ai motivi di appello che censuravano la individuazione dei criteri posti a fondamento della scelta di applicare la causa di non punibilità. Quarto motivo paragrafo D violazione dell'art. 75 D.P.R. 309/90. Volendo condividere la test assunta nelle sentenze di merito in ordine ad un uso esclusivamente personale della sostanza, i giudici avrebbero dovuto ordinare la trasmissione degli atti alla Prefettura di Campobasso per l'applicazione delle sanzioni amministrative. Considerato in diritto 1. I primi tre motivi di doglianza proposti dalla Procura Generale nei paragrafi A, B, C, dell'atto di impugnazione risultano fondati, nei termini di seguito precisati, pertanto la sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo esame. 2. Nel primo motivo il Procuratore Generale lamenta la errata qualificazione dei fatti, evidenziando che giudici di merito, nelle due sentenze conformi, avevano ritenuto erroneamente che la versione fornita dall'imputato fosse ragionevole e credibile il Tribunale aveva affermato che almeno una parte delle sostanze - non rilevantissima -fosse destinata alla cessione a terzi la Corte d'appello, a conclusione della sua disamina, aveva sostenuto che il fatto, posto in essere da uno studente universitario, dovesse essere inquadrato nell'ambito di una sicura detenzione per uso personale, in cui il ruolo della cessione era da ritenersi del tutto marginale e non preponderante. Traendo spunto da tali passaggi motivazionali, la Parte pubblica ha inteso evidenziare come i giudici di merito abbiano operato un'analisi non adeguata del caso concreto, giungendo a negare la esistenza dell'art. 73 D.P.R. 309/90, attraverso considerazioni di natura puramente assertiva. Il primo motivo deve essere coniugato con il terzo motivo di ricorso, nel quale la Procura lamenta, altresì, come la Corte di merito abbia totalmente trascurato di fornire risposta alle numerose doglianze espresse nell'atto di appello, riguardanti la ricostruzione dei fatti e l'inquadramento giuridico della vicenda. I profili evidenziati nei richiamati motivi di ricorso devono trovare accoglimento la Corte di merito non ha tenuto conto in alcun modo delle censure contenute nell'atto di appello, ad esclusione di quella riguardante l'applicazione dell'art. 131-bis cod. penumero , incorrendo nel vizio di motivazione di cui all'art. 606, comma 1, lett. e cod. proc. penumero , lamentato dall'Accusa, in relazione all'art. 125 cod. proc. penumero E' il caso di osservare che nell'atto di appello la Procura aveva specificamente criticato l'inquadramento operato dal primo giudice, sollecitando una rivalutazione da parte della Corte di merito di aspetti significativi della vicenda, attinenti sia alle modalità e circostanze del controllo in rapporto anche alla presenza nel veicolo di altro soggetto che deteneva a sua volta stupefacente , sia alla quantità ed alla diversa qualità della sostanza. La pronuncia di appello non ha quindi ottemperato compiutamente all'obbligo motivazionale, mancando di confrontarsi con le principali argomentazioni contenute nell'atto di impugnazione riguardanti la qualificazione giuridica del fatto e non esprimendosi sulla richiesta di rinnovazione della istruttoria dibattimentale avanzata dalla Procura nell'atto di appello. 3. Parimenti fondate risultano le critiche riguardanti il ragionamento seguito dalla Corte territoriale con riferimento ai presupposti applicativi dell'art. 131-bis cod. penumero L'istituto prevede, quali condizioni per l'esclusione della punibilità congiuntamente e non alternativamente, come si desume dal tenore letterale della disposizione , la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento. Si richiede pertanto al giudice di rilevare se, sulla base dei due indici requisiti delle modalità della condotta e dell'esiguità del danno e del pericolo, valutati secondo i criteri direttivi di cui all'art. 133, primo comma, cod.penumero , sussista l'indice-criterio della particolare tenuità dell'offesa e, con questo, coesista quello della non abitualità del comportamento. Solo in questo caso si potrà considerare il fatto di particolare tenuità ed escluderne, conseguentemente, la punibilità Sez. U, numero 13682 del 25/02/2016, Coccimiglio, in motiv. Sez. 3, numero 47039 del 08/10/2015, Derossl, Rv.26544901 . In proposito, nella sentenza impugnata, la Corte d'appello si occupa di un solo profilo rilevante ai fini della ricorrenza della causa di non punibilità, ossia dell'abitualità nel reato, trascurando di considerare che la valutazione da operarsi deve coinvolgere anche l'aspetto della particolare tenuità dell'offesa, che non può darsi per acquisita in relazione ai casi in cui ricorre la fattispecie di reato di cui all'art. 73, comma V D.P.R. 309/90, non coincidendo le nozioni di particolare tenuità e di lieve entità contenute nelle due norme. La questione riguarda i rapporti tra la fattispecie di reato cui all'art. 73, comma V , d.P.R. 309/90 e la esclusione della punibilità prevista dall'art. 131-bis cod. penumero di cui ha avuto modo di occuparsi questa Corte in una recente pronuncia, stabilendo che In tema di stupefacenti, la fattispecie di lieve entità di cui al comma quinto dell'art. 73, D.P.R. 09 ottobre 1990, numero 309 e la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis cod. penumero sono fattispecie strutturalmente e teleologicamente non coincidenti, atteso che, mentre ai fini della concedibilità della prima il giudice è tenuto a valutare i mezzi, le modalità e le circostanze dell'azione nonché la quantità e la qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa, ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità devono essere considerate le modalità della condotta, il grado di colpevolezza da esse desumibile e l'entità del danno o del pericolo ed altresì il carattere non abituale della condotta Sez. 4, numero 48758 del 15/07/2016, Giustolisi, Rv. 268258 - 01 . 4. Deve, per contro, ritenersi infondato l'ultimo motivo di ricorso proposto dall'Accusa, non risultando dalla lettura degli atti che i giudici della cognizione abbiano voluto affermare un uso esclusivamente personale di tutta la sostanza sequestrata allo Zi 5. In conclusione deve pervenirsi all'annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Salerno, competente per il nuovo giudizio che dovrà, seguendo i principi enunciati, rivalutare i profili evidenziati. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte d'appello di Salerno.