La Cassazione stabilisce l’incompatibilità tra la richiesta di rescissione del giudicato e l’istanza di restituzione nel termine

La Suprema Corte interviene in una materia eminentemente tecnica, chiarendo il confine tra strumenti che si pongono in rapporto di reciproca esclusione.

Lo fa, al termine del travagliato iter procedurale seguito ad una condanna per un reato di stringente attualità, in un’epoca in cui il contesto cibernetico ha allargato il panorama – e la pubblica percezione ha diluito i limiti – della libertà di espressione Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 2117/19 depositata 17 gennaio . Al contempo, si preoccupa di ribadire i criteri che regolano la prova dei vizi della prima notificazione all’imputato non detenuto che non sia stata consegnata personalmente al diretto interessato. Il caso. Nel giudizio – rectius nei giudizi – a quo si intrecciano due diversi rimedi, attivati dal difensore dopo l’irrevocabilità della sentenza di prime cure. L’inchiesta traeva origine dalla sequela di e-mail inviate dal reo, nel 2016, ai rappresentanti del Comune di Lampedusa, contenenti un link al sito web tramite il quale costui istigava a commettere atti di violenza e di provocazione alla violenza per motivi razziali, con espressioni riferite agli sbarchi di migranti sulle coste dell’Isola. Il Tribunale di Agrigento, applicata la recidiva specifica, lo condannava alla pena di mesi otto di reclusione. Dopo l’irrevocabilità del provvedimento, il condannato radicava richiesta di rescissione del giudicato per la sua revoca. In quella sede, premettendo d’aver avuto notizia del processo nel mese precedente, con la ricezione dell’ordine di esecuzione per la carcerazione con contestuale decreto di sospensione, lamentava in primis , che si fosse proceduto in sua assenza per tutto il processo, come emergeva dai verbali e dalla stessa pronuncia secondariamente, che tale assenza fosse incolpevole, in ragione dell’invalidità della prima notifica compiuta e, per altro verso, del mancato rispetto del termine di comparizione alla prima udienza infine, d’aver proposto la richiesta di rescissione tempestivamente, deducendo, inoltre, che il suo comportamento non fosse mosso da xenofobia, ma dal suo peculiare stato di disagio, cui si sommava la volontà di richiamare l’attenzione sui problemi connessi all’accoglienza degli immigrati. In pari data, proponeva al Tribunale istanza per la dichiarazione di non esecutività della decisione di prime cure, con domanda di restituzione in termini, valorizzando le medesime argomentazioni fatte valere con l’altra richiesta l’istanza veniva dichiarata inammissibile, in pendenza del ricorso per Cassazione già promosso, e gli atti erano trasmessi alla Corte di legittimità per provvedere in ordine alle restanti richieste. La sentenza. Dopo aver disposto la riunione, la I Sezione – su parere difforme del Procuratore generale, che aveva concluso per il rigetto dei ricorsi – dichiara inammissibili le impugnazioni, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione al versamento di una somma consistente alla Cassa delle Ammende. L’Estensore comprensibilmente impiega ben più dello spazio ordinariamente dedicato al rituale riepilogo delle fasi di merito, dovendo districarsi tra le molte circostanze straordinarie che si erano qui verificate. Incidentalmente, poi, si esprime in ordine a profili collaterali sottoposti al vaglio del Collegio dal deducente, passando in rassegna le asserite lacune in ordine alla regolare costituzione delle parti. I vizi della notificazione e del decreto di citazione. Sul punto, il contenuto della relata fuga ogni dubbio il plico, recapitato presso la residenza indicata nel decreto di citazione, non è stato consegnato per assenza del destinatario o di altri abilitati a riceverlo, né ritirato nei dieci giorni in cui era depositato presso l’Ufficio Postale, come precisato nell’avviso immesso nella cassetta per la corrispondenza. Sotto questo profilo, a nulla può valere la autoreferenziale e comunque aspecifica” asserzione del ricorrente di non avere trovato alcuna affissione sulla porta di casa, che non può assolvere l’onere dimostrativo che gli compete. Il mancato rispetto del termine di comparizione, poi, determina una nullità generale di carattere intermedio, che avrebbe dovuto esser rilevata prima dell’apertura del dibattimento dal difensore all’epoca assegnato all’imputato. La rescissione del giudicato e la restituzione nel termine per l’impugnazione. Ma il nodo centrale, anche in ragione dell’avvenuta riunione dei ricorsi, riguarda il rapporto tra le azioni concesse a chi sia rimasto incolpevolmente e inconsapevolmente acquiescente rispetto ad un provvedimento ormai irrevocabile. Come ricordano gli Ermellini, infatti, con il passaggio dal regime della contumacia a quello dell’assenza, avvenuto nel 2014, è stato inserito nel codice di rito l’art. 625- ter , con l’obiettivo implicito di controbilanciare lo snellimento degli oneri concernenti l’effettiva consapevolezza dell’imputato della pendenza del giudizio. Il nuovo istituto, tuttavia, è chiaramente incompatibile con la remissione in termini, che presuppone [] che il procedimento si sia svolto secondo il rito contumaciale [] e non secondo la nuova disciplina del procedimento in assenza in base al riformulato art. 420- bis c.p.p., senza potersi ritenere alternativo ovvero subordinato alla richiesta di rescissione, in quanto, pur avendo una causa petendi – costituita dall’asserita non conoscenza da parte del condannato del procedimento penale a suo carico – comune a quella su cui si fonda la richiesta di rescissione, ha un petitum radicalmente diverso cfr., su tutte, Cass., SS. UU. Pen., 17.7.2014, n. 36848, RV. 259992 . Nel caso di specie, in realtà, non si controverte sull’esistenza di un valido titolo esecutivo, ma se ne chiede l’annullamento – presupponendone, dunque, la sussistenza – per la mancata incolpevole conoscenza del procedimento da parte del condannato. Conclusioni. La pronuncia in analisi ricostruisce in modo chiaro gli elementi in campo, giungendo a conclusioni che, sul piano tecnico e dal punto di vista formale, non possono essere messe in discussione. Non sfuggirà al giurista pratico, però, un punto critico, rimasto inevaso, del delicato equilibrio tra la necessità di disincentivare capziosi tentativi di prolungare i tempi e l’esigenza che si abbia la prova della non solo teorica conoscenza del giudizio da parte del suo protagonista quanto può esser giusto un processo celebrato con una successione di incombenti ai quali non ha presenziato l’imputato, assistito da un’alternanza di difensori prontamente reperibili?

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 9 marzo 2018 – 17 gennaio 2019, n. 2117 Presidente Mazzei – Relatore Tardio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 17 maggio 2016 il Tribunale di Agrigento dichiarava M.P. colpevole del reato di cui all’art. 81 c.p., comma 2, e b L. n. 654 del 1975, come modificato dalle L. n. 205 del 1993 e L. n. 85 del 2006, contestatogli perché -a mezzo del sito internet dal quale aveva ripetutamente inviato link di accesso a numerosi indirizzi di posta elettronica, relativi al sindaco e ad altri rappresentanti del comune di omissis aveva istigato alla commissione di atti di violenza e di provocazione alla violenza per motivi razziali ed etnici, attraverso espressioni riferite agli sbarchi di cittadini extracomunitari sulle coste di omissis , specificamente riportate in imputazione, condannandolo alla pena finale di mesi otto di reclusione, determinata partendo dalla pena base di mesi sei di reclusione, aumentata per la recidiva specifica contestata. 1.1. Il Tribunale, che ripercorreva gli esiti della svolta istruttoria orale, consistita nella escussione dei testi sindaco e vicesindaco di OMISSIS , istruttore amministrativo e istruttore direttivo dello staff del sindaco , e dell’acquisita produzione documentale del Pubblico Ministero, consistita in copie di e-mail e di articoli pubblicati nel blog gestito dall’imputato, così provvedeva giudicava pienamente attendibili le testimonianze sul piano soggettivo e coerente, particolareggiata e lineare la ricostruzione dei fatti da esse fornita riteneva che la condotta posta in essere dall’imputato si sussumesse del tutto nella fattispecie delittuosa contestata illustrava al riguardo il delitto di istigazione alla violenza razziale, previsto come reato plurioffensivo, tutelando l’ordine pubblico e la dignità umana, dalla L. 13 ottobre 1975, n. 645, art. 3, che era una legge di ratifica e di esecuzione della Convenzione internazionale sulla eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, firmata a New York il 17 marzo 1966 evidenziava gli orientamenti di legittimità pertinenti all’indicato reato, ricostruito come reato di pura condotta o di pericolo astratto a dolo specifico, integrato anche da una sola istigazione alla violenza a connotazione razzista rimarcava che i testi escussi avevano confermato di avere ricevuto delle e-mail, inviate da indirizzo di posta elettronica riconducibile all’imputato, e il contenuto delle stesse e degli articoli pubblicati, il cui evidente contenuto di istigazione alla violenza razziale era attestato dalle espressioni traibili dalla documentazione acquisita, testualmente ripresa per stralci escludeva che le espressioni utilizzate dall’imputato fossero ammissibili alla luce del principio costituzionale della libera manifestazione del pensiero sancito dall’art. 21 Cost., non dilatabile fino a ricomprendere la diffusione di idee e condotte che negassero la personalità e la dignità dell’uomo, ugualmente affermati come principi fondamentali della Costituzione, rilevando, per l’effetto, la sussistenza del dolo specifico dell’indicato reato, avendo l’imputato inteso offendere con coscienza e volontà la dignità delle popolazioni migranti per ragioni razziali. 1.2. Detta sentenza, non impugnata, diveniva irrevocabile in data 1 agosto 2016. 2. In data 8 novembre 2016 M.P. depositava nella cancelleria del Tribunale di Agrigento, per mezzo del suo difensore e procuratore speciale avv. Gianfranco Carboni, richiesta di rescissione del giudicato ex art. 625-ter cod. proc. pen. per la revoca della suddetta sentenza sulla base di tre motivi, alla cui illustrazione premetteva di avere avuto conoscenza della pronuncia della sentenza solo a seguito della notifica, avvenuta in data 10 ottobre 2016, dell’ordine di esecuzione per la carcerazione e della sua contestuale sospensione emesso il 15 settembre 2016 dal Pubblico Ministero, non avendo avuto notizia del decreto di citazione né del processo, svoltosi in sua assenza con la nomina di un difensore di ufficio. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduceva che si era proceduto in sua assenza per tutta la durata del processo, come emergeva dai verbali di tutte le udienze, dopo che alla prima udienza del 6 marzo 2015 il Giudice aveva disposto procedersi in assenza dell’imputato , tanto che dalla sentenza egli risultava libero-assente. 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduceva di essere rimasto assente per incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo. Dall’esame della relata di notifica del decreto di citazione, trasmessagli per via telematica con altra documentazione dopo la comunicazione del provvedimento del Pubblico Ministero del 10 ottobre 2016, si evinceva che l’ufficiale giudiziario aveva proceduto ai sensi di art. 140 c.p.c. e art. 157 c.p.p. , richiamando pertanto una norma del codice di procedura civile e non indicando a quale modello, tra quelli indicati dall’art. 157 cod. proc. pen., avesse inteso fare riferimento. In particolare, non si era indicato il luogo di consegna dell’atto, non notificato personalmente al destinatario, e non emergeva il rispetto delle forme prescritte affissione dell’atto alla porta dell’abitazione, ricezione della raccomandata di comunicazione del deposito dell’atto presso la casa comunale di Cagliari , né si era dato conto degli accessi previsti dal settimo comma della indicata norma, con conseguente nullità della notifica, ex art. 171 c.p.p., lett. d , che, inferendo sulla vocatio in ius ed essendo assimilabile alla nullità per omessa citazione, aveva carattere assoluto. A detta invalidità della notifica si era aggiunto, sotto diverso profilo, il mancato rispetto del termine di sessanta giorni, che doveva precedere dalla notifica l’udienza di comparizione, previsto dall’art. 552 c.p.p., n. 3. I verbali, inoltre, presentavano, secondo il ricorrente, alcune irregolarità e imprecisioni quali il riferimento a un difensore di fiducia non nominato, a una parte civile non costituita, a una informazione fatta all’imputato non presente in udienza , che, specificamente ripercorse, attestavano la sommarietà nel procedere, in contrasto con il rigore delle norme regolatrici del processo penale e con le garanzie dell’imputato. Il processo, pertanto, era stato celebrato in sua assenza per tutta la sua durata, senza che egli avesse potuto partecipare e difendersi nel giudizio in difetto di conoscenza della prima udienza, di quelle successive e della stessa sentenza. Era stato, inoltre, violato il diritto di difesa, unitamente al principio della parità delle parti del processo, essendo rimasto assente per tutta la durata del processo anche il difensore di ufficio, sostituito in ciascuna udienza da altro difensore subito reperito. Con riguardo alla non prevista notifica dell’estratto della sentenza all’imputato assente, contrastante con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., era stata già sollevata questione di legittimità costituzionale dal Tribunale di Trani con ordinanza del 31 marzo 2015, che non ancora decisa era reiterata per le sua rilevanza nella vicenda a lui pertinente. 2.3. Con un terzo motivo il ricorrente rappresentava di avere proposto la richiesta di rescissione entro trenta giorni, decorrenti dal momento dell’avvenuta conoscenza del procedimento e della sentenza, e di averla presentata a mezzo del suo difensore e procuratore speciale presso la cancelleria del Tribunale di Agrigento, insistendo nell’accoglimento della richiesta ed enunciando elementi relativi alla sua vita personale e professionale, ai suoi studi filosofici, alla sua produzione scientifica, alle sue condizioni di salute e alle ragioni della condotta tenuta, non ispirate a odio razziale ma correlate al suo particolare stato psicologico di disagio, e volte a richiamare l’attenzione sul gravissimo problema umanitario della migrazione. 3. A seguito dell’avviso della fissazione della udienza in camera di consiglio del 23 giugno 2017 presso la settima sezione penale per la trattazione del predetto ricorso recante il n. 47072/2016 R. G. , il ricorrente M. depositava memoria di replica, reiterando le deduzioni e osservazioni poste a fondamento della richiesta. 4. Con ordinanza del 23 giugno 2017 la settima sezione penale, ritenuto necessario acquisire per la decisione il fascicolo della fase processuale di merito con particolare riferimento alla documentazione relativa alle notifiche, rinviava la decisione all’udienza del 15 settembre 2017, mandando alla cancelleria per la relativa richiesta. 5. Intanto, nella stessa ridetta data dell’8 novembre 2016 M.P. depositava nella cancelleria del Tribunale di Agrigento, per mezzo del suo difensore e procuratore speciale avv. Gianfranco Carboni, istanza per la dichiarazione, ex art. 670 cod. proc. pen. di non esecutività della predetta sentenza del 17 maggio 2016 del Tribunale di Agrigento e per la restituzione nel termine ex art. 175 cod. proc. pen. per la impugnazione della stessa sentenza, previa sospensione dell’esecuzione. Dopo avere enunciato le stesse premesse della separata richiesta di rescissione del giudicato ex art. 625-ter cod. proc. pen., derivante dalla medesima sentenza, l’istante illustrava le identiche ragioni poste a base della richiesta di rescissione del giudicato sintetizzate sub 2.1., 2.2. e 2.3. , epurate da ogni riferimento a detta richiesta e riferite alle diverse richieste azionate in executivis, articolate in quattro punti. 6. Con ordinanza, emessa a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 27 marzo 2017, riportante la erronea data di decisione del 29/01/15 e depositata il 22 maggio 2017, il Tribunale di Agrigento, in funzione di giudice dell’esecuzione, riteneva manifestamente infondata la richiesta di sospensione dell’esecuzione e dichiarava inammissibile l’istanza ex art. 670 cod. proc. pen., difettando il presupposto del passaggio in giudicato dell’atto impugnato per essere stato promosso ricorso per cassazione avverso la medesima sentenza con udienza di trattazione del ricorso fissata per il 23 giugno 2017, e disponeva la restituzione degli atti a questa Corte per quanto di competenza in ordine alle restanti richieste dell’istante. 7. Il fascicolo, pervenuto a questa Corte e registrato al n. 29227/2017 R.G., era trasmesso il 14 luglio 2017 dall’Ufficio preliminare dei ricorsi presso la prima sezione penale alla settima sezione penale per l’udienza del 15 settembre 2017 al fine della sua riunione al fascicolo n. 47072/2016 R. G 8. In data 15 settembre 2017 il collegio della settima sezione penale, con ordinanza resa nel procedimento n. 29427/2017 disponeva la riunione di detto procedimento a quello iscritto al n. 47072/2016, rilevata l’identità di ricorrente e di provvedimento impugnato, e con ordinanza resa nel procedimento n. 47072/2016 cui era riunito il n. 29427/2017 ordinava la rimessione degli atti alla prima sezione penale competente secondo i criteri tabellari, ritenuta la insussistenza di alcuna causa di inammissibilità del ricorso come rilevata in sede di esame preliminare del procedimento ai fini dell’assegnazione dello stesso alla sezione settima. 9. I due ricorsi riuniti sono stati, quindi, assegnati in data 21 settembre 2017 alla prima penale con trattazione in pubblica udienza. 10. All’udienza pubblica odierna, all’esito della requisitoria del Sostituto Procuratore generale e della esposizione da parte del difensore delle sue conclusioni, nei termini riportati in epigrafe, si è data lettura, dopo la deliberazione, del dispositivo riportato in calce alla presente sentenza. Considerato in diritto 1. La richiesta di rescissione del giudicato, oggetto del procedimento n. 47072/2016 R.G., è inammissibile. 2. Si premette che il rimedio della rescissione del giudicato -introdotto, contestualmente al superamento del giudizio contumaciale, dalla L. 28 aprile 2014, n. 67, che, con l’art. 11, comma 5, ha inserito nel codice di procedura penale l’art. 625-ter recante tale rubrica è stato azionato dal ricorrente sul presupposto che nei suoi confronti si è proceduto in assenza, a partire dalla prima udienza del 6 marzo 2015, per tutta la durata del processo definito con sentenza del 17 maggio 2016 del Tribunale di Agrigento. 2.1. Va aggiunto che nel caso di specie è applicabile la disciplina vigente prima delle modifiche introdotte dalla L. n. 103 del 2017, sia perché la rescissione è stata chiesta prima dell’entrata in vigore di tale normativa sia e soprattutto perché è a essa anteriore la sentenza relativamente alla quale è stata chiesta la rescissione. Questa infatti costituisce un mezzo di impugnazione straordinario Sez. U, n. 36848 del 17/7/2014, Burba, Rv. 259990 , cosicché risulta applicabile il principio per cui ai fini dell’individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni, allorché si succedano nel tempo due diverse discipline e non sia espressamente regolato, con disposizioni transitorie, il passaggio dall’una all’altra, l’applicazione del principio tempus regit actum impone di far riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato e non già a quello della proposizione dell’impugnazione Sez. U, n. 27614 del 29/3/2007, Lista, Rv. 236537 tra le successive, Sez. 1, n. 53011 del 27/11/2014, Ministero della Giustizia, Rv. 262352 . 2.2. Secondo la tesi del richiedente, che, unitamente al suo difensore e procuratore speciale avv. Gianfranco Carboni, giusta contestuale nomina, ha sottoscritto la richiesta che il difensore ha depositato in data 8 novembre 2016 presso la cancelleria del Tribunale di Agrigento, la cui sentenza è stata posta in esecuzione, secondo il disposto dell’art. 582 cod. proc. pen. la cui applicabilità anche alla rescissione del giudicato, che pur trae formalmente impulso da una richiesta diretta alla Corte di cassazione, è stata condivisibilmente rimarcata dalle Sezioni Unite Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014, citata, sub 4 del considerato in diritto -, egli ha avuto conoscenza del processo in data 10 ottobre 2016 quando ha ricevuto la notifica a mani proprie, eseguita dai Carabinieri del Comando provinciale di Cagliari, dell’ordine di esecuzione per la carcerazione e della sua sospensione ex art. 656 c.p.p., comma 5, disposti dal Pubblico Ministero con provvedimento del 15 settembre 2016, mentre non ha avuto notizia né del decreto di citazione introduttivo del relativo giudizio nanti il Tribunale di Agrigento n. 492/2015 del Reg. Gen., né del conseguente processo penale, che si è svolto . con un difensore di ufficio, non avendo potuto nominare un difensore di fiducia . 3. La richiesta, formalmente ammissibile per la sua rituale presentazione ex art. 625-ter c.p.p., comma 2, entro il termine di trenta giorni dall’asserita data di conoscenza del procedimento, e trattata, a maggior garanzia del contraddittorio, in udienza pubblica, pur nella riaffermata sufficienza della sua decisione in camera di consiglio non partecipata ex art. 611 cod. proc. pen. Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014, citata, Rv. 259991 -, è manifestamente infondata nel merito. 3.1. Si rileva in diritto che la rescissione del giudicato può essere disposta solo a condizione che il condannato provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo . La peculiare disciplina, che connota il nuovo rimedio -rispetto alla pregressa disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione prevista dall’art. 175 c.p.p., comma 2, -, prevede quindi l’onere a carico del condannato di allegare la documentazione ritenuta pertinente, coerentemente agli specifici accertamenti ora demandati al giudice ai fini della verifica dei presupposti per la dichiarazione di assenza di cui al novellato art. 420-bis cod. proc. pen Tale previsione, tuttavia, non preclude l’acquisizione da parte della Corte di cassazione di documentazione integrativa, ovvero l’accesso agli atti processali, al fine di chiarire aspetti ambigui o colmare possibili lacune o verificare la rispondenza della documentazione esibita alla realtà processuale Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014, citata, sub 4 del considerato in diritto . 3.2. Il ricorrente, formalmente assolvendo all’onere a suo carico, ha allegato alla richiesta, oltre alle copie dei verbali di udienza sub 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 dell’elenco in calce alla richiesta per dimostrare la celebrazione del processo nella sua perdurante assenza, la copia del decreto di citazione e della sua notificazione in calce sub 3 del ridetto elenco , rappresentandone la invalidità per mancato rispetto delle formalità previste dall’art. 157 cod. proc. pen 4. Il decreto di citazione a giudizio, emesso dalla Procura della Repubblica di Agrigento il 12 dicembre 2014 nei confronti dell’imputato M. , odierno ricorrente, res. OMISSIS , per il giorno 6 marzo 2015 davanti al Tribunale di Agrigento in composizione monocratica, è stato notificato all’interessato, come risulta dalla relata di notifica dell’ufficiale giudiziario, in data 8 gennaio 2015 e, stante il domicilio chiuso del destinatario e la mancanza di persona che volesse o potesse ricevere la copia dell’atto, mediante deposito nella casa del comune, affissione dell’avviso di deposito alla porta della casa di abitazione e comunicazione dell’avvenuto deposito a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento. L’adempimento di dette formalità, coerente con il richiamato disposto dell’art. 157 c.p.p., enunciato nella relata le cui attestazioni fidefacienti concernono proprio i fatti compiuti dal pubblico ufficiale notificatore ovvero quelli avvenuti al suo cospetto tra le altre, Sez. 5, n. 37518 del 12/03/2015, Dell’Elce, Rv. 265869 e esplicato dalle annotazioni a margine del numero della raccomandata n. OMISSIS e dalla data di deposito 8 gennaio 2015 , è ulteriormente avvalorato dall’esame dell’avviso di ricevimento della detta raccomandata, allibrato sub 33 del fascicolo processuale. Risulta, invero, dal detto avviso che il plico non è stato consegnato al domicilio per assenza temporanea del destinatario e mancanza delle persone abilitate è stato immesso avviso nella cassetta di corrispondenza dello stabile in indirizzo dell’avvenuto deposito del plico è stata data comunicazione all’imputato, nel luogo di residenza indicato nello stesso decreto di citazione, a mezzo raccomandata spedita dall’Ufficio postale di Cagliari in data 8 gennaio 2015 l’addetto al recapito ha sottoscritto l’atto il 10 gennaio 2015 il plico non recapitato non è stato ritirato entro il termine di dieci giorni, come da attestazione del 26 gennaio 2015 la notifica della citazione, effettuata presso la residenza del destinatario, si è perfezionata per compiuta giacenza. 5. Alla luce di dette emergenze la decisione del Tribunale, che alla prima udienza del 6 marzo 2015 ha ritenuto la regolarità della notifica e ha disposto procedersi nell’assenza dell’imputato, come da verbale allegato al ricorso sub 4 , si sottrae ai rilievi difensivi, che, nel contestare la validità della notifica, affidano a generiche deduzioni la incorsa inosservanza delle formalità previste dall’art. 157 c.p.p., comma 8, astraendo da uno specifico confronto con le emergenze delle stesse allegazioni della richiesta, oltre che del fascicolo processuale. E, invero, mentre è all’evidenza aspecifica la doglianza, che, trascurando che l’art. 140 cod. proc. civ., richiamato nella relata, attiene per il processo civile, come l’art. 157 cod. proc. pen., comma 8, per il processo penale, alla notificazione nelle ipotesi di irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia di un atto processuale, il contenuto della relata non lascia dubbi sul modello di notifica adottato, né sul luogo in cui gli adempimenti funzionali alla notifica sono stati eseguiti. 5.1. Né introducono ragioni di riflessione la deduzione del richiedente di non avere rinvenuto l’affissione dell’atto alla porta della sua casa di abitazione, autoreferenziale e comunque aspecifica a fronte dell’attestata immissione dell’avviso nella cassetta della corrispondenza dello stabile ovvero l’affermazione del medesimo di non avere ricevuto la raccomandata, relativa all’avvenuto deposito dell’atto nella casa comunale, del tutto soccombente in presenza della rituale spedizione della raccomandata e del suo ammesso omesso ritiro, enunciato dalla difesa nel corso della odierna discussione ovvero la denunciata violazione del termine a comparire davanti al Tribunale, previsto dall’art. 552 cod. proc. pen., comma 3, in giorni sessanta, che non determina la nullità assoluta del decreto di citazione a giudizio, ma una nullità generale di carattere intermedio, rilevabile d’ufficio ex art. 180 cod. proc. pen. e deducibile, ex art. 182 cod. proc. pen., comma 2, dalla parte interessata all’osservanza della norma violata, a pena di decadenza, prima dell’apertura del dibattimento tra le altre, Sez. 5, n. 1765 del 28/11/2007, dep. 2008, Panariti, Rv. 239097 Sez. 6, n. 39021 del 15/04/2013, B., Rv. 257098 , senza poter costituire ragione di rescissione del giudicato ovvero ancora le dedotte imprecisioni o irregolarità dei verbali di udienza, prive di alcuna incidenza sul tema afferente alla invocata rescissione. 5.2. Manifestamente inammissibili sono, infine, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla difesa, che, generiche con riguardo alla denunciata intervenuta alternanza dei difensori di ufficio in ciascuna udienza prontamente reperibili, sono prive di rilevanza quanto alla intervenuta modifica dell’art. 585 c.p.p., comma 2, lett. d , con L. n. 6 del 2014, e alla conseguente omessa previsione per l’imputato dichiarato assente come previsto in passato per il contumace dell’avviso di deposito con l’estratto della sentenza, non trattandosi di norma la cui applicazione possa venire in considerazione ai fini dell’apprezzamento della proposta richiesta. Argomenti diversi non sono neppure desumibili dal già chiesto intervento della Corte costituzionale sulla predetta norma, oltre che sull’art. 548 cod. proc. pen., comma 3, con ordinanza del 31 marzo 2015 del Tribunale di Prato, ai cui motivi il richiedente ha fatto richiamo, avendo la Corte costituzionale già dichiarato la questione sollevata manifestamente inammissibile con ordinanza n. 59 del 9 novembre 2016. 6. La richiesta di rescissione del giudicato, proposta sul presupposto che il procedimento si è svolto dopo l’entrata in vigore della L. n. 67 del 2014 senza che il condannato ne abbia avuto conoscenza e al fine di conseguire la revoca della sentenza definitiva di condanna e la trasmissione degli atti al giudice dell’unico grado in cui il processo si è definito, è incompatibile con la richiesta, azionata con incidente di esecuzione, di restituzione nel termine per proporre impugnazione ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen Simile richiesta, qui trasmessa per competenza dal Tribunale di Agrigento, invero, presuppone per la sua ammissibilità che il procedimento si sia svolto secondo il rito contumaciale prima della entrata in vigore della ridetta legge, e non secondo la nuova disciplina sul procedimento in assenza in base al riformulato art. 420-bis cod. proc. pen., senza potersi ritenere alternativo ovvero subordinato alla richiesta di rescissione, in quanto, pur avendo una causa petendi -costituita dall’asserita non conoscenza da parte del condannato del procedimento penale a suo carico comune a quella su cui si fonda la richiesta di rescissione, ha un petitum radicalmente diverso Sez. U. n. 36848 del 17/7/2014, citata, Rv. 259992 Sez. 1, n. 3426 del 15/04/2015, Lahrach, Rv. 263794 Sez. 6, n. 10000 del 14/02/2017, De Maio, Rv. 269665 . È, da ultimo, appena il caso di sottolineare che non può avere alcuna considerazione positiva la richiesta di incidente di esecuzione proposta ai sensi dell’art. 670 cod. proc. pen., e giudicata inammissibile dal Giudice della esecuzione per essersi erroneamente ritenuta non definitiva la sentenza del 17 maggio 2016 del Tribunale di Agrigento, oggetto di impugnazione straordinaria e non di ricorso ordinario, non facendo il ricorrente questione della esistenza di un valido titolo esecutivo, che, invece, nelle sue reiterate deduzioni, presuppone chiedendone la invalidazione solo sulla base dell’assunto della mancata conoscenza del procedimento Sez. U. n. 36848 del 17/7/2014, citata . 7. Conseguono alle svolte considerazioni la declaratoria della inammissibilità delle richieste di rescissione del giudicato e di restituzione nel termine per proporre impugnazione e, in osservanza della generale disposizione dell’art. 616 c.p.p., comma 1, considerata la natura di mezzo di impugnazione straordinario della richiesta di rescissione, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché -valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione-la ulteriore condanna della medesima parte privata al versamento alla cassa delle ammende della somma che si determina nella misura, ritenuta congrua ed equa, di Euro duemila. P.Q.M. Dichiara inammissibili le richieste di rescissione del giudicato e di restituzione nel termine e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di duemila Euro alla cassa delle ammende.