Messaggi e minacce: condannato per stalking

Due anni di reclusione per l’imputato che ha preso malissimo la decisione di una ragazza, di neanche 18 anni, di rompere la loro amicizia telefonica, caratterizzata anche dall’invio volontario, da parte di lei, di selfie erotici. Le continue e minacciose richieste di avere nuove foto sono catalogabili come una vera e propria persecuzione.

Lei, ragazza di neanche 18 anni, ha deciso di rompere il rapporto erotico a distanza con lui – uomo adulto – che ha reagito malissimo, tempestandola di messaggi – oltre cinquantamila – per convincerla a mandargli nuovamente sue foto hot e minacciandola di rendere pubblici i selfie, già in suo possesso, che la ritraevano nuda. Legittimo catalogare come stalking il comportamento tenuto dall’uomo, finito sotto processo e condannato, grazie anche alle parole della ragazza, a due anni di reclusione Cassazione, sentenza n. 1923/19, sez. V Penale, depositata il 16 gennaio . Messaggi. Ricostruita la delicata vicenda, i Giudici, prima in Tribunale e poi in appello, hanno ritenuto evidente la gravità del comportamento tenuto dall’uomo. Quest’ultimo ha molestato e minacciato una ragazzina minorenne inviandole oltre cinquantamila messaggi sul cellulare, dal contenuto ingiurioso, minaccioso e a sfondo sessuale e minacciandola di rendere pubbliche tramite internet foto intime della giovane . E questo comportamento le ha cagionato un profondo stato di ansia e di timore per l’incolumità propria e della sorella, inducendola a cambiare abitudini di vita . Inevitabile, secondo i giudici, una condanna per stalking . E questa decisione, viene chiarito, non in discussione neanche alla luce della considerazione che la ragazza aveva inviato all’uomo, senza alcuna costrizione, numerose immagini che la ritraevano nuda . Divulgazione. Identica linea di pensiero è adottata dai Magistrati della Cassazione, che confermano la condanna dell’uomo a due anni di reclusione , ritenendolo chiaramente colpevole di stalking . Anche i Giudici del Palazzaccio tengono a ribadire che è irrilevante l’invio consapevole e volontario, da parte della persona offesa minorenne, di fotografie che la ritraevano nuda . Ciò che conta davvero, invece, è la condotta tenuta dall’uomo successivamente alla manifestazione dell’intenzione della giovane di interrompere il rapporto di amicizia telefonica e, di conseguenza, l’invio delle fotografie , condotta scandita , sottolineano i giudici, da molestie e dalla reiterata minaccia di rendere pubbliche le immagini che ritraevano nuda la ragazza qualora ella non avesse continuato a inviargliele come fatto in passato. Quella situazione è stata vissuta malissimo, ovviamente, dalla ragazza, che è stata costretta a cambiare la propria utenza telefonica e ad evitare di uscire di casa, se non accompagnata dai familiari . Senza dimenticare poi, aggiungono i giudici, lo stato di ansia e di paura a lei causato dalla minaccia dell’uomo di divulgare le sue foto hot su internet.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 26 settembre 2018 – 16 gennaio 2019, n. 1923 Presidente Zaza – Relatore Riccardi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa il 13/01/2017 la Corte di Appello di Venezia ha confermato la sentenza del Gip del Tribunale di Verona del 12.5.2015, che aveva condannato Gh. Pa. alla pena di 2 anni di reclusione per il reato di cui all'art. 612 bis cod. pen., per avere molestato e minacciato, con condotte reiterate, Za. De., inviandole oltre 50 mila sms dal contenuto ingiurioso, minaccioso e a sfondo sessuale, minacciandola di rendere pubbliche tramite internet foto intime della giovane, in modo da cagionarle un profondo stato di ansia e di timore per l'incolumità, anche della sorella minore, e inducendola a cambiare abitudini di vita. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, Avv. Ro. Bu., deducendo il vizio di motivazione in relazione agli eventi del reato di cui all'art. 612 bis cod. pen. deduce che la perizia psicologica abbia attestato una conformazione psicologica disturbata dell'imputato, che comprometterebbe le sue relazioni affettive circostanza che spiegherebbe che Gh. non si è approfittato della ragazza, che, ancora minorenne, aveva inviato numerose immagini che la ritraevano nuda, senza alcuna costrizione la ragazza avrebbe omesso di raccontare tutto ai genitori per paura di confessare il proprio comportamento, non per il timore del Gh. sicché non esisterebbe alcun grave e perdurante stato di ansia e paura. Quanto al cambiamento delle abitudini di vita, contesta che la chiusura del profilo FB sarebbe stata provvisoria, durata appena il tempo di presentare l'integrazione della denuncia, mentre la persona offesa proseguiva la quotidianità di sempre. Contrariamente a quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la sentenza impugnata avrebbe sostenuto la non necessità di uno stato di ansia tale da diventare irreversibilmente patologico. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, perché propone doglianze eminentemente di fatto, che sollecitano, in realtà, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità, sulla base di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., sono in realtà dirette a richiedere a questa Corte un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767 Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 . In particolare, con le censure proposte il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica - unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell'art. 606, lett. e , cod. proc. pen. -, ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata in merito alla integrazione degli eventi del reato di atti persecutori. Il controllo di legittimità, tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione sicché il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione. Pertanto, nel rammentare che la Corte di Cassazione è giudice della motivazione, non già della decisione, ed esclusa l'ammissibilità di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti ed alla qualificazione giuridica, con argomentazioni prive di illogicità tantomeno manifeste e di contraddittorietà. In particolare, premesso che la deduzione relativa alla conformazione psicologica disturbata dell'imputato - in sede di appello posta a fondamento della richiesta di riconoscimento dell'attenuante della provocazione - risulta del tutto generica, ed avulsa rispetto al tessuto argomentativo della sentenza impugnata, che ha escluso una compromissione dell'imputabilità, va evidenziato che la condotta integrante il reato contestato non è - come nell'assunto del ricorrente, che ha su tale profilo concentrato le proprie argomentazioni - l'invio consapevole e volontario da parte della persona offesa minorenne di fotografie che la ritraevano nuda, bensì la condotta tenuta successivamente alla manifestazione dell'intenzione della giovane di interrompere il rapporto di amicizia telefonica instaurato, e, di conseguenza, l'invio delle fotografie condotta scandita da molestie e dalla reiterata minaccia di rendere pubbliche le immagini che la ritraevano nuda, qualora la minore non avesse continuato ad inviargliele. Con riferimento agli eventi del reato di atti persecutori, giova premettere che la prova dell'evento del delitto, in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente ed anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata Sez. 5, n. 17795 del 02/03/2017, S, Rv. 269621 Sez. 6, n. 50746 del 14/10/2014, G, Rv. 261535 , e che non è necessario che la vittima prospetti espressamente e descriva con esattezza uno o più degli eventi alternativi del delitto, potendo la prova di essi desumersi dal complesso degli elementi fattuali altrimenti acquisiti e dalla condotta stessa dell'agente Sez. 5, n. 57704 del 14/09/2017, P, Rv. 272086 . Ebbene, la sentenza impugnata ha ritenuto integrato l'evento del mutamento delle proprie abitudini, in quanto la giovane era stata costretta a cambiare l'utenza telefonica e ad evitare di uscire di casa se non accompagnata da familiari l'evento del rilevante timore per l'incolumità propria e dei familiari, in considerazione delle reiterate minacce, anche di morte, proferite dall'imputato l'evento del grave e perdurante stato di ansia e di paura, in quanto determinato dalla manifestazione, da parte dell'imputato, della conoscenza delle abitudini della giovane vittima e dei suoi familiari, e dalla reiterata minaccia di divulgare le fotografie che la ritraevano nuda. Quanto alla pretesa assenza di prova di uno stato patologico irreversibile, va rammentato che la consolidata giurisprudenza di questa Corte afferma che, ai fini della integrazione del reato di atti persecutori art. 612 bis cod. pen. , non si richiede l'accertamento di uno stato patologico, ma è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori - e nella specie costituiti da minacce, pedinamenti e insulti alla persona offesa, inviati con messaggi telefonici o, comunque, espressi nel corso di incontri imposti - abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima, considerato che la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 612 bis cod. pen. non costituisce una duplicazione del reato di lesioni art. 582 cod. pen. , il cui evento è configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica Sez. 5, n. 18646 del 17/02/2017, C, Rv. 270020 Sez. 5, n. 16864 del 10/01/2011, C, Rv. 250158 . 2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 2.000,00. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.