Il termine per il deposito della motivazione della sentenza non è soggetto alla sospensione feriale

I termini per la redazione ed il deposito della motivazione della sentenza non sono soggetti alla sospensione nel periodo feriale compreso tra il 1° ed il 31 agosto, poiché detta sospensione riguarda soltanto i termini stabiliti per il compimento di atti del procedimento ad opera delle parti processuali.

Così ha stabilito la Corte Suprema di Cassazione, Sezione Terza Penale, con la sentenza n. 745 depositata il 9 gennaio 2019. Storia di un appello inammissibile. Possiamo senz'altro dire che l'oggetto della sentenza che oggi commentiamo è la proiezione del principale incubo di ogni avvocato la scadenza di un termine perentorio. Non è infrequente essere colti da folgorazioni improvvise del genere ma quando scadeva l'appello del signor X???? Oddio!!” . Per una misteriosa ragione, che meriterebbe certamente di essere indagata approfonditamente, questi flash angoscianti si affacciano alla mente nelle situazioni temporali e logistiche più inopportune di notte, durante le vacanze estive, nel corso dell'assistenza allo shopping muliebre del sabato pomeriggio, eccetera. In questi casi, il malcapitato legale può placare i propri turbamenti soltanto in un modo correndo allo studio, afferrando l'agenda legale e scorrendone febbrilmente le pagine col fiato sospeso, nella speranza di sincerarsi che quel maledetto termine perentorio non sia ancora scaduto. I più accorti, o i più ansiosi, si attrezzeranno con archivi elettronici collegati allo smartphone o con più tradizionali agende tascabili, mentre chi non fa ricorso a questi rimedi dovrà macerarsi in attesa di scoprire se l'inevitabile decorso del tempo ha provocato qualche guaio oppure no. Nel caso che ci occupa siamo di fronte ad un appello giudicato inammissibile per tardività. La decisione veniva adottata con ordinanza senza alcuna formalità, secondo le forme del rito camerale non partecipato. La sospensione feriale non riguarda tutti i termini processuali. Il ricorso per cassazione è stato proposto – come vedremo, senza successo – allo scopo di tentare un salvataggio in extremis del rapporto giuridico processuale instaurato con quell'impugnazione giudicata tardiva. Dalla lettura della motivazione apprendiamo che tra la pronuncia della sentenza di primo grado e la scadenza del termine per il deposito della motivazione vi era il mese di agosto il ricorrente, quindi, ha provato a sostenere che quell'intervallo di trentun giorni, durante i quali opera la sospensione feriale dei termini processuali, deve essere sottratto dal computo dei giorni stabiliti dal giudice per il deposito della sentenza. Gli Ermellini, però, rigettano questa lettura della norma di riferimento e specificano che le Sezioni Unite, pronunciatesi nel 2017, hanno ormai risolto ogni possibile dubbio interpretativo. La sospensione feriale che congela” - verbo inappropriato, date le temperature nostrane in quel periodo – il decorso dei termini dal primo al trentun agosto di ogni anno opera soltanto con riferimento a quelle scadenze processuali collegate al compimento di atti processuali di competenza delle parti, e non già degli uffici giudiziari. Tra queste incombenze vi è certamente la redazione della motivazione delle sentenze ed il loro deposito. Inammissibilità e rito camerale partecipato o no? Un'altra doglianza, anche questa destinata a non essere accolta, riguarda invece la scelta di adottare la decisione di inammissibilità con il rito camerale non partecipato, senza alcuna formalità. Ciò avrebbe, secondo il ricorrente, compresso irrimediabilmente il diritto di difesa. Anche su questo punto i giudici di Piazza Cavour sono drastici la declaratoria di inammissibilità per tardività dell’impugnazione può essere pronunciata con ordinanza anche ex officio. Il codice di rito non prevede alcuna specifica formalità al riguardo e, per tale ragione, la scelta di procedere inaudita altera parte non può essere censurata. Viene, però, a questo proposito rilevato un contrasto tra due orientamenti interpretativi secondo uno di essi ogni ipotesi di inammissibilità può essere dichiarata senza coinvolgere le parti processuali, proprio in omaggio al principio di economia processuale, spiccatamente rappresentata da ogni rito camerale. Altro orientamento, invece, limita la dichiarabilità della inammissibilità senza contraddittorio alle sole ipotesi riguardanti la corretta costituzione del rapporto impugnatorio”. Il contrasto, però, è soltanto apparente la presentazione di un’impugnazione oltre il termine perentorio previsto dalla legge non è certamente una questione di merito, trattandosi, semmai, di un vizio di natura esclusivamente formale.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 2 ottobre 2018 – 9 gennaio 2019, n. 745 Presidente Andreazza – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Con ordinanza del 3 maggio 2016, resa in camera di consiglio senza formalità, la Corte di appello di Roma ha dichiarato la inammissibilità del gravarne presentato, in data 9 novembre 2015 dal difensore di C.S. , avverso la sentenza del Tribunale di Roma con la quale, in data 24 giugno 2015, l’imputato era stato dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 609-bis c.p. aggravato ai sensi dell’art. 61 c.p., n. 5, e, pertanto, era stato condannato alla pena di giustizia. Nel pronunziare il provvedimento di cui sopra la Corte capitolina ha osservato che il Tribunale di Roma, nel pronunziare la condanna del C. con la citata sentenza del giugno 2015, si era riservato il termine di 90 giorni per il deposito della relativa motivazione che, essendo stata depositata la predetta sentenza nel rispetto del termine in questione, a decorrere dal 22 settembre 2015 aveva iniziato a decorrere il tempo per la proposizione della impugnazione avverso di essa che, essendo stato depositato in data 9 novembre 2015 il ricorso in appello relativo alla ricordata sentenza del Tribunale di Roma, esso, stante l’inutile decorso del termine di 45 giorni per la proposizione dell’impugnazione nei confronti di essa, doveva essere dichiarato immediatamente inammissibile, con le derivanti statuizioni in ordine alla esecuzione della sentenza impugnata. Avverso detto provvedimento ha interposto ricorso per cassazione il difensore del C. , deducendo due motivi di impugnazione. Con il primo ha censurato la ordinanza impugnata, quanto al profilo della violazione di legge, per non avere la Corte di appello, nel calcolare il termine di 90 giorni entro il quale dovevano essere depositati i motivi della sentenza emessa dal Tribunale in data 24 giugno 2015, tenuto conto della sospensione feriale dei termini processuali dal 1 al 31 agosto se ciò avesse fatto – stante il differimento del termine ultimo per il deposito della motivazione della sentenza impugnata e, conseguentemente, della decorrenza del termine per la presentazione della impugnazione avverso di essa - la Corte capitolina avrebbe dovuto riscontrare la tempestività della presentazione dell’appello da parte della difesa del C. . Quale altro motivo di impugnazione la difesa del ricorrente ha lamentato, sempre con riferimento alla ritenuta violazione di legge, che la Corte di appello, nel dichiarare la inammissibilità del gravame proposto dal C. , aveva provveduto de plano senza avere prima instaurato il regolare contraddittorio fra le parti. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. Stante la prevalenza logica della relativa indagine si impone che, invertito l’ordine di loro formulazione, sia esaminato prioritariamente il secondo dei due motivi di impugnazione presentati dal ricorrente. Infatti, involgendo esso - a prescindere dal tenore della decisione che è stata poi adottata dalla Corte territoriale - lo stesso modello procedurale utilizzato dalla Corte di appello di Roma per assumere la statuizione ora censurata, esso condiziona in radice, in funzione della decisione di questa Corte, l’intera legittimità della ordinanza ora impugnata. Nell’illustrare il motivo di ricorso si rileva che parte ricorrente si duole del fatto che la Corte territoriale, nel dichiarare la inammissibilità del ricorso in appello di fronte ad essa proposto, abbia provveduto senza alcuna formalità procedimentale e senza attivare alcun contraddittorio personale fra le parti ciò, ad avviso del ricorrente, avrebbe comportato la violazione del diritto di difesa del ricorrente, del quale è espressione il principio della necessaria attivazione del contraddittorio, presidiato già dall’art. 111 Cost., comma 2. La doglianza è priva di pregio. L’art. 591 c.p.p., comma 2, prevede, infatti, che in caso di inammissibilità della impugnazione, il giudice del gravame con ordinanza la dichiari anche di ufficio. Non avendo previsto espressamente il legislatore alcuno schema procedimentale entro il quale sia adottata la predetta pronuncia, appare corretto, appunto nel silenzio della legge, ritenere applicabile il modello generale del procedimento in camera di consiglio disciplinato dall’art. 127 c.p.p Siffatto modello prevede che, secondo il dettato dell’art. 127 c.p.p., comma 9, ove sia riscontrabile una causa di inammissibilità dell’atto introduttivo del procedimento, nel caso ora in esame tale causa di inammissibilità sarebbe riconducibile alla tardività della presentazione del gravame da parte dell’imputato il giudice dichiari detto vizio e la derivante inammissibilità anche senza formalità , espressione che va correttamente interpretata nel senso che il provvedimento in tal modo emesso possa essere adottato sulla base delle sole allegazioni di parte ricorrente, senza la necessità di alcun contraddittorio cfr., con riferimento alla adozione della procedura de plano, in caso di palese inammissibilità dell’atto introduttivo di una giudizio camerale Corte di cassazione, Sezione III penale, 17 luglio 2017, n. 34823 . Al riguardo è, tuttavia, bene segnalare che nella giurisprudenza di questa Corte sono individuabili due distinti orientamenti secondo il primo il privilegio per la forma procedimentale semplificata si giustifica, in tutte le ipotesi di inammissibilità dell’atto introduttivo della procedura camerale, in forza della conformità di tale forma al dettame della ragionevole durata del processo che imporrebbe di celebrare in forma il più possibile semplificata giudizi che non necessitano di alcun esame sostanziale delle questioni dedotte con l’atto introduttivo di essi di tale orientamento sono espressione, oltre alla già citata sentenza n. 34823 del 2017, per la specifica materia relativa alla inammissibilità del gravame anche le sentenze Corte di cassazione, Sezione III penale, 17 marzo 2014, n. 12355 idem Sezione V penale, 17 febbraio 2014, n. 7448 secondo un altro orientamento, invece, in ossequio al parametro normativo costituito dall’art. 111 Cost., il quale impone la garanzia del contraddittorio per ogni procedimento, principale o incidentale, l’adozione della procedura de plano sarebbe inibita ove l’inammissibilità non scaturisca da irregolarità inerenti immediatamente alla corretta costituzione del rapporto impugnatorio, ma sia il portato di valutazioni afferenti alla proponibilità nel merito della impugnazione medesima, nel qual caso la inammissibilità deve essere pronunciata, ricorrendone le condizioni sostanziali, all’esito dell’udienza camerale partecipata, fissata ai sensi dell’art. 127 c.p.p., comma 1, cosi Corte di cassazione, Sezione III penale, 28 novembre 2016, n. 50339 idem Sezione II penale, 3 maggio 2016, n. 18333 idem Sezione III penale, 20 marzo 2015, n. 11690 . Nel caso che ora interessa non vi è dubbio che non vi è ragione per dover seguire il secondo orientamento, certamente più rispettoso dei principi del giusto processo, considerato che la natura meramente formale della causa di inammissibilità rilevata dalla Corte capitolina, legata esclusivamente alla interpretazione data di una determinata disposizione legislativa - si tratta, infatti, della presentazione del gravame oltre il perentorio termine di cui all’art. 585 c.p.p., comma 1, lett. c , e comma 2, lett. c , seconda ipotesi, - non avrebbe giustificato alcuna specifica ed ulteriore interlocuzione sul punto da parte della difesa del ricorrente, le cui eventuali ragioni, come peraltro dimostra la pendenza di questo stesso giudizio, sono suscettibili di essere compiutamente rappresentate in sede di eventuale impugnazione di fronte a questa Corte di legittimità - competente a giudicare per i provvedimenti eventualmente emessi in violazione di legge - della ordinanza emessa de plano. Il secondo motivo di impugnazione è, pertanto, manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. Con riferimento, a questo punto, al primo motivo di censura - con il quale il ricorrente si duole del fatto che la Corte capitolina non abbia tenuto conto, nell’individuare la scadenza del termine di 90 giorni entro il quale il tribunale si era riservato di depositare i motivi della decisione emessa a carico dell’attuale ricorrente, della sospensione feriale dei termini processuali ai sensi della L. n. 742 del 1969, art. 1 e del conseguente differimento del predetto termine - osserva il Collegio che, anteriormente alla presentazione del ricorso di fronte a questa Corte da parte dell’imputato il ricorso è, infatti, datato 25 settembre 2017 , la relativa questione, in precedenza oggetto di una qualche incertezza giurisprudenziale, è stata esaminata ex professo dalle Sezioni unite penali di questa Corte che, con sentenza del 18 settembre 2017, hanno espressamente statuito che termini per la redazione ed il deposito della sentenza non sono soggetti a sospensione nel periodo feriale, anche dopo le modifiche introdotte dal D.L. n. 132 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, che all’art. 16 ha ridotto il periodo annuale di ferie dei magistrati da 45 a 30 giorni, avendo in particolare precisato le Sezioni unite che i termini processuali soggetti alla sospensione feriale, di cui alla predetta normativa, sono soltanto quelli che incombono sulle parti per il compimento di atti del procedimento e, pertanto, non anche quelli gravanti sugli uffici giudiziari per l’espletamento dei lori compiti Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 19 settembre 2017, n. 42361 . Non dovendosi, pertanto, sommare al termine di 90 giorni indicato dal Tribunale per la redazione della sentenza di primo grado l’ulteriore periodo di sospensione feriale dei termini, come, invece materialmente fatto dal ricorrente in occasione della presentazione del suo gravame, correttamente la Corte di appello ha riscontrato la tardività della presentazione del gravame in questione da parte della difesa dell’imputato e, pertanto, l’attuale ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato. Alla inammissibilità del ricorso segue, visto l’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende.