Lavoratori al bar e la pinacoteca chiude prima: condannati

Decisivi gli accertamenti effettuati dalla Polizia giudiziaria. Evidente non solo il fenomeno dell’assenteismo, con relativa condanna per truffa, ma anche la chiusura anticipata che ha determinato la mancata fruizione della struttura a potenziali visitatori.

Chiusura anticipata – in alcune giornate – per la pinacoteca e dipendenti beccati a prendere un caffè al bar, pur risultando ufficialmente in sede. Legittima la condanna per truffa aggravata ai danni dello Stato e interruzione di pubblico servizio Cassazione, sentenza n. 56361/18, sez. II Penale, depositata il 14 dicembre . Osservazione. Sotto accusa alcuni lavoratori, sia dipendenti diretti della Provincia che dipendenti della società affidataria del servizio per conto della stessa Provincia. A loro vengono contestati molteplici episodi di assenteismo e diverse chiusure anticipate della struttura. Il quadro probatorio a disposizione, centrato anche sulle verifiche effettuate dalla polizia giudiziaria, è ritenuto sufficiente, sia in Tribunale che in Corte d’Appello, per arrivare a una condanna per truffa ai danni dello Stato e interruzione di pubblico servizio . Identica valutazione viene compiuta dai Giudici della Cassazione, i quali osservano, in particolare, che la chiusura anticipata della Pinacoteca ha determinato la mancata fruizione della struttura a potenziali visitatori per un tempo non trascurabile , pari a circa 25 minuti . Irrilevante, invece, che l’interruzione sia definitiva né che il turbamento sia totale , essendo il reato integrato da una interruzione momentanea, purché di durata non irrilevante e da un turbamento relativo, purché non insignificante . Per quanto concerne gli episodi di assenteismo, invece, è fondamentale, concludono i Giudici, il risultato dei servizi di osservazione della Polizia giudiziaria, attestanti la presenza dei lavoratori al bar in orario di lavoro , senza dimenticare le evidenti discrasie tra gli orari di servizio annotati e quelli effettivamente rilevati dalla polizia giudiziaria .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 9 novembre – 14 dicembre 2018, n. 56361 Presidente Diotallevi – Relatore Aielli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 4/12/2017, la Corte d'Appello di Salerno confermava la sentenza del giudice monocratico del Tribunale di Salerno del 22/9/2016 che aveva condannato gli odierni ricorrenti alla pena ritenuta di giustizia, in ordine a reati di truffa aggravata ai danni dello Stato e di interruzione di pubblico servizio solo Gi. e Gr. per ripetuti episodi di assenteismo riguardanti i servizi di sorveglianza e custodia presso la Pinacoteca Provinciale di Salerno cui i medesimi imputati erano preposti quali dipendenti della società Multiservice affidataria del servizio per conto della Provincia di Salerno Gi. e Gr. o dipendenti diretti della Provincia Br. e So. . 2. Avverso tale sentenza propongono distinti ricorsi per cassazione gli imputati deducendo 2.1. GI. Sa. violazione di legge, in particolare dell'art. 340 c.p., avendo la Corte d'appello attribuito alla ricorrente la responsabilità della chiusura anticipata della Pinacoteca di Salerno, quando invece la chiusura fu provocata dai soggetti della società Ivri, incaricati dell'apertura e della chiusura della Pinacoteca, mentre la Gi. era incaricata del servizio di sorveglianza. 2.2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 131 bis c.p. La Corte d'appello avrebbe erroneamente escluso detta causa di non punibilità nonostante l'esiguità del danno economico cagionato all'ente con i presunti allontanamenti della dipendente, posto che occorreva valutare, nella specie, la complessiva attività svolta dalla Gi., la correttezza e diligenza nell'espletamento del proprio lavoro né, ad avviso della ricorrente , la qualifica di pubblico dipendente costituirebbe di per sé indice di gravità del fatto tale da giustificare l'esclusione della ipotesi di cui all'art. 131 bis c.p. 3. GR. Lu. lamenta la carenza di motivazione in relazione alla doglianza difensiva che aveva rilevato come già nella sentenza di primo grado mancava una specifica indicazione del comportamento fraudolento del ricorrente censura inoltre l'erronea applicazione dell'art. 55 quinquies D.Lgs. 165/2001 aggiunto al comma 1 dell'art. 69 D.Lgs. 150/2009, in relazione alla determinazione del danno patrimoniale cagionato all'ente che avrebbe dovuto essere correlato alla retribuzione percepita per la mancata prestazione e la carenza di motivazione in relazione alla determinazione del danno all'immagine. 4. BR. Ge. deduce il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 131 bis c.p., proponendo gli stessi argomenti spesi dalla ricorrente Gi. esiguità del danno economico prodotto dagli allontanamenti, peraltro giustificati, irrilevanza della qualità di pubblico ufficiale ai fini della esclusione della causa di non punibilità . 5. SO. Vi. lamenta la carenza di motivazione in relazione all'affermazione di penale responsabilità in ordine ai delitti di truffa aggravata tenuto conto del fatto che gli allontanamenti dal posto di lavoro furono giustificati da altre comande parallele la Corte d'appello non avrebbe poi rilevato l'intervenuta prescrizione, maturata alla data della sentenza di appello essendo i fatti del 2009 avrebbe erroneamente riconosciuto le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza e non di prevalenza svalorizzando l'incensuratezza dell'imputato e la tenuità del fatto. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono inammissibili. 2. I ricorrenti introducono censure alle valutazioni di merito che sono insindacabili nel giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e l'argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di specie. Sez. U., n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 Sez. U., n. 12 del 31.5.2000, Jakani, Rv. 216260 Sez. U. n. 47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074 . Inoltre le doglianze riproducono pedissequamente gli argomenti prospettati nel gravame, ai quali la Corte d'appello, attraverso una lettura critica delle risultanze dell'istruttoria dibattimentale per come interpretate dal giudice di prime cure, ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in fatto e corrette in diritto, che i ricorrenti non considerano e si limitano a censurare genericamente. Va detto innanzi tutto che è manifestamente infondata l'eccezione di prescrizione dei reati avanzata dal ricorrente So., dal momento che al termine di prescrizione ordinario anni sette e mesi sei , scadente il 15/3/2017 e 6/4/2017 , vanno aggiunti i periodi di sospensione del processo dovuti all'adesione dei difensori all'astensione, come indicato nella sentenza di primo grado , sicchè il relativo termine, ulteriormente prorogato, non era maturato al momento della pronunzia della sentenza di appello. 3. Nel merito va osservato che la sentenza ha puntualmente risposto a tutte le doglianze difensive riguardanti presunte carenze probatorie, idonee, ad avviso della difesa, ad escludere l'affermazione di penale responsabilità in ordine al reato di truffa, dando atto dei ripetuti allontanamenti dei ricorrenti dal posto di lavoro che, a prescindere dall'indimostrato svolgimento di incombenze parallele, non documentate, era provato dai servizi di osservazione della P.G. attestanti la presenza dei ricorrenti in particolare Gi. e Gr. , in orario di lavoro, al bar, ma anche attraverso la rilevazione di evidenti discrasie tra gli orari di servizio annotati e quelli effettivamente rilevati dalla P.G. in particolare per Br. e So. , per cui nessun ragionevole di dubbio idoneo a scardinare l'impianto motivazionale, si profila nel caso di specie dovendosi in proposito ribadire che il principio dell'oltre ragionevole dubbio , introdotto nell'art. 533 c.p., dalla legge n. 46 del 2006, non ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza, che non può essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità sia stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice dell'appello, giacché la Corte è chiamata ad un controllo sulla persistenza o meno di una motivazione effettiva per mezzo di una valutazione unitaria e globale dei singoli atti e dei motivi di ricorso su di essi imperniati, non potendo la sua valutazione sconfinare nel merito Sez. 2, Sentenza n. 29480 del 07/02/2017,Rv. 270519 . 4. Con riguardo, poi, alla fattispecie di cui all'art. 340 c.p., contestata a Gi. e Gr. , la Corte di merito, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, ha specificamente valutato la consistenza delle singole condotte, ha distinto per ciascuno dei due imputati il giorno e gli orari della chiusura anticipata del Museo pari a circa 25 minuti , ritenendo con giudizio in fatto non illogico, che la stessa potesse dar luogo al reato avendo determinato la mancata fruizione della pinacoteca a potenziali visitatori per un tempo non trascurabile. Il reato è integrato, infatti, da qualsiasi comportamento che provochi l'interruzione o turbi il regolare svolgimento di un pubblico servizio la norma punisce chi cagiona , in qualsiasi modo, l'interruzione o il turbamento . Non rileva che l'interruzione sia definitiva, ne' che il turbamento sia totale, essendo il reato integrato da una interruzione momentanea, purché di durata non irrilevante, e da un turbamento relativo, purché non insignificante Sez. 5 15388/2014, rv. 260217 . Né ha pregio l'argomento difensivo, secondo cui la chiusura sarebbe stata determinata da altro soggetto personale dell'IVRI che, come osservato dalla Corte, fu necessitato a chiudere il portone proprio per l'assenza dell'addetto alla vigilanza all'interno della Pinacoteca. 5. Quanto al trattamento sanzionatorio ed al giudizio di equivalenza e non di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche motivo avanzato da So. , preme evidenziare che il giudice di appello ha ritenuto adeguata la pena determinata dal giudice di primo grado considerandola bene perequata rispetto al reale disvalore del fatto, rilevando, con adeguata motivazione, di non potere concedere le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto alle contestate aggravanti, considerata la particolare gravità del fatto detto giudizio non appare censurabile in questa sede, non apparendo essere il frutto di un mero arbitrio o di un ragionamento illogico. 6. Quanto alla esclusione della punibilità ex art. 131 bis c.p., motivo avanzato da Br. e Gi. , va ricordato che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131 - bis c.p., non può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, in quanto anche il reato continuato configura un'ipotesi di comportamento abituale per la reiterazione di condotte penalmente rilevanti, ostativa al riconoscimento del beneficio, essendo il segno di una devianza non occasionale Sez. 2, n. 1/2016 , Rv. 268970 Sez. 5, n. 4852/2016, Rv. 269092 Sez. 3, n. 43816/2015, Rv. 265084 . Inoltre, la Corte d'appello, con riguardo alla fattispecie di cui all'art. 340 c.p., non ha escluso la causa di non punibilità in ragione della qualifica soggettiva dell'imputato pubblico dipendente ma ha ampiamente giustificato il diniego, avuto riguardo alla gravità del reato ed alle conseguenze anche in termini di danno all'immagine derivatene. 7. In ultimo con riferimento alle doglianze avanzate dal ricorrente Gr. circa la mancata individuazione di un danno patrimoniale e non patrimoniale ed alla sua entità, il motivo è manifestamente infondato. La condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale, pur presupponendo che il giudice abbia riconosciuto il relativo diritto alla costituita parte civile, non comporta alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, postulando soltanto l'accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e dell'esistenza - desumibile anche presuntivamente, con criterio di semplice probabilità - di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, restando perciò impregiudicato l'accertamento riservato al giudice civile sulla liquidazione e l'entità del danno, ivi compresa la possibilità di escludere l'esistenza stessa di un danno eziologicamente collegato all'evento illecito Sez. 5, 45118/2013, Rv. 257551 Sez. 3, 36350/2015, Rv. 265637 . Inammissibile poi il motivo di ricorso relativo alla mancata applicazione in tema di danno risarcibile per mancata prestazione lavorativa dell'art. 55 quinquies D.Lgs 165/2001, introdotto dall'art. 69 comma 1 del D.Lgs. 27/10/2009 n. 150, trattandosi di norme generali sull'ordinamento dei lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, successive ai fatti di causa. In ogni caso il giudice di merito ha spiegato le ragioni dell'an e del quantum del risarcimento del danno che nell'ipotesi in esame era ben superiore rispetto all'entità della retribuzione non dovuta, estendendosi alle capacità turistico recettive dell'ente pubblico Provincia di Salerno ed alla sua immagine nel cruciale settore del turismo in ambito territoriale, pertanto il suo apprezzamento in quanto adeguatamente motivato e non disarmonico rispetto ai dati processuali, non è censurabile in sede di legittimità Sez.I, n. 48461/2013, rv. 258170 Sez. 4, n. 18099/2015, Rv. 263450 . All'inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti che li hanno proposti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno alla Cassa delle ammende. P.Q.M. dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno a favore della Cassa delle ammende.