Pessimi rapporti di vicinato: far temere l’allagamento della casa e la rottura dei condizionatori può valere una condanna

L’ennesimo scontro tra due vicine di casa è caratterizzato anche da frasi non proprio urbane una prospetta nei confronti dell’altra l’intenzione di allagarle l’appartamento e di romperle i condizionatori. Per i Giudici della Cassazione proprio il contesto, ossia la forte litigiosità, rende seria la minaccia.

Pessimi rapporti tra vicine di casa. Tutto normale, almeno in apparenza, se non fosse per un dettaglio le parole pronunciate in occasione dell’ennesimo scontro. Due le frasi incriminate una per minacciare la ‘nemica’ di allagarle l’appartamento e l’altra per preannunciarle la rottura dell’impianto di condizionamento. Ebbene, quelle frasi vanno considerate, secondo i Giudici della Cassazione, come idonee a incutere timore” nella destinataria, proprio tenendo presente il contesto Cassazione, sentenza n. 54521, sez. V Penale, depositata il 5 dicembre 2018 . Frasi. A portare la vicenda in Cassazione sono la Procura e la parte civile entrambe contestano la decisione presa dal Giudice di pace, che ha assolto la donna che ha pronunciato frasi poco rassicuranti verso la vicina di casa. Secondo il GdP, è impossibile ipotizzare il reato di minaccia , poiché non è stata provata la reale intenzione della donna sotto processo di realizzare uno dei mali ingiusti minacciati cioè l’allagamento dell’appartamento della vicina , e anche perché l’altro male prospettato, cioè la rottura dei condizionatori della casa abitata dalla persona offesa, non è in concreto realizzabile . Proprio alla luce di queste considerazioni, viene dedotta l’inidoneità intimidatoria della condotta tenuta dalla donna nei confronti della vicina di casa. Contesto. Completamente opposta, invece, è la visione dei Giudici della Cassazione, i quali accolgono i ricorsi proposti dalla Procura e dalla parte civile e finalizzati a sostenere la sussistenza del delitto di minaccia, essendo del tutto irrilevante la reale intenzione dell’agente di realizzare il male ingiusto e consistendo il dolo esclusivamente nella consapevolezza e volontà di realizzare l’intimidazione, e non rilevando la effettiva possibilità del verificarsi del male prospettato . Dal Palazzaccio tengono a ribadire, in premessa, che parlare di reato è necessario che la minaccia sia idonea a cagionare effetti intimidatori sul soggetto passivo, ancorché il turbamento psichico non si verifichi in concreto. Con la conseguenza, sul piano dell’elemento soggettivo, che il dolo richiesto è quello generico, consistente nella cosciente volontà di minacciare un male ingiusto . Applicando questa prospettiva, ed essendo oggetto del dolo unicamente l’azione intimidatrice , nella cosciente volontà di minacciare ad altri un male futuro e ingiusto e di provocarne la intimidazione non è compreso il proposito di tradurre in atto il male minacciato . In questa vicenda, poi, è rilevante il contesto, ossia i pessimi rapporti di vicinato esistenti tra le due donne e la loro perdurante litigiosità . Questi elementi depongono per l’idoneità delle espressioni utilizzate dalla donna ad incutere timore nei confronti della vicina di casa . Ora i Giudici del Tribunale dovranno nuovamente esaminare la vicenda, tenendo però ben presente la chiave di lettura proposta dalla Cassazione, secondo cui la donna sotto accusa vede sempre più vicina la condanna.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 17 ottobre – 5 dicembre 2018, n. 54521 Presidente Zaza – Relatore Scordamaglia Ritenuto in fatto 1. Con distinti atti di impugnazione, il Procuratore della Repubblica di Napoli e la parte civile costituita Ge. Te. ricorrono avverso la sentenza del Giudice di Pace di Procida del 3 aprile 2017, che ha assolto Ca. Gi. dal delitto di cui all'art. 612 cod.pen. non ritenendolo integrato, per non essere rimasta provata la reale intenzione dell'imputata di realizzare uno dei mali ingiusti minacciati - l'allagamento dell'appartamento della persona offesa per non essere l'altro dei mali medesimi - la rottura dei condizionatori - in concreto realizzabile, così da potersene inferire l'inidoneità intimidatoria della condotta stessa per essere il male da ultimo prefigurato espressione di una legittima facoltà dominicale. 2. Deducono, all'uopo, i ricorrenti, con motivi sostanzialmente sovrapponibili, il vizio di violazione di legge, in relazione all'art. 612 cod.pen., e il vizio di motivazione, evidenziando come, ai fini della sussistenza del delitto di minaccia sia del tutto irrilevante la reale intenzione dell'agente di realizzare il male ingiusto, consistendo il dolo del delitto de quo esclusivamente nella consapevolezza e volontà di realizzare l'intimidazione come non rilevi, agli stessi fini, la effettiva possibilità del verificarsi del male prospettato, tanto più nel caso esaminato in cui l'imputata aveva dimostrato di essere capace di passare dalle parole ai fatti come, neppure, assuma significato l'astratta liceità dei motivi costituenti la spinta ideologica dell'agire. 3. Con memoria in data 4 ottobre 2018, il difensore dell'imputata ha articolato plurime deduzioni a sostegno della richiesta di declaratoria di inammissibilità dei ricorsi o del loro rigetto. Considerato in diritto I ricorsi sono entrambi fondati. 1. E' jus receptum, alla stregua di consolidata interpretazione di questa Corte regolatrice, che, ai fini dell'integrazione del delitto di cui all'art. 612 cod. pen. - che ha natura di reato di pericolo - è necessario che la minaccia - da valutarsi con criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto -sia idonea a cagionare effetti intimidatori sul soggetto passivo, ancorché il turbamento psichico non si verifichi in concreto Sez. 5, n. 644 del 06/11/2013 -dep. 10/01/2014, P.C. in proc. B, Rv. 257951 Sez. 5, n. 21601 del 12/05/2010, Pmt in proc. Pagano, Rv. 247762 Sez. 1, n. 47739 del 06/11/2008, Giuliani, Rv. 242484 , con la conseguenza, sul piano dell'elemento soggettivo, che, agli stessi fini, il dolo richiesto è quello generico, consistente nella cosciente volontà di minacciare un male ingiusto, indipendentemente dal fine avuto di mira Sez. 5, n. 50573 del 24/10/2013, Schepis, Rv. 257765 . 2. Donde, si è precisato che, poiché oggetto del dolo, nel delitto del quo, è unicamente l'azione intimidatrice, nella cosciente volontà di minacciare ad altri un male futuro e ingiusto e di provocarne la intimidazione non è compreso il proposito di tradurre in atto il male minacciato Sez. 1, n. 7382 del 11/06/1985, Dessi, Rv. 170186 Sez. 1, n. 160 del 28/01/1970, Bevilacqua, Rv. 114806 . Parimenti, si è sottolineato che, poiché il detto male deve dipendere, quanto alla sua verificazione, dalla volontà del soggetto agente, esso può anche derivare dall'esercizio di una facoltà legittima, la quale, tuttavia, sia utilizzata per scopi diversi da quelli per cui è tipicamente preordinata dalla legge Sez. 5, n. 4633 del 18/12/2003 - dep. 06/02/2004, Puntorieri, Rv. 228064 sicché l'ingiustizia del male minacciato e, quindi, l'illegittimità del fatto costituente il delitto di cui all'art. 612 cod. pen., non viene meno se non risulti ingiusto il motivo posto a base dell'azione criminosa, a meno che non appaiano legittimi tanto il male minacciato quanto il mezzo usato per l'intimidazione Sez. 5, n. 19252 del 10/02/2011, B., Rv. 250171 . 3. Ne viene che, in ossequio a tali dicta, si impone l'annullamento della sentenza impugnata, emergendo dalla motivazione che la sostiene che il giudice censurato ne ha fatto malgoverno le circostanze di fatto riportate nel testo del provvedimento censurato - in primis i pessimi rapporti di vicinato esistenti tra l'imputata e la parte offesa e la loro perdurante litigiosità - depongono, infatti, univocamente per l'idoneità delle espressioni utilizzate dalla Ca. ad incutere timore nei confronti della Ge., quale solo dato decisivo ai fini della corretta applicazione della norma di riferimento in relazione alla fattispecie contestata. 4. Va, quindi, disposto l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli.