Il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale è applicabile al reato di favoreggiamento della prostituzione

Come previsto in termini generali dall'art. 175 c.p., se al reato di favoreggiamento della prostituzione, integrato attraverso l’abituale accompagnamento della donna nel luogo ove la stessa si prostituisce, segue una pena detentiva inferiore a due anni, il giudice può applicare il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, poiché la natura del reato non è ostativa alla concessione del beneficio stesso.

Così ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 54205/18, depositata il 4 dicembre. Favoreggiamento alla prostituzione. Sia in primo che in secondo grado l’imputato veniva condannato per favoreggiamento della prostituzione poiché era stato accertato che egli aveva accompagnato, per ben quattro volte consecutive, delle ragazze straniere nel luogo dove queste esercitavano il meretricio. L’imputato ricorre in Cassazione sostenendo che la sentenza impugnata sarebbe illogica e contradditoria in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo, e per aver negato il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale sulla sola base della tipologia del reato contestato. Elemento soggettivo. Gli Ermellini, riguardo al motivo di ricorso riferito all’elemento soggettivo, ribadiscono che integra il reato di favoreggiamento della prostituzione l’accompagnamento abituale con la propria autovettura di una donna nel luogo in cui la stessa si prostituisce . L’elemento soggettivo sotteso dal reato contestato, richiede il dolo generico giacché consiste nella consapevolezza di agevolare, attraverso la propria condotta, l’altrui attività di meretricio. Il beneficio della non menzione. Con riferimento al secondo motivo di ricorso relativo all’applicazione del beneficio della non menzione, la S.C. sottolinea che l’art. 175, comma 1 c.p. Non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale prevede che ove la pena detentiva inflitta non sia superiore a due anni, il giudice può applicare il beneficio in esame avuto riguardo alle circostanze indicate dall’art. 133 c.p.” . Tra le circostanze indicate dall’art. 133 c.p. non viene considerata la natura del reato la quale dunque, non è di per sé ostativa alla concessione del beneficio della non menzione. Nel caso di specie la medesima Corte, ravvisando che il diniego della non menzione della sentenza di condanna nel certificato del casellario giudiziale è stato motivato in base ad una ragione estranea alla previsione normativa, rileva che tale negazione era del tutto arbitraria. Per tali ragioni, la S.C. accoglie il ricorso limitatamente all’applicazione del beneficio della non menzione e rinvia.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 ottobre – 4 dicembre 2018, n. 54205 Presidente Ramacci – Relatore Corbetta Ritenuto in fatto 1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Catania confermava la pronuncia resa dal g.u.p. del Tribunale di Catania all’esito del giudizio abbreviato e appellata dall’imputato, che aveva condannato C.G. alla pena di giustizia perché ritenuto responsabile del delitto di cui agli artt. 81 cpv cod. pen., 3 n. 4 e n. 8, e 4 l. n. 58 del 1975 per aver favorito la prostituzione di diverse ragazze straniere, accompagnandole in più occasioni con la propria vettura sul luogo dove le stesse esercivano l’attività di meretricio. 2. Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi. 2.1. Con il primo motivo si eccepisce violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b ed e cod. proc. pen. in relazione all’art. 4 l. n. 58 del 1975. Assume il ricorrente che la Corte territoriale avrebbe errato nel ravvisare il delitto in esame nel fatto di accompagnare le ragazze, in quattro occasioni, nel luogo dove esercitavano il meretricio, in quanto, in assenza di altri elementi indicativi, tale condotta non potrebbe essere considerata agevolatrice dell’attività di prostituzione, trattandosi di una mera cortesia nei confronti delle ragazze. La sentenza sarebbe poi illogica e contraddittoria in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo, non emergendo dalle relazioni di servizio che l’imputato, alla guida della propria vettura, abbia visto le ragazze cambiarsi d’abito. 2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b ed e cod. proc. pen. in relazione all’art. 175 cod. pen. Il ricorrente censura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha negato il beneficio della non menzione sulla sola base della tipologia del reato contestato, in violazione della ratio dell’istituto in esame, che ha come obiettivo primario il ravvedimento del condannato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato in relazione al secondo motivo. 2. Il primo motivo è manifestamente infondato. 2.1. Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, da cui questo Collegio non intende discostarsi, integra il reato di favoreggiamento della prostituzione l’accompagnamento abituale con la propria autovettura di una donna nel luogo in cui la stessa si prostituisce Sez. 3, n. 16689 del 14/12/2017 - dep. 16/04/2018, D., Rv. 272554 Sez. 6, n. 45250 del 09/11/2012 - dep. 20/11/2012, Piras, Rv. 254003 . Orbene, con doppia valutazione conforme, i giudici di merito hanno accertato che l’imputato, in ben quattro occasioni - ciò che integra il requisito dell’abitualità - fu notato da personale della p.g. mentre passava a prendere, con la propria autovettura, diverse giovani donne provenienti dell’est Europa, poi fatte scendere nel piazzale dove le ragazze svolgevano l’attività di meretricio, il che, in applicazione del principio sopra richiamato, integra il contestato delitto di favoreggiamento della prostituzione. 2.2. Quanto all’elemento soggettivo, il reato di favoreggiamento della prostituzione richiede il dolo generico, che consiste nella consapevolezza di agevolare, con la propria condotta, l’altrui attività di meretricio Sez. 3, n. 12791 del 16/10/1987 - dep. 15/12/1987, Vaglini, Rv. 177261 . Nel caso di specie, la Corte ha correttamente desunto la prova del dolo dalle concrete modalità del fatto, ossia dalla pluralità di accompagnamenti, nell’arco di pochi giorni, di numerose ragazze dell’est in un luogo notoriamente luogo in cui veniva esercitata l’attività di prostituzione, tanto più che l’imputato aveva notato come le ragazze, una volta scese, indossavano abiti succinti. Tale circostanza, contestata dalla difesa, si desume chiaramente, ad esempio, dall’annotazione di servizio del 28 luglio, in cui si legge che la ragazza salita a bordo dell’auto dell’imputato in via omissis , dove si trovava in attesa, una volta scesa dalla vettura in piazza dopo essersi cambiata d’abito, si univa alle altre tre ragazze, le quali erano intente a prostituirsi, mentre il C. si allontanava . Orbene, dal tenore della relazione emerge come si via stata contestualità tra l’allontanamento da quel luogo da parte del C. e il fatto che la ragazza abbia raggiunto le colleghe, sicché è logicamente corretta l’affermazione della Corte d’appello secondo cui l’imputato, prima di allontanarsi, vide la ragazza indossare abiti succinti, trattandosi di una condotta che realizzò prima di raggiungere le colleghe, e quindi prima che il C. si allontanasse da piazza . 3. Il secondo motivo è fondato. La Corte ha negato la sussistenza dei presupposti per l’applicabilità della non menzione sulla base della natura del reato, che richiederebbe un’idonea pubblicità a tutela della collettività. Si tratta di una motivazione giuridicamente errata. Ove la pena detentiva inflitta non sia superiore a due anni, il giudice può applicare il beneficio in esame avuto riguardo alle circostanze indicate nell’art. 133 , come prevede espressamente l’art. 175, comma 1, cod. pen. e tra le circostanze indicate nell’art. 133 cod. pen. non viene contemplata la natura del reato la quale, di per sé, non è ostativa alla concessione del beneficio. Ne consegue che il diniego della non menzione della sentenza di condanna, motivato in base ad una ragione estranea alla previsione normativa, è arbitrario. Trattandosi di una questione di fatto devoluta alla cognizione del giudice di merito e considerando l’autonomia di valutazioni concernenti, da un lato, la concessione della sospensione condizionale della pena, che poggia sulla prognosi di ravvedimento di cui all’art. 164, comma 1, cod. pen., e, dall’altro, della non menzione, concedibile in base alla valutazione delle circostanze indicate dall’art. 133 cod. pen. cfr. Sez. 1, n. 11925 del 31/05/1982 - dep. 15/12/1982, Granati, Rv. 156656 , la sentenza deve perciò essere perciò essere annullata con rinvio per nuovo giudizio sul punto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicazione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Catania. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.