Spetta al coordinatore dei lavori la verifica dell’applicazione del piano di sicurezza

Ai fini della tutela della salute e dell’incolumità del lavoratore, il coordinatore ha l’obbligo di garantire la corretta applicazione delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi.

Così La Corte di Cassazione con sentenza n. 52984/18, depositata il 26 novembre. La vicenda. Il Tribunale condannava l’imputato ritenendolo responsabile della contravvenzione di cui all’art. 92 d.lgs. n. 81/2008 per non aver aggiornato il piano di sicurezza e coordinamento dei lavori, in qualità di coordinatore dei lavori stessi. Avverso tale provvedimento l’imputato propone ricorso in Cassazione in relazione al vizio motivazionale della sua ritenuta responsabilità. La responsabilità. Sul tema, la Corte di Cassazione sottolinea che la contravvenzione di cui all’art. 92 d.lgs. n. 81/2008 pone a carico del coordinatore dei lavori la verifica dell’applicazione, da parte sia delle imprese esecutrici sia dei lavoratori autonomi, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento ed inoltre dell’idoneità del piano operativo di sicurezza, ossia di quell’atto complementare del generico piano di sicurezza, con riferimento all’evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute. Sulla base di tali disposizioni, il Supremo Collegio dichiara inammissibile il ricorso proposto dall’imputato e lo condanna al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 luglio – 26 novembre 2018, n. 52984 Presidente Cavallo – Relatore Galterio Ritenuto in fatto 1.Con sentenza in data 29.1.2018 il Tribunale di Firenze ha condannato D.G. alla pena di Euro 3.000 di ammenda ritenendolo responsabile della contravvenzione di cui all’art. 92 decreto legislativo 81/2008 per non avere, in qualità di Coordinatore dei lavori all’interno del cantiere installato in un palazzo in costruzione, aggiornato il piano di sicurezza e coordinamento dei lavori in relazione al fattore di rischio derivante da una scala di accesso all’edificio oggetto dell’intervento priva di corrimano, ed assolvendolo al contempo dal reato di lesioni ex art. 590 cod. pen. procuratesi da un dipendente della ditta facente capo a F.R. cui era stata appaltata la parte idraulica, scivolato dalla scala. Avverso il suddetto provvedimento l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione, articolando due motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p 2.1. Con il primo motivo deduce, in relazione al vizio motivazionale, l’illogicità della ritenuta responsabilità dell’imputato per la violazione della contravvenzione contestatagli a fronte dell’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese in fase di indagini dalla p.o., ovverosia dal lavoratore caduto dalla scala, non presentatosi a deporre nel dibattimento, non avendo il giudice potuto accertare la sussistenza di quella specifica lavorazione cui era connesso l’obbligo di aggiornamento del piano sicurezza da parte dell’imputato tale inutilizzabilità, secondo la difesa, ha investito la dichiarazione nel suo contenuto integrale e non già, come afferma il Tribunale, limitatamente alla stretta dinamica dell’incidente occorsogli, tanto più che nessun altro risulta aver assistito all’infortunio. 2.2. Con il secondo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’art. 88 lett. a decreto legislativo 81/2008 e al vizio motivazionale, che potesse essere ricompresa tra le incombenze del coordinatore di un cantiere temporaneo e mobile, l’attività di installazione degli impianti igienico-sanitari estranea al cantiere stesso, essendo risultato che i lavori erano terminati, senza che l’affermazione resa dal Tribunale secondo cui l’infortunio si sarebbe verificato quando i lavori erano ancora in corso risulti supportata da alcuna motivazione, non essendo specificato se sul posto vi fossero gli operai delle altre ditte intenti a lavorare, né se la specifica lavorazione fosse inclusa tra i lavori propri di un cantiere. Considerato in diritto 1.Il primo motivo deve essere ritenuto inammissibile per la manifesta infondatezza delle doglianze svolte. L’inutilizzabilità in sede dibattimentale delle dichiarazioni rese nella fase delle indagini dal dipendente procuratosi le lesioni personali, ancorché non consenta di appurare le modalità e le cause della caduta, non elimina ciò nondimeno il fatto che la scala dove l’infortunio sarebbe avvenuto fosse priva di corrimano, in violazione di quanto specificamente previsto dall’art. 113, 1 comma del decreto legislativo 81/2008, e che perciò dovesse essere aggiornato da parte dell’imputato, in quanto coordinatore per l’esecuzione dei lavori in corso in cantiere dove operavano più imprese, il piano di sicurezza e coordinamento al fine di prevenire tale fattore di rischio. La contravvenzione di cui all’art. 92 del citato decreto legislativo 81/2008, che pone a carico del coordinatore la verifica, con opportune azioni di coordinamento e controllo, dell’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché dell’idoneità del piano operativo di sicurezza, da considerare come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento di cui all’articolo 100, in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere integra, in ragione del bene giuridico tutelato la sicurezza sul lavoro , un reato di pericolo astratto, per cui la condotta illecita si perfeziona e si protrae sino al momento di ottemperanza dell’obbligo di legge, senza che ai fini della sua configurazione sia necessario che dalla violazione delle prescrizioni derivi un danno alla salute o alla incolumità del lavoratore Sez. 3, n. 6885 del 23/11/2016 - dep. 14/02/2017, Rv. 269253 . 2. Il secondo motivo è inammissibile per la genericità delle censure svolte stante la mancanza di correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato. L’assunto, meramente fattuale, su cui si basano le doglianze difensive, costituito dal fatto che i lavori fossero terminati, risulta infatti contraddetto dalla specifica affermazione resa dal giudice di merito secondo cui, in aderenza alle risultanze processuali e segnatamente della deposizione del teste N. , i lavori del cantiere non fossero ancora esauriti non avendo il ricorrente neppure ventilato il travisamento della prova, né avendo fornito l’evidenza di una contrastante realtà fattuale, essendosi semplicemente limitato a contestare la mancanza di indicazioni sulla presenza in cantiere di altri operai delle varie ditte intenti a lavorare e a riprodurre uno stralcio della deposizione del verbalizzante N. , dal quale peraltro nulla si evince al riguardo, non consente di ritenere la doglianza svolta sussumibile in alcuno dei motivi elencati dall’art. 606 cod. proc. pen. per i quali è consentito il ricorso in sede di legittimità. Segue all’esito del ricorso la condanna del ricorrente a norma dell’art. 616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo elementi per ritenere che abbia proposto la presente impugnativa senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma equitativamente liquidata alla Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.