Condizione di bisogno del figlio? L’età è già una prova sufficiente e vale una condanna per il padre

Respinte le obiezioni difensive proposte dall’uomo, condannato in via definitiva per violazione degli obblighi di assistenza familiare. Per i Giudici, se il figlio è minore, va data per scontata la sua condizione di bisogno e il relativo obbligo dei genitori di fornirgli i mezzi di sussistenza.

È sufficiente l’età del figlio a inchiodare il padre, e a farlo condannare per violazione degli obblighi di assistenza familiare. Essa permette di darne per scontata la condizione di bisogno a cui il genitore è obbligato a provvedere rapidamente Cassazione, sentenza n. 52663, sez. VI Penale, depositata oggi . Condizione di bisogno. Comuni le valutazioni compiute dai Giudici del Tribunale e da quelli della Corte d’Appello colpevole l’uomo per non avere provveduto alla assistenza dei figli minori . Per quanto concerne la pena, però, essa viene ridotta in secondo grado a due mesi di reclusione e 200 euro di multa . Nessuna ulteriore rivisitazione della pronuncia d’Appello è possibile in Cassazione, dove la condanna del genitore viene confermata e resa definitiva. Respinta la tesi difensiva finalizzata a sostenere la mancata prova dello stato di bisogno dei figli . A questa osservazione i magistrati ribattono che la minore età del figlio costituisce essa stessa, in via presuntiva una condizione di bisogno , cui consegue ex lege l’obbligo per i genitori di assicurare loro i mezzi di sussistenza . E questo obbligo, ribadiscono i Giudici, non viene meno neppure qualora al sostentamento del minore provveda l’altro genitore o una terza persona .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 23 ottobre – 22 novembre 2018, n. 52663 Presidente Di Stefano – Relatore Villoni Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Palermo ha in parte riformato quella di condanna emessa dal Tribunale di Palermo il 14/04/2016 nei confronti di Ce. An. in ordine al reato di cui all'art. 570, comma 2 cod. pen., riducendo la pena inflittagli dal primo giudice alla misura finale di due mesi di reclusione ed Euro 200,00 di multa e concedendogli il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato che con due motivi deduce vizio di motivazione riguardo alla dedotta insussistenza della prova dello stato di bisogno dei soggetti beneficiari, per contro ribadita dalla Corte territoriale asseritamente in contrasto con la più recente giurisprudenza di legittimità e violazione di legge più vizi di motivazione in relazione agli artt. 43 e 570 cod. pen. nonché 125 e 546 cod. proc. pen. in punto di valutazione della sussistenza dell'elemento psicologico del reato per cui è intervenuta condanna. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato e come tale va dichiarato inammissibile. 2. La corte territoriale ha correttamente rilevato che alla stregua del consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione, la minore età dei figli costituisce essa stessa, in via presuntiva, una condizione di bisogno, cui consegue ex lege l'obbligo per i genitori di assicurare loro i mezzi di sussistenza, obbligo che non viene meno neppure qualora al sostentamento del minore provveda l'altro genitore o un terzo Cass. pen., Sez. 6, sent. 18749/2015 pag. 4 sent. . Risulta, dunque, asserzione palesemente destituita di fondamento, oltre tutto fondata su frasi estrapolate dal contesto sotteso alle due decisioni di legittimità indicate a sostegno, quella secondo cui lo stato di bisogno non inerisca de iure alla condizione di minore età dei soggetti beneficiari degli obblighi di assistenza di cui all'art. 570 cod. pen. nel senso della riaffermazione del principio, v. anzi Sez. 6, n. 53607 del 20/11/2014, PC in proc. S, Rv. 261871, decisione più recente secondo l'ordine cronologico di massimazione . La seconda doglianza risulta, invece, semplicemente improponibile ai sensi dell'art. 606, comma 3 cod. proc. pen. poiché investe direttamente l'oggetto del giudizio, sotto il profilo della valutazione della sussistenza del dolo del reato ipotizzato, rimessa alla esclusiva competenza del giudice di merito. 3. Alla dichiarazione d'inammissibilità dell'impugnazione segue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi equo quantificare in Euro 2.000,00 duemila . P. Q. M. dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende. Così deciso, 23/10/2018.