Litiga col padre, lascia i domiciliari e chiede ai carabinieri di tornare in carcere: condannato

Confermata la condanna per l’imputato decisivo il fatto che egli abbia abbandonato volontariamente l’abitazione in cui era ristretto. Irrilevante, invece, la circostanza che egli si sia allontanato dal domicilio a causa della conflittualità col genitore e abbia subito raggiunto la caserma dei carabinieri.

Il pessimo rapporto col padre, caratterizzato da continui litigi, può rendere difficile la convivenza sotto lo stesso tetto, ma non può legittimare la fuga del figlio costretto agli arresti domiciliari. Irrilevante anche il fatto che egli si sia rapidamente presentato ai carabinieri, spiegando i problemi familiari, e abbia chiesto di tornare in carcere. Inevitabile perciò, sanciscono i Giudici del Palazzaccio, la condanna per il reato di evasione Cassazione, sentenza n. 52496/18, sez. VI penale, depositata oggi . Rapporto. Scenario della vicenda è la provincia di Napoli. Lì un uomo, costretto ai domiciliari, decide di uscire di casa per presentarsi ai carabinieri e spiegare loro che ha avuto un litigio con il padre e la convivenza è diventata impossibile . A chiusura del racconto, poi, chiede esplicitamente ai militari dell’Arma di rientrare in carcere . Meglio stare dietro le sbarre, in sostanza, piuttosto che portare avanti ogni giorno sotto lo stesso tetto il rapporto conflittuale col padre. Nonostante la tensione familiare, l’uomo finisce sotto processo, e viene condannato, sia in Tribunale che in Corte d’appello, per evasione . Per i Giudici non è comunque giustificato l’allontanamento dal domicilio , pur prendendo atto dei litigi padre-figlio. Allontanamento. Identica posizione assumono ora anche i Giudici della Cassazione, che rendono definitiva la condanna per il reato di evasione . Respinta la linea difensiva dell’uomo, centrata sulla constatazione che egli si era sì allontanato dall’abitazione ma solo per consegnarsi ai carabinieri e chiedere di tornare in carcere, e sfuggire così ai continui litigi col padre. Per i magistrati del ‘Palazzaccio’ è fondamentale il paletto fissato dalla decisione giudiziaria con cui un soggetto è destinatario della restrizione domiciliare . A fronte di questo elemento, sono irrilevanti le motivazioni e lo scopo di un allontanamento che è illegittimo sempre. In sostanza, vengono ritenute centrali la coscienza e la volontà della persona sottoposta ai domiciliari di allontanarsi arbitrariamente dall’abitazione in cui è ristretta.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 3 ottobre – 21 novembre 2018, n. 52496 Presidente Villoni – Relatore Capozzi Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Napoli, a seguito di gravame interposto dall'imputato Fe. NA. avverso la sentenza emessa il 22.8.2011 dal locale Tribunale, ha confermato la decisione con la quale il predetto è stato riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 385 cod. pen. e condannato a pena di giustizia. Il caso riguarda l'allontanamento dal domicilio del ricorrente, presentatosi presso la caserma per riferire che aveva avuto litigio con il padre, che la convivenza era diventata impossibile e che voleva rientrare in carcere. La sentenza ha escluso la esistenza di cogenti necessità o pericoli che potessero giustificare l'allontanamento, del quale non erano noti né le modalità né i tempi, richiamando la nota giurisprudenza in tema di dolo generico. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato che con atto personale deduce con unico motivo violazione dell'art. 385 cod. pen. e vizio della motivazione in ordine all'elemento psicologico del reato, essendosi l'imputato allontanato dall'abitazione per consegnarsi - secondo la via più breve - ai carabinieri in conseguenza dei continui litigi con il padre. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Osserva questo Collegio che, in materia, si rilevano due opposti orientamenti. Il primo, maggioritario, secondo il quale il dolo del reato di evasione per abbandono del luogo degli arresti domiciliari è generico, essendo necessaria e sufficiente - in assenza di autorizzazione - la volontà di allontanamento nella consapevolezza del provvedimento restrittivo a proprio carico, non rivestendo alcuna importanza lo scopo che l'agente si propone con la sua azione Sez. 6, n. 7842 del 01/06/2000, Vernucci R., Rv. 217557 Sez. 6, n. 19639 del 09/01/2004, Conti, Rv. 228315 Sez. 6, n. 10425 del 06/03/2012, Ghouila, Rv. 252288 Sez. 6, n. 22109 del 13/05/2014, Costa, Rv. 262537 Sez. 6, n. 8614 del 25/02/2016, Cantiello, Rv. 266508 . L'ultima delle decisioni citate - in fattispecie analoga a quella oggetto del presente giudizio - ha affermato che integra il reato di evasione la condotta di volontario allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare e di presentazione presso la stazione dei Carabinieri ancorché per chiedere di essere ricondotto in carcere così Cass. Sez. 6, sent. n. 22109 del 13.05.2014, Rv. 262537 , significando, con il conforto di ulteriori precedenti di legittimità, che qualsiasi condotta di volontario allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari, in difetto di previa autorizzazione da parte della competente A.G., vale ad integrare il reato previsto e punito dall'art. 385 cod. pen., comportando la lesione dell'interesse protetto dalla norma incriminatrice al rispetto dell'autorità delle decisioni giudiziarie, a tale riguardo non assumendo alcun rilievo, in senso contrario, né la durata o la distanza dello spostamento, né i motivi alla base della determinazione del soggetto agente, ove pure riconducibili al deterioramento del rapporto con i familiari conviventi, trattandosi di situazione ad esempio ovviabile mediante la richiesta di mutamento del domicilio della restrizione cfr., in particolare, Cass. Sez. 6, sent. n. 29679 del 13.03.2008, Rv. 240642 . Al predetto orientamento si oppone quello secondo il quale, pure in fattispecie analoga a quella oggetto del presente giudizio, in tema di evasione, deve ritenersi insussistente il dolo nella condotta di colui che, trovandosi agli arresti domiciliari presso la propria abitazione, se ne allontani per recarsi, per la via più diretta, alla stazione dei Carabinieri Sez. 6, n. 25583 del 05/02/2013, Giannone, Rv. 256806 e, ancora, non integra il delitto di evasione la condotta di chi, trovandosi in stato di detenzione domiciliare, si allontani dalla propria abitazione per farsi trovare al di fuori di essa in attesa dei carabinieri, prontamente informati della sua intenzione di volere andare in carcere Sez. 6, n. 44595 del 06/10/2015, Ranieri, Rv. 265451 . Tale ultima decisione ha spiegato che deve essere esclusa ogni offensività concreta, ex art. 49, comma secondo, cod. pen., nella condotta dell'imputato, mai sottrattosi alla possibilità di controllo da parte dell'autorità tenuta alla vigilanza. 3. Ritiene questo Collegio di aderire all'orientamento maggioritario dovendosi considerare l'oggetto della tutela penale del reato in questione costituito dall'autorità della decisione giudiziaria che - a fini cautelari o di espiazione della pena - sottopone il soggetto che ne è destinatario alla restrizione domiciliare, non rilevando né le motivazioni né lo scopo di tale allontanamento. Cosicché è sufficiente a violare il precetto il dolo generico costituito dalla coscienza e volontà di allontanarsi arbitrariamente dal domicilio, indipendentemente dalla possibilità - da parte di coloro che ne sono addetti - di effettuarne il controllo. Non è infatti tale possibilità, eventuale nei tempi e nei modi, a segnare il perimetro di offensività della norma incriminatrice, incentrata - invece - sul doveroso rispetto della decisione del giudice in ambito cautelare che, per il suo intrinseco contenuto, deve fare necessario affidamento sulla volontà del destinatario di volerla osservare. 4. La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del criterio di legittimità che qui si condivide, escludendo la rilevanza dei motivi e dello scopo dell'arbitrario allontanamento dell'imputato - avvenuto secondo modalità e tempi incontrollabili - dall'abitazione presso la quale era ristretto. 5. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 3.10.2018.