La demolizione di un immobile abusivo deve essere volta alla completa restitutio in integrum dello stato dei luoghi

L’ordine di demolizione è riferito non soltanto all’opera oggetto del provvedimento, bensì è necessario considerare anche ogni altro intervento eseguito successivamente, che per la sua accessorietà all’opera abusiva renda ineseguibile l’ordine esecutivo.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 51058/18, depositata il 9 novembre. Un’incertezza volumetrica. Un immobile abusivo era l’oggetto che dovrà essere demolito sulla base della sentenza di condanna impartita tramite il giudizio di merito. Diversamente, il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, revocava l’ordine di demolizione rilevando la nullità dell’ingiunzione demolitiva. In particolare, il Giudice dell’esecuzione riscontrava un’anomalia rappresentata dalla non corrispondenza tra imputazione e accertamento del consulente tecnico circa il computo volumetrico era emersa un’incertezza sulla quantificazione volumetrica da demolire, data la realizzazione di successivi interventi pertinenti l’edificio in questione. Il Pubblico ministero ricorre in Cassazione lamentando che la decisione del Giudice dell’esecuzione non poteva essere sorretta da una mera incertezza”, condizione che poteva essere facilmente risolta tramite l’espletamento di ulteriori e successive verifiche situazione che configurava dunque una violazione dell’art. 173 disp. att. c.p.p. Procedimento davanti al giurì d'onore . La rilevanza degli interventi successivi. Preliminarmente, i Giudici di legittimità sottolineano che ai fini della individuazione della corrispondenza tra l’immobile da demolire e quello descritto nella sentenza, è l’identità tra le opere oggetto di imputazione e quelle da abbattere, desumibile non soltanto dalla volumetria, soggetta a diversi criteri di computo, ma della sostanziale coincidenza ricavabile in base a tutti gli elementi disponibili . Una simile verifica non è necessaria quindi, nelle ipotesi in cui vi siano aggiunte, modifiche e superfetazioni conseguenti alla realizzazione delle opere per le quali vi è stata già condanna definitiva. L’ordine di demolizione riguarda non soltanto l’immobile oggetto del titolo esecutivo, ma è riferito anche a ogni altro intervento eseguito successivamente che, rilevandosi accessorio all’opera abusiva, renda ineseguibile il medesimo ordine esecutivo, la demolizione nel caso di specie. Orbene, al fine di disincentivare disparate forme di abusivismo edilizio, è necessario considerare ogni intervento additivo, accessorio e pertinente all’immobile da demolire in modo da conseguire appieno la restitutio in integrum dello stato dei luoghi in esame. Nel caso di specie, l’incertezza volumetrica dell’opera da demolire, rappresentava un ostacolo all’ordine giudiziale di demolizione, impedimento superabile tramite l’espletamento di una successiva verifica tecnica. La Suprema Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Napoli.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 9 ottobre – 9 novembre 2018, n. 51058 Presidente/Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione nel procedimento relativo a A.L. , con ordinanza del 26 aprile 2018 ha revocato l’ordine demolizione di un manufatto abusivo impartito con sentenza di condanna. Il giudice, considerando che, dalle verifiche effettuate dopo il passaggio in giudicato della sentenza da parte di un consulente tecnico del pubblico ministero, sarebbe emerso che la volumetria dell’immobile da demolire era da determinarsi non già in m. 1 x 7,50, come. indicato nel capo di imputazione, bensì in m. 1 x 10,50 e, tenendo conto del fatto che non vi sarebbe stata corrispondenza tra quanto descritto e la contestazione di cui alla sentenza, ha affermato la nullità dell’ingiunzione demolitiva. Ha aggiunto che la fattispecie avrebbe potuto, al più, essere oltremodo approfondita sotto il profilo di eventuali accertamenti ulteriori rispetto alla statuizione in questione, ma che, allo stato, in presenza, cioè, di un’anomalia rappresentata dalla non corrispondenza tra imputazione e accertamento del consulente tecnico, non può evitarsi la revoca dell’ordine di demolizione. Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen 2. Con un unico motivo di ricorso deduce la mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, osservando che giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto argomentare il giudizio sulla difformità volumetrica e non avrebbe potuto sorreggere la decisione sul mero richiamo alla necessità di ulteriori accertamenti, considerando che l’eventuale incertezza avrebbe potuto essere comunque rimossa da lui stesso attraverso l’espletamento di ulteriori e successive verifiche nell’esercizio del relativo potere-dovere riconosciutogli dall’ordinamento. Aggiunge che, con la revoca dell’ordine di demolizione e non già dell’ingiunzione a demolire avrebbe, comunque, determinato l’impossibilità di ogni successiva verifica. Rileva, inoltre, che le osservazioni del consulente tecnico riguardano fatti e circostanze dei quali lo stesso consulente non potrebbe avere alcuna cognizione, limitandosi il mandato conferitogli alla verifica conformità delle opere alla sentenza di condanna. Insiste pertanto per l’accoglimento del ricorso. Il Procuratore Generale in sede, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Il giudice dell’esecuzione, pur dando atto della necessità di ulteriori verifiche sulla consistenza del manufatto da abbattere, ha revocato l’ordine di demolizione sulla base del fatto che il consulente del pubblico ministero avrebbe affermato che le opere non avrebbero subito trasformazioni rispetto all’accertamento originario. Tale affermazione, oltre a non specificare le ragioni per le quali il tecnico incaricato sarebbe pervenuto ad una tale conclusione, risulta obiettivamente contraddittoria, come denunciato dal pubblico ministero ricorrente, in quanto lo stesso giudice dell’esecuzione avrebbe potuto provvedere agli accertamenti ritenuti necessari. Va peraltro osservato che, trattandosi di calcolo della volumetria di un fabbricato, andrebbe considerato anche che lo stesso può essere soggetto a criteri diversi si pensi, ad esempio, al computo o meno, dei volumi tecnici, all’individuazione delle quote di riferimento per il calcolo, ai corpi sporgenti, alle indicazioni degli strumenti urbanistici , sicché una eventuale verifica non potrebbe prescindere dal considerare l’identità o meno della metodologia di computo dei volumi nell’effettuazione delle misurazioni. Un ulteriore aspetto, non meno significativo, riguarda, in particolare, le modalità del primo accertamento, cui il provvedimento impugnato si riferisce, atteso che, di regola, se nel corso delle indagini preliminari non viene disposta una consulenza tecnica, le dimensioni del fabbricato sono individuate dalla polizia giudiziaria che ha proceduto all’accertamento, con o senza l’ausilio del tecnico comunale, in maniera sommaria, avendo rilievo ai soli fini della corretta individuazione del manufatto abusivo, effettuata anche con riferimento ad altri elementi descrizione, indicazione delle singole superfici, modalità costruttive, indicazione dei materiali, dati catastali etc. . 3. Ciò che rileva, dunque, ai fini della individuazione della corrispondenza tra l’immobile da demolire e quello descritto nella sentenza, è l’identità tra le opere oggetto di imputazione e quelle da abbattere, desumibile non soltanto dalla volumetria, soggetta a diversi criteri di computo, ma dalla sostanziale coincidenza ricavabile in base a tutti gli elementi disponibili. 4. La necessità di una simile verifica, peraltro, va esclusa in tutti i casi di aggiunte, modifiche e superfetazioni successive alla realizzazione delle opere per le quali vi è stata condanna definitiva, avendo questa Corte ripetutamente affermato che la demolizione ordinata dal giudice non riguarda soltanto l’immobile oggetto del procedimento che ha dato vita al titolo esecutivo, ma anche ogni altro intervento eseguito successivamente che, per la sua accessorietà all’opera abusiva, renda ineseguibile l’ordine medesimo, non potendo consentirsi che un qualunque intervento additivo, abusivamente realizzato, possa in qualche modo ostacolare l’integrale attuazione dell’ordine giudiziale di demolizione dell’opera cui accede e, quindi, impedire la completa restitutio in integrum dello stato dei luoghi disposta dal giudice con sentenza definitiva, poiché, se così non fosse, si finirebbe per incentivare le più diverse forme di abusivismo, funzionali ad impedire o a ritardare a tempo indefinito la demolizione di opere in precedenza illegalmente realizzate Sez. 3, n. 6049 del 27/09/2016 dep. 2017 , Molinari, Rv. 268831 Sez. 3, n. 38947 del 09/07/2013, Amore, Rv. 256431 Sez. 3, n. 21797 del 27/4/2011, A. , Rv. 250389 Sez. 3, n. 2872 del 11/12/2008 dep. 2009 , P.M. in proc. Corimbi, Rv. 242163 Sez. 3, n. 13649 del 20/2/2002, Corbi, Rv. 221449 Sez. 3, n. 10248 del 18/1/2001, Vitrani, Rv. 218961 . 5. L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio al Tribunale di Napoli. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al tribunale di Napoli.