Colleghi trasferiti e processi concentrati su un unico collegio: giustificabili i ritardi del magistrato nel deposito

Esclusa l’ipotesi di una sanzione nei confronti di una giudice del Tribunale di Napoli. Per la Cassazione, come già per il Consiglio Superiore della Magistratura, è evidente che ella si è trovata ad affrontare un clamoroso aggravio di lavoro, che ha provato a gestire con laboriosità, nonostante i problemi di salute personale e dei familiari.

Eccessivi i carichi di lavoro. Ecco spiegati perciò i ritardi del magistrato nel deposito di provvedimenti, ritardi ‘spalmati’ su un arco temporale di ben sei anni. Di conseguenza, è illogico adottare provvedimenti disciplinari nei confronti del giudice finito nel mirino del Consiglio Superiore della Magistratura Cassazione, sentenza n. 28649, sezioni unite civili, depositata oggi Segnalazione. Scenario della vicenda è Napoli. Lì una giudice del Tribunale viene segnalata dal presidente della Corte d’Appello prima e dal Ministero della Giustizia poi per una serie di ritardi nel deposito di provvedimenti, accumulati nel periodo gennaio 2009-dicembre 2014 . Più in dettaglio, le viene contestato di avere violato i propri doveri di diligenza e di laboriosità e di avere depositato duecentonove sentenze con un ritardo superiore al triplo del termine consentito e centotto con un ritardo superiore ai dodici mesi e in un caso addirittura con un ritardo di oltre due anni . In aggiunta, poi, viene anche posto in evidenza il fatto che alla data del 31 dicembre del 2014 non erano stati ancora depositati oltre cento provvedimenti per i quali era stato già superato il triplo del termine previsto per trentadue era stato superato l’anno mentre per altri diciassette erano stati superati i cinquecento giorni di ritardo . Nonostante questi numeri, però, la Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura esclude la possibilità di punire la giudice. Ciò perché è stato appurato che la sua laboriosità era sempre stata adeguata , nonostante ella fosse stata impegnata nella definizione di procedimenti collegiali , poiché per effetto del contemporaneo trasferimento di tre magistrati l’attività della sezione venne progressivamente concentrata prima su due collegi e poi, a seguito dell’assegnazione ad un collegio del cosiddetto ‘processo Calciopoli’, su uno solo dei due collegi residui . In sostanza, viene sottolineato che la giudice, pur a fronte di un aggravio dei carichi di lavoro e nonostante problemi di salute sia personali che di stretti congiunti , non ha trascurato la definizione nei termini di processi con detenuti e dei procedimenti di maggiore complessità . E poi viene aggiunto che ella aveva riallineato la sua prestazione al canone di diligenza, non appena erano venuti meno i problemi oggettive e soggettive che avevano determinato la difficoltà di adempiere tempestivamente al deposito dei provvedimenti . Impegni. Le valutazioni pro giudice vengono subito contestate dal Ministero della Giustizia, che con ricorso ad hoc in Cassazione ritiene evidenti le colpe del magistrato di Napoli. A questo proposito, viene richiamata innanzitutto la significativa preponderanza numerica dei depositi tardivi rispetto a quelli tempestivi , viene poi evidenziato il dato oggettivo del consistente e grave numero di ritardi che, secondo il Ministero, costituisce sintomo di mancanza di operosità e di autorganizzazione . Queste obiezioni non convincono però i Giudici del Palazzaccio, che fanno propria invece la posizione assunta dalla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura. In premessa viene ricordato che la durata ultrannuale dei ritardi nel deposito dei provvedimenti giudiziari non comporta in automatico una responsabilità oggettiva del giudice sotto accusa. E questo principio vale a maggior ragione quando, come in questa vicenda, nel contesto lavorativo del magistrato si sono realizzate modifiche organizzative che hanno determinato aggravi e sovraccarichi di lavoro, che, invariato nella quantità, si è sostanzialmente concentrato solo su uno dei tre collegi su cui avrebbe dovuto essere distribuito . Impossibile, quindi, concludono dalla Cassazione, addebitare alla giudice una negligenza , proprio contestualizzando i ritardi a fronte della riduzione delle presenze, in seguito a trasferimenti di magistrati ad altri uffici e della riorganizzazione della sezione di appartenenza, con designazione della giudice a presidente di un collegio, con due udienze a settimana, e a giudice a latere in un altro collegio per altri due giorni a settimana . Evidenti, quindi, i gravosi impegni della giudice – chiamata anche a operare per il Tribunale del riesame e come componente per la Commissione per l’abilitazione alla professione di avvocato –, impegni che rendono giustificabili e comprensibili i ritardi accumulati nel deposito di numerosi provvedimenti.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 11 settembre – 9 novembre 2018, n. 28649 Presidente Spirito – Relatore Garri Fatti di causa 1. A seguito di segnalazione da parte del Presidente della Corte di appello di Napoli del 13 maggio 2014 e del Ministero della Giustizia del 23 marzo 2015 il Procuratore Generale della Corte di Cassazione ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti della dott.ssa Ma. As., giudice del Tribunale di Napoli, in relazione ad una serie di ritardi nel deposito di provvedimenti accumulati nel periodo dal 1 gennaio 2009 al 31 dicembre 2014. 2. In particolare alla dott.ssa As. è stata contestata la violazione degli artt. 1 primo comma lett. Q del D.Lgs. 23 febbraio 2006 n. 109 per avere, mancando ai propri doveri di diligenza e laboriosità, depositato 209 sentenze con un ritardo superiore al triplo del termine consentito e di questo 108 con un ritardo superiore all'anno ed in un caso oltre due anni. Inoltre le è stato addebitato di che alla data del 31 dicembre 2014 non erano stati ancora depositati 103 provvedimenti per i quali era stato già superato il triplo del termine previsto e, nell'ambito di questi, per 32 era stato superato l'anno e per 17 i 500 giorni. 3. All'esito dell'istruttoria la sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, dopo aver verificato l'insussistenza del ritardo superiore ai due anni e che non erano addebitabili all'incolpata i ritardi maturati in altri quattro procedimenti, ha assolto la dott.ssa As 4. La sezione disciplinare ha ritenuto che, sebbene fosse incontestata l'importanza dei ritardi maturati, erano risultate accertate una serie di circostanze concorrenti dalle quali, con valutazione complessiva si evinceva che la laboriosità dell'incolpata era stata sempre adeguata ha evidenziato che nel periodo in esame l'incolpata era stata impegnata nella definizione di procedimenti collegiali atteso che, per effetto del contemporaneo trasferimento di tre magistrati l'attività della sezione venne progressivamente concentrata prima su due collegi e poi, a seguito dell'assegnazione ad un collegio del processo cd. Calciopoli, su uno solo dei due residui. Ha quindi osservato che, in tale situazione di aggravio, e nonostante problemi di salute sia personali che di stretti congiunti, la dott.ssa As. non aveva trascurato la definizione nei termini di processi con detenuti e di quelli di maggiore complessità. Inoltre, non appena erano venute meno le ragioni oggettive e soggettive che avevano determinato la difficoltà di adempiere tempestivamente al deposito dei provvedimenti, aveva riallineato la sua prestazione al canone di diligenza. 5. Per la cassazione della sentenza della sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura ha proposto ricorso il Ministero della Giustizia articolando un unico motivo. La dottoressa As. ha depositato procura e, successivamente, memoria pervenuta il 10 settembre 2018. Ragioni della decisione 6. Con l'unico motivo di ricorso è censurata la sentenza della sezione disciplinare per avere, in violazione e falsa applicazione degli artt. 1 primo comma e 2 primo comma lett. q del D.Lgs. n. 109 del 2006, e con motivazione mancante, contraddittoria e manifestamente illogica, in relazione all'art. 606 comma 1 lett. b ed e cod. proc. pen., applicato l'esimente della giustificabilità della condotta con una motivazione del tutto apparente e comunque insufficiente, senza analizzare e valutare le giustificazioni dell'incolpata, solo asserite e prive di riscontri numerici quanto al gravoso carico. Non sarebbe stata operata una valutazione in termini di inesigibilità della prestazione che solo avrebbero consentito di ritenere lecita la condotta tenuta. 6.1. La sezione disciplinare avrebbe trascurato di valutare i profili qualitativi e quantitativi e la complessiva organizzazione dell'ufficio tralasciando qualunque valutazione circa la significativa preponderanza numerica dei depositi tardivi rispetto a quelli tempestivi. 6.2. In conclusione, ad avviso del Ministero ricorrente la sentenza sarebbe pervenuta al convincimento della irrilevanza disciplinare della condotta senza un'approfondita disamina , ancorata a fatti oggettivi numerici e statistici anche comparati, che consentisse di ritenere superato il dato oggettivo del consistente e grave numero di ritardi che costituisce sintomo di mancanza di operosità e di autorganizzazione. 7. Ritiene il Collegio che la sentenza impugnata non si esponga alle censure che le vengono mosse. 7.1. In tema di responsabilità disciplinare del magistrato ex art. 2, lett. q , del D.Lgs. n. 109 del 2006, ricorre l'esimente della giustificabilità del ritardo reiterato nel deposito dei provvedimenti oltre la soglia di illiceità prevista dalla norma ove l'attività lavorativa dell'incolpato risulti inesigibile con riferimento alla gravosità del complessivo carico di lavoro, alla qualità dei procedimenti trattati e definiti, agli indici di laboriosità ed operosità comparati con quelli degli altri magistrati dell'ufficio, nonché allo sforzo profuso per l'abbattimento dell'arretrato, anche in relazione alla sussistenza ed entità di impegni aggiuntivi di tipo amministrativo od organizzativo cfr. Cass. Sez. U. 19/09/2017 n. 21624 . La durata ultrannuale dei ritardi nel deposito dei provvedimenti giudiziari non comporta, infatti, una responsabilità oggettiva dell'incolpato ed incide sulla giustificazione richiestagli. Questa deve riguardare l'arco temporale durante ii quale l'inerzia si è protratta e deve essere tanto più seria, specifica, rigorosa e pregnante tanto più gravi sono i ritardi. Deve essere provato che, nell'intervallo temporale esaminato, non sarebbero stati possibili diversi comportamenti di organizzazione e impostazione del lavoro idonei a scongiurarli o, comunque, a ridurne la patologica dilatazione cfr. Cass. Sez. U. 29/07/2016 n. 15813 . 7.2. A tali principi si è attenuta la sentenza della sezione disciplinare che nel valutare i ritardi, di cui non ha disconosciuto la gravità, ha tenuto del contesto lavorativo in cui si erano verificati, delle modifiche organizzative che erano intervenute determinando aggravi e sovraccarichi di lavoro che, invariato nelle quantità, si era sostanzialmente concentrato solo su un collegio dei tre su cui avrebbe dovuto essere distribuito. Ha dato atto del rilevante impegno dedicato alla gestione delle udienze che si erano ripetute anche per quattro volte a settimana ed ha posto in rilievo come, ciò nonostante, non si erano verificati ritardi in processi con detenuti, privilegiando la definizione di quelli maggiormente complessi. Ha evidenziato che al venir meno dei fattori che avevano determinato il carico straordinario di lavoro la tempistica dei depositi si era regolarizzata. 7.3. Si tratta di ricostruzione corretta giuridicamente e accurata nella valutazione delle prove offerte che, diversamente da quanto dedotto dal Ministero della Giustizia, tiene conto proprio dei profili quantitativi e qualitativi della prestazione, della complessiva organizzazione dell'ufficio e dell'impegno profuso. La sezione disciplinare esclude una negligenza da parte dell'incolpata non senza aver contestualizzato i ritardi nella situazione verificatasi nell'ufficio per effetto della riduzione delle presenze, in seguito a trasferimenti ad altri uffici, e della riorganizzazione della sezione di appartenenza con designazione della dott.ssa As. a presidente di un Collegio con due udienze a settimana oltre che di giudice a latere in un altro Collegio per altri due giorni a settimana. La sentenza sottolinea poi che a tali gravosi impegni andava sommato l'impegno nel Tribunale del riesame dal 1.1.2008 al 31.12.2013 , rispetto al quale nessun ritardo era stato evidenziato, e l'ulteriore incarico, del pari istituzionale, di componente la Commissione per l'abilitazione alla professione di avvocato in relazione alla necessità di tale indagine cfr. Cass. Sez. U. 10/09/2018 n. 21975 . 8. In definitiva il ricorso deve essere rigettato con integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità, sussistendone i presupposti di cui all'art. 92 cod.proc.civ. in ragione del peculiare atteggiarsi della vicenda sostanziale. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.