Incidente di esecuzione e “revisione europea”: cosa scegliere in caso di riconosciuta violazione di norma processuale?

L’istituto della c.d. revisione europea ha lo scopo di eliminare le conseguenze della violazione riscontrata da una sentenza resa dalla Corte EDU nell’ambito di una procedura di prevenzione, consentendo al soggetto di trovarsi in una condizione emendata” dal vizio di rito rilevato, al fine di pervenire alla soluzione del caso sia in senso positivo che negativo .

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 50919/18, depositata l’8 novembre. Il caso. Nel caso in esame, l’imputato proponeva istanza, ai sensi dell’art. 46, Convenzione Edu, di non esecutività” della misura di prevenzione della confisca a lui applicata in un procedimento che si era svolto in udienza camerale nonostante la richiesta di trattazione pubblica , che veniva rigettata dal Tribunale di Reggio Calabria. Avverso tale provvedimento veniva, poi, proposto appello, altresì, rigettato dalla Corte di merito. Nelle more di tale procedimento, tuttavia, il proposto avanzava ricorso alla Corte EDU che decideva in senso a lui favorevole disponendo la cancellazione dal ruolo della parte del ricorso relativo alla mancata trattazione del procedimento principale in udienza pubblica, essendo intervenuta dichiarazione unilaterale del Governo Italiano che ammetteva la violazione dell’art. 6 della Convenzione, con accollo delle spese del procedimento. Infatti, l’Italia si è adeguata alla necessità di prevedere l’udienza pubblica nei procedimenti di prevenzione di primo grado. La Corte di Appello, pertanto, con l’ordinanza suddetta affermava che nessun altra conseguenza giuridica poteva essere attribuita alla sentenza della Corte EDU per il proposto, stante che la stessa aveva limitato l’effetto favorevole unicamente al riconoscimento della violazione, che da sola costituisce una equa riparazione, sufficiente a compensare il danno morale. Di contro, dunque, la Corte afferma l’intangibilità del giudicato di prevenzione, seppure in presenza dell’accertamento della violazione suddetta. Invero, in mancanza di un sollecito di parte, relativo alla riapertura del giudizio principale, non sarebbe possibile rimuovere gli effetti del giudicato interno. Incidente di esecuzione e infondatezza del ricorso. Il ricorso di parte, sostanzialmente, denuncia vizio di legge e di motivazione, lamentando principalmente che il vizio procedurale avrebbe inficiato, secondo la teoria processuale dell’invalidità derivata, anche il provvedimento finale. La Corte di Cassazione, nondimeno, dichiara l’infondatezza del ricorso per un ordine di motivi. Innanzitutto, rappresentano i giudici di legittimità come la prima questione investa necessariamente il tipo di domanda rivolta al Tribunale. Ed infatti, come affermato dalla stessa parte, la procedura attivata è stata quella dell’incidente di esecuzione, ammesso anche in sede di prevenzione, con la conseguente richiesta di declaratoria di ineseguibilità del provvedimento di confisca e restitutio in integrum . La revisione europea”. Secondo la Corte, invece, sulla scorta dei principi già stabiliti dalla sezione V, con la sentenza n. 4463/11, la parte avrebbe potuto azionare la c.d. revisione europea”, istituto introdotto tramite la sentenza additiva della Corte Costituzionale n. 113/11. Tale pronuncia ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 630 c.p.p. nella parte in cui non prevede un diverso caso di revisione della sentenza o del decreto penale di condanna, al fine di consentire la riapertura del processo, quando ciò sia necessario per conformarsi da una decisione della Corte EDU. Dunque, si riconosce la particolare ipotesi di revisione, introdotta dal Giudice delle leggi con la sentenza n. 113/11, legata alla necessità dell’ordinamento nazionale di conformarsi ad una decisione della Corte Europea dei diritti dell’uomo. L’introduzione della revisione come strumento tipico per verificare l’effettivo adeguamento ai contenuti di una pronuncia della Corte EDU è stata valorizzata dalla Corte Costituzionale proprio perché implica quella riapertura del giudizio atto prodromico alla eliminazione della violazione in rito a soluzioni aperte che garantisce l’osservanza del principio di legalità costituzionale”. Differenze tra incidente di esecuzione” e revisione europea”. Rilevando un erroneo uso degli istituti in esame, la Corte tiene poi a precisarne le differenze. Infatti, l’incidente di esecuzione è strumento processuale che, in rapporto alla rimozione del giudicato, implica una mera presa d’atto della esistenza degli accadimenti successivi che ne travolgono la validità” o comunque il riconoscimento di un vizio di formazione del titolo, con esclusione di tutti quei vizi del procedimento, naturalmente coperti dal giudicato. La revisione, di contro, che nel caso specifico peraltro non è stata richiesta, avrebbe consentito la riapertura del procedimento con celebrazione della pubblica udienza , nonché l’attivazione di tutti quei poteri cognitivi e valutativi del Tribunale che avrebbero potuto portare a conclusioni differenti.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 13 luglio– 8 novembre 2018, numero 50919 Presidente Mazzei – Relatore Magi In fatto e in diritto 1. La Corte di Appello di Reggio Calabria con decreto emesso in data 27 ottobre 2017 ha respinto l’appello proposto da F.A. , relativo alla decisione con cui il Tribunale di Reggio Calabria - in sede di misure di prevenzione - aveva rigettato la domanda di non esecutività della confisca definitiva, proposta ai sensi dell’articolo 46 Convenzione Edu. 1.1 Vanno esposte alcune circostanze di fatto, al fine di inquadrare il contenuto della decisione impugnata. F.A. è destinatario di una misura di prevenzione patrimoniale, definitiva dal 26 settembre del 2006. La procedura che, all’epoca, determinò la confisca venne trattata - in primo grado - in udienza camerale, pur a fronte di richiesta di trattazione in udienza pubblica. Circa tale aspetto, F.A. risulta destinatario di una sentenza a lui favorevole emessa dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo da ora in avanti Corte Edu in data 13 maggio 2014. In particolare, la Corte Edu, nel suo dispositivo, dispone la cancellazione dal ruolo della parte del ricorso relativa alla mancata trattazione in udienza pubblica del procedimento che ha dato luogo alla confisca, essendo intervenuta dichiarazione unilaterale del Governo italiano che riconosce la violazione dell’articolo 6 della Convenzione, con accollo delle spese del procedimento. La restante parte del ricorso relativa alla denuncia di violazione dell’articolo 1 Prot. 1 e dell’articolo 4 del prot. 7 viene ritenuta irricevibile, in quanto la Corte Edu non rileva alcuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà sanciti dalla Convenzione o dai suoi Protocolli. 1.2 Ciò posto, la Corte di Appello, nella decisione qui impugnata - dopo aver sintetizzato gli argomenti della parte, tesi a ribadire il contenuto della domanda in termini di annullamento della decisione di confisca, in virtù dei contenuti della sentenza emessa dalla Corte Edu -, riuniva preliminarmente al giudizio la procedura parallela che era stata oggetto di decisione da parte di questa Corte di Cassazione in data 30 marzo 2017. Risulta infatti che F.A. aveva contestualmente impugnato il diniego del Tribunale sia con l’appello che mediante proposizione di ricorso per cassazione. Questa Corte, con sentenza numero 20171 del 2017 aveva osservato che la domanda del F. era inquadrabile come richiesta di revoca della confisca definitiva, ai sensi dell’articolo 7 della legge numero 1423 del 1956. Ne era derivata la qualificazione del ricorso in appello, data la individuazione del regime giuridico di impugnazione applicabile a tale tipologìa di domanda. 1.3 Valutando le doglianze, la Corte di merito ritiene che nessun effetto ulteriore possa derivare dalla decisione emessa dalla Corte Edu in data 13 maggio 2014 nei confronti del F. , atteso che la stessa Corte Edu ha limitato l’effetto favorevole per il F. all’avvenuto accertamento della violazione riconosciuta dal Governo italiano , da ritenersi riparazione equa, sufficiente a compensare il danno morale. Si evidenzia altresì che l’Italia si è adeguata alla necessità di prevedere la facoltà di udienza pubblica in primo grado, nei procedimenti di prevenzione, in tal modo eliminando il vizio sistemico dell’ordinamento interno. Tutto ciò premesso si ritiene intangibile il giudicato di prevenzione, pure in presenza di un accertamento di violazione, peraltro limitata ad un particolare aspetto del rito. Non potrebbe, in conclusione, farsi discendere dalla previsione di adeguamento contenuta nell’articolo 46 Conv. Edu un obbligo di rimozione degli effetti del giudicato interno, specie lì dove la riapertura del giudizio non sia stata sollecitata, come strumento di riparazione, dalla stessa Corte Edu. Viene, pertanto, ribadito che tale conclusione si impone sia ove voglia mantenersi la domanda in termini di declaratoria di ineseguibilità che in termini di richiesta di revoca. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore F.A. , con unico - ampio - motivo, rubricato in termini di erronea applicazione di legge e vizio di motivazione, per non avere la Corte di Appello disposto la restitutio in integrum pure a fronte di accertamento della violazione dell’articolo 6 Conv. Edu. 2.1 Secondo il ricorrente è erronea la premessa in diritto - contenuta nella decisione impugnata - per cui l’avvenuto accertamento della violazione sarebbe di per sé una riparazione equa del pregiudizio sofferto. Ciò perché tale pregiudizio non è solo morale ma anche materiale, essendo stato inciso, nel procedimento di prevenzione, il diritto di proprietà, costituzionalmente protetto. L’accertamento della violazione è, nella prospettiva del ricorrente, fonte di un obbligo ulteriore, quello di eliminare gli effetti pregiudizievoli del procedimento unfair che ancora perdurano. Si afferma esplicitamente che se un procedimento è ingiusto, tutto quel che ne consegue risulta inficiato dalla medesima iniquità, secondo la teoria processuale della invalidità derivata si compie riferimento alla disposizione in tema di nullità di cui all’articolo 185 co.1 cod. proc. penumero . Dunque, non essendovi dubbio circa la ricorrenza di un vizio nella procedura che - a suo tempo - ha dato luogo alla confisca rappresentato dalla violazione della norma convenzionale, in tema di modalità di trattazione del procedimento , l’esito di quella procedura andava dichiarato inefficace. Il fatto che la Corte Costituzionale prima ed il legislatore poi abbiano eliminato il vizio sistemico è confermativo, in tale prospettiva, della gravità del vizio medesimo e della correlata necessità di rimozione del giudicato. Il ricorrente cita l’arresto rappresentato da Sez. I numero 43112 del 2017, Contrada, allo scopo di sostenere l’ammissibilità della mera richiesta di inefficacia domanda esecutiva , che è cosa diversa dalla richiesta di riapertura del procedimento. Cita altresì la decisione Sez. I numero 44193 del 2017, Dell’Utri, allo scopo di evidenziare che nel caso in esame non vi sarebbe necessità della adozione dello strumento della revisione, trattandosi di intervento di rimozione del giudicato privo di contenuti discrezionali. 2.2 Il ricorrente ribadisce di non aver chiesto - in alcun atto difensivo - la revisione ma di aver attivato un semplice incidente di esecuzione teso alla rimozione del giudicato iniquo. Tale intervento di rimozione degli effetti era dunque necessitato e trova fonte nella previsione dell’articolo 46 Conv. Edu, così come tale disposizione è stata più volte interpretata dalla stessa Corte Edu e dalla giurisprudenza interna si cita Corte Edu 6 marzo 2007, Scordino contro Italia,e Sez. I 2800 del 2003 Dorigo . 3. Il ricorso è infondato, per le ragioni che seguono. 3.1 La trattazione del presente ricorso impone una - sia pur sintetica - fissazione di alcuni punti in diritto che, per semplicità, possono definirsi come necessaria riaffermazione del principio di tipicità processuale . Occorre partire, infatti, dalla vibrata rivendicazione, contenuta nel ricorso, della tipologia di domanda rivolta al Tribunale di Reggio Calabria prima, ed alla Corte di Appello in sede di impugnazione di merito F.A. ha attivato un incidente di esecuzione e non una domanda di revisione in sede di prevenzione, prendendo a modello di riferimento l’articolo 670 del codice di rito e domandando non già la riapertura del procedimento definitivo, quanto la dichiarazione di ineseguibilità del provvedimento di confisca, con immediata restitutio in integrum. La riaffermazione della volontà della parte, contenuta nel ricorso, non consente alcuna diversa qualificazione dell’atto. Ed è proprio tale - ribadita - tipologia di domanda che conduce al rigetto del ricorso. 3.2 Va premesso, infatti, che i contenuti della decisione Sez. V numero 4463 del 15.11.2011, Labita, condivisi dal Collegio, hanno fissato un primo principio di diritto che, nel caso in esame, appare decisivo la portata additiva della decisione numero 113 del 2011 della Corte Costituzionale, in tema di revisione Europea si estende al procedimento di prevenzione. La decisione in parola così argomenta il profilo di interesse bisogna in primo luogo rilevare che il presupposto di fatto su cui è fondato il provvedimento impugnato è errato. Infatti la richiesta di revoca della misura del L. era fondata sulla inconciliabilità tra la pronuncia della CEDU ed il presupposto del provvedimento di applicazione della misura di prevenzione personale, da cui era scaturita quella patrimoniale era, allora evidente, la richiesta di revoca del provvedimento genetico della misura di prevenzione. 5.2. Tanto premesso deve rilevarsi che nessun dubbio è oramai possibile sull’obbligo della giurisdizione nazionale di conformarsi alle decisioni della Corte Europea per i diritti dell’uomo a seguito della sentenza numero 113 del 2011 della Corte Costituzionale, che ha ad oggetto l’articolo 630 c.p.p., ma le cui statuizioni debbono trovare applicazione anche con riferimento alle misure di prevenzione, dal momento che l’istituto disciplinato dalla L. numero 1423 del 1956, articolo 7 è assimilato agli strumenti revocatori. Con la citata sentenza la Corte Costituzionale ha dichiarato la incostituzionalità dell’articolo 630 cod. proc. penumero nella parte in cui non prevede un diverso caso di revisione della sentenza o del decreto penale di condanna al fine di conseguire la riapertura del processo, quando ciò sia necessario, ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte Europea dei diritti dell’uomo. Per effetto di una interpretazione costituzionalmente orientata, l’effetto abrogante deve essere esteso anche all’istituto della revoca della misura di prevenzione previsto dalla L. numero 1423 del 1956, articolo 7, tenuto conto, come già detto, della assimilazione di tale istituto agli strumenti revocatori e, quindi, della medesima ratio che connota gli istituti della revisione di cui all’articolo 630 c.p.p. con riferimento al procedimento di cognizione e quello della revoca di cui al citato articolo 7 con riferimento al procedimento di prevenzione. Una diversa interpretazione renderebbe non manifestamente infondata una eccezione di incostituzionalità della L. numero 1423 del 1956, articolo 7”. 5.3. L’elemento sopravvenuto che legittima la revisione del procedimento di prevenzione non è, quindi, costituito, nel caso di specie, dal cd. fatto nuovo tradizionalmente inteso e nemmeno dai mutamenti della giurisprudenza della Suprema Corte in tema di rapporto tra giurisdizione domestica e decisioni della Corte Europea per i diritti dell’uomo, mutamenti che non sarebbero rilevanti, ma dalla abrogazione, o meglio dalla integrazione, di una norma procedurale quale è l’articolo 630 cod. proc. penumero , integrazione estensibile, come già detto, all’istituto previsto dalla L. numero 1423 del 1956, articolo 7 . In altre parole, nel sistema delle misure di prevenzione - ordinamento settoriale con tratti comuni ma non del tutto sovrapponibili a quelli del procedimento penale -, è pacificamente riconosciuta come esistente la particolare ipotesi di revisione introdotta dalla Corte Costituzionale con la sentenza additiva numero 113 del 2011 correlata alla necessità di conformazione dell’ordinamento interno ai contenuti delle sentenze definitive emesse dalla Corte di Strasburgo. Il contenitore procedimentale è quello dell’articolo 7 della legge numero 1423 del 1956 revoca anche ex tunc, in virtù delle estensioni interpretative giurisprudenziali , disposizione ora collocata nel testo dell’articolo 11 co.2 d.lgs. numero 159 del 2011 per le misure personali, posto che per quelle patrimoniali è applicabile l’articolo 28 del medesimo decreto legislativo , ma la fattispecie processuale è direttamente quella introdotta dalla Corte Costituzionale, con la decisione più volte citata, non essendo – a tutt’oggi - intervenuto alcun provvedimento legislativo teso a delimitare i confini dell’istituto o stabilirne le modalità di dettaglio. 3.3 Ciò posto, va ripreso v. Sez. I, numero 44193 del 2016, Dell’Utri, ai cui contenuti si fa integrale rinvio , il secondo principio di diritto che orienta verso la soluzione del caso in tutti i casi - successivi alla decisione della Corte Costituzionale numero 113 del 2011 - in cui venga in rilievo una necessità di adeguamento posteriore a una pronunzia della Corte Edu e correlata all’articolo 46 Conv. Edu con potenziale neutralizzazione del giudicato interno, la disciplina regolatrice della particolare situazione procedimentale va individuata, con assoluta priorità, nel testo e nel dispositivo della decisione in parola, introduttiva della ipotesi aggiuntiva di revisione, e non in forme procedimentali diverse. Nel citato arresto, si è - in particolare - affermato che il ricorso alle forme e allo statuto dell’incidente di esecuzione si è verificato, in rapporto alla esigenza sottesa all’articolo 46 Convenzione Edu, in momenti storici che non consentivano soluzioni diverse ad es. il caso Dorigo o in virtù di una particolare sequenza che dalla decisione della Corte Edu in caso di violazione del principio di legalità penale di cui all’articolo 7 - ha finito con il coinvolgere la Corte Costituzionale italiana, con rimozione erga omnes del precetto contrastante con Costituzione e Convenzione così nel caso Scoppola l’approdo allo strumento dell’incidente di esecuzione è - dichiaratamente - frutto dell’applicazione dell’articolo 30 co.4 della legge numero 87 del 1953, norma che ha senso richiamare solo in quanto vi sia stata la decisione di illegittimità costituzionale che si pone quale indefettibile momento intermedio tra la decisione emessa dalla Corte Edu e l’applicazione post-giudicato dei principi in essa affermati nei confronti di soggetti ulteriori rispetto alla parte vittoriosa in sede sovranazionale, sempre che la decisione CEDU abbia individuato un vizio strutturale dell’ordinamento interno tale da rendere necessaria l’estensione degli effetti come misura riparatoria ricollegabile con chiarezza alle previsioni degli articoli 41 e 46 della Convenzione, per come interpretati dalla stessa Corte Edu nel corso del tempo . Dunque va tenuto presente che nel caso qui in esame pur essendo - posteriormente alle decisioni emesse dalla Corte di Strasburgo riguardanti l’Italia - intervenuta la decisione della Corte Costituzionale numero 136 del 2010, introduttiva della facoltà di richiedere la trattazione del giudizio di prevenzione in pubblica udienza, la sottostante violazione dell’articolo 6 Conv. per le procedure già trattate da ritenersi accertata anche nel caso del F. , avendo la Corte Edu ritenuto di non muovere rilievi alla dichiarazione unilaterale del Governo, cancellando la causa dal ruolo attiene al rito e si pone, pertanto, quale logico antecedente causale di una rinnovazione dell’atto tramite la revisione e non di una eliminazione necessaria dei suoi effetti. 3.4 Lo strumento processuale, in altre parole, non è qualcosa di indifferente o di surrogabile, rispetto ai valori che incarna e che intende proteggere. L’adozione di un modello di intervento revisione piuttosto che di un altro incidente di esecuzione non è affatto neutra, rispetto agli ambiti di intervento giurisdizionale ed agli effetti della domanda, il che impone di individuare le ragioni per cui si ritiene di ribadire - nel caso che ci occupa - la tipicità vincolante dello strumento della revisione, non attivato dalla parte. 3.5 Una impugnazione straordinaria come la revisione cd. Europea, è - in particolare - una forma aggiuntiva di revisione, con vocazione generalista, che - secondo il percorso argomentativo del giudice delle leggi - consente di coniugare più esigenze che indubbiamente risultano meritevoli di tutela. Da un lato quella del soggetto che ha ottenuto una pronunzia favorevole dalla Corte Edu nonché, è da ritenersi dei soggetti che pur trovandosi in identica condizione non abbiano attivato l’azione di accertamento della violazione convenzionale , successiva - per la stessa natura sussidiaria della giurisdizione convenzionale - ad un giudicato interno v. articolo 35 Conv. Edu , che si pone indubbiamente in termini di restitutio in integrum, dovendo - in termini generali - lo Stato destinatario della pronunzia attivarsi allo scopo di eliminare o quantomeno ridurre gli effetti della violazione della Convenzione accertata nel giudizio sovranazionale tra le molte decisioni della Corte Edu si veda, in riferimento ad un recente caso riguardante l’Italia, quanto ribadito nel caso Lorefice contro Italia, sent. del 23 giugno 2017 al par. 52, ove si legge la Corte rammenta inoltre che, quando, come nel caso di specie, un privato è stato condannato all’esito di un procedimento che non ha soddisfatto le esigenze dell’articolo 6 della Convenzione, un nuovo processo o una riapertura del procedimento, su richiesta dell’interessato, costituiscono, in linea di principio, un mezzo adeguato per riparare la violazione constatata si vedano, mutatis mutandis, 5calan c. Turchia GC , numero 46221/99, § 210, CEDU 2005-IV Popovici, sopra citata, § 87 e Gerovska Pogevska c. Ex-Repubblica jugoslava di Macedonia, numero 48783/07, § 68, 7 gennaio 2016 . Dall’altro, quella non già della tutela formale del giudicato, quanto l’esigenza di perimetrare gli effetti della violazione ed apprezzare l’effettiva incidenza della violazione accertata al di là della possibile ridiscussione del suo fondamento in un contesto giurisdizionale aperto, atteso che la violazione che può riguardare aspetti sostanziali, aspetti in rito, condizioni di validità del processo in punto di indipendenza e imparzialità del giudice, regolarità del procedimento probatorio, effettiva conoscenza dell’accusa o quant’altro ricada nelle generali descrizioni dei principi fondamentali contenuti nella Convenzione Europea. A ben vedere, dunque, l’avvenuta individuazione della revisione come strumento tipico attraverso il quale introdurre il procedimento di verifica delle condizioni per l’adeguamento ai contenuti di una decisione Corte Edu non è avvenuta solo in riferimento all’occasio il giudizio incidentale di costituzionalità che ha dato luogo alla pronunzia ma è stata valorizzata dallo stesso giudice delle leggi come contenitore idoneo, proprio nella misura in cui lo strumento della revisione implica quella riapertura del giudizio atto prodromico alla eliminazione della violazione in rito a soluzioni aperte che garantisce l’osservanza del principio di legalità costituzionale. Ciò si coglie esplicitamente in alcuni passaggi argomentativi della decisione numero 113 del 2011 Corte Cost. che proprio in virtù della latenza legislativa rappresentano un utile riferimento interpretativo. 3.6 In particolare, è la stessa Corte Costituzionale ad affermare che il giudice a quo ha, per altro verso, non ingiustificatamente individuato nell’articolo 630 cod. proc. penumero la sedes dell’intervento additivo richiesto la revisione, infatti - comportando, quale mezzo straordinario di impugnazione a carattere generale, la riapertura del processo, che implica una ripresa delle attività processuali in sede di cognizione, estesa anche all’assunzione delle prove - costituisce l’istituto, fra quelli attualmente esistenti nel sistema processuale penale, che presenta profili di maggiore assonanza con quello la cui introduzione appare necessaria al fine di garantire la conformità dell’ordinamento nazionale al parametro evocato . In tale quadro, viene sottolineata la riapertura del processo - intesa, quest’ultima, come concetto di genere, funzionale anche alla rinnovazione di attività già espletate, e, se del caso, di quella integrale del giudizio - quando la riapertura stessa risulti necessaria, ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 1, della CEDU, per conformarsi a una sentenza definitiva della Corte Europea dei diritti dell’uomo cui va equiparata la decisione adottata dal Comitato dei ministri a norma del precedente testo dell’articolo 32 della CEDU . La necessità della riapertura andrà apprezzata - oltre che in rapporto alla natura oggettiva della violazione accertata è di tutta evidenza, così, ad esempio, che non darà comunque luogo a riapertura l’inosservanza del principio di ragionevole durata del processo, di cui all’articolo 6, paragrafo 1, CEDU, dato che la ripresa delle attività processuali approfondirebbe l’offesa - tenendo naturalmente conto delle indicazioni contenute nella sentenza della cui esecuzione si tratta, nonché nella sentenza interpretativa eventualmente richiesta alla Corte di Strasburgo dal Comitato dei ministri, ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 3, della CEDU. S’intende, per altro verso, che, quando ricorra l’evenienza considerata, il giudice dovrà procedere a un vaglio di compatibilità delle singole disposizioni relative al giudizio di revisione. Dovranno ritenersi, infatti, inapplicabili le disposizioni che appaiano inconciliabili, sul piano logico-giuridico, con l’obiettivo perseguito porre l’interessato nelle condizioni in cui si sarebbe trovato in assenza della violazione accertata, e non già rimediare a un difettoso apprezzamento del fatto da parte del giudice, risultante da elementi esterni al giudicato , prime fra tutte per quanto si è osservato - quelle che riflettono la tradizionale preordinazione del giudizio di revisione al solo proscioglimento del condannato . Non vi è dubbio, dunque, che lo strumento della revisione Europea, per come disegnato dalla decisione additiva che lo ha introdotto, presenti quegli ineliminabili connotati di atipicità, rispetto alla revisione ordinaria, che risultano funzionali al raggiungimento di uno scopo essenziale per la tutela dell’ordinamento costituzionale, ossia la capacità di coniugare l’esigenza di eliminazione delle conseguenze della violazione con quella della rielaborazione dei dati cognitivi idonei a pervenire alla soluzione del caso, sia con assoluzione che con nuova condanna inequivoca la parte finale dello stralcio motivazionale di cui sopra , in un contesto giurisdizionale aperto, che si ponga l’obiettivo di rimettere il soggetto in una condizione emendata dal vizio in rito, ma non per questo necessariamente liberatoria dipendendo tale effetto dalla natura del vizio accertato e dalla specifica situazione processuale che si va a riprodurre . 3.7 Tale particolare valore sistemico della revisione non è, di contro, assicurato dall’incidente di esecuzione, strumento processuale che sottintende - in rapporto alla rimozione del giudicato - una mera presa d’atto della esistenza di accadimenti successivi che ne travolgano la validità articolo 673 cod.proc.penumero o la riconoscibilità di un vizio di formazione del titolo, con esclusione dei vizi del procedimento coperti dal giudicato articolo 670 cod.proc.penumero , disposizione che, come affermato nella citata decisione Dell’Utri, mantiene un significato storico di enorme rilievo, antecedente alla introduzione dello strumento della revisione Europea . Ed è proprio tale natura ontologica dell’incidente di esecuzione che, salvo ipotesi particolari esistenza di una decisione dichiarativa della illegittimità costituzionale di una norma di diritto sostanziale incidente sul giudicato o assenza, per circostanze processuali, di altri rimedi esperibili, come nel caso trattato da Sez. I 43112 del 2017, Contrada, che, per tale ragione, non si presta a generalizzazioni come quelle proposte nel ricorso contrasta in modo irrimediabile con quel complesso confronto di valori che l’istituto della revisione consente di realizzare. 4. Il caso in esame offre dimostrazione tangibile delle differenze tra gli istituti e della erroneità dell’approccio coltivato dalla difesa. A fronte di decisione emessa dalla Corte Edu che a accerta, sia pure in via indiretta, l’esistenza della violazione correlata alla mancata celebrazione della udienza pubblica b esclude, al contempo, la violazione dei parametri sostanziali correlati alla tutela del diritto di proprietà, l’opzione del ricorrente inquadra rigidamente - ma illogicamente - l’unica possibile risposta interna nell’incidente esecutivo di rimozione degli effetti con travolgimento irrimediabile del giudicato , lì dove l’adozione dello strumento da ritenersi tipico la revisione, non richiesta avrebbe consentito la riapertura del procedimento con celebrazione della pubblica udienza ma, al contempo, il doveroso esercizio dei poteri cognitivi e valutativi del Tribunale della prevenzione, con soluzione aperta. Il ricorso va, pertanto rigettato. Segue, ex lege, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.