Quando l’interrogatorio svolto in sede di convalida dell’arresto è valido?

Nell’ipotesi in cui, all’esito dell’udienza di convalida di cui all’art. 391 c.p.p., il GIP emetta un’ordinanza cautelare per un reato diverso da quello per cui si è proceduto all’arresto, non è necessario un ulteriore interrogatorio dell’indagato, a condizione che nell’udienza di convalida sia stato rispettato il contraddittorio tra le parti.

Sul punto la Corte di Cassazione con sentenza n. 49944/28 depositata il 2 novembre. Il caso. Il Tribunale di Napoli confermava in sede di riesame l’ordinanza del GIP con cui era stata applicata all’imputato la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di detenzione e spaccio di cocaina e resistenza a pubblico ufficiale. Avverso l’ordinanza del Tribunale, l’imputato ricorre in Cassazione chiedendo la declaratoria di inefficacia della misura cautelare dato che all’applicazione di essa non era seguito nel termine previsto l’interrogatorio di garanzia, effettuandolo solo in sede di convalida dell’arresto. L’interrogatorio di garanzia. La Suprema Corte ritiene inammissibile il ricorso dell’imputato rilevando che, in via generale, l’interrogatorio di garanzia segue l’applicazione della misura cautelare. ma ciò non significa che l’interrogatorio stesso eseguito in sede di convalida dell’arresto anche con riguardo a reati diversi da quelli che hanno provocato l’arresto e relativamente ai quali sia stata formulata dal PM richiesta di applicazione di misura cautelare, non possa essere idoneo ad assicurare comunque le medesime garanzie. In tal senso non si può dubitare della validità dell’interrogatorio svolto in sede di convalida dell’arresto anche con riguardo a reati ulteriori, cui si riferisca la richiesta del PM e sempre che sia stato rispettato il contraddittorio tra le parti, attraverso la contestazione dell’ulteriore imputazione e l’accesso agli atti da parte della difesa.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 ottobre – 2 novembre 2018, n. 49944 Presidente Paoloni – Relatore Ricciarelli Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 18/4/2018 il Tribunale di Napoli ha confermato in sede di riesame quella del G.I.P. del Tribunale di Napoli Nord del 7/4/2018, con cui è stata applicata a F.G. la misura cautelare della custodia in carcere per i delitti di detenzione e spaccio di cocaina e resistenza a pubblico ufficiale, di cui ai capi b e c della contestazione provvisoria, in relazione ai quali era stato eseguito arresto in flagranza, nonché per il delitto di spaccio di stupefacenti di cui al capo a , parimenti indicato nella richiesta di applicazione di misura cautelare avanzata dal P.M 2. Ha proposto ricorso il F. tramite il suo difensore, chiedendo la declaratoria di inefficacia della misura cautelare con riguardo al capo a , in quanto all’applicazione della l’interrogatorio di garanzia, dell’arresto. Sottolinea al riguardo la diversa rispettivi casi e la diversa funzione dell’interrogatorio, rilevando inoltre che il G.I.P. aveva indicato i motivi dell’arresto e illustrato le richieste del P.M. e che tuttavia tale attività illustrativa non avrebbe potuto reputarsi esaustiva ai fini della conoscenza degli atti e dell’approntamento di una difesa effettiva, anche a fronte della diversa base fattuale della contestazione provvisoria sub a . Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, in quanto il motivo è manifestamente infondato. 2. Va invero rilevato che, se in linea generale l’interrogatorio di cui all’art. 294 cod. proc. pen. segue l’applicazione della misura cautelare, ciò non significa che l’interrogatorio eseguito in sede di convalida dell’arresto anche con riguardo a reati diversi da quelli che hanno provocato l’arresto e relativamente ai quali sia stata contestualmente formulata dal P.M. richiesta di applicazione di misura cautelare, non possa essere concretamente idoneo ad assicurare le medesime garanzie. L’espressa previsione che nel caso di applicazione di misura cautelare conseguente ad arresto non debba farsi luogo ad interrogatorio ex art. 294 cod. proc. pen., ove si sia già provveduto in sede di convalida, attesta che tale interrogatorio costituisce valido equipollente dell’altro, in quanto volto anticipatamente a vagliare non solo le condizioni di legittimità dell’arresto ma anche i presupposti per l’applicazione di una misura cautelare richiesta dal P.M In tale prospettiva non sembra che possa dubitarsi della validità dell’interrogatorio svolto in sede di convalida dell’arresto anche con riguardo a reati ulteriori, cui parimenti si riferisca la richiesta del P.M., ove possa dirsi che si sia instaurato un valido contraddittorio in ordine all’oggetto della contestazione ed agli elementi che valgono a sorreggere la richiesta del P.M È stato del resto conformemente affermato che qualora all’esito dell’udienza di convalida di cui all’art. 391 cod. proc. pen., il giudice per le indagini preliminari emetta un’ordinanza cautelare per un reato diverso da quello per cui si è proceduto all’arresto o al fermo, non è necessario un ulteriore interrogatorio dell’indagato, ai sensi dell’art. 294, comma 1, cod. proc. pen., a condizione che nell’udienza di convalida sia stato pienamente rispettato il contraddittorio tra le parti, attraverso la contestazione dell’ulteriore imputazione e l’accesso agli atti da parte della difesa, e, nel corso di detta udienza, l’indagato sia stato interrogato anche su tale diverso reato Cass. Sez. 2, n. 9904 del1/12/2017, dep. nel 2018, Bona, rv. 272228 . 3. A fronte di ciò il Tribunale ha dato conto del fatto che il P.M. aveva formulato la richiesta anche in ordine al reato di cui al capo A della contestazione provvisoria, inviando gli atti di indagine posti a fondamento della richiesta, e che dunque il contraddittorio era stato pienamente assicurato, ben al di là di una mera selezione di elementi a carico, illustrati dal Giudice in sede di interrogatorio. Né risultano specificamente addotti nel motivo di ricorso elementi dai quali possa desumersi un concreto vulnus all’esercizio delle prerogative difensive, correlate alla conoscenza della base fattuale del reato di cui al capo A . 4. Da tutto ciò discende dunque l’inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa dell’inammissibilità, a quello della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94-1/ter disp. att. C.p.p