Schiaffi, tirate d’orecchie e allontanamenti dalla classe: maestra condannata

Ricostruita nei dettagli la triste vicenda. Decisivo anche l’esito di una ispezione amministrativa. Appurate le angherie crudeli compiute dalla maestra sugli allievi.

Clima da incubo in classe. Per gli alunni – di una seconda e di una terza – di una scuola elementare sono ordinaria amministrazione minacce, schiaffi, scappellotti, tirate di orecchie e di capelli e, dulcis in fundo , l’allontanamento dalla classe. A tiranneggiare è la maestra. I deprecabili e ripetuti episodi vengono però alla luce, alla fine, e inevitabile è la condanna per la docente, colpevole di lesioni personali e di abuso dei mezzi di correzione, con pena fissata in 23 mesi di reclusione Cassazione, sentenza numero 48082/18, sezione sesta penale, depositata il 22 ottobre . Vessazioni. Scenario della triste vicenda è una scuola elementare in Basilicata. Lì gli alunni di una seconda e di una terza classe vengono vessati quotidianamente da una maestra, che insegna storia e geografia e scienze motorie. Ripetuti e prolungati nel tempo – circa 7 mesi – gli episodi che vedono i ragazzini destinatari di violenze fisiche e morali. Più precisamente, le indagini permettono di appurare che gli alunni venivano reiteratamente sottoposti a minacce e colpiti con schiaffi e scappellotti e fatti oggetto di tirate di capelli e di orecchie , oltre ad essere offesi e puniti con l’allontanamento dalla classe . E in un episodio particolare la donna ha colpito un ragazzino con due schiaffi al viso , causandogli lesioni personali consistite in cefalea e fuoriuscita di sangue dal naso . Il quadro probatorio è ritenuto sufficiente anche in Cassazione – come già in Corte d’Appello e, prima ancora, in Tribunale – per addivenire a una condanna della maestra, ritenuta colpevole di lesioni personali e abuso dei mezzi di correzione . Nessun dubbio, in sostanza – anche alla luce della ispezione amministrativa –, su vessazioni, angherie e crudeltà poste in essere dall’insegnante in danno dei suoi alunni.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 5 luglio – 22 ottobre 2018, n. 48082 Presidente Petruzzellis – Relatore Costantini Ritenuto in fatto 1. I.R., per il tramite del difensore avv. Pasquale Ciola, ricorre avverso la sentenza della Corte d’appello di Potenza che ha confermato la sentenza del Tribunale di Potenza in data 3 dicembre 2015 - che previa riqualificazione della condotta di cui al capo a 572 cod. pen. in quella di cui all’art. 571 cod. pen., aveva condannato la ricorrente ad un anno ed undici mesi di reclusione, ed al risarcimento del danno in favore delle parte civile -, in quanto ritenuta responsabile del delitto di cui all’art. 571 cod. pen., perché, quale insegnante di storia e geografia e scienze motorie presso la scuola omissis , aveva abusato dei mezzi di correzione ai danni degli alunni della seconda e terza classe elementari che venivano reiteratamente sottoposti a minacce e colpiti con schiaffi e scappellotti e fatti oggetto di tirata di capelli e di orecchie oltre che offesi e puniti con l’allontanamento dalla classe, fatti commessi dal omissis al omissis capo a , nonché del delitto di cui agli art. 582, 61 n. 2 e 11-ter, cod. pen. per aver cagionato a uno di loro, colpito con due schiaffi al viso, lesioni personali consistite in cefalea e epistassi, fatto commesso il omissis capo b . 2. La ricorrente deduce i motivi di seguito indicati. Violazione degli artt. 157 e 161 cod. pen 2.1. Il delitto di cui all’art. 571 cod. pen., la cui consumazione è cessata il 2 marzo 2010, è prescritto in data precedente 2 settembre 2017 alla sentenza della Corte d’appello di Potenza intervenuta il 21 settembre 2017, essendo trascorsi, dalla data del commesso reato, sette anni e sei mesi. 2.2. Vizi di motivazione e violazione degli artt. 192 e 597 cod. pen Alle censure formulate nel giudizio d’appello sarebbe stata fornita risposta generica, apparente ed illogica, con elusione dei concetti interpretativi fissati da questa Corte. Si assume che le conclusioni ispettive non sarebbero sorrette da fatti amministrativamente coerenti, mentre le dichiarazioni dei minori risulterebbero sovrapponibili perché condizionate all’interno dei contesti familiari di riferimento. Si rileva l’insindacabilità delle scelte didattiche da parte dei genitori, nonché come fosse stato fatto presente alle istituzioni scolastiche la inidoneità della ricorrente a svolgere il ruolo di insegnante in educazione motoria, circostanza che comunque non le ha impedito di svolgere regolarmente l’insegnamento della materia. Non sarebbero evidenti elementi da cui dedurre che la ricorrente volesse colpire intenzionalmente con schiaffi l’alunno, che si era voltato repentinamente sbattendo accidentalmente il naso in tal senso depone la documentazione medica da cui non emergerebbero lesioni e, conseguentemente, la malattia. La Corte distrettuale avrebbe valutato negativamente l’omessa dichiarazione della ricorrente al fine di non concedere le attenuanti generiche, tenuto conto che la stessa aveva reso dichiarazioni nell’interrogatorio di garanzia che è entrato nel compendio poi valutato dai giudici di merito. Considerato in diritto 1. Il ricorso risulta inammissibile in quanto generico e manifestamente infondato. 2. Manifestamente infondato risulta quanto dedotto in ordine alla ritenuta prescrizione asseritamente verificatasi in data precedente alla decisione di secondo grado. Ai sette anni e mezzo sei anni oltre ad un anno e sei mesi per l’interruzione ex art. 160 cod. pen. devono, infatti, essere sommati cinque mesi e quattordici giorni di sospensione per i rinvii disposti per impedimenti della parte alle udienze del 11 novembre 2014, 5 febbraio 2015 e 22 settembre 2015 circostanza che consente di ritenere che i reati non erano prescritti alla data dell’intervenuta decisione della Corte d’appello. 3. Quanto al secondo motivo, deve osservarsi che le censure rivolte alla sentenza di secondo grado non risultano in alcun modo contrastare il contenuto della motivazione, proponendo una lettura alternativa delle risultanze probatorie valorizzate dai giudici di merito. È necessario, infatti, ribadire il pacifico principio di diritto enunciato da questa Corte secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino genericamente a lamentare l’omessa valutazione di una tesi alternativa a quella accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise carenze od omissioni argomentative ovvero illogicità della motivazione idonee ad incidere negativamente sulla capacità dimostrativa del compendio indiziario posto a fondamento della decisione di merito Sez. 2, n. 30918 del 07/05/2015, Falbo e altro, Rv. 264441 , tenuto anche conto che i motivi devono ritenersi generici, non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568 . Deve in proposito osservarsi che i risultati dell’ispezione amministrativa, che nell’occasione è stata svolta e in ordine alla quale la Corte territoriale dà sinteticamente conto, non risulta abbiano in alcun modo fondato la decisione, che in proposito ne enuncia la sussistenza unicamente quale elemento che ha dato inizio alle indagini conseguentemente, affermare che le conclusioni risultano non sorrette da fatti amministrativamente coerenti come dedotto nel ricorso, in cui si accenna anche all’insindacabilità delle scelte didattiche, evenienza egualmente inconferente, risulta affermazione eccentrica rispetto alla decisione che ha posto alla base della decisione altri, fondanti, elementi. Quanto alla dedotta sovrapponibilità delle dichiarazioni dei minori - i cui verbali, nella quasi integralità, sono stati acquisiti con il consenso delle parti - e dei numerosi testi, si rileva la genericità dell’affermazione secondo cui esse sarebbero state influenzate dai relativi contesti familiari, senza che vengano indicati gli elementi sulla base dei quali tanto sarebbe desumibile. Per evidenziare l’insipienza della relativa censura è sufficiente rilevare come le stesse siano state dettagliatamente riprodotte nella decisione di primo grado, a cui la Corte territoriale ha rettamente fatto parziale rinvio avallandone la valutazione positiva in termini di idoneità ed attendibilità quanto alle riferite vessazioni, angherie e crudeltà poste in essere dall’insegnante. Generico risulta anche quanto dedotto in ordine alle lesioni subite dall’alunno V., essendo evenienza pacifica quella secondo cui il minore aveva avuto una epistassi a seguito di uno schiaffo dato dalla ricorrente, tanto riferito da tutti i ragazzi presenti in aula che concordemente avevano affermato che l’insegnante si fosse completamente disinteressata del sangue che fuoriusciva dal naso del bambino. Circostanza certamente non smentita da quanto alternativamente dedotto dalla ricorrente che aveva dichiarato all’ispettore del Ministero verbale acquisito agli atti del processo che il bambino si fosse provocato da solo la fuoriuscita di sangue dal naso, evidenziando contraddittoriamente nel ricorso che si fosse invece trattato di un incidente. Priva di pregio, oltre ad essere inammissibile poiché la questione non è stata posta nei motivi di gravame, risulta la censura secondo cui non sarebbe sussistente una malattia, che è stata invece evidenziata dalla certificazione medica. Manifestamente infondata è, ancora, la censura in ordine all’omessa concessione delle attenuanti generiche, la cui applicazione è stata negata esclusivamente sulla base della assenza di elementi favorevolmente apprezzabili, essendo il riferimento all’omessa comparizione al fine di rendere dichiarazioni esclusivamente tesa a confermare la assenza di un minimo di repisiscenza, senza che tanto ne abbia ex se escluso la concessione. 4. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si stima adeguata, di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa delle parti civili F.S., C.R.C., P.A.I. e V.M. che si reputa adeguato dover liquidare nella complessiva somma di Euro 4.300,00, oltre spese generali nella misura del 15%, IVA E CPA. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa delle parti civili F.S., C.R.C., P.A.I. e V.M. che liquida in complessivi Euro 4.300, oltre spese generali nella misura del 15%, IVA E CPA.