Il calcolo della pena nel reato di concussione dell’incaricato di pubblico servizio

La graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito che la esercita, così come per fissare la pena base è quindi inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena nel giudizio di cassazione.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 47685/18 depositata il 19 ottobre. La vicenda. La Corte di Cassazione nel confermare la responsabilità degli imputati in ordine ai reati loro ascritti, riqualificava alcuni dei fatti, originariamente contestati come concussione e annullava con rinvio la decisione di secondo grado per il trattamento sanzionatorio. Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello, pronunciandosi su rinvio della Corte di Cassazione, rideterminava la pena degli imputati, i quali, avverso tale pronuncia propongono ricorso in Cassazione. La quantificazione della pena. Occorre innanzitutto ricordare che la graduazione della pena, anche con riferimento agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti o attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito che la esercita, così come per fissare la pena base, è quindi inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena nel giudizio di cassazione. Inoltre, in caso di annullamento parziale di cui all’art. 624 c.p.p., la sentenza emessa dal giudice del rinvio è suscettibile di ricorso in cassazione anche in relazione ai punti” annullati di contro, non può proporsi nuovo ricorso in relazione a punti della decisione che non sono stati dedotti con la prima impugnazione, in quanto la sentenza di cassazione copre il dedotto e il deducibile. Cosa che non è avvenuta nel caso in esame, dato che la ricorrente ha proposto analoga censura in merito alla qualifica di pubblico ufficiale con i motivi nuovi e non con il primo ricorso. Proseguono poi gli Ermellini sottolineando che è inammissibile il ricorso per cassazione quando, come nel caso in esame, gli argomenti esposti siano assolutamente generici, non individuando le ragioni in fatto o in diritto per cui la sentenza impugnata sarebbe censurabile e, pertanto, impedendo l’esercizio del controllo di legittimità sulla stessa . Per queste ragioni, il ricorso è inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 27 settembre – 19 ottobre 2018, numero 47685 Presidente Gallo – Relatore Borsellino Ritenuto in fatto 1. La Corte di Cassazione con sentenza resa a Sezioni unite il 24 ottobre 2013 nel confermare la responsabilità degli imputati M. , L. e S. , in ordine ai reati loro addebitati, ha riqualificato alcuni dei fatti loro ascritti, originariamente contestati come concussione, ai sensi dell’articolo 319 quater cod. penumero , e conseguentemente ha annullato con rinvio la prima decisione di secondo grado limitatamente al trattamento sanzionatorio. In particolare M. , nella veste di ispettore della Direzione provinciale del Lavoro è stato ritenuto responsabile di diversi episodi di induzione indebita ex art. 319 quater cod.penumero consumata e tentata, di falso, di corruzione e abuso di ufficio L. e S. , rispettivamente nella veste di ispettore presso la Direzione provinciale del lavoro e in qualità di consulente del lavoro, rispondono di concorso con il M. in un episodio di induzione indebita in danno dei coniugi C. e D.L. . Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bari, pronunziando su rinvio della Corte di Cassazione, in riforma della sentenza del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Trani emessa il 13 gennaio 2010, ha rideterminato la pena inflitta a M. in anni due, mesi nove e giorni dieci di reclusione quella inflitta a L. e S. in anno uno e mesi quattro di reclusione. 2. Avverso la detta sentenza propongono ricorso gli imputati. 2.1 Il difensore di M.G. deduce a vizio di motivazione in relazione all’articolo 133 cod. penumero per assoluta carenza di motivazione, in quanto la corte territoriale si sarebbe limitata ad operare una semplice operazione aritmetica del calcolo della pena, senza fornire alcuna indicazione in merito ai criteri indicati da tale norma, mentre avrebbe dovuto offrire idonea argomentazione in ordine all’entità del calcolo finale del trattamento sanzionatorio. b vizio di motivazione in relazione alle statuizioni civili, stante l’avvenuta riqualificazione dei fatti contestati in quelli di cui all’articolo 319 quater cod. penumero che a differenza della previgente fattispecie di concussione è divenuto delitto a concorso necessario, in cui il soggetto concusso assume anche la veste di concorrente nel reato, sicché nessun tipo di danno risarcibile ai sensi dell’articolo 185 cod.penumero può vantare il concorrente nel medesimo reato. Deduce il ricorrente che la condotta addebitata al M. è costruita in modo che il presunto danneggiato va considerato come coautore del fatto illecito, sicché va escluso il danno risarcibile. 3. Il difensore di L.A. deduce violazione degli articoli 317 e 319 quater cod. penumero , poiché l’imputata non rivestiva la qualifica di pubblico ufficiale ma al più quella di incaricata di pubblico servizio, e non ha mai operato alcuna costrizione nei confronti di alcuno soggetto, e avrebbe dovuto essere mandata assolta dall’imputazione a lei ascritta perché il fatto non costituisce reato. Il ricorrente lamenta che il compendio probatorio non ha evidenziato elementi sufficienti ad una affermazione di responsabilità dell’imputata mentre la corte di appello in sede di rinvio ha ritenuto erroneamente che il nuovo esame dovesse essere limitato alla rideterminazione della pena. 4 Il difensore di S.N. deduce mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza di tutti gli elementi integranti la fattispecie in contestazione. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto nell’interesse dell’imputato M. è inammissibile. 1.1 Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato poiché il collegio di rinvio ha fatto correttamente riferimento, nella determinazione del trattamento sanzionatorio, alla condizione di incensuratezza degli imputati, al fine di giustificare la concessione delle attenuanti generiche, e nel contempo ha valorizzato la intensità del dolo profuso e l’entità apprezzabile delle utilità perseguite, così facendo corretta applicazione dei principi indicati nell’art. 133 cod.penumero . Giova ricordare che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. penumero ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione. Sez. 5, numero 5582 del 30/09/2013 - dep. 04/02/2014, Ferrario, Rv. 25914201 Nel caso in esame la corte di rinvio ha determinato la pena in misura prossima al minimo edittale e l’ha ridotta per le concesse attenuanti generiche nella loro massima estensione, sicché non emergono neppure i presupposti per ritenere illogica la determinazione del trattamento sanzionatorio. 1.2 Anche il secondo motivo di ricorso è infondato, in quanto allorché un fatto costituisce illecito civile nel momento in cui è stato commesso, su tale qualificazione e sulle relative conseguenze non influiscono le successive vicende della punibilità, in quanto in tema di responsabilità civile non si applica la disciplina di cui all’art. 2 cod. penumero , ma quella di cui all’art. 11 disp. prel. cod. civ., secondo cui agli effetti civili la legge non dispone che per l’avvenire. Può aggiungersi che il fatto in contestazione, pur se diversamente qualificato rispetto al momento in cui è stato commesso, è rimasto illecito penale anche al momento della pronuncia delle sentenze di primo e secondo grado ed ha determinato un affermazione di responsabilità, sicché risulta pienamente rispettato il principio posto dall’art. 538, comma 1, cod. proc. penumero , secondo cui il giudice penale decide sulla domanda per le restituzioni ed il risarcimento dei danni solo quando pronuncia sentenza di condanna. Anche recentemente questa corte ha precisato che La riqualificazione del reato contestato, anche se operata dal giudice di primo grado, non fa venir meno il diritto alla restituzione e al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, purché il fatto sia rimasto qualificato quale illecito penale anche al momento della pronuncia delle sentenze di primo e secondo grado. Fattispecie relativa alla condanna al risarcimento dei danni disposta dal giudice di primo grado che aveva riqualificato il fatto, in origine contestato come corruzione per atto dell’ufficio, nel reato di cui all’art. 319 quater cod. penumero , introdotto dalla legge numero 190 del 2012 . Sez. 6, numero 27087 del 19/04/2017 - dep. 30/05/2017, Fiorenza, Rv. 27040001 Sez. 6, numero 31957 del 25/01/2013, Cordaro, Rv. 255598 . 2.11 ricorso proposto nell’interesse di L.A. è inammissibile perché propone censure nel merito che risultano sostanzialmente coperte dalla preclusione derivante dalla sentenza della Corte di Cassazione a sezioni Unite, la quale, dopo avere riqualificato la condotta dell’imputata ex art. 319 quater cod.penumero ha rinviato ai giudici di merito gli atti soltanto per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio. Occorre ribadire in questa sede che In caso di annullamento parziale ex art. 624 cod. proc. penumero , la sentenza emessa dal giudice del rinvio è suscettibile di ricorso in cassazione, oltre che per inosservanza dell’obbligo di uniformarsi alla decisione di annullamento, anche in relazione ai punti annullati, a quelli in rapporto di connessione essenziale con essi e a quelli non decisi dalla Corte di cassazione, in quanto ritenuti assorbiti nel motivo di ricorso accolto. Sez. 6, numero 11949 del 31/01/2017 - dep. 13/03/2017, Aquilone e altro, Rv. 26938301 . Di contro non può proporsi nuovo ricorso in relazione a punti della decisione che non sono stati dedotti con la prima impugnazione, poiché la sentenza di cassazione, inoppugnabile per dettato di legge, copre il dedotto e il deducibile. Dalla lettura della sentenza di questa Corte si desume che la ricorrente non ha proposto analoga censura in merito alla qualifica di pubblico ufficiale con il primo ricorso, ma solo con i motivi nuovi, sicché non può proporla per la prima volta in questa sede. Inoltre va rilevato che questa Corte nella sentenza di annullamento resa nel 2013 ha affermato che le condotte tenute dal ricorrente e dagli altri ispettori del lavoro si erano sostanziate in atteggiamenti apertamente prevaricatori nei confronti degli imprenditori sottoposti a controlli ispettivi, i quali, proprio per gli abusi funzionali posti in essere dai pubblici ufficiali, si erano venuti a trovare in uno stato di potenziale soggezione psicologica a causa della richiesta loro rivolta di dazione o promessa di denaro o di altra utilità, come condizione per evitare di vedersi destinatari di pesanti sanzioni amministrative e ha qualificato le dette condotte ex art. 319 quater cod.penumero . Il concorso della L. nel reato commesso dal M. era comprovato dalle intercettazioni telefoniche, da cui emergeva che la stessa aveva avanzato la richiesta di tre telefoni cellulari, di cui uno era stato da lei trattenuto, ed era adeguatamente motivato dalla sentenza impugnata, con argomentazioni immuni da vizi logici. 3. Inammissibile anche il ricorso nell’interesse di S. perché estremamente generico e non munito dei requisiti di specificità dei motivi richiesti dall’articolo 581 codice procedura penale. L’art. 606 c.p.p. elenca una serie tassativa di motivi di ricorso. Il ricorrente deve quindi prospettare una specifica doglianza in ordine alle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata e non limitarsi a dedurne, come nel caso in esame, genericamente l’infondatezza. L’atto di ricorso deve essere autosufficiente, nel senso che deve contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica vedi fra le tante Cass. 19 dicembre 2006, numero 21858 Cass. Sez. 3 numero 16851/10 . È quindi inammissibile il ricorso per cassazione quando, come nel caso in esame, gli argomenti esposti siano assolutamente generici, non individuando le ragioni in fatto o in diritto per cui la sentenza impugnata sarebbe censurabile e, pertanto, impedendo l’esercizio del controllo di legittimità sulla stessa. In conclusione va dichiarata l’inammissibilità di tutti i ricorsi. 4. Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso Corte Cost. 13 giugno 2000, numero 186 , al versamento della somma, che ritiene equa, di Euro duemila ciascuno a favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno a favore della Cassa delle ammende.