Il fondo patrimoniale può integrare il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte

L’art. 11 d.lgs. n. 74/2000 sanziona chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte, per un ammontare superiore a 50mila euro, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o altrui beni, idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva.

Sul tema la Corte di legittimità con la sentenza n. 41704/18 depositata il 26 settembre. La vicenda. La Corte d’Appello di Firenze confermava la sentenza del Tribunale di Siena di condanna di un imputato per il reato di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74/2000 per essersi fraudolentemente sottratto al pagamento delle imposte tramite costituzione di un fondo patrimoniale in cui aveva conferito la nuda proprietà di due beni immobili, sottraendoli alla pretesa erariale dopo che il Fisco gli aveva notificato diversi avvisi di accertamento. La difesa ha impugnato la sentenza con ricorso in Cassazione. La fattispecie. La sentenza in oggetto ricorda che l’art. 11 d.lgs. n. 74/2000 sanziona chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte, per un ammontare superiore a 50mila euro, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o altrui beni, idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva. L’oggetto giuridico della fattispecie in parola non è infatti il diritto di credito del Fisco, ma la garanzia generica data dai beni dell’obbligato, potendo quindi il reato configurarsi anche se, dopo l’azione fraudolenta, avvenga comunque il pagamento dell’imposta. Trattandosi di un reato di pericolo concreto, si deve dunque valutare l’idoneità ex ante dell’atto a mettere in pericolo la garanzia patrimoniale del debito erariale e tale condotta può essere posta in atto con qualsiasi atto di disposizione del patrimonio. Fondo patrimoniale. La costituzione di un fondo patrimoniale avviene, ai sensi dell’art. 167 c.c., da parte di uno o entrambi i coniugi per far fronte ai bisogni della famiglia, per i quali dovranno essere impiegati i frutti dei beni costituenti il fondo. Rileva però il Collegio che il conferimento della sola nuda proprietà è di per sé un indice dello scopo fraudolento dell’operazione, poche che alcun concreto vantaggio immediato ne riceve il fondo patrimoniale . Precisa inoltre la sentenza che l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per i debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia . L’esecuzione, compresa l’iscrizione di ipoteca, può in altre parole avvenire solo se il creditore agisce con la consapevolezza che il debito era stato contratto per i bisogni della famiglia. In conclusione, avendo il provvedimento impugnato correttamente applicato tali principi, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 8 maggio – 26 settembre 2018, numero 41704 Presidente Lapalorcia – Relatore Semeraro Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Firenze, con la sentenza del 12/02/2017, ha confermato la sentenza del Tribunale di Siena del 16/06/2014, che ha condannato M.M. per il reato di cui all’art. 11 del d.lgs. 74/2000 alla pena di mesi quattro di reclusione, con la sospensione condizionale della pena, oltre alle pene accessorie ed ha disposto la confisca della nuda proprietà di due beni immobili di proprietà di M.M. . M.M. è stato condannato perché, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi o dell’Iva, degli interessi e delle sanzioni per il valore complessivo di Euro 621.981,50, ha compiuto atti fraudolenti sui propri beni, consistiti nell’aver costituito il 26/01/2010 un fondo patrimoniale nel quale ha conferito la nuda proprietà di due immobili, così sottraendoli alla pretesa erariale, dopo che il 29/12/2009 l’agenzia delle entrate di omissis gli aveva notificato tre avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2004, 2005 e 2006. 2. Il difensore di M.M. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze del 12/02/2017. 2.1. Con il primo motivo la difesa ha dedotto i vizi di violazione di legge e della motivazione con riferimento all’elemento oggettivo del reato. Quanto all’elemento materiale del reato, rileva la difesa che al ricorrente è stato contestato di aver costituito un fondo patrimoniale, nel quale ha conferito la nuda proprietà di due beni immobili, così sottraendoli alla pretesa erariale. Ritiene però la difesa che la costituzione del fondo patrimoniale non è un atto idoneo a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva , perché si richiama la sentenza della Corte di Cassazione numero 3738/2015 e l’ordinanza numero 3738/2015 , i beni facenti parte del fondo patrimoniale sono espropriabili anche per debiti tributari. Senza necessità di azione revocatoria l’Erario può procedere all’espropriazione forzosa sui beni del fondo patrimoniale. Dunque manca l’effettivo ostacolo all’attivazione dell’azione esecutiva. 2.2. Ritiene poi la difesa che sussista il vizio di motivazione sulla sussistenza dell’elemento materiale del reato perché la Corte di appello ha apoditticamente affermato che la destinazione dei beni al fondo integri la fattispecie fraudolenta. La Corte di appello, per la difesa, ha omesso di valutare la situazione concreta sottoposta al suo controllo, non considerando che si tratta di un’impresa individuale e che il lavoro del suo titolare è destinato alle esigenze della famiglia. Per la difesa, la motivazione è assente anche quanto ad uno degli elementi costitutivi del reato, e cioè la necessarietà che l’atto fraudolento possa rendere inefficace l’azione esecutiva dello Stato, non essendo stata altresì fornita alcuna giustificazione di come eventuali ipotetiche opposizioni del debitore potrebbero raggiungere il risultato di impedire la riscossione coattiva, non risultando sufficiente la loro astratta proponibilità ad integrare il pericolo richiesto dalla norma in esame. Per la difesa poi punto 3 il vizio della motivazione sussiste perché non sono state esaminate le prove documentali della difesa - l’Avviso di iscrizione di ipoteca sui diritti immobiliari di nuda proprietà dell’imputato emesso da Equitalia in data 14/2/2013, prodotto in primo grado all’udienza 5/5/2014 e da cui emerge la libera espropriabilità dei beni essendo l’ipoteca propedeutica all’azione esecutiva - la sentenza della Commissione Tributaria del 27/5/2015 prodotta in secondo grado , che ha espressamente riconosciuto e ribadito giudizialmente la definitiva ammissibilità dell’iscrizione ipotecaria e quindi la libera assoggettabilità ad esecuzione forzata per crediti tributari dei beni del fondo patrimoniale. 3. Con il secondo motivo, la difesa ha dedotto i vizi di violazione di legge e della motivazione quanto alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato. 3.1. Al punto A , la difesa afferma che vi è stata errata applicazione della norma incriminatrice, perché la condotta non è stata compiuta con l’intenzione specifica di sottrarsi al pagamento del proprio debito tributario. Per la difesa la Corte di appello ha erroneamente equiparato, con semplicistica presunzione, il fondo patrimoniale e l’atto fraudolento. 3.2. Al punto B la difesa ha contestato il vizio di mancanza ed illogicità della motivazione in quanto gli elementi valorizzati nella sentenza impugnata o non hanno alcun valore indiziante vicinanza temporale tra la costituzione del fondo e la notifica dell’accertamento fiscale o sono fondati su circostanze non risultanti dal materiale probatorio asserita inclusione nel fondo patrimoniale di tutti i beni di proprietà dell’imputato . Per la difesa poi è stata illogicamente valutata la prova documentale costituita dal certificato di nascita del figlio dell’imputato datato in epoca anteriore alla notifica dell’accertamento fiscale ed altresì totalmente omessa la valutazione di una prova decisiva testimonianza della moglie dell’imputato . Quanto alla contiguità temporale tra la notifica degli avvisi di accertamento 22/12/2009 e la costituzione del fondo patrimoniale 26/01/2010 rileva la difesa che il criterio induttivo è illogico perché la costituzione del fondo non è la reazione immediata e d’impeto alla prima formale comunicazione della pretesa tributaria. Rileva poi la difesa che la Corte di appello nell’affermare che l’imputato ha costituito nel fondo tutte le sue proprietà, è caduto nel travisamento delle prove, non risultando affatto dagli atti che M.M. non fosse titolare di altri beni immobili o mobili rimasti estranei al fondo, con cui poter comunque garantire la pretesa tributaria. Rileva la difesa che la Corte di appello non ha valutato la tesi difensiva, debitamente documentata, che la costituzione del fondo patrimoniale era stata determinata dalla volontà dell’imputato di tutela della famiglia, attuata in occasione della nascita del proprio figlio, avvenuta in data 9/12/2009 e quindi prima della notifica degli avvisi di accertamento 21/12/2009 . Ritiene poi la difesa che sussista il vizio del travisamento della prova per omissione in quanto non è stata considerata la deposizione della teste F.D. moglie dell’imputato , la quale, sentita all’udienza del 3/2/2014/ha tra l’altro riferito a che i contatti con il notaio per la redazione dell’atto costitutivo del fondo erano stati presi diversi mesi prima della nascita del figlio e che il certificato di nascita del bambino avvenuta il 9/12/2009 , porta la data del 14 dicembre 2009, fu fatto , per poi portarlo al notaio per chiudere la pratica e fare l’atto . Per la difesa, da tali prove emerge che la decisione di procedere alla costituzione del fondo patrimoniale era precedente alla notifica degli avvisi di accertamento. 4. Con il terzo motivo, la difesa ha dedotto i vizi di violazione di legge e della motivazione quanto alla disposta confisca. La difesa ha contestato la qualificazione giuridica dei beni inclusi nel fondo patrimoniale, come corpo del reato di sottrazione fraudolenta e al contempo profitto del reato medesimo. Per la difesa, la qualificazione giuridica è errata non trattarsi di profitto del reato, perché i beni erano già esistenti nel patrimonio dell’imputato, per essergli stati donati dal nonno, sicché non possono costituire il ricavato o il benefico prodotto o profitto conseguito dal reato. Ritiene poi la difesa che la confisca ex art. 240 cod. penumero di tutti i beni immobili dell’imputato presenti nel fondo patrimoniale, peraltro senza formulare il giudizio di pericolositàlsia illegittima perché al più avrebbe dovuto disporsi la confisca per equivalente, cioè commisurata al mancato pagamento del tributo, oltre interessi e sanzioni. La difesa ha infine dedotto il difetto di motivazione, trattandosi di confisca facoltativa ai sensi dell’art. 240 c.p. per la difesa, non è stata data risposta ai motivi di appello, con cui si evidenziava il fatto che il credito tributario non è ancora definitivamente accertato, ma è sub iudice in fase di giudizio di cassazione. La difesa segnala che i beni sono già stati oggetto di iscrizione ipotecaria sicché il fisco può agire in via esecutiva nonostante il conferimento nel fondo patrimoniale. La confisca si concretizza dunque in una inammissibile duplicazione della pretesa dello Stato, potendosi verificare che al contribuente vengano confiscati in sede penale i beni immobili e lo stesso debba poi provvedere comunque ad assolvere l’eventuale pendenza tributaria senza poter utilizzare il suo patrimonio perché ormai confiscato. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso, con cui si deduce il vizio di violazione di legge, è manifestamente infondato. 1.1. Il conferimento di beni nel fondo patrimoniale può concretizzare il delitto ex art. 11 del d.lgs. 74/2000. Va ricordato che l’art. 11 del d.lgs. 74/2000 sanziona chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte, per un ammontare complessivo superiore a 50.000,00 Euro, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni, idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Come affermato da Cass. Sez. 3, sentenza numero 3011 del 05/07/2016, Di Tullio, Rv. 268798, attraverso l’incriminazione della condotta prevista dall’art. 11 del d.lgs. 74/2000, il legislatore ha inteso evitare che il contribuente si sottragga al suo dovere di concorrere alle spese pubbliche creando una situazione di apparenza tale da consentirgli di rimanere nel possesso dei propri beni fraudolentemente sottratti alle ragioni dell’Erario. Cfr. sul punto anche Cass. Sez. 3, numero 36290 del 18/05/2011, Cualbu, Rv. 251077, secondo cui l’oggetto giuridico del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte non è il diritto di credito del fisco, bensì la garanzia generica data dai beni dell’obbligato, potendo quindi il reato configurarsi anche qualora, dopo il compimento degli atti fraudolenti, avvenga comunque il pagamento dell’imposta e dei relativi accessori. Là norma punisce due distinte condotte l’alienazione simulata ed il compimento di atti fraudolenti. Per quanto qui interesse, per atto fraudolento cfr. in tal senso Cass. Sez. 3, sentenza numero 3011 del 05/07/2016, Di Tullio, Rv. 268798 , deve intendersi qualsiasi atto che, non diversamente dalla alienazione simulata, sia idoneo a rappresentare ai terzi una realtà la riduzione del patrimonio del debitore non corrispondente al vero, mettendo a repentaglio o comunque rendendo più difficoltosa l’azione di recupero del bene in tal modo sottratto alle ragioni dell’Erario. Secondo il costante indirizzo della giurisprudenza, il delitto è un reato di pericolo concreto in ossequio al principio di offensività, si deve valutare l’idoneità ex ante dell’atto a mettere in pericolo la garanzia patrimoniale del debito erariale. La diminuzione della garanzia può essere anche solo parziale, non necessariamente totale Cass. Sez. 3, numero 6798 del 16/12/2015, dep. 2016, Arosio, Rv. 266134 , purché effettivamente in grado di mettere a rischio l’esazione del credito. La condotta può essere posta in essere con ogni atto di disposizione del patrimonio che abbia la sua causa nel pregiudizio alle ragioni creditorie dell’Erario. Il carattere fraudolento di determinate operazioni negoziali presuppone che l’attività fraudolenta sia nascosta attraverso lo schermo formale di attività o documenti apparentemente regolari Cass. Sez. 3, numero 40319 del 2016, Scandiani o l’adozione di un atto formalmente lecito - come l’alienazione di un bene - però caratterizzato da una componente di artificio o di inganno Cass. Sez. 3, numero 25677 del 16/5/2012, Caneva e altro, Rv. 252996 . 1.2. La costituzione di un fondo patrimoniale è stata considerata condotta che può concretizzare il delitto di cui all’art. 11 quando consenta al contribuente di sottrarre, in tutto o in parte, le garanzie patrimoniali alla riscossione coattiva del debito tributario Sez. 3, numero 5824 del 18/12/2007, Soldera, Rv. 238821 . Si è di recente affermato che, ai fini della integrazione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte previsto dall’art. 11 d.lgs. numero 74 del 2000, la costituzione di un fondo patrimoniale non esonera dalla, necessità di dimostrare, sia sotto il profilo dell’attitudine della condotta che della sussistenza del dolo specifico di frode, che la creazione del patrimonio separato sia idonea e finalizzata ad evitare il soddisfacimento dell’obbligazione tributaria, con la conseguenza che il giudice è tenuto a motivare sulla ragione per cui la segregazione patrimoniale rappresenta, in concreto, uno strumento idoneo a rendere in tutto o in parte inefficace il recupero del credito erariale. In tal senso Cass. Sez. 3, numero 47827 del 12/07/2017, Dinelli, Rv. 271321. 1.3. In punto di diritto, con riferimento al caso concreto oggetto delle sentenze di merito, deve rilevarsi che il conferimento nel fondo patrimoniale della nuda proprietà di due immobili può concretizzare il reato ex art. 11 d.lgs. 74/2000. La costituzione del fondo patrimoniale, ai sensi dell’art. 167 cod. civ. avviene, da parte di ciascuno o di ambedue i coniugi, per far fronte ai bisogni della famiglia ai sensi dell’art. 168 comma 2 cod. civ. i frutti dei beni costituenti il fondo patrimoniale sono impiegati per i bisogni della famiglia. Deve rilevarsi che il conferimento della sola nuda proprietà di un immobile di fatto limita notevolmente l’utilità dello stesso conferimento perché i frutti del bene immobile non possono essere impiegati per i bisogni della famiglia, spettando all’usufruttuario. Dunque, il conferimento della sola nuda proprietà è di per sé un indice dello scopo fraudolento dell’operazione, posto che alcun concreto vantaggio immediato ne riceve il fondo patrimoniale. 1.4. Quanto poi alla espropriabilità dei beni conferiti nel fondo patrimoniale, deve precisarsi che, oltre ai limiti stabiliti per i coniugi ai sensi dell’art. 169 cod. civ. per la costituzione di ipoteca, l’art. 170 cod. civ., la cui rubrica recita Esecuzione sui beni e sui frutti , dispone che l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia. In sostanza, l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi, compresa l’iscrizione di ipoteca, può avvenire solo se il creditore agisce con la consapevolezza che il debito era stato contratto per i bisogni della famiglia. Le sezioni civili della Corte di Cassazione hanno infatti affermato cfr. Cass. Sez. 3, numero 5385 del 05/03/2013, Barrotta contro Equitalia Romagna Spa, Rv. 625376 - 01 si tratta della sentenza su cui si fonda quella richiamata dalla difesa che L’art. 170 cod. civ., nel disciplinare le condizioni di ammissibilità dell’esecuzione sui beni costituiti nel fondo patrimoniale, detta una regola applicabile anche all’iscrizione di ipoteca non volontaria, ivi compresa quella di cui all’art. 77 del d.P.R. 3 marzo 1973, numero 602. Ne consegue che l’esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo, qualora il debito facente capo a costoro sia stato contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, ovvero quando - nell’ipotesi contraria - il titolare del credito, per il quale l’esattore procede alla riscossione, non conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia viceversa, l’esattore non può iscrivere l’ipoteca - sicché, ove proceda in tal senso, l’iscrizione è da ritenere illegittima - nel caso in cui il creditore conoscesse tale estraneità . In concreto, l’esecuzione sui beni del fondo patrimoniale può avvenire solo per i debiti contratti per i bisogni della famiglia. 2. Manifestamente infondato è anche il primo motivo con cui la difesa ha dedotto il vizio della motivazione. Va infatti rilevato che il motivo di appello si fondava su due questioni la possibilità per l’erario di aggredire i beni del fondo patrimoniale e l’avvenuta iscrizione di ipoteca da parte di Equitalia. La Corte di appello di Firenze ha risposto adeguatamente e con motivazione immune da vizi alle due questioni proposte con l’appello. Ferme le considerazioni già espresse, la Corte di appello di Firenze ha infatti correttamente osservato che la costituzione del fondo patrimoniale mediante il conferimento della nuda proprietà dei due immobili ha reso più difficile il recupero del credito. Ha rilevato la Corte di appello di Firenze, in punto di diritto, che il fondo patrimoniale non è sempre aggredibile dall’erario in quanto il debitore può dimostrare in sede di opposizione che il debito tributario sia stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Tale principio è stato affermato, oltre che dalle sezioni civili della Corte di Cassazione, anche da Cass. Sez. 3, numero 47827 del 12/07/2017, Dinelli, Rv. 271321, in motivazione. Ne consegue che è irrilevante ai fini della sussistenza del reato, l’avvenuta costituzione di ipoteca posto chefnel caso in esame, i crediti per l’erario sono relativi agli anni di imposta 2004, 2005 e 2006, laddove la costituzione del fondo patrimoniale è avvenuta il 26/01/2010, sicché è palese che il debito non sia stato contratto per i bisogni della famiglia. 3. Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Ed invero, la Corte di appello di Firenze ha applicato la norma ritenendola a dolo specifico ed ha indicato tutte le circostanze di fatto in base alle quali ha ritenuto provata l’esistenza dell’elemento soggettivo del reato. 3.1. Con il motivo la difesa ha in realtà effettuato una sua ricostruzione alternativa dei fatti, in tal modo però chiedendo alla Corte di Cassazione un’attività di valutazione delle fonti di prova che le è preclusa. 3.2. Va poi osservato che il dato oggettivo del conferimento di tutti i beni immobili di proprietà del ricorrente nel fondo patrimoniale risulta dalla sentenza di primo grado e non è stato contestato con l’appello. In ogni caso, non risulta alcuna produzione documentale della difesa dalla quale risulta che il ricorrente è proprietario di altri beni oltre a quelli conferiti nel fondo patrimoniale. 3.3. Quanto al travisamento della prova per omissione, in relazione alle dichiarazioni di F.D. , deve rilevarsi che il motivo è inammissibile per genericità non avendo la difesa adempiuto all’onere di allegazione in ogni caso, non è possibile dedurre il grado di incidenza sul complessivo ragionamento della Corte di appello di Firenze in base alla riproduzione parziale e parcellizzata avvenuta nel ricorso delle dichiarazioni della teste. 4. È manifestamente infondato anche il terzo motivo sulla confisca. 4.1. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 18374 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255036, hanno affermato che il profitto, confiscabile anche nella forma per equivalente, del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, di cui all’art. 11 del d.lgs numero 74 del 2000, è costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento del debito tributario. La Corte di Cassazione cfr. Cassa Sez. 3, numero 10214 del 22/01/2015, Chiarolanza, Rv. 262754 ha poi chiarito che il profitto, confiscabile anche nella forma per equivalente, del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all’art. 11 del D.Lgs. numero 74 del 2000, va individuato nella riduzione simulata o fraudolenta del patrimonio del soggetto obbligato e, quindi, consiste nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell’amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase costituenti oggetto delle condotte artificiose considerate dalla norma. Il profitto pertanto non va individuato nell’ammontare del debito tributario rimasto inadempiuto Sez. 3, numero 40534 del 06/05/2015, Trust, Rv. 265036 nello stesso senso Cass. Sez. 3, numero 37136 del 2017, Tartaglia . La Corte di Cassazione ha altresì affermato cfr. Cass. Sez. 3, numero 3095 del 23/11/2016, dep. 2017, Pugliese, Rv. 268986 che i beni immobili appartenenti a soggetto indagato del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, alienati per far venir meno le garanzie di un’efficace riscossione dei tributi da parte dell’Erario, sono suscettibili di sequestro preventivo per la successiva confisca ai sensi dell’art. 240, comma primo, cod. penumero , in quanto costituiscono lo strumento per mezzo del quale è stato commesso il reato, a nulla rilevando la loro qualificazione anche come prezzo o profitto di tale delitto. 4.2. La Corte di appello di Firenze ha correttamente applicato tali principi perché ha ritenuto che sia stata disposta la confisca diretta del profitto del delitto ex art. 11 del d.lgs. 74/2000, escon un giudizio in fatto, non valutabile in questa sede in assenza di elementi di segno diverso, ha ritenuto che il loro esatto valore - e non la provenienza dei beni come erroneamente ritenuto dalla difesa costituisca il vantaggio economico direttamente proveniente dalla condotta illecita. Una volta individuato il profitto in tale valore, la Corte di appello di Firenze ha correttamente escluso che la confisca potesse essere operata per equivalente, perché tale tipo di confisca può essere disposta solo se quella diretta del profitto non è possibile. Va infine osservato che alcuna rilevanza ha la definitività dell’accertamento tributario, salvo gli eventuali effetti sull’entità del profitto, non rilevanti in questa sede, anche conseguenti ad azioni esecutive o al pagamento del debito tributario. 5. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 5.1. Quanto alla richiesta formulata in sede di conclusioni dalla difesa di dichiarare estinto il reato per prescrizione, deve rilevarsi che la prescrizione del reato sarebbe maturata il 26/07/2017, quindi dopo la sentenza della Corte di appello di Firenze. Però, non può essere dichiarata la prescrizione del reato maturata dopo la sentenza di appello, in presenza di un ricorso inammissibile. L’inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e, pertanto, preclude la possibilità di dichiarare le cause di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. penumero , ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more del procedimento di legittimità. 5.2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. penumero si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, numero 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, si condanna altresì il ricorrente al pagamento della somma di Euro 2.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.