“Furbetti” del cartellino: configurabile la truffa ma non il falso in atto pubblico

Sotto accusa due lavoratori di un comune pugliese. Nessun dubbio sulla loro condotta per i giudici, però, la pena deve essere ricalcolata in appello, poiché va esclusa la condanna per falso in atto pubblico”. Confermata invece la colpevolezza per il reato di truffa.

Beccati a bluffare sulle presenze in ufficio, grazie alle timbrature ad hoc dei rispettivi cartellini marcatempo”. Nessuna giustificazione è possibile per due dipendenti di un comune pugliese. La loro responsabilità però si limita al reato di truffa. Esclusa, invece, l’ipotesi relativa al reato di falso in atto pubblico Cassazione, sentenza numero 41426, sezione quinta penale, depositata oggi . Cartellino. Dovrà essere rideterminata in Corte d’Appello la pena da applicare ai due lavoratori – una donna e un uomo –, colpevoli di avere timbrato i cartellini marcatempo” con modalità tali da attestare falsamente la loro presenza in ufficio . Questo ulteriore giudizio in secondo grado è necessario perché in Cassazione viene cancellata definitivamente la condanna per il reato di falso in atto pubblico . Su questo fronte i Giudici del Palazzaccio ribadiscono che i cartellini marcatempo” o i fogli di presenza non hanno natura di atto pubblico , trattandosi di mera attestazione del dipendente, inerente al rapporto di lavoro, soggetto a disciplina privatistica e di documenti che, peraltro, non contengono manifestazioni dichiarative o di volontà riferibili alla pubblica amministrazione . Nessun dubbio, invece, sulla contestazione riguardante il reato di truffa , poiché la falsa attestazione del pubblico dipendente circa la presenza in ufficio, riportata sui cartellini marcatempo”, è condotta fraudolenta, idonea oggettivamente ad indurre in errore l’amministrazione di appartenenza in merito alla presenza sul luogo di lavoro .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 18 luglio – 25 settembre 2018, n. 41426 Presidente Bruno – Relatore Morosini Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bari ha confermato la condanna di Fi. Em. e Fe. Pi. per i reati di cui agli artt. 640 comma 2 cod. pen. e 483 cod. pen., per avere, in qualità di dipendenti del Comune di Vieste, timbrato i cartellini marcatempo con modalità tali da attestare falsamente la loro presenza in ufficio. 2. Avverso la sentenza ricorrono gli imputati, con un unico atto a firma dei comuni difensori, articolando un solo motivo con il quale deducono violazione di legge in punto di configurabilità del reato di cui all'art. 483 cod. pen I ricorrenti richiamano, per ampi stralci, la decisione delle Sezioni Unite Sepe Sez. U, n. 15983 del 11/04/2006 , che esclude la configurabilità del reato di falso in atto pubblico nel caso in esame. 3. La parte civile, Comune di Vieste, ha trasmesso memoria, con la quale chiede il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese processuali. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono fondati. 2. Secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite i cartellini marcatempo o i fogli di presenza non hanno natura di atto pubblico, trattandosi di documenti di mera attestazione del dipendente inerente al rapporto di lavoro, soggetto a disciplina privatistica, documenti che, peraltro, non contengono manifestazioni dichiarative o di volontà riferibili alla Pubblica Amministrazione Sez. U, n. 15983 del 11/04/2006, Sepe . Nel solco di tale decisione si è collocata, in modo unanime, la giurisprudenza successiva, compresa la pronuncia Cass. 19299/12 Sez. 5, n. 19299 del 16/04/2012, Santonico che la Corte di appello cita, erroneamente, a sostegno della tesi contraria cfr. pagina 6 sentenza impugnata . Venendo meno l'oggetto materiale, non residua spazio per alcuna figura criminosa ricadente nel novero dei delitti di falso. Invero non solo non è configurabile il reato di cui all'art. 479 cod. pen. Sez. U, n. 15983 del 11/04/2006, Sepe, Rv. 233423 , ma - in difformità da quanto ritenuto dai giudici di merito e da una pronuncia della Corte di legittimità anteriore alle Sezioni Unite Sepe Sez. 5, n. 44689 del 03/06/2005, Flavio, Rv. 232433 -neppure quello, qui in contestazione, di cui all'art. 483 cod. pen., posto che il problema non è la qualità dell'agente - pubblico ufficiale o privato - ma la natura del cartellino marcatempo, che, si ripete, non è atto pubblico. 3. La falsa attestazione del pubblico dipendente, circa la presenza in ufficio riportata sui cartellini marcatempo, è condotta fraudolenta, idonea oggettivamente ad indurre in errore l'amministrazione di appartenenza in merito alla presenza sul luogo di lavoro, ed è dunque suscettibile di integrare il reato di truffa aggravata tra le ultime Sez. 5, n. 8426 del 17/12/2013, dep. 2014, Rapicano, Rv. 258987 , reato per il quale i ricorrenti hanno riportato condanna, non impugnata in questa sede. 4. Consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla condanna per tutti i reati di cui all'art. 483 cod. pen., addebitati agli imputati - il capo di imputazione trascritto in sentenza non li identifica con lettere o numeri - perché il fatto non sussiste. La sentenza va annullata con rinvio per la rideterminazione della pena in ordine ai restanti delitti di truffa, rideterminazione non effettuabile in questa sede ex art. 620, lett. I , cod. proc. pen., in assenza di statuizioni del giudice di merito utili a tal fine. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all'art. 483 cod. pen., perché il fatto non sussiste annulla la stessa sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bari per la rideterminazione della pena.