Le telecamere di sorveglianza private possono fornire prove per il processo penale

I video, prodotti da impianti di videosorveglianza privata installati sui immobili di proprietà, possono essere utilizzati in giudizio quale legittima prova anche se riprendono l’ingresso, il cortile e i balconi del domicilio di terzi.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 39293/18, depositata il 30 agosto. La vicenda. A seguito di un sinistro stradale, il Giudice di Pace di Maglie assolveva l’imputato per non aver commesso il fatto. Il Procuratore Generale di Lecce ricorre in Cassazione dolendosi per la mancata acquisizione di documenti rilevanti ai fini della decisione. Nel corso del giudizio, l’imputato aveva affermato di non essersi trovato sul luogo del sinistro ma in altro Comune dove era rimasto in panne con il furgone, mentre in realtà veniva acquisito un video in cui lo stesso era ripreso alla guida del suddetto furgone sul luogo e nell’orario dell’incidente. Il Giudice di Pece, nonostante l’efficacia probatoria del video, aveva assolto l’imputato sulla sola base fornita dalla deposizione di un teste ritenuto attendibile, circostanza contraddetta dei precedenti penali a carico dello stesso. Mezzi di prova. In tema di prova atipica, la giurisprudenza ha già avuto modo di puntualizzare che sono legittime e pienamente utilizzabili le videoriprese eseguite da privati con telecamera esterna collocata sulla loro proprietà e che consento di captare ciò che accade all’ingresso, nel cortile e sui balconi del domicilio di terzi, i quali non possono vantare alcuna pretesa di riservatezza trattandosi di luoghi che, pur essendo di privata dimora, sono liberamente visibili dall’esterno, senza ricorrere a particolari accorgimenti . Tali principi valgono a maggior ragione nel caso di specie, in quanto il video era stato ripreso da una videocamere che riprendeva una pubblica piazza antistante l’abitazione della persona offesa. In merito all’attendibilità del teste, il Collegio ricorda che la mancata assunzione di una prova decisiva costituisce un error in procedendo che si verifica allorchè l’omessa assunzione riguardi una prova tale da incidere in modo significativo sul procedimento decisionale seguito dal giudice e da determinare, di conseguenza, una differente valutazione complessiva dei fatti e portare in concreto ad una decisione definitiva . In conclusione, la Corte accoglie il ricorso e annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di Pace.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 17 luglio – 30 agosto 2018, n. 39293 Presidente Piccialli – Relatore Dawan Ritenuto in fatto 1. Il Procuratore generale di Lecce, in accoglimento dell’istanza di impugnazione avanzata dalla parte civile, Cr.Pa.Ce. , propone ricorso per cassazione avverso la sentenza resa il 21 luglio 2017 dal Giudice di pace di Maglie che ha assolto, ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., C.D. , dai reati di cui agli artt. 590, commi 1 e 3, cod. pen. e 140,141,158, 191 cod. strada, per non aver commesso il fatto. 2. A sostegno del ricorso formula tre motivi, con i quali deduce errata valutazione della prova, vizio di motivazione, violazione ed errata applicazione degli artt. 234, 493, 507 cod. di rito in relazione alla mancata acquisizione di documenti rilevanti. 2.1. Ricorda come nel corso del giudizio il C. abbia negato il fatto sostenendo di non essersi trovato a omissis bensì a omissis dove era rimasto in panne con il suo furgone Renault. Nel corso del processo, tuttavia, veniva acquisito un video che immortalava la presenza del C. alla guida dell’anzidetto furgone in omissis nella mattinata del omissis alle ore 10,40. Rileva il ricorrente che, nonostante l’efficacia probatoria del video, che dimostra la falsità di quanto da lui sostenuto, il Giudice di pace ha assolto l’imputato sulla base della sola deposizione del teste Co.St. il quale ha escluso che il veicolo si trovasse a omissis . Il Giudice di pace ha, invero, reputato il Co. teste sulla cui attendibilità non sussistono oggettive riserve si tratta di assunto erroneo, illogico e contraddittorio. Il primo Giudice aveva rigettato la richiesta di acquisizione di sentenze ritenute non influenti eppure tali da escludere l’attendibilità del Co. . A minare l’attendibilità di quest’ultimo concorre altresì la manifesta contraddittorietà ravvisabile tra le sue dichiarazioni e quelle dell’altro teste a discarico, M.G. . 2.2. La sentenza impugnata è errata poiché la sua motivazione risulta insuperabilmente contrastata dalle riprese-video e dei fermo-immagine, del tutto legittime e pienamente utilizzabili. Il Giudice di pace ne ha negato valenza probatoria sostenendo che non sussiste alcuna certezza in ordine alla data in cui gli stessi sono stati scattati giungendo persino ad ipotizzare che la data potrebbe essere stata appositamente apposta . Lamenta, il ricorrente, che non sia stata disposta una consulenza tecnica per accertare l’autenticità di detto materiale. 2.3. Il Giudice di pace, infine, ha travisato le risultanze processuali laddove rileva che le telecamere esterne erano state installate in data 28 dicembre 2011 e quindi a distanza di circa due mesi dal fatto. Ma il riferimento alle telecamere esterne è sviante poiché la telecamera da cui sono state riprese le immagini di cui si tratta è collocata all’interno dell’abitazione della persona offesa e, diversamente dalle altre, riprende lo spazio antistante omissis . La negazione, nell’impugnata sentenza, del valore probatorio delle riprese-video e dei fotogrammi costituisce errore logico-giuridico nell’iter argomentativo perseguito dal giudice di primo grado idoneo ad inficiarne la decisione. 2.4. In data 11. luglio 2018, il difensore di C.D. depositava nella cancelleria di questa Corte una memoria difensiva. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento. 2. La motivazione della impugnata sentenza si appalesa meramente apparente, illogica, e viziata da travisamento delle risultanze probatorie. Del tutto apodittici, e quindi sostanzialmente integranti carenza di motivazione, gli assunti in ordine alla valenza probatoria delle videoriprese, con i relativi fotogrammi, acquisite in sede dibattimentale. L’asserita mancanza di certezza in ordine alla data in cui le stesse sono state effettuate, con l’allusione ad una data fittiziamente apposta, e l’assunto che le telecamere esterne siano state installate in data 28.12.2011, e quindi a distanza di circa due mesi dal fatto, costituiscono affermazioni del tutto avulse da alcun accertamento che pure era stato richiesto ed offerto - e pertanto apodittiche, oltre che sganciate dalle risultanze processuali. Il ricorrente ricorda, al riguardo, come il Giudice abbia respinto il deposito di una perizia giurata redatta dall’ing. B. G La giurisprudenza di legittimità ha avuto modo, in più occasioni, di puntualizzare come, in tema di prova atipica, siano legittime e pienamente utilizzabili, senza alcuna necessità di autorizzazione dell’autorità giudiziaria, le videoriprese eseguite da privati mediante telecamera esterna installata sulla loro proprietà, che consentono di captare ciò che accade nell’ingresso, nel cortile e sui balconi del domicilio di terzi, i quali, rispetto alle azioni che ivi si compiono, non possono vantare alcuna pretesa al rispetto della riservatezza, trattandosi di luoghi, che, pur essendo di privata dimora, sono liberamente visibili dall’esterno, senza ricorrere a particolari accorgimenti Sez. 2, sent. n. 46786 del 24/10/2014, PG. PC. E Borile, Rv. 261053 Sez. 2, sent. n. 22093 del 2015, Borghi e altri . Ciò valga a maggior ragione nel caso di specie ove la videocamera riprendeva la pubblica piazza antistante lo studio-abitazione della persona offesa. 3. Parimenti fondata è la doglianza sul rigetto della richiesta di acquisizione delle sentenze che avrebbero potuto inficiare il giudizio di piena attendibilità del teste Co. , sulle cui dichiarazioni è fondamentalmente basata la sentenza impugnata. Non v’è dubbio, infatti, che dette pronunce - che danno atto di pregressi e motivi di astio del Co. con l’odierna persona offesa - integrino il concetto di prova decisiva così come inteso da questa Suprema Corte. Il vizio della sentenza previsto dall’articolo 606, comma 1, lett. d , cod. proc. pen., e consistente nella mancata assunzione di prova decisiva costituisce un error in procedendo che si verifica allorché l’omessa assunzione riguardi una prova tale da incidere in modo significativo sul procedimento decisionale seguito dal giudice e da determinare, di conseguenza, una differente valutazione complessiva dei fatti e portare in concreto a una decisione diversa Sez. 6, sent. n. 35122 del 24/06/2003, Sangalli, Rv. 226326 . Il Giudice di merito non ha operato la necessaria valutazione ex ante al riguardo, nulla risultando dalla sentenza impugnata che, anche sotto questo ulteriore profilo si rivela carente di motivazione. 4. Nella sentenza impugnata è dunque riscontrabile una totale assenza di motivazione, avvalendosi il Giudice di asserzioni del tutto generiche e di carattere apodittico o di proposizioni prive di effettiva valenza dimostrativa determinando così il venir meno di qualunque supporto argomentativo a sostegno della decisione. 5. In conclusione si impone l’annullamento del provvedimento in disamina, con rinvio, per nuovo giudizio, al Giudice di Pace di Maglie cui è altresì demandata la regolamentazione tra le parti delle spese di questo giudizio di legittimità. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice di Pace di Maglie, cui demanda altresì la regolamentazione tra le parti delle spese di questo giudizio di legittimità.