Valida la misura cautelare reale anche se motivata con il “copia-incolla”

Il provvedimento con cui il GIP, nel disporre l’applicazione di una misura cautelare reale, abbia accolto la richiesta PM utilizzato la c.d. tecnica del copia-incolla” può ritenersi adeguatamente motivato se la misura disposta coincide solo in parte con quanto chiesto dal Pubblico Ministero.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 38750/18, depositata il 21 agosto. Il caso. Il Tribunale di Palermo rigettava la richiesta di riesame del sequestro preventivo disposto dal GIP sui beni aziendali di una società coinvolta in un procedimento penale a carico di più soggetti, tra cui il legale rappresentante della stessa, per traffico illecito di rifiuti. Il difensore di quest’ultimo ricorre per la cassazione della pronuncia, dolendosi per l’apparente motivazione del provvedimento impugnato avendo il GIP utilizzato integralmente le motivazioni già formulate dal PM con il sistema del c.d. copia-incolla”. Valutazione del giudice del riesame. La doglianza risulta infondata posto che il Tribunale ha correttamente motivato la propria decisione con riferimento al costante orientamento giurisprudenziale cfr. SS.UU. n. 18954/16 secondo cui, nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, sono applicabili le disposizioni di cui al comma 9 dell’art. 309 c.p.p., attinenti al potere di annullamento del tribunale e introdotte dalla l. n. 47/2015, in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento stesso. In altre parole, il tribunale del riesame annulla la misura cautelare solo laddove la motivazione sia assente o priva dell’autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il fondamento, oltre che di quelli forniti dalla difesa. Si è inoltre affermato cfr. Cass. Pen. n. 25750/17 che, in tema di misure cautelari personali, laddove il giudice abbia accolto la richiesta del PM, anche con provvedimento redatto con la tecnica del c.d. copia-incolla”, deve ritenersi soddisfatta la necessità dell’autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza se l’accoglimento riguarda solo talune imputazioni cautelai o solo alcuni indagati, esito che sottende un’implicita valutazione critica e non meramente adesiva rispetto alla richiesta cautelare nel suo complesso. Affermazioni analoghe sono poi state svolte anche con riferimento alle misure cautelari reali cfr. Cass. Pen. n. 2257/17 , creando così un percorso giurisprudenziale che porta il Collegio a cristallizzare il principio per cui anche in tema di misure cautelari reali la sussistenza di un apprezzamento indipendente da parte del giudice, rispetto agli atti valutativi espressi dai diversi attori processuali, degli elementi posti a fondamento della richiesta può ritenersi dimostrato anche quanto, pur facendo ricorso alla tecnica del copia e incolla, questi abbia solo in parte accolto le richieste del Pubblico Ministero – come nel caso di specie ove la richiesta cumulativa di misura è stata rigettata per quella personale e accolta per quella reale – poiché la scelta operata presuppone necessariamente una analisi critica della domanda cautelare . In conclusione, il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 9 luglio – 21 agosto 2018, n. 38750 Presidente Di Nicola – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1.11 Tribunale di Palermo, con ordinanza del 25/1/2018 ha rigettato la richiesta di riesame del sequestro preventivo della società Studio Chimico Ambientale s.r.l. , disposto con ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale il 18/12/2017 e che quindi confermava. Il sequestro è stato disposto nell’ambito di un procedimento a carico di più persone, tra le quali figura P.G. , legale rappresentante della società, indagate del reato di cui all’art. 260 d.lgs. 152/06 ed ha ad oggetto i beni aziendali organizzati per l’esercizio della società medesima. Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen 2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, rilevando che l’ordinanza impugnata sarebbe solo apparentemente motivata, avendo il Giudice delle indagini preliminari utilizzato integralmente, con il sistema del copia-incolla , la richiesta del Pubblico Ministero, omettendo ogni valutazione critica della richiesta medesima, ove, peraltro, non verrebbe fatto mai riferimento alla sua persona. 3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta che il Tribunale avrebbe omesso di prendere in esame alcune eccezioni sollevate nel corso del procedimento in camera di consiglio e riguardanti, segnatamente, la posizione dell’indagato riguardo al tipo di sequestro richiesto dal Pubblico Ministero, nonché la mancanza di motivazione circa la natura del sequestro, con la conseguenza che il giudice per le indagini preliminari avrebbe applicato una misura non richiesta. 4. Con un terzo motivo di ricorso rileva l’inutilizzabilità del campionamento e degli esiti di alcune analisi effettuate dal consulente del Pubblico Ministero nel corso delle indagini, osservando che, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, egli, quando tali attività venivano svolte aveva già assunto la posizione di indagato, come emergerebbe dalla documentazione in atti. Osserva, pertanto, che da tale evenienza conseguirebbe un errore del Tribunale configurante la violazione dell’articolo 606, lett. e cod. proc. pen 5. Con un Quarto motivo di ricorso deduce la mancanza del fumus commissi delicti e la contraddittorietà ed illogicità della motivazione. 6. Con un quinto motivo di ricorso deduce la insussistenza del periculum in mora, osservando come il Tribunale, in poche righe e con un argomentare privo di un valido discorso giustificativo, avrebbe rigettato erroneamente l’impugnazione proposta. Insiste pertanto per l’accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Occorre premettere che, per quanto è dato ricavare dai contenuti dell’ordinanza e del ricorso, unici atti ai quali questa Corte ha accesso e mancando, in entrambi gli atti, la testuale riproduzione della provvisoria incolpazione posta a fondamento della richiesta misura cautelare reale, la condotta ascritta al ricorrente riguarda la partecipazione ad una attività organizzata finalizzata al traffico illecito di rifiuti, sanzionata dall’art. 260 d.lgs. 152/06, concretatasi nel fornire il ricorrente il proprio apporto tecnico, mediante certificazioni analitiche di comodo, comunque riportanti dati non compiutamente rappresentativi della reale composizione dei rifiuti che ne consentivano lo smaltimento in discariche ove, altrimenti, non avrebbero potuto essere accolti. Va poi ricordato come la costante giurisprudenza di questa Corte si sia ripetutamente espressa nel senso che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di sequestro probatorio o preventivo può essere proposto esclusivamente per violazione di legge e non anche con riferimento ai motivi di cui all’articolo 606, lettera e cod. proc. pen., pur rientrando, nella violazione di legge, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali Sez. U, n. 5876 del 28/1/2004, Bevilacqua, Rv. 226710. V. anche Sez. 2, n. 18951 del 14/3/2017, Napoli e altro, Rv. 269656 Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, Gabriele, Rv. 254893 Sez. 5, n. 35532 del 25/6/2010, Angelini, Rv. 248129 Sez. 6, n. 7472 del 21/1/2009, Vespoli, Rv. 242916 Sez. 5, n. 8434 del 11/1/2007, Ladiana, Rv. 236255 . La mera apparenza della motivazione, peraltro, è stata individuata nell’assenza dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’”iter logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato da ultimo, Sez. 2, n. 18951 del 14/3/2017, Napoli e altro, Rv. 269656 ed altre prec. conf. 3. Fatta tale premessa, osserva il Collegio come la quasi totalità delle argomentazioni sviluppate in ricorso, ancorché non sempre riferite al mero vizio di motivazione di cui all’art. 606, lett. e cod. proc. pen., anche quando asseritamente riguardano la violazione di legge si risolvono, sostanzialmente, in una critica all’apparato motivazionale posto a sostegno dell’ordinanza impugnata, il che, alla luce della richiamata giurisprudenza, non consente all’atto di impugnazione di superare la soglia dell’ammissibilità. Lo si rileva, infatti, con riferimento al primo motivo di ricorso, ove viene evidenziata la mera apparenza della motivazione del provvedimento con il quale è stata disposta la misura reale per il fatto che il Giudice per le indagini preliminari avrebbe fatto uso della tecnica del copia e incolla , senza alcun apprezzamento critico della richiesta del Pubblico Ministero. Il ricorrente, invero, partendo da tale presupposto e pur riferendosi alla dedotta nullità del decreto di sequestro, si confronta con la motivazione dell’ordinanza solo per porre in evidenza che il Tribunale sarebbe incorso in un errore di valutazione nell’esaminare il provvedimento impugnato, ritenendolo valido pur avendo espressamente riconosciuto che il G.I.P. avrebbe interamente ricopiato la richiesta del Pubblico Ministero. 4. In ogni caso, le considerazioni svolte dai giudici del riesame sul punto appaiono conformi a legge ed adeguatamente motivate, essendosi il Tribunale perfettamente allineato alla giurisprudenza di questa Corte, che ha opportunamente richiamato. L’ordinanza impugnata si riferisce, infatti, ad una recente pronuncia delle Sezioni Unite Sez. U, n. 18954 del 31/3/2016, Capasso, Rv. 266789 , nella quale si è specificato che, nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, le disposizioni concernenti il potere di annullamento del tribunale, introdotte dalla legge 8 aprile 2015, n. 47 al comma nono dell’art. 309 cod. proc. pen., sono applicabili - in virtù del rinvio operato dall’art. 324, comma settimo dello stesso codice - in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale e del sequestro probatorio, nel senso che il tribunale del riesame annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa conf. Sez. 5, n. 51900 del 20/10/2017, Lanza, terzo interessato in proc. Provenzano e altri, Rv. 271413 . Il provvedimento impugnato, nel riconoscere che il G.I.P., pur facendo abbondante uso della tecnica del copia e incolla , utilizzando la richiesta del Pubblico Ministero, avrebbe comunque offerto adeguata motivazione del proprio convincimento ed una valutazione critica degli elementi forniti dal Pubblico Ministero, ha indicato quale elemento di riscontro a quanto sostenuto il fatto che la richiesta della Procura era stata accolta solo in parte, respingendo la contestuale richiesta di misura cautelare personale e concedendo esclusivamente quella reale, ancora una volta facendo espresso riferimento ai principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte. Si è infatti ripetutamente specificato che, in tema di misure cautelari personali, la necessità di un’autonoma valutazione da parte del giudice delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, richiesta dall’art. 292, comma primo, lett. c , cod. proc. pen., così come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, deve ritenersi assolta quando l’ordinanza, benché redatta con la tecnica del c.d. copia-incolla, accolga la richiesta del P.M. solo per talune imputazioni cautelari ovvero solo per alcuni indagati, in quanto il parziale diniego opposto dal giudice o la diversa graduazione delle misure costituiscono, di per sé, indice di una valutazione critica e non meramente adesiva, della richiesta cautelare, nell’intero complesso delle sue articolazioni interne Sez. 2, n. 25750 del 4/5/2017, P.M. in proc. Persano, Rv. 270662. Conf. Sez. 6, n. 51936 del 17/11/2016, Aliperti, Rv. 268523 . Analoghe considerazioni sono state svolte anche con riferimento alle misure cautelari reali Sez. 3, n. 2257 del 18/10/2016 dep. 2017 , P.M. in proc. Burani, Rv. 268800 , testualmente affermando che la legge processuale necessariamente richiede, attraverso la stretta osservanza del canone dell’autonoma valutazione, la quale compete al titolare del potere cautelare di eseguire, che il provvedimento restrittivo contenga una motivazione rafforzata, in punto di valutazione critica degli elementi di prova, imponendo un tale obbligo come requisito di validità dell’atto, obbligo che si sostanzia, quindi, nell’attribuire al compendio indiziario un significato coerente con i fatti sostanziali e/o processuali integranti i presupposti necessari a sostenere il titolo cautelare. Si tratta di considerazioni che, ribadite alla luce delle modifiche al codice di rito introdotte dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, erano state già svolte in precedenza cfr.,anche per i richiami ai precedenti, Sez. 2, n. 8951 del 11/11/2015 dep. 2016 , P.M. in proc. Terzi e altri, Rv. 265833 . 5. Deve conseguentemente riconoscersi che anche in tema di misure cautelari reali la sussistenza di un apprezzamento indipendente da parte del giudice, rispetto agli atti valutativi espressi dai diversi attori processuali, degli elementi posti a fondamento della richiesta può ritenersi dimostrato anche quando, pur facendo ricorso alla tecnica del copia e incolla, questi abbia solo in parte accolto le richieste del Pubblico Ministero - come nel caso di specie ove la richiesta cumulativa di misura è stata rigettata per quella personale ed accolta per quella reale - poiché la scelta operata presuppone necessariamente una analisi critica della domanda cautelare. 6. Anche il secondo motivo di ricorso formula, sostanzialmente, critiche alla motivazione del provvedimento impugnato, pur richiamando formalmente la violazione di legge, lamentando che il Tribunale non avrebbe risposto alle doglianze formulate nel corso dell’udienza di riesame, sulla effettiva natura del sequestro. Va rilevato, a tale proposito, che dall’ordinanza impugnata emerge chiaramente come i giudici del riesame abbiano comunque fornito una risposta implicita alla questione sollevata, dal momento che, nel trattare della sussistenza del periculum in mora, il provvedimento richiama la valutazione complessiva sul rischio di reiterazione del reato formulata dal G.I.P., dando altresì conto del fatto che, pur essendosi interrotti nel 2015 i rapporti tra il ricorrente e gli altri indagati, la consumazione del reato si era protratta fino al 2017, sicché doveva ritenersi giustificata la misura reale. La natura del sequestro risulta, pertanto, chiaramente individuata dal Tribunale e ben compresa anche dal ricorrente, che sul fumus del reato ed il periculum ha ampiamente interloquito nei motivi di ricorso. 7. Il terzo motivo di ricorso, diversamente dai precedenti, pure caratterizzati da inammissibili censure riferite alla motivazione, nonostante espliciti richiami alla violazione di legge, richiama espressamente più volte l’art. 606, lett. e cod. proc. pen., facendo riferimento alla contraddizione argomentativa in cui sarebbero incorsi i giudici del riesame, formulando quindi censure inammissibili sulla base di quanto in precedenza rilevato. In ogni caso, anche sul punto il Tribunale ha motivato, dando conto di un dato fattuale, evidenziando, cioè, che alla data dell’accertamento il ricorrente non risultava indagato, circostanza, questa, la quale, al di là dei riferimenti ad altre attività di indagine indicate in ricorso, andava eventualmente confutata con adeguata documentazione potendo, in primo luogo, essere desunta dalla data di iscrizione dell’indagato nel registro della Procura, alla quale il ricorso non fa alcun riferimento o dal formale provvedimento di riunione di diverso procedimento cui pare riferirsi il ricorrente nel richiamare un procedimento penale recante numero diverso da quello desumibile dall’intestazione dell’ordinanza impugnata. In entrambi i casi, dunque, l’affermazione dei giudici del riesame poteva essere agevolmente smentita attraverso una produzione documentale attestante l’una o l’altra evenienza, cosa che, nel caso di specie, non è avvenuto. Il motivo di ricorso, inoltre, si riferisce agli accertamenti tecnici di cui pone in dubbio l’utilizzabilità, individuandoli più volte come effettuati indifferentemente ai sensi dell’art. 359 cod. proc. pen. ovvero ai sensi dell’art. 360 cod. proc. pen. senza alcuna distinzione, segnalando l’assenza di avvisi a tutti gli indagati, non necessaria, tuttavia, per quelli ripetibili disciplinati dall’art. 359 cod. proc. pen., questionando poi sulla utilizzabilità, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. pen., sicché la formulazione in maniera perplessa del motivo di ricorso ne evidenzia il difetto di specificità quale ulteriore causa di inammissibilità dello stesso. 8. Anche il Quarto motivo di ricorso, attinente alla sussistenza del fumus del reato, è caratterizzato, come gli altri, dal solo formale richiamo alla violazione di legge, essendo in realtà riferito al vizio di motivazione, in quanto già in premessa si osserva come l’apparato argomentativo poso a sostegno del provvedimento risulta palesemente privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal Tribunale a sostegno di una pronuncia di conferma dell’ordinanza applicativa , richiamando successivamente l’art. 606, lett. e cod. proc. pen. ed analizzando criticamente la motivazione dell’ordinanza sul punto. In realtà, anche sulla sussistenza del fumus l’ordinanza motiva più che adeguatamente, riportando testualmente stralci di conversazioni intercettate, dall’inequivocabile contenuto e spiegando nel dettaglio quali fossero le condotte poste in essere dall’indagato ed il suo fattivo contributo all’attività illecita posta in essere dagli altri indagati. 9. Infine, anche il quinto motivo di ricorso non presenta caratteristiche diverse dai precedenti, riguardando, ancora una volta, anche per ciò che concerne il periculum in mora, in maniera evidente, il solo vizio di motivazione. Anche sul punto, comunque, la motivazione del Tribunale è esaustiva e non può certo ritenersi meramente apparente, avendo fornito adeguata risposta alle doglianze formulate con l’istanza di riesame. 10. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.