Il contratto preliminare non ha natura esclusiva ai fini del momento consumativo del reato di circonvenzione di incapace

In tema di delitto di circonvenzione di incapaci attraverso la stipula di un contratto preliminare, al quale è seguita la conclusione del contratto definitivo, il reato assume la forma tipica del reato a consumazione frazionata poiché più episodi dannosi si consumano in danno della medesima vittima ad opera dello stesso autore .

Lo ha ribadito la Cassazione con sentenza n. 35446/18, depositata il 25 luglio. Il fatto. La Corte d’Appello di Torino, in parziale riforma della decisione di prime cure, dichiarava non doversi procedere nei confronti degli imputati in ordine ai fatti di circonvenzione di incapace agli stessi contestati limitatamente alla stipula del contratto preliminare perché estinti per prescrizione e rideterminava la pena in relazione ai soli episodi del reato contestato relativi alla conclusione del contratto definitivo. Detta decisione è oggetto del ricorso per cassazione promosso dagli imputati. Tra le varie doglianze entrambi i ricorrenti deducono la natura esclusiva del contratto preliminare ai fini dell’individuazione del momento consumativo del reato posto che la stipula del preliminare comportava già effetti dannosi per la persona offesa e doveva essere l’unico momento rilevante per la consumazione, in ragione di ciò dalla dichiarazione di estinzione per prescrizione avrebbe dovuto conseguire la prescrizione dell’intera ipotesi contestata anche in relazione alla residua imputazione relativa alla conclusione del contratto definitivo. Circonvenzione di incapace sia nel preliminare che nel definitivo. Per risolvere la questione la Cassazione ha evidenziato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, alla stipula del contratto preliminare sono già ricollegabili possibili effetti pregiudizievoli idonei alla configurabilità del reato di circonvenzione di incapace, ai sensi dell’art. 643 c.p., ma ciò non contrasta con la natura traslativa e, quindi, ulteriormente dannosa del contratto definitivo. Sul punto deve ribadirsi che in presenza di stipula da parte di soggetto ritenuto incapace di preliminare e successivo definitivo, il delitto di circonvenzione di persone incapace assume la forma tipica del delitto a consumazione frazionata poiché più episodi dannosi si consumano in danno della medesima vittima ad opera dello stesso autore . Infatti entrambi i negozi giuridici possono produrre un effetto dannoso per la vittima incapace e sono idonei a configurare il reato di circonvenzione di incapace poiché se il preliminare fa sorgere obblighi, il definitivo comporta un effetto traslativo delle proprietà nel caso di vendita, con la conseguenza che ove vengano stipulati entrambi si profila una prosecuzione delle condotta delittuosa in distinti momenti entrambi poi rilevanti ai fini della individuazione delle data del commesso reato e quindi del momento inziale da cui far decorrere il termine prescrizionale . In applicazione dei citati principi la Cassazione ha ritenuto infondata la doglianza dei ricorrenti e, ritenendo inammissibili anche le restanti censure, ha rigettato il ricorso con condanna delle parti ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 – 25 luglio 2018, n. 35446 Presidente Prestipino – Relatore Pardo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza in data 27 ottobre 2016 la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Torino 15-7-2014, dichiarava non doversi procedere nei confronti di V.V. e C.R. in ordine ai fatti di circonvenzione di incapace agli stessi rispettivamente contestati ai capi a , c e b , limitatamente alla stipula del contratto preliminare perché estinti per prescrizione, e rideterminava la pena quanto agli altri episodi sempre contestati al capo b in anni 2, mesi 4 di reclusione ed Euro 800,00 di multa quanto al V. ed in anni 1, mesi 4 di reclusione ed Euro 400,00 di multa per il C. . 1.2 Avverso detta pronuncia proponevano ricorso per cassazione gli imputati. V. deduceva - violazione dell’art. 606 lett. b ed e cod.proc.pen. con riguardo alla mancata declaratoria di prescrizione del fatto contestato al capo b poiché la corte aveva operato una indebita scissione del reato distinguendo il momento di stipula del preliminare da quello di conclusione del contratto definitivo, mentre avrebbe dovuto ritenere rilevante soltanto il primo momento e, conseguentemente, dichiarare l’estinzione per prescrizione dell’intera ipotesi contestata posto che la stipula del preliminare comportava già effetti dannosi per la persona offesa che era esposto al pericolo di perdere il bene mentre il definitivo assumeva soltanto una funzione di post factum non punibile 1.3 C.R. lamentava - violazione dell’art. 606 lett. e con riguardo alla affermazione di responsabilità per il delitto di cui all’art. 643 cod.pen. di cui mancavano gli elementi costitutivi in particolare la corte aveva omesso di motivare sulla possibilità alternativa che era stata prospettata in appello, sulla rilevanza della partecipazione agli atti dei familiari della G. , aveva espresso una illogica valutazione della consulenza M. così come illogica era la conclusione circa gli effetti pregiudizievoli dell’atto sia in relazione ai valori del terreno di cui al capo a che con riguardo all’abitazione. Inoltre censurabili, perché illogici, erano i passaggi relativi ai pagamenti che erano stati effettuati dal ricorrente senza che vi fosse prova alcuna del concorso con il V. . Ancora, si lamentava difetto di motivazione quanto alla prova dello stato di minorazione psichica non essendovi stato di incapacità né indebolimento delle capacità cognitive e neppure prova della percezione soggettiva di un simile stato da parte del ricorrente. A tal proposito, si ricostruiva il contenuto di varie deposizioni testimoniali assunte nel corso dell’istruttoria tutte conformi nell’evidenziare le condizioni della G. che coincidevano con le valutazioni del consulente tecnico di parte, tuttavia del tutto omesse nella pronuncia di appello. Con il secondo motivo, lamentava erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 643 cod.pen. in riferimento alla mancata declaratoria di prescrizione poiché, perfezionandosi il delitto al momento di stipula del preliminare, a tale data doveva cristallizzarsi il momento consumativo con conseguente obbligo di dichiarare la prescrizione sopravvenuta anche in relazione alla residua imputazione di cui al capo b . Con motivi aggiunti la difesa del C. insisteva nell’escludere che alla data del 2007 sussistesse alcuna condizione di incapacità, sottolineando ancora come ai preliminari avesse partecipato anche il marito della presunta vittima, e specificava ancora la mancanza di prova circa la consapevolezza del C. di profittare di tale stato che non poteva essere affermato indiscriminatamente per un lungo arco temporale. Si esponeva che la pronuncia impugnata era caratterizzata da un acritico recepimento delle conclusioni del consulente tecnico del P.M. che però aveva visitato la donna a distanza di anni dai fatti ed in presenza di un sicuro aggravamento. Inoltre, la sentenza impugnata non aveva tenuto conto che per la configurabilità del delitto è necessario accertare una incisiva menomazione delle capacità. Quanto al secondo motivo principale, richiamato l’orientamento giurisprudenziale di questa sezione circa la natura di reato di pericolo dell’art. 643 cod.pen., si insisteva nel dedurre l’avvenuta consumazione del fatto già alla stipula del preliminare di compravendita immobiliare e la conseguente necessità di dichiarare la prescrizione dell’intero fatto-reato. Considerato in diritto 2.1 I ricorsi sono manifestamente infondati e devono, pertanto, essere dichiarati inammissibili. Quanto al motivo con il quale si lamenta violazione di legge per mancata declaratoria di prescrizione del fatto contestato al capo b , va innanzi tutto esclusa fondatezza alla doglianza proposta dal V. e dal C. nei motivi aggiunti, nella parte in cui si denuncia violazione di legge quanto alla scissione operata dalla corte di appello tra momento di stipula del preliminare ed atto definitivo. La corte di appello, infatti, nell’ambito del propri poteri di accertamento, ha evidenziato come la vicenda relativa alla vendita della casa di Moncalieri si sia scissa in plurimi momenti e, proprio accogliendo relativi motivi di appello, ha individuato un primo fatto costitutivo la condotta delittuosa, nella conclusione del contratto preliminare ed, uno successivo, nella stipula del definitivo. Operando tale scissione non vi è stata alcuna immutazione del fatto poiché l’imputazione fa chiaramente riferimento alla data del 22 maggio 2009 e quindi ad un momento consumativo proprio coincidente con quello della conclusione del definitivo trasferimento. Anche la doglianza proposta con riguardo alla natura esclusiva del preliminare ai fini della individuazione del momento consumativo, proposta in entrambi i ricorsi, è manifestamente infondata appare infatti evidente che la giurisprudenza di questa corte abbia certamente ricollegato già alla stipula del contratto preliminare possibili effetti pregiudizievoli idonei ad essere valutati ai sensi dell’art. 643 cod.pen. ma, ciò, senza negare la natura traslativa e quindi ulteriormente dannosa di un contratto definitivo di vendita. Deve infatti essere ribadito che in presenza di stipula da parte di soggetto ritenuto incapace di preliminare e successivo definitivo, il delitto di circonvenzione di persone incapaci assume la forma tipica del delitto a consumazione frazionata poiché più episodi dannosi si consumano in danno della medesima vittima ad opera dello stesso autore. E poiché ciascuno dei suddetti negozi giuridici comporta effetti dannosi per la vittima incapace, il preliminare perché da esso sorgono obblighi, ed il definitivo poiché ad esso è collegato l’effetto traslativo della proprietà ove si tratti di vendita, ciascuno di essi è idoneo ad integrare l’ipotesi di cui all’art. 643 cod.pen., con la conseguenza che ove vengano stipulati entrambi si profila una prosecuzione della condotta delittuosa in distinti momenti entrambi poi rilevanti ai fini della individuazione della data del commesso reato e quindi del momento iniziale da cui far decorrere il termine prescrizionale. Anche sotto tale profilo pertanto deve negarsi qualsiasi violazione di legge nella impugnata sentenza. 2.2 Inammissibili perché manifestamente infondati sono tutte le doglianze contenute nel motivo del ricorso C. e nei motivi aggiunti, con i quali si deduce difetto di motivazione e travisamento delle prove. Invero va ricordato come il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta doppia conforme , e cioè di condanna in primo e secondo grado, sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Rv 256837 . Inoltre ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello di conferma si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595 . Nel caso in esame non si ravvisa né il presupposto della valutazione da parte del giudice di appello di un differente materiale probatorio utilizzato per rispondere alle doglianze proposte avverso la sentenza di primo grado né, tantomeno, il dedotto macroscopico travisamento dei fatti denunciabile con il ricorso per cassazione. In particolare, il giudice di merito, ha già risposto con adeguata motivazione a tutte le osservazioni della difesa dell’imputato che in sostanza ripropongono motivi di fatto osservando che il compendio probatorio a carico del C. e del correo è costituito da plurimi elementi dai quali desumere sia lo stato di circonvenibilità della vittima sia la natura pregiudizievole degli atti compiuti. Quanto al primo elemento, la corte di appello pagina 16 della motivazione della sentenza impugnata , ha evidenziato il dato assai rilevante della intervenuta interdizione della vittima, evidentemente ritenuta totalmente incapace, che sebbene successiva ai fatti è comunque dato decisivo ove si tenga conto della natura delle patologie sofferte. Alle successive pagine 18 e seguenti della sentenza, il giudice di appello ha adeguatamente dato atto di tutte le risultanze probatorie sul punto delle condizioni psichiche della vittima sottolineando lo stato di vulnerabilità e fragilità della stessa affetta da deficit cognitivo e comunque soggetto in una situazione di deprivazione sociale molto grave che evidentemente affliggeva la stessa. E la pronuncia ha ampiamente confutato le argomentazioni della consulenza della difesa, riproposte con i motivi aggiunti, facendo anche riferimento a plurimi precedenti di questa corte secondo cui Sez. 2, 3209 del 20/12/2013, Rv 258537 il delitto di circonvenzione di incapace non esige che il soggetto passivo versi in stato di incapacità di intendere e di volere, essendo sufficiente anche una minorata capacità psichica, con compromissione del potere di critica ed indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l’altrui opera di suggestione espressione. Difatti, secondo a tre pronunce di contenuto analogo Sez. 2, n. 6971 del 26/01/2011, Rv. 249662 , l’integrazione della fattispecie criminosa della circonvenzione di persone incapaci non richiede che il soggetto passivo versi in stato di incapacità di intendere e di volere, essendo sufficiente che esso sia affetto da infermità psichica o deficienza psichica, ovvero da un’alterazione dello stato psichico, che sebbene meno grave dell’incapacità, risulti tuttavia idonea a porlo in uno stato di minorata capacità intellettiva, volitiva od affettiva che ne affievolisca le capacità critiche. Ancora, l’elemento oggettivo del delitto di circonvenzione, è stato ricollegato ad ogni soggetto in stato di deficienza psichica, intendendosi per tale sia una alterazione dello stato mentale, ontologicamente meno grave e aggressiva dell’infermità, dipendente da particolari situazioni fisiche età avanzata, fragilità di carattere , o da anomale dinamiche relazionali, idonee a determinare una incisiva menomazione delle facoltà intellettive e volitive, inficiando il potere di autodeterminazione, di critica e di difesa del soggetto passivo dall’altrui opera di suggestione Sez. 2, n. 36424 del 26/05/2015, Rv. 264591 . Pertanto, errata, sotto il solo profilo di stretto diritto, deve ritenersi l’affermazione, secondo la quale uno degli elementi materiali del reato sarebbe l’incapacità d’intendere e volere, laddove è sufficiente la lettura dell’art. 643 cod.pen. per avvedersi che così non è atteso che la norma richiede una infermità psichica o la deficienza psichica ossia un’alterazione dello stato psichico che, sebbene meno grave della infermità, tuttavia, è comunque idonea a porre il soggetto passivo in uno stato di minorata capacità in quanto le sue capacità intellettive, volitive o affettive, fanno scemare o diminuire il pensiero critico. Proprio in tale solco si inseriscono quelle ulteriori pronunce Sez. 2, n. 18644 del 23/04/2009 Rv. 244446 secondo cui integra pure il requisito dello stato di deficienza psichica della persona offesa del delitto di circonvenzione di incapace anche una minorata capacità psichica, con compromissione del potere di critica e indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l’altrui opera di suggestione quale ad esempio una passione incontrollabile e inconfessabile per altro soggetto. Ne deriva affermare che secondo l’orientamento di questa Corte, che il collegio condivide, lo stato di deficienza psichica del soggetto passivo richiesto per la configurabilità del reato di circonvenzione, anche inteso quale presupposto oggettivo, non è quello di una completa assenza delle facoltà mentali o di una totale mancanza della capacità di intendere e di volere, pur momentanea, essendo sufficiente una minorata capacità psichica, uno stato di deficienza del potere di critica e di indebolimento di quello volitivo tale da rendere possibile l’altrui opera di suggestione, o tale da agevolare l’attività di induzione svolta dal soggetto attivo per raggiungere il suo fine illecito e tale è il principio cui i giudici di merito si sono adeguati nel caso di specie. Quanto agli altri elementi del fatto e della condotta pure contestati, quali la conoscibilità dello stato di minorata capacità, la corte di appello prende specificamente in considerazione tale aspetto a pagina 20 e seguenti della impugnata sentenza sicché appare evidente non sussistere il lamentato difetto di motivazione facendo riferimento a dati di fatto ricavati dall’istruzione probatoria ed in particolare ai plurimi incontri, alle modalità di pagamento, alla convenzione relativa ai lavori da effettuare sull’immobile, il giudice di secondo grado ha concluso per l’abuso delle condizioni da parte di entrambi gli imputati ed anche del C. ed ha poi proceduto ad analizzare specificamente le sproporzioni tra i valori degli immobili ed i prezzi pattuiti tra le parti. E si è sottolineato, in maniera del tutto conducente rispetto all’imputazione e tale da confutare la fondatezza delle doglianze difensive, che gli stessi pagamenti convenuti ebbero modalità tali da apparire palesemente truffaldini pagina 21 perché effettuati in favore di soggetti legati al C. od in favore del V. Le conclusioni circa la responsabilità dei ricorrenti risultano quindi adeguatamente giustificate dai giudici di merito attraverso una puntuale valutazione delle prove, che ha consentito una ricostruzione del fatto esente da incongruenze logiche e da contraddizioni. Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile. Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186 , al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro duemila ciascuno a favore della cassa delle ammende i ricorrenti, inoltre, vanno anche condannati alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile G.A. che si liquidano in Euro 3510,00 oltre spese generali nella misura del 15%, CPA ed IVA. P.Q.M. dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro duemila a favore della cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile G.A. che liquida in Euro 3510,00 oltre spese generali nella misura del 15%, CPA ed IVA. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi.