Avvocato condannato per patrocinio infedele. Ma in realtà gran parte della somma gli era dovuta come compenso

Un avvocato, inizialmente condannato per patrocinio infedele per essersi appropriato della somma dovuta al proprio cliente in virtù della sentenza civile del Giudice di Pace, ottiene il riconoscimento della non punibilità per tenuità del fatto, poiché gran parte dei soldi gli erano dovuti come compenso professionale.

Sul tema la sentenza della Cassazione n. 34944/18, depositata il 23 luglio. Il caso. La Corte d’Appello di Trento confermava la sentenza del Tribunale di Bolzano che aveva condannato un avvocato per il reato di patrocinio infedele ex art. 380 c.p Veniva infatti accertato che l’imputato, patrocinando una carrozzeria nell’ambito di una controversia civilistica dinanzi al Giudice di Pace, aveva trattenuto per sé la somma fissata dal GdP con sentenza provvisoriamente esecutiva e versata a sue mani dal soccombente. L’avvocato ricorre per la cassazione della sentenza. Sussistenza del reato. In primo luogo il ricorrente sostiene la violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato posto che nel capo d’imputazione si faceva riferimento all’appropriazione di una somma riconosciuta da sentenza non ancora passata in giudicato, seppur provvisoriamente esecutiva, mentre la sentenza era ormai divenuta irrevocabile. La censura risulta infondata posto che, a prescindere dal fatto che l’appropriazione delle somme sia avvenuta prima o dopo il passaggio in giudicato della sentenza che ne riconosceva la titolarità, correttamente i giudici di merito hanno accertato che il ricorrente abbia commesso il fatto in veste di difensore della carrozzeria e per la specifica somma oggetto di statuizione giudiziaria, nell’ambito della medesima causa civile. E’ inoltre ininfluente ai fini della contestazione dell’infedeltà dell’avvocato, la deduzione circa il mancato conferimento dell’incarico per il procedimento di esecuzione posto che, in primis , il pagamento era effettuato in esecuzione di una sentenza provvisoriamente esecutiva resa nel giudizio in cui egli aveva patrocinato la persona offesa e, in secundis , il procedimento di esecuzione non poteva comunque essere avviato posto che il soccombente aveva spontaneamente dato esecuzione all’ordine di pagamento a base del titolo esecutivo. Non punibilità. L’unica doglianza fondata risulta quella relativa al quantum della somma oggetto di appropriazione atteso che gran parte delle somme oggetto dell’ordine di pagamento si riferivano ad onorari e spesi di giudizio a cui il ricorrente aveva diritto. Trova dunque accoglimento la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131- bis c.p Ed infatti, in relazione alla circostanza per cui la Corte di merito, a fronte della medesima richiesta, abbia erroneamente valorizzato elementi quali l’entità della somma appropriata, i crediti vantati dall’avvocato per la prestazione professionale ed il fatto che egli aveva successivamente provveduto al versamento della somma al proprio cliente, seppur in ritardo, la Cassazione ritiene configurabile nel caso di specie un’ipotesi di particolare tenuità del fatto ed annulla senza rinvio la sentenza impugnata per la non punibilità del fatto.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 8 giugno – 23 luglio 2018, n. 34944 Presidente Fidelbo – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano, ha confermato la sentenza del 5 luglio 2016, con la quale il Tribunale di Bolzano ha condannato T.L. alla pena di legge per il reato di cui all’art. 380 cod. pen. Secondo la contestazione, T., quale avvocato difensore della carrozzeria Oberhammer Alfred s.n.c. nell’ambito di una controversia di natura civilistica dinanzi al giudice di Pace di Monguelfo, non avrebbe salvaguardato gli interessi del patrocinato ricevendo dalla controparte della causa e, quindi, non versando alla carrozzeria patrocinata la somma di 1389,00 Euro, riconosciuta dal Giudice di Pace con la sentenza provvisoriamente esecutiva del 14 gennaio 2011. A sostegno del decisum , la Corte ha rilevato che il T. era legale della carrozzeria non solo per il processo di merito, ma anche per il procedimento di esecuzione, di tal che era certamente patrocinatore all’atto dell’appropriazione indebita del denaro, avvenuta dopo il passaggio in giudicato della sentenza. 2. T.L. ricorre avverso la sentenza con atto a firma del difensore di fiducia e ne chiede l’annullamento per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen 2.1. Con il primo motivo, il ricorrente eccepisce la violazione di legge processuale in relazione all’art. 521 cod. proc. pen., per avere i Giudici di merito condannato T. in ordine ad un fatto,diverso da quello oggetto di contestazione, là dove nel capo d’imputazione si fa riferimento all’appropriazione di una somma oggetto di riconoscimento di una sentenza non ancora passata in giudicato, seppure provvisoriamente esecutiva, e non anche di una sentenza ormai divenuta irrevocabile all’atto della condotta commessa il 4 luglio 2011, dopo il passaggio in giudicato della decisione, avvenuto il 27 maggio 2011 . 2.2. Con il secondo motivo, la difesa rileva la violazione di legge penale in relazione all’art. 380 cod. pen., per avere la Corte errato nel ritenere integrato il reato sebbene, all’atto della commissione del presunto illecito, l’imputato non potesse ritenersi patrocinatore della carrozzeria, dal momento che non gli era stato conferito l’incarico defensionale per il procedimento di esecuzione, ancora non formalmente iniziato, né destinato ad iniziare visto l’ottemperamento al dispositivo da parte del debitore. La diesa aggiunge come il presunto comportamento illecito del difensore sia comunque avvenuto in una situazione nella quale non sussisteva la pendenza del procedimento giudiziale , prescritta dalla fattispecie incriminatrice. 2.3. Con l’ultimo motivo, T. censura il percorso logico argomentativo della sentenza per avere la Corte omesso di dare risposta alla deduzione mossa nell’atto d’appello in ordine all’assenza di un qualunque danno per la patrocinata, là dove il procedimento dinanzi al Giudice di Pace si era concluso con l’accoglimento di tutte le richieste avanzate. D’altra parte, il ricorrente rimarca che, contrariamente a quanto ritenuto dal Collegio di merito, la somma oggetto di appropriazione ammonta a 498 Euro e non anche a 1390 Euro, atteso che 564 Euro sono imputabili ad onorari e spese di giudizio dovuti all’imputato, come pacificamente evidenziato in sentenza. Ciò a tacer del fatto che T. era comunque creditore nei confronti della carrozzeria di somme relative a precedenti onorari. L’impugnante si duole, infine, del rigetto della richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., motivato dalla Corte in relazione al rilevante ammontare del danno, invece come testé evidenziato - erroneamente commisurato dai Giudici della cognizione, evidenziando altresì che la persona offesa ha rimesso la querela a seguito del compiuto risarcimento del danno. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni di seguito esposti. 2. È palesemente destituito di fondamento il primo motivo con il quale T. ha eccepito la violazione del principio di necessaria correlazione fra contestazione e sentenza di cui all’art. 521 cod. proc. pen 2.1. Al riguardo, giova rammentare come possa ritenersi integrata una violazione del principio invocato dalla difesa qualora il giudice pronunci condanna in relazione ad una fattispecie concreta, nella sua dimensione storico-fattuale, diversa da quella descritta nel decreto che dispone il giudizio ovvero risultante all’esito delle contestazioni suppletive. Secondo l’insegnamento di questa Suprema Corte, espresso anche a Sezioni Unite, per aversi mutamento del fatto occorre difatti una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’ iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051 . 2.2. Sulla scorta delle sopra delineate coordinate ermeneutiche, nessuna violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza è ravvisabile nel caso in oggetto, atteso che, a prescindere dal fatto che l’appropriazione delle somme di pertinenza della cliente sia avvenuta prima o dopo il passaggio in giudicato della sentenza che statuiva in ordine alla causa civile, non è revocabile in dubbio che T. abbia commesso la condotta nella veste di difensore della carrozzeria Oberhammer Alfred s.n.c. della specifica somma 1389,00 Euro oggetto di statuizione in sentenza, nell’ambito di quella causa civile decisa dal giudice di Pace di Monguelfo. La circostanza che l’appropriazione - secondo la ricostruzione dei fatti compiuta dai Giudici della cognizione - sia stata commessa in un momento storico piuttosto che in un altro non intacca il fulcro storico-fattuale della vicenda criminosa ed esclude che il ricorrente possa aver avuto una qualunque incertezza in merito ai fatti dei quali veniva accusato e possa avere subito un vulnus al suo diritto di difendersi nel processo. 3. È inammissibile anche il secondo motivo giusta la manifesta infondatezza della deduzione. 3.1. Deve invero essere rimarcato come, secondo la ricostruzione storica dei fatti sub iudice , è pacifico che T. si sia appropriato della somma versata a sue mani dal soccombente in esecuzione della statuizione del giudice nel procedimento di merito e, tenuto conto che la sentenza era comunque provvisoriamente esecutiva, si appalesa del tutto irrilevante che l’appropriazione indebita sia avvenuta dopo il sopravvenuto passaggio in giudicato della sentenza, atteso che egli ricevette le somme, quale legale della parte vincitrice di quella causa, in ottemperanza all’ordine già esecutivo fissato nel dispositivo, appropriandosene in violazione dei doveri professionali. 3.2. Eccentrico al thema probandum , in quanto ininfluente ai fini della contestata infedeltà ai doveri professionali, è poi l’aspetto concernente il mancato conferimento dell’incarico defensionale per il procedimento di esecuzione atteso che, come già precisato, da un lato, il pagamento veniva disposto in esecuzione della sentenza provvisoriamente esecutiva resa nel procedimento nell’ambito del quale l’imputato era difensore della carrozzeria dall’altro lato, il procedimento di esecuzione non avrebbe mai potuto prendere avvio proprio in considerazione del fatto che - come ammesso dallo stesso ricorrente - la parte soccombente aveva spontaneamente dato esecuzione all’ordine di pagamento posto a base del titolo esecutivo. 4. Come anticipato, coglie di contro nel segno l’ultimo motivo. 4.1. Secondo la ricostruzione della vicenda compiuta dai giudici della cognizione, la somma oggetto di appropriazione da parte del T. ammonta a 498 Euro e non a 1390 Euro, atteso che, come pacificamente evidenziato in sentenza, la gran parte delle somme oggetto dell’ordine di pagamento si riferisce ad onorari e spese di giudizio dovuti all’imputato quale patrocinatore. 4.2. Ritiene la Corte che, nel verificare la sussistenza dei presupposti dell’invocata causa di non punibilità, il Collegio di merito abbia trascurato di considerare aspetti rilevanti che pure erano stati valorizzati dal ricorrente, quali il reale - e di gran lunga inferiore - ammontare della somma oggetto di appropriazione, i crediti vantati dal T. in relazione a precedenti prestazioni professionali onorari nonché la circostanza che il legale provvedeva successivamente a versare le somme alla patrocinata, sia pure in ritardo rispetto al momento della ricezione. Elementi tutti che, siccome emergenti dalla lettura delle decisioni dei Giudici di merito, ritiene la Corte possano essere positivamente valutati ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità in oggetto, anche in questa fase del procedimento. 4.3. Ed invero, come ha di recente chiarito anche il più ampio consesso di questa Corte, il potere di qualificazione giuridica del fatto è connaturale all’esercizio della giurisdizione, di tal che compete al giudice in tutte le fasi ed in tutti i gradi del processo il controllo di legalità sui risultati delle indagini nella loro totalità, che non può intendersi in senso restrittivo come individuazione del solo corretto nomen iuris da attribuire al fatto, ma investe anche gli elementi accidentali e la concreta punibilità del soggetto imputato anche ai fini dell’art. 131-bis cod. pen. Sez. U, n. Sez. 20569 del 18/01/2018, PM in proc. Ksouri, Rv. 272715 . Ciò restando fermo che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis cod. pen., nel giudizio di legittimità, può essere ritenuta, senza rinvio del processo nella sede di merito, in presenza di un ricorso ammissibile, anche se esclusa nel giudizio di appello, a condizione che i presupposti per la sua applicazione siano immediatamente rilevabili dagli atti e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali a tal fine Sez. 1, n. 27752 del 09/05/2017, Menegotti, Rv. 270271 . 4.4. Tanto premesso, stima la Corte che, tenuto conto degli elementi sopra tratteggiati nel paragrafo 4.1 entità dell’appropriazione, contesto e dinamica del rapporto di dare-avere fra legale e cliente e condotta susseguente serbata dall’imputato possa ritenersi integrata un’ipotesi di particolare tenuità del fatto, con la conseguenza che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio. P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è punibile per particolare tenuità.