Per l’interdetto l’esercizio del diritto di opposizione alla richiesta di archiviazione è esercitato dal tutore

La persona offesa minore, interdetta per infermità di mente o inabilitata esercita le facoltà e i diritti a essa attribuiti a mezzo del genitore, del tutore e del curatore speciale.

Sul punto è tornata la Corte di Cassazione con sentenza n. 31659/18 depositata l’11 luglio. La vicenda. Il GIP del Tribunale di Pistoia archiviava il procedimento iscritto nei confronti di ignoti per il reato cagionato in danno di un ragazzo interdetto, previa declaratoria di inammissibilità dell’opposizione alla richiesta di archiviazione proposta dal padre dell’interdetto. Il Giudice argomentava che l’unico soggetto legittimato ad esercitare i diritti processuali del ragazzo era la madre, nominata tutore dal giudice tutelare in tal senso, il padre propone ricorso in Cassazione. L’esercizio dei diritti processuali dell’interdetto. L’opposizione alla richiesta di archiviazione rientra, come la querela, tra gli atti strettamente personali spettanti alla persona offesa dal reato, titolare dell’interesse la lesione o l’esposizione a pericolo protetto dalla norma. Qualora la persona offesa non abbia le qualità necessarie per gestire direttamente i propri diritti e facoltà, perché minore, interdetto, incapace naturale, l’esercizio di essi è riconosciuto, ex artt. 90 c.p.p. e 120 c.p., al genitore e al tutore, in quanto e in particolare il soggetto nominato tutore è il rappresentante legale della persona maggiorenne dichiarata interdetta per infermità mentale e come tale nominato a proteggere gli interessi del tutelato, attraverso l’esercizio esclusivo dei suddetti diritti. Pertanto, il ricorso presentato dal padre è rigettato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 4 aprile – 11 luglio 2018, n. 31659 Presidente Blaiotta – Relatore Tornesi Ritenuto in fatto 1. Con provvedimento emesso in data 5 aprile 2017 il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Pistoia ha archiviato il procedimento iscritto nei confronti di ignoti per il reato di cui all’art. 590 cod. pen. commesso in danno di C.S. , previa declaratoria di inammissibilità della opposizione alla richiesta di archiviazione proposta dal padre di quest’ultimo, C.U. . Il Giudice, dopo avere premesso che C.S. al momento dei fatti aveva già raggiunto la maggiore età ed era stato dichiarato interdetto, ha argomentato nel senso che l’unico soggetto legittimato ad esercitare i suoi diritti processuali, ai sensi dell’art. 90 comma 2, cod. proc. pen. è esclusivamente A.L.C.C. , madre del predetto, in quanto nominata tutore dal giudice tutelare con provvedimento del 13 settembre 2012. 2. C.U. propone ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo il vizio di violazione di legge artt. 90, comma 2, cod. proc. pen. e 120 cod. pen. in relazione alla ritenuta carenza di legittimazione a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione e a rivestire la qualità di persona offesa nell’ambito del procedimento de quo. 3. Il Sostituto Procuratore Generale in Sede, dott. G. Pratola, nella requisitoria scritta, ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato in quanto il provvedimento impugnato offre una lettura corretta della disciplina normativa in subiecta materia. 2. Si premette che l’opposizione alla richiesta di archiviazione rientra, al pari della querela, nell’ambito degli atti strettamente personali spettanti alla persona offesa dal reato che è il titolare dell’interesse direttamente protetto dalla norma incriminatrice, la lesione o l’esposizione a pericolo del quale costituisce l’essenza del reato mentre il danneggiato dal reato, titolare di interessi che solo in via eventuale viene pregiudicato dall’azione delittuosa, è legittimato a esercitare l’azione civile nel processo penale. 2.1. Il sistema processuale garantisce la persona eventualmente sprovvista delle qualità necessarie per gestire direttamente i propri diritti e facoltà minore, interdetto, inabilitato, incapace naturale operando una dissociazione tra titolarità del diritto e suo esercizio. 2.2. L’art. 120 cod. pen. stabilisce, al secondo comma, per i minori infraquattordicenni e per gli interdetti, che l’esercizio del diritto di querela è esercitato dal genitore e dal tutore. La legge stabilisce, dunque, per queste due categorie di soggetti, la presunzione, iuris et de iure, che chi non ha compiuto la predetta età o chi versi in una situazione di infermità di mente tale da dar luogo alla dichiarazione di interdizione non sia in grado di autodeterminarsi consapevolmente e volontariamente. 2.3. Il soggetto nominato tutore è il rappresentante legale della persona maggiorenne dichiarata interdetta per infermità di mente e, in quanto tale, deputato a proteggere gli interessi della persona tutelata, e legittimata ad esercitare, in via esclusiva, i diritti di cui al combinato disposto degli artt. 90 cod. proc. pen. e 120 cod. pen 3. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.