L’onere di diligenza del difensore in caso di invio a mezzo fax dell’istanza di legittimo impedimento

In virtù dell’art. 121 c.p.p. l’unica modalità per le parti di presentazione delle memorie e delle richieste rivolte al giudice è il deposito in cancelleria, mentre il ricorso al telefax è riservato ai funzionari di cancelleria.

Al riguardo si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 30658/18 depositata il 6 luglio. La vicenda. La Corte d’Appello condannava l’imputato perché, quale legale rappresentante della ditta presso la quale lavorava, ometteva di fornire la documentazione relativa ad una dipendente e richiesta dalla Direzione del Lavoro. Avverso tale sentenza di secondo grado l’imputato propone ricorso, censurando l’omessa valutazione da parte del giudice del legittimo impedimento del difensore, presentata a mezzo fax. I requisiti per l’invio dell’istanza. Ribadito che l’omessa valutazione dell’istanza di rinvio dell’udienza determina il difetto di assistenza dell’imputato, occorre considerare la questione se sia possibile o meno inoltrarla via fax e, in caso di risposta positiva, se sia onere del difensore accertarsi del regolare arrivo del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice competente. Sul punto gli Ermellini ricordano che è viziata da nullità assoluta, insanabile e rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo, la sentenza emessa senza che il giudice si sia pronunciata sull’istanza di rinvio per legittimo impedimento a comparire, trasmessa via fax, dovendosi riconoscere alla parte privata la possibilità di avvalersi di tale modalità di trasmissione con l’obbligo di diligenza del difensore di accertarsi del regolare invio del fax con l’inoltro al giudice. Ma nel caso di specie l’istanza di rinvio de qua aveva ad oggetto il legittimo impedimento per concomitante impegno processuale ed era stata trasmessa alla cancelleria del Tribunale penale sei giorni prima della data di udienza, non trattandosi quindi di un impedimento improvviso ed imprevisto. Inoltre il difensore nei sei giorni aveva tempo di accertarsi se l’istanza trasmessa fosse effettivamente portata a conoscenza del giudice competente, per poterla poi valutare. Comportamento questo che non è stato tenuto dal difensore, pertanto il ricorso è rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 27 marzo – 6 luglio 2018, n. 30658 Presidente Andreazza – Relatore Zunica Ritenuto in fatto 1. Con sentenza resa il 21 febbraio 2017, la Corte di appello di Trieste confermava la sentenza con cui il Tribunale di Trieste, in data 15 luglio 2015, aveva condannato D.P. alla pena di mesi 1 di arresto, in ordine al reato di cui all’art. 4 della legge n. 628/1961, perché, quale legale rappresentante della ditta Kappa Services , con sede in , ometteva di fornire la documentazione relativa alla dipendente C.E. richiesta dalla Direzione del Lavoro di Trieste, fatto accertato in omissis . 2. Avverso la sentenza della Corte di appello triestina, D. , tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con cui censura l’omessa valutazione del legittimo impedimento della difesa presentata a mezzo fax per l’udienza del 15 luglio 2015, evidenziando al riguardo che il giudice di primo grado non aveva proprio preso in considerazione l’istanza. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. Occorre in primo luogo premettere che, dalla disamina del fascicolo processuale, consentita dalla natura processuale della questione sollevata, emerge che, in data 9 luglio 2015, alle ore 16.47, il difensore dell’imputato D. inviava al Tribunale penale di Trieste, a mezzo fax, un’istanza di rinvio per legittimo impedimento, in vista della successiva udienza del 15 luglio 2015. L’istanza non veniva evidentemente sottoposta all’attenzione del Giudice monocratico, che, in data 15 luglio 2015, trattava il processo senza dare conto della richiesta di rinvio, rispetto alla quale non vi era quindi alcuna valutazione. La Corte di appello di Trieste rilevava che l’unica istanza di rinvio presente nel fascicolo processuale era quella riferita all’udienza del 20 maggio 2015, che fu disattesa dal Giudice con motivazione condivisa dalla Corte territoriale. Quanto all’ulteriore istanza inviata il 9 luglio 2015, i giudici di appello davano atto che la stessa non era presente nel fascicolo processuale, precisando comunque che la richiesta di rinvio non illustrava le ragioni per cui il difensore non avrebbe potuto farsi sostituire da uno dei 13 colleghi di studio. Dunque, sul piano fattuale, due dati risultano incontroversi 1 l’istanza di rinvio fu spedita a mezzo fax con esito positivo a un numero del settore dibattimentale del Tribunale penale di Trieste il 9 luglio 2015, ovvero 6 giorni prima dell’udienza monocratica del 15 luglio 2 a tale udienza, il Giudice ha proceduto senza compiere alcuna valutazione dell’istanza, assente nel fascicolo processuale. 2. Così inquadrata la vicenda processuale, occorre affrontare la problematica della possibilità di inviare un’istanza di rinvio del processo a mezzo telefax. Se infatti è affermazione costante di questa Corte quella secondo cui l’omessa valutazione dell’istanza di rinvio dell’udienza determina il difetto di assistenza dell’imputato, che ha diritto di essere rappresentato e difeso dal professionista di sua fiducia e da lui scelto, con conseguente nullità assoluta degli atti e della sentenza conclusiva del giudizio ai sensi degli artt. 178, comma 1, lett. c e 179, comma 1, cod. proc. pen. cfr. Cass., Sez. 6, n. 47213 del 18/11/2015, Rv. 265483 e Sez. 6, n. 42110 del 14/10/2009, Rv. 245127 , è invece ben più controversa la questione se sia possibile inoltrare via telefax la richiesta di rinvio de processo e, in caso di risposta positiva, se sia anche onere del difensore, che lamenti in sede di impugnazione l’omesso esame della sua richiesta, di accertarsi del regolare arrivo del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente. Su punto deve osservarsi che un indirizzo più rigoroso ha escluso l’ammissibilità dell’invio a mezzo fax dell’istanza di rinvio, in base al rilievo secondo cui l’art. 121 cod. proc. pen. individua nel deposito in cancelleria l’unica modalità per le parti di presentazione delle memorie e delle richieste rivolte al giudice, mentre il ricorso al telefax è riservato ai funzionari di cancelleria ai sensi dell’art. 150 cod. proc. pen. cfr. Sez. 5, n. 46954 del 14/10/2009, Rv. 245397 Sez. 6, n. 28244 del 30/01/2013, Rv. 256894 e Sez. 3, n. 7058 dell’11/02/2014, Rv. 258443 espressasi in ordine all’invio di istanze tramite posta elettronica certificata . Viceversa, un diverso e più liberale indirizzo interpretativo, recepito anche dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 40187 del 27/3/2014, Rv. 259928, ritiene che è viziata da nullità assoluta, insanabile e rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo, la sentenza emessa senza che il giudice si sia pronunciato sull’istanza di rinvio per legittimo impedimento a comparire, trasmessa via fax, dovendosi riconoscere alla parte privata la possibilità di avvalersi di tale modalità di trasmissione in ragione dell’evoluzione del sistema di comunicazioni e di notifiche e della formulazione letterale dell’art. 420 ter, comma 5, cod. proc. pen., che pretende soltanto che l’impedimento sia prontamente comunicato al giudice senza dettare specifiche formalità, richiedendosi unicamente che la trasmissione sia fatta ad un numero di fax della cancelleria del giudice procedente Sez. 3, n. 10637 del 20/01/2010, Rv. 246338 e Sez. 5, n. 535 del 24/10/2016, Rv. 268943, secondo cui l’invio a mezzo telefax della richiesta di rinvio per legittimo impedimento non comporta l’onere per la parte di accertarsi del regolare arrivo del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente, essendo al fine sufficiente dimostrare che il giudice sia stato messo nella condizione di conoscere tempestivamente dell’esistenza dell’istanza . Una posizione intermedia tra le due opzioni ermeneutiche sostiene infine che l’invio a mezzo fax dell’istanza di differimento dell’udienza per legittimo impedimento non è inammissibile o irricevibile, ma la sua mancata delibazione, quando il giudice non ne sia venuto a conoscenza, non comporta alcuna violazione del diritto di difesa e quindi alcuna nullità, in quanto la scelta di un mezzo tecnico non autorizzato per il deposito espone il difensore al rischio dell’intempestività con cui l’atto stesso può pervenire a conoscenza del destinatario, e in ogni caso la parte che si avvale di tale mezzo di trasmissione ha l’onere di accertarsi del regolare arrivo del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente Sez. 2, n. 9030 del 05/11/2013, Rv. 258526 Sez. 5, n. 7706 del 16/10/2014, Rv. 262835, Sez. 2, n. 24515 del 22/05/2015, Rv. 264361 e Sez. 3, n. 37859 del 18/6/2015, Rv. 265162 . Quest’ultima posizione è stata recentemente ripresa e sviluppata dalla sentenza della Sez. 1, n. 1904 del 16/11/2017, Rv. 272049, che, oltre a ribadire l’ammissibilità in linea generale della trasmissione a mezzo telefax di istanze della parte privata, compresa quella che segnala un legittimo impedimento del difensore per improvvise ragioni di salute, e la conseguente doverosità per il giudice che ne sia portato tempestivamente a conoscenza di valutarle, a pena di nullità assoluta per violazione del diritto di difesa, ha tuttavia precisato che, in ragione della scelta effettuata dalla parte, che comunque non rispetta la previsione dell’art. 121 cod. proc. pen., incombe sulla parte istante il rischio della mancata tempestiva trasmissione dell’istanza al giudice competente a valutarla. Pertanto, è stato conseguentemente precisato, la riconosciuta possibilità di dedurre in sede d’impugnazione l’omessa valutazione della richiesta di rinvio onera la parte di verificare, mediante un sostituto processuale, un addetto allo studio, oppure un’interlocuzione telefonica con la cancelleria interessata, che l’istanza trasmessa a mezzo fax sia effettivamente pervenuta nella cancelleria del giudice competente a valutarla e sia stata tempestivamente resa nota. A tale impostazione, idonea a contemperare le contrapposte esigenze valorizzate dagli indirizzi interpretativi prima illustrati, il Collegio ritiene di aderire, aggiungendo, in sintonia con la citata sentenza n. 1904/2017, che solo in casi estremi, in cui l’impedimento sia insorto improvvisamente ed inevitabilmente, e sia tale da impedire una qualsiasi attivazione da parte del difensore, potrà esentarsi lo stesso dalle doverose verifiche circa l’esito dell’inoltro a mezzo fax, salvo l’onere di offrire adeguata prova delle circostanze che le hanno impedite. 3. Alla luce di tale premessa, va esclusa la fondatezza della doglianza difensiva ed invero l’istanza di rinvio de qua aveva ad oggetto un legittimo impedimento per concomitante impegno processuale ed è stata trasmessa alla cancelleria del Tribunale penale sei giorni prima della data dell’udienza, per cui, innanzitutto, non si trattava di un impedimento estemporaneo e improvviso. In secondo luogo, nei sei giorni tra l’invio del fax e l’udienza, il difensore aveva tempo e modo per accertarsi se l’istanza trasmessa fosse stata effettivamente portata a conoscenza del Giudice designato, per poter essere da questi valutata. La natura dell’impedimento addotto e l’assenza di verifiche successive alla trasmissione della richiesta inducono quindi a ritenere che il difensore non abbia assolto al proprio onere di diligenza, che scaturiva dall’aver scelto per l’invio dell’istanza una modalità diversa da quella ordinaria fissata dal legislatore. In definitiva, se l’invio a mezzo fax dell’istanza era in sé ammissibile, tuttavia il difensore, avendone il tempo e la possibilità, avrebbe dovuto farsi carico di accertarsi che la propria richiesta di rinvio fosse stata effettivamente posta all’attenzione del Giudice assegnatario del processo, la cui omessa valutazione dell’istanza, pertanto, non appare in tal caso idonea a integrare alcuna nullità. 3. In conclusione, stante l’infondatezza della censura difensiva, il ricorso deve essere quindi rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.