Divieto di prevalenza o equivalenza dell’attenuante del concorso di colpa della persona offesa e revoca della patente: questioni di costituzionalità

È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 590-quater c.p. introdotto dall’art. 1, comma 2, l. n. 41/2016 , in relazione agli artt 3 e 27, Cost., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza e/o equivalenza dell’attenuante speciale prevista dall’art. 590-bis, comma 7, c.p È altresì rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, e 3-ter d.lgs. n. 285/1992 come modificato dalla l. n. 41/2016 , in relazione all’art. 3 Cost., nella parte in cui prevedono rispettivamente la revoca della patente di guida e l’impossibilità di conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca.

Così il Tribunale di Torino, VI Sezione Penale, ordinanza depositata l’8 giugno 2018. Il caso. Una donna viene tratta in giudizio per il delitto di lesioni stradali per aver investito un pedone, non rispettando il semaforo rosso procurandogli lesioni giudicate guaribili in 60 giorni. Il reato risultava attenuato dalla circostanza attenuante del concorso di colpa del pedone che a sua volta attraversava con luce semaforica rossa. La difesa dell’imputata solleva una duplice questione di legittimità costituzionale 1 delle norme che impongono la revoca automatica della patente di guida art. 222 c.d.s. in caso di condanna per il delitto di cui all’art. 590- bis c.p., rimanendo irragionevolmente esclusa qualsivoglia valutazione discrezionale del giudice, in contrasto con l’art. 3 Cost., nel poter modulare la sanzione tenendo conto della gravità della condotta 2 della neonata fattispecie aggravata di lesioni stradali nella parte in cui non consente al giudice di addivenire ad un giudizio di prevalenza o di equivalenza della circostante attenuante del concorso di colpa della persona offesa rispetto alle aggravanti dell’art. 590- bis c.p., in aperto contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost, quest’ultimo nella duplice declinazione della violazione del principio di colpevolezza perché si applicherebbe all’agente una pena sproporzionata rispetto al quantum della sua colpevolezza e della finalità rieducativa della pena, in partenza compromessa da una pena vissuta dal condannato come eccessiva. Sulla revoca automatica della patente eliminate la gradualità delle sanzioni e il momento valutativo del giudice. Il giudice a quo accoglie entrambe le questioni, sospendendo il processo e rinviando gli atti alla Corte costituzionale. Con riferimento alla revoca della patente, il Tribunale di Torino fa notare come l’art. 222 del codice della strada, nella sua formulazione originaria prevedeva che, qualora dalle violazioni stradali derivino danni alle persone, il giudice applicava anche le sanzioni amministrative accessorie della sospensione o della revoca della patente. Le sanzioni erano graduate, sia nel loro interno la durata della sospensione della patente dipendeva dall’entità dei danni cagionati alla persona offesa , che esternamente in quanto scattava la più grave sanzione della revoca della patente qualora i danni alla vittima della strada fossero stati cagionati da guidatore in stato di ebbrezza o di alterazione psico-fisica legata all’assunzione di sostanze stupefacenti mentre in caso di recidiva” la revoca poteva essere facoltativamente comminata . A seguito della interposizione normativa della l. n. 41 del 2006, invece, ponendosi in linea di continuità con l’inasprimento sanzionatorio della novella, si è previsto che a seguito della condanna anche in caso di pena patteggiata per i reati di omicidio stradale e di lesioni stradali consegua automaticamente ed anche qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena la revoca della patente. Ed anche la strada per conseguire una nuova patente è particolarmente ardua occorrono infatti che siano trascorsi cinque anni dalla revoca o 10 anni se l’interessato è stato in precedenza condannato per guida in stato di ebbrezza, o 12 anni se si sia dato alla fuga . Un quadro normativo irragionevole Il Tribunale di Torino individua i profili di irragionevolezza della nuova disciplina, legati all’impossibilità di graduare alla medesima sanzione accessoria situazioni profondamente diverse tra loro ed a condotte di differente disvalore sociale, ponendo sullo stesso piano le lesioni gravi, le lesioni gravissime e l’omicidio colposo, quanto all’individuazione della medesima sanzione amministrativa accessoria. La conseguenza sanzionatoria sarò identica senza che il giudice in presenza di situazioni profondamente disomogenee possa graduarla tenendo conto della gravità del danno, della modalità della condotta e al concorrere di altri fattori quali, per l’appunto, il concorso della persona offesa . Il combinato disposto dell’art. 222 comma 2 e 3- ter c.d.s. appare dunque in contrasto con i principi di uguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza, censurabili ex art. 3 Cost., in quanto alla differenziazione penalistica delle fattispecie in materia stradale non ha poi trasporto tale distinzione nell’art. 222 laddove ha disciplinato la sanzione accessoria della revoca ora automatica della patente. anche se la revoca ha una natura amministrativa, e non penale. Pur escludendo la natura penale” della revoca della patente in quanto viene esclusa la natura sanzionatoria ai sensi dei c.d. criteria Engel della Corte EDU , la quale rimane confinata nell’alveo della veste amministrativa, il Tribunale di Torino si discosta dall’orientamento della Suprema Corte espresso nella pronuncia n. 42346/17 per il quale la pretesa irragionevolezza del potere legislativo non sarebbe sindacabile per le sanzioni amministrative in quanto fondate su differenti natura e finalità rispetto alle sanzioni penali. Per i giudici piemontesi, invece, è possibile sottoporre alla Consulta anche le scelte espressione della discrezionalità del legislatore nel configurare il trattamento sanzionatorio per gli illeciti amministrativi. Meccanismo automatico della revoca della patente già censurato dalla Corte Costituzionale in materia di stupefacenti. La questione di legittimità costituzionale presenta notevoli affinità con quella di recente affrontata dalla Consulta che, nella sentenza n. 22/18, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2, c.d.s., nella parte in cui - con riguardo all’ipotesi di condanna per reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309/1990 che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida - dispone che il prefetto provvede - invece che può provvedere - alla revoca della patente. A seguito della manovra di ortopedia legislativa della Corte Costituzionale, viene lasciato all’autorità amministrativa un margine di discrezionalità, alla stessa stregua di quanto avviene in sede penale per la parallela misura del ritiro della patente, quale sanzione accessoria alla condanna per i delitti in materia di droga. Ma il tertium comparationis era diverso. In quell’occasione tuttavia l’irragionevolezza della revoca automatica dell’autorità amministrativa è stata legata dai giudici delle leggi proprio all’art. 85 del medesimo d.P.R. n. 309/1990, che lascia al giudice penale margine discrezionale per valutare se applicare, o meno, la pena accessoria del ritiro della patente non prevista invece per i delitti di lesioni stradali . Resta comunque irragionevole e in molti casi sproporzionato applicare la revoca della patente in caso di condanna per lesioni stradali a fronte di situazioni molto diverse in termini di gravità. Sul divieto di prevalenza o equivalenza dell’attenuante del concorso di colpa della persona offesa. Viene dichiarata non manifestamente infondata anche la questione dell’art. 590 c.p., relativa al divieto di prevalenza o equivalenza delle concorrenti circostanze attenuanti diverse da quelle previste della minore età e della minima partecipazione in sede concorsuale ex artt. 98 e 114 c.p. , per cui la diminuzione della sussistente attenuante del concorso di colpa della persona offesa opera sulla quantità di pena determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti. Il Tribunale di Torino computa un indiscriminato incremento nel minimo pari a 6 volte in virtù del suindicato divieto la pena si muoverà entro un arco edittale che va da 9 mesi a 3 meno un giorno, mentre laddove fosse possibile il bilanciamento con il giudizio di prevalenza la pena andrebbe da un mese e quindici giorni a 11 mesi e 29 giorni di reclusione che impedisce al giudice di adeguare la sanzione penale al caso concreto non differenziando situazioni di diverso disvalore e grado di lesione del bene giuridico tutelato e di parametrare la pena all’effettiva grado di colpa dell’imputato, in aperto contrasto con il principio di colpevolezza in quanto la pena finale è sproporzionata al quantum di colpevolezza, oltre che compromettere in partenza qualsivoglia adesione al progetto rieducativo. Questione già sollevata con riguardo all’omicidio stradale. La medesima questione è stata già sollevata alla Corte Costituzionale dal GIP di Roma, con ordinanza del 16 maggio 2017, con riferimento al computo delle circostanze in tema di omicidio stradale, laddove prevede il divieto di prevalenza e/o equivalenza dell’attenuante speciale prevista dall’art. 589- bis , comma 7, c.p. secondo cui qualora l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole, la pena è diminuita fino alla metà rispetto alle circostanze aggravanti previste dagli artt. 589- bis , 589- ter , 590- bis e 590- ter c.p Stante il divieto di cui all’art. 590- quater c.p. – si legge nell’ordinanza – si sottrae al giudice la possibilità di valutare nel caso concreto la prevalenza della diminuente rispetto alle aggravanti con un conseguente aumento sproporzionato di pena anche nel caso di percentuale minima di colpa dell’imputato si pensi al caso in cui un soggetto, che si è messo alla guida in stato di ebbrezza, sia coinvolto in un incidente stradale dall’esito mortale e che all’esito del processo si accerti un grado di colpa pari all’1% in capo all’imputato poiché per il restante 99% la colpa è dell’altro conducente rimasto ucciso nel sinistro in un caso siffatto, ad una percentuale minima di colpa corrisponderà una conseguenza del tutto sproporzionata 4 anni di pena minima , non potendo in alcun modo essere valutata la circostanza che la colpa sia minima come prevalente sulla circostanza aggravante dello stato di ubriachezza . Omicidio stradale e lesioni stradali circostanze aggravanti o fattispecie autonome? Tali argomenti sembrano molto forti ed indirizzano verso un accoglimento della sollevata questione, anche se una recente pronuncia della Suprema Corte sembra indirettamente aggirare l’ostacolo ritenendo, in aperto contrasto con il chiaro disposto normativo, che gli artt. 589- bis e 590- bis delineano due autonome fattispecie di reato e non circostanze aggravanti ad effetto speciale rispetto ai reati di lesioni personali e omicidio colposo previste dagli artt. 589 e 590 c.p. Sez. IV, n. 27425 del 2018, ritenendo non necessaria una querela per la loro procedibilità che, dunque, è d’ufficio . Così argomentando salterebbe il passaggio del l’escluso bilanciamento e dei relativi profili di illegittimità costituzionale.

Tribunale di Torino, sez. VI Penale, ordinanza 8 giugno 2018 Giudice Villani omissis nell'odierno processo è imputata del delitto di cui all'art. 590 bis comma 1, 5 nr. 2 e 7 c.p. perché, alla guida dell'autovettura omissis , per negligenza, imprudenza, imperizia e violando le norme in materia di circolazione stradale, in particolare, non rispettando l'indicazione luminosa del semaforo proiettante luce rossa, investiva il pedone omissis che stava impegnando l'attraversamento pedonale, procurando a quest'ultima lesioni personali fratture maxillo-facciali, trauma cranico, frattura scapola giudicate guaribili in giorni 60 s.c, con il concorso di colpa del pedone che a propria volta attraversava con luce semaforica rossa. In Moncalieri TO in data La difesa dell'imputata ha in via preliminare richiesto che il giudice rimettesse le parti dinanzi alla Corte Costituzionale dubitando della legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., dell'art. 222 comma 2 e comma 3 ter e dell'art. 224, comma 2, del decreto legislativo n. 285/1992 nonché dell'art. 590 bis c.p. , norme che impongono in caso di condanna la revoca della patente non consentendo alcuna valutazione discrezionale o potere del giudice di modulare la sanzione alla gravità del fatto. Con nota integrativa del 7.5.18 la difesa dell'imputata ha anche dubitato della costituzionalità dell'art. 590 quater c.p. nella parte in cui non consente un giudizio di equivalenza o di prevalenza dell'attenuante del concorso di colpa della persona offesa rispetto alle aggravanti dell'art. 590 bis c.p. Ad avviso di questo giudice le questioni sollevate dalla difesa dell'imputata sono non manifestamente infondate e rilevanti, nei limiti di cui si dirà in prosieguo di motivazione. Elementi di fatto Dalla formulazione del capo d'imputazione emerge che all'imputata è contestata la nuova fattispecie autonoma di reato prevista dall'art. 590 bis per aver causato, con le modalità di condotta sopra descritte, lesioni gravi alla persona offesa con l'aggravante di aver commesso il fatto non rispettando l'indicazione luminosa del semaforo proiettante luce rossa e con l'attenuante del concorso di colpa del pedone che a propria volta attraversava con semaforo rosso. La rilevanza delle questioni In caso di condanna dell'imputata questo giudice sarebbe chiamato in primo luogo a valutare il rapporto tra le attenuanti e le aggravanti contestate non potendo, in forza del disposto dell'art. 590 quater c.p., emettere un giudizio di equivalenza o di prevalenza dell'attenuante del concorso di colpa, ancorché sulla applicabilità della suddetta attenuante non possano esservi dubbi essendo indicata già nel capo d'imputazione. Non potendo questo giudice attribuire all'imputato un grado di colpa maggiore di quello contenuto nel capo d'imputazione, necessariamente infatti dovrà tener conto del concorso della persona offesa che ha attraversato la strada allorquando il semaforo le indicava l'obbligo di fermarsi. L'applicazione dell'attenuante rende rilevante la questione di legittimità costituzionale dell'art. 590 quater c.p. che impedisce di ritenere l'attenuante di cui sopra equivalente o prevalente rispetto all'aggravante - contestata nel capo d'imputazione - di avere l'imputata, alla guida della propria autovettura, attraversato anch'essa l'incrocio con semaforo proiettante luce rossa. Di conseguenza questo giudice potrebbe ridurre la pena per l'attenuante del concorso di colpa esclusivamente fino alla metà della pena prevista per il delitto aggravato ai sensi del comma 5 n. 2 dell'art. 590 bis c.p. pena prevista da un anno e sei mesi a tre anni e dunque fino al minimo di mesi nove di reclusione. Se invece fosse possibile il bilanciamento, in caso di ritenuta equivalenza delle circostanze la pena minima potrebbe essere quella di mesi tre di reclusione e per l'ipotesi di prevalenza dell'attenuante la pena minima potrebbe essere quella di mesi uno e giorni quindici di reclusione. In caso di condanna dell'imputata questo giudice dovrebbe poi applicare le sanzioni amministrative previste dall'art. 222 del codice della strada e in particolare dovrebbe disporre la revoca della patente, mentre in caso di dichiarazione di incostituzionalità della norma, la sanzione amministrativa sarebbe quella della sospensione della patente. Di conseguenza non potrebbe dubitarsi della pertinenza delle questioni prospettate e della rilevanza delle stesse nel presente giudizio in relazione all'art. 590 quater c.p. e all'art. 222 del decreto legislativo 285 del 1992. Quanto invece all'art. 224 comma 2 del medesimo decreto legislativo - il quale prevede che quando la sanzione amministrativa accessoria è costituita dalla revoca della patente, il prefetto, entro quindici giorni dalla comunicazione della sentenza o del decreto di condanna irrevocabile, adotta il relativo provvedimento di revoca comunicandolo all'interessato e all'ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri - non ritiene questo giudice che la prospettata incostituzionalità sia rilevante in questo giudizio. La norma prevede, infatti, una mera attività di tipo esecutivo, demandata al prefetto, con la quale viene data concreta attuazione alla sanzione amministrativa prevista dall'art. 222 comma 2 del decreto legislativo 285 del 1992. Ad assumere rilevanza in questo giudizio sono, invece, la legittimità costituzionale della sanzione amministrativa della revoca della patente e della determinazione del tempo necessario per poter conseguire un nuovo titolo abilitativo, non le modalità di attuazione concreta della revoca. LE NORME LA CUI COSTITUZIONALITA’ E’ POSTA IN DUBBIO L'art. 590 quater c.p. La questione di costituzionalità dell'art. 590 quater c.p. nella parte in cui non consente un giudizio di equivalenza dell'attenuante del concorso di colpa della persona offesa rispetto alle aggravanti dell'art. 590 bis c.p. risulta essere già stata sollevata dal Gip del Tribunale di Roma in relazione ad un'ipotesi di omicidio colposo. Le motivazioni addotte dal giudice remittente nell'esaminare la disposizione dell'art. 590 quater c.p. in relazione all'art. 589 bis c.p. si attagliano, ad avviso di questo giudice, anche alla relazione tra art. 590 quater e art. 590 bis c.p. Le stesse possono sinteticamente riassumersi, posto che la questione già pende innanzi alla Corte Costituzionale, nei seguenti punti 1. Con l'art. 1. comma 2, della legge 23 marzo 2016 n. 41 il legislatore ha introdotto nel codice penale l'art. 590 quater, che disciplina il computo delle circostanze. La norma introduce per i reati di cui agli articoli 589-bis, 589-ter, 590-bis e 590-ter una deroga alla disciplina generale prevista dagli articoli 63 e seguenti del codice penale. In virtù' di tale nuova disposizione, è dunque previsto il divieto di equivalenza o di prevalenza delle circostanze attenuanti diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 del codice penale sulle circostanze aggravanti di cui agli articoli 589-bis, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma, 589-ter, 590-bis, secondo terzo quarto quinto e sesto comma e 590-ter. In caso di concorrenza di una o più delle predette circostanze aggravanti e di circostanze attenuanti, le diminuzioni conseguenti al riconoscimento delle attenuanti si operano sulla quantità di pena determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti. 2. La Corte costituzionale si già è espressa sulla legittimità in relazione a fattispecie analoghe, su tale divieto, stabilendo che le deroghe al bilanciamento possono essere ritenute costituzionalmente legittime, purché non trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio cfr. sentenza n. 68 del 2012 . 3. In particolare ad avviso della Corte Costituzionale le deroghe al bilanciamento delle circostanze non sono legittime se determinano un'alterazione degli equilibri costituzionalmente imposti nella strutturazione della responsabilità penale {cfr. sentenza n. 251 del 2012 . 4. L'art. 590 bis, settimo comma prevede che qualora l'evento non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole la pena è diminuita fino alla metà, consentendo al giudice di adeguare la sanzione al grado effettivo di colpa dell'imputato rispetto al fatto contestato. 5. In forza del divieto di dare prevalenza alle circostanze aggravanti dell'art. 590 bis e dell'obbligo di riconoscere la diminuzione solo sulla pena aggravata il soggetto al quale, come nel caso concreto, sia contestata l'aggravante dell'aver attraversato un'intersezione con il semaforo disposto al rosso, causando lesioni gravi, deve essere punito con una pena che in caso di riconoscimento del concorso di colpa va da mesi nove anni uno e mesi sei ridotta della metà ad anni due mesi undici e giorni ventinove di reclusione anni tre meno un giorno . Laddove fosse possibile il bilanciamento e il riconoscimento della prevalenza dell'attenuante la pena irrogabile per l'ipotesi delle lesioni gravi andrebbe invece da mesi uno e giorni quindici a mesi undici e giorni ventinove di reclusione. 6. Per effetto della disposizione di cui all'art. 590 quater si ha un indiscriminato incremento del minimo pari a sei volte e si impedisce al giudice di parametrare la pena all'effettivo grado di colpa dell'imputato in rapporto a quella degli altri soggetti che hanno concorso a causare l'evento. Tale limitazione della discrezionalità del giudice nella valutazione del fatto appare arbitraria ed irragionevole, ed in netto contrasto con i principi costituzionali di cui gli articoli 3, e 27 della Costituzione. 7. Come la Corte Costituzionale ha avuto modo di evidenziare una pena eccessiva lede il principio di rieducazione della pena, qualora non sia proporzionata al reale disvalore della condotta punita, ed è in contrasto con l'art. 27 della Costituzione. 8. Pur restando insindacabili le valutazioni discrezionali sull'entità della pena che spettano in via esclusiva al Parlamento, le modalità di individuazione della pena e di bilanciamento delle circostanze determinano ingiustificabili incongruenze nelle scelte già delineate dal legislatore a tutela di un determinato bene giuridico, in violazione dell'art. 3 della Costituzione e devono essere, ove possibile, eliminate. 9. In particolare, limitando il giudizio alla coerenza e alla proporzionalità delle sanzioni rispettivamente attribuite dal legislatore a ciascuna delle due fattispecie di cui si compone il reato di lesioni colpose stradali, appare possibile pervenire ad un giudizio di manifesta irragionevolezza per sproporzione della forbice edittale censurata, in quanto tutte le diverse fattispecie delle lesioni stradali aggravate, ai sensi del comma 5 dell'art. 590 bis, c.p. dal concorrere con una violazione di norme specifiche del codice della strada, risultano punite in maniera sproporzionata rispetto alla fattispecie delle lesioni da circolazione stradale previste dal primo comma del medesimo articolo. Il divieto di bilanciamento delle circostanze impedisce al giudice di sanare tale sproporzione, adeguando la sanzione al caso concreto, persino allorquando minima è l'incidenza della condotta dell'imputato nella determinazione dell'evento. Ne consegue l'assoggettamento a sanzione eccessiva - rispetto a quella prevista per agli autori di lesioni stradali con colpa minima non aggravati ai sensi del comma 5 - degli autori di eventi identici con identica percentuale minima di colpa solo perché abbiano violato una specifica norma del codice della strada è evidente che una sanzione così irragionevolmente congegnata non può che essere percepita come eccessiva da chi la subisce, ciò che può compromettere la finalità rieducativa della pena. L'art. 222 del decreto legislativo n. 285 del 1992 1 La norma, della cui legittimità costituzionale si dubita, prevede in primo luogo che quando dalle violazioni del medesimo codice derivino danni alle persone, il giudice applichi oltre alle sanzioni pecuniarie anche le sanzioni amministrative accessorie della sospensione o della revoca della patente. Il secondo comma nella versione precedente all'ultimo intervento operato con la legge 23 marzo 2016, n. 41, graduava i tempi della sospensione della patente in funzione dei danni cagionati alla persona offesa. La revoca della patente era prevista per l'ipotesi di lesioni causate da soggetti in stato di alterazione psicofisica da alcool o sostanze stupefacenti e poteva essere comminata facoltativamente per l'ipotesi di atecnica recidiva. Con la legge 23 marzo 2016, n. 41, al comma 2 dell'art. 222 del codice della strada sono stati aggiunti gli ulteriori periodi Alla condanna, ovvero all'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale consegue la revoca della patente di giada. La disposizione del quarto periodo si applica anche nel caso in cui sia stata concessa la sospensione condizionale della pena. Sempre la legge 23 marzo 2016, n. 41, ha introdotto altresì il comma 2 ter in forza del quale l'interessato non può poi conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca. Tale termine è raddoppiato nel caso in cui l'interessato sia stato in precedenza condannato per i reati di cui all'art. 186, commi 2, lettere b e c , e 2 bis, ovvero di cui all'art. 187, commi 1 e i bis, del codice della strada. Il termine è ulteriormente aumentato sino a dodici anni nel caso in cui l'interessato non abbia ottemperato agli obblighi di cui all'art. 189, comma 1, e si sia dato alla fuga. 2 Il primo profilo di irragionevolezza della norma evidenziato dalla difesa dell'imputata - ovverosia la contraddittoria contemporanea previsione della sospensione e della revoca della patente - in realtà può essere ricondotto ad un evidente difetto di coordinamento, alla luce del quale appare chiaro come il legislatore abbia inteso aggravare la precedente normativa prevedendo la più grave sanzione della revoca della patente che assorbe quella della sospensione. 3 La suddetta scelta del legislatore però travalica, ad avviso di questo giudice, i limiti della ragionevolezza allorquando sottopone, senza possibilità di graduazione, alla medesima sanzione accessoria situazioni la cui ontologica diversità è invece attestata dalla notevole differenziazione delle sanzioni penali, graduate in funzione di un diverso disvalore sociale. Il legislatore pone invero, in primo luogo, sullo stesso piano - quanto all'individuazione della sanzione amministrativa accessoria - le lesioni gravi, le lesioni gravissime e l'omicidio colposo, derivanti da violazioni di norme del codice della strada facendo discendere dalla condanna o dall'applicazione della pena, ancorché condizionalmente sospesa, la revoca della patente. L'art. 222 del codice della strada, non lascia al giudice alcuna possibilità di commisurare la sanzione accessoria alla gravità del danno, alle modalità della condotta, all'intensità della colpa e al concorrere di altri fattori quali ad esempio il concorso della persona offesa . Né può dirsi che il trattamento indifferenziato di condotte del tutto disomogenee venga meno in forza dei differenti intervalli di tempo previsti per il conseguimento della patente dopo la revoca. Ai sensi dell'art. 222 comma 2 ter del decreto legislativo 285/1992, infatti, nel caso di applicazione della sanzione accessoria della revoca della patente per i reati di cui agli articoli 589-bis, primo comma, e 590-bis del codice penale, l'interessato non può conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca. Il medesimo intervallo di tempo di cinque anni prima di poter conseguire nuovo titolo abilitativo alla guida è previsto infatti a per chi sia condannato per omicidio colposo ai sensi dell'art. 589 bis comma 1 c.p. b per chi venga condannato per aver causato lesioni gravissime, ai sensi dell'art. 590 bis c.p,. anche allorquando si sia posto alla guida in stato di ebbrezza violato plurime norme del codice della strada alle quali è agganciato un aumento della sanzione penale e in assenza di concorso di colpa della persona offesa c per chi venga condannato per aver provocato lesioni gravi ai sensi dell'art. 590 bis c.p. anche in assenza di violazioni di norme del codice della strada alle quali sia collegato un aggravamento della sanzione penale e anche in caso di concorso di colpa prevalente della persona offesa. Il termine è poi raddoppiato nel caso in cui l'interessato sia stato in precedenza condannato per i reati di cui all'articolo 186, commi 2, lettere b e c , e 2-bis, ovvero di cui all'articolo 187, commi 1 e 1-bis, del presente codice. Il termine è ulteriormente aumentato sino a dodici anni nel caso in cui l'interessato non abbia ottemperato agli obblighi di cui all'articolo 189, comma 1, e si sia dato alla fuga. L'unico elemento dunque che determina una sanzione amministrativa deteriore è la violazione dell'art. 189 del codice della strada ovverosia la commissione di un delitto doloso. L'altra circostanza che determina un trattamento deteriore infatti concerne condotte e condanne pregresse e non attiene alle modalità del fatto concreto. 4 Il combinato disposto dell'art. 222 comma 2 e comma 3 ter del decreto legislativo 285 del 1992 appare dunque in contrasto con i principi di uguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza in quanto pone sullo stesso piano e applica la medesima sanzione, non concedendo possibilità di graduazione, a fatti-reato diversi quanto all'evento omicidio colposo, da un lato, e lesioni colpose gravi o gravissime dall'altro e frutto di condotte che oltre ad essere del tutto eterogenee, sono state espressamente previste in modo dettagliato e specifico, con graduazione delle pene, proprio dagli artt. 589 bis c.p. e 590 bis c.p. Il legislatore quindi pur avendo differenziato sul piano penalistico le fattispecie delle lesioni colpose e dell'omicidio colposo derivanti da violazioni del codice della strada e pur avendo fornito anche all'interno delle due diverse norme regolamentataci chiari criteri di individuazione di un diverso disvalore attribuito alle condotte dettagliatamente descritte, non ha poi trasposto tale distinzione nell'art. 222 del codice della strada laddove ha disciplinato la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente. 5 Non dubita invero questo giudice della natura amministrativa della sanzione della revoca della patente, più volte ribadita anche dalla suprema Corte cfr. Cass. n. 42346/2017 la quale fa discendere, da una lettura sistematica della disposizione che impone la revoca della patente di guida, la natura amministrativa della stessa e la dimensione accessoria, ancillare, rispetto al procedimento penale. Né ignora il giudicante che la Consulta ha, altresì, sottolineato come la giurisprudenza della Corte EDU abbia elaborato i suoi peculiari indici per qualificare una sanzione come pena, ai sensi dell'art. 7 CEDU, al fine di scongiurare che vasti processi di decriminalizzazione possano avere l'effetto di sottrarre gli illeciti, così depenalizzati, alle garanzie sostanziali assicurate dagli artt. 6 e 7 della Convenzione EDU senza voler porre in discussione la discrezionalità dei legislatori nazionali nell'adottare strumenti sanzionatori ritenuti più adeguati dell'illecito penale Corte Cost. n. 49/2015 . Pur riconoscendo la natura amministrativa della sanzione questo giudice però ritiene di doversi consapevolmente discostare da quanto ritenuto dalla Suprema Corte ovverosia che l'obbligatorietà dell'irrogazione della sanzione amministrativa, derivi da una scelta legislativa rientrante nei limiti dell'esercizio ragionevole del potere legislativo non sindacabile sotto il profilo della pretesa irragionevolezza, in quanto fondata su differenti natura e finalità rispetto alle sanzioni penali {cfr. Cass. n. 42346/2017 . 6 Nel caso della norma sottoposta al vaglio preventivo del giudicante infatti un'unica sanzione amministrativa, in nessun modo attenuabile in concreto, risulta invero connessa a fatti-reato che, proprio con l'unica legge che ha riformato contemporaneamente il codice penale e il codice della strada, sono stati considerati dal legislatore meritevoli di un diverso trattamento sanzionatorio penale dettagliatamente graduato. Di tal guisa, pur condividendosi la premessa da cui muove la Suprema Corte nell'individuare la scelta della sanzione amministrativa come manifestazione del potere discrezionale del legislatore, la questione della violazione dell'art. 3 della Costituzione, ad avviso di questo giudice, non può ritenersi manifestamente infondata in quanto le contraddittorietà sopra evidenziate appaiono indice di quella manifesta irragionevolezza, se non arbitrio, che rende sindacabile dalla Corte costituzionale anche le scelte che costituiscono espressione della discrezionalità del legislatore nel configurare il trattamento sanzionatorio per gli illeciti amministrativi, cfr. Corte Cost. n. 43 del 2017 . Né reputa infine questo giudice che ad escludere la non manifesta infondatezza della questione di legittimità possa avere rilevanza la finalità preventiva, che connota la sanzione amministrativa rispetto a quella sanzionatoria. Anche in relazione al perseguimento di tali finalità invero il legislatore non può travalicare i limiti della ragionevolezza senza incorrere in censure di incostituzionalità. 7 La natura amministrativa della sanzione prevista dall'art. 222 del codice della strada rende invece ad avviso di questo giudice manifestamente infondata la questione in relazione all'art. 27 della Costituzione e segnatamente alla finalità rieducativa che attiene alla pena. P.Q.M. Letto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 590-quater codice penale introdotto dall'art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016 n. 41 in relazione agli articoli 3 e 27 della Costituzione, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza e/o equivalenza dell'attenuante speciale prevista dall'art. 590-bis comma 7 del codice penale. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 222 comma 2 e comma 3 ter del decreto legislativo 285/1992 come rispettivamente modificato e introdotto dall'art. 1, comma 6, lett. b , n. 1 , e dall'art. 1, comma 6, lett. b , n. 2 della legge 23 marzo 2016, n. 41, nella parte in cui prevedono rispettivamente la revoca della patente di guida e l'impossibilità di conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca. Sospende il presente procedimento ed ordina l'immediata trasmissione, previa acquisizione della prova delle avvenute notificazioni e comunicazioni, degli atti alla Corte Costituzionale in Roma. Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati. Ordinanza comunicata alle parti mediante lettura in udienza.