Cancello aperto, il cane esce in strada e morde un passante: padrone condannato

Il proprietario del quadrupede è inchiodato alle proprie responsabilità dalla mancanza di attenzione nel controllo dell’animale. I giudici ritengono decisivo il fatto che egli abbia aperto il cancello della propria abitazione senza prestare adeguata attenzione al cane.

Cancello aperto e cane che ne approfitta subito per una passeggiata. Ciò che succede dopo, però, costa carissimo al padrone il quadrupede – un pastore tedesco – azzanna una persona che cammina tranquillamente in strada. Inevitabile la condanna dell’uomo per il reato di lesioni colpose”. A inchiodarlo, secondo i giudici, è il fatto che egli non abbia provveduto ad una adeguata custodia dell’animale in occasione dell’apertura del cancello della sua casa Cassazione, sentenza n. 29084/18, Sezione Quarta Penale, depositata oggi . Controllo. Linea di pensiero comune per il Giudice di Pace e per i Giudici del Tribunale una volta ricostruito l’episodio incriminato, è ritenuta evidente la responsabilità del padrone per l’aggressione compiuta dal cane. Nello specifico, l’animale, lasciato libero sulla pubblica via , ha azzannato un uomo al braccio e alla gamba, provocandogli lesioni giudicate guaribili in due giorni . Consequenziale, quindi, la condanna per il proprietario del pastore tedesco. A suo carico, secondo i giudici, il mancato controllo dell’animale. Questa visione è condivisa anche dai magistrati della Cassazione, che confermano la pronuncia emessa in Tribunale, caratterizzata anche dall’obbligo dell’uomo di risarcire i danni riportati dalla persona aggredita. I Giudici del Palazzaccio evidenziano, come fatto in secondo grado, che il padrone ha aperto il cancello della sua abitazione e non si è in alcun modo preoccupato di controllare il cane lì presente, lasciando anzi che uscisse sulla pubblica via e aggredisse un passante .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 5 aprile – 21 giugno 2018, n. 29084 Presidente Fumu – Relatore Ranaldi Fatto e diritto 1. Con sentenza del 19.6.2017 il Tribunale di Nocera Inferiore ha confermato la sentenza del Giudice di Pace che ha accertato la responsabilità di Ar. Ca. per il reato di lesioni colpose ai danni di Ci. Ga., condannandolo alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita. Si imputa al Ca. di aver contravvenuto agli obblighi di custodia del suo cane di razza pastore tedesco il quale, lasciato libero sulla pubblica via, azzannava la persona offesa al braccio e alla gamba destra, provocandogli lesioni personali giudicate guaribili in giorni due fatto del 14.12.2010 . 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del proprio difensore, articolando quattro motivi, di seguito sinteticamente illustrati. I Lamenta che i giudici di merito abbiano omesso di indicare, con la dovuta completezza, gli elementi probatori e di diritto che possano giustificare una declaratoria di responsabilità, incorrendo la sentenza nel vizio di manifesta illogicità. Infatti la difesa in sede di gravame aveva eccepito che il Ga. non conoscesse l'imputato, non sapesse chi fosse il proprietario del cane e non fosse stato in grado di indicare l'abitazione dalla quale il cane sarebbe uscito. Per tutta risposta il Tribunale ha ritenuto, illogicamente, che il dato essenziale, ovvero la proprietà dell'animale, fosse desumibile dall'essere lo stesso uscito dall'area recintata di pertinenza dell'immobile dell'accusato. II Nullità dell'atto di citazione a giudizio, in quanto l'imputazione reca la violazione dell'art. 590 cod. pen., ma il fatto descritto è diverso dalla indicata ipotesi di reato. Lamenta, inoltre, il vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena e alla mancata concessione delle attenuanti generiche. III Deduce che nessuna prova è stata portata a sostegno dell'elemento soggettivo del reato. IV Deduce la violazione dell'art. 533 cod. proc. pen., sostenendo che la sentenza impugnata non ha adeguatamente proceduto ad un completo esame degli elementi di prova rilevanti, non rispettando il canone di giudizio dell'ai di là di ogni ragionevole dubbio. 3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto contenente motivi generici, aspecifici e comunque manifestamente infondati. 3.1. Quanto al primo motivo di censura, si osserva come le due sentenze di merito trattasi infatti di cd. doppia conforme in punto di responsabilità abbiano adeguatamente motivato in merito alla responsabilità del prevenuto, pacificamente individuato nel soggetto che, nell'aprire il cancello della sua abitazione, non si è in alcun modo preoccupato di controllare il cane presente nella sua proprietà, lasciando che lo stesso uscisse sulla pubblica via e aggredisse la persona offesa. La posizione di garanzia del prevenuto è stata coerentemente e razionalmente desunta dalla circostanza che il cane, prima di uscire sulla strada, si trovava su un'area di pertinenza dell'imputato. 3.2. Il secondo motivo è scarsamente intelligibile. Il capo di imputazione attiene chiaramente ad una contestazione di lesioni colpose, stante l'indicazione della violazione degli obblighi di custodia del cane da parte dell'imputato, con conseguente riconducibilità al medesimo delle lesioni provocate dall'animale. La pena inflitta è inferiore alla media edittale, per cui non necessita di specifica motivazione sulle attenuanti generiche la valutazione è adeguata, non essendo emersi elementi ulteriori valorizzabili nel senso preteso dal ricorrente. 3.3. Il terzo motivo di doglianza è assolutamente generico ed indeterminato, omettendo di specificare le ragioni in fatto e in diritto a sostegno della dedotta censura. La colpa del prevenuto è stata, comunque, adeguatamente dedotta e argomentata nella sentenza di primo grado non avere l'imputato adottato tutte le cautele atte ad evitare che il proprio cane procurasse danni a terzi . 3.4. Anche il quarto motivo è assolutamente generico ed indeterminato, non avendo specificato le ragioni per cui il giudice di merito non avrebbe proceduto ad un completo esame degli elementi di prova rilevanti. 3.5. Stante l'inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte cost. sent. n. 186/2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende