Lo zio detenuto in carcere duro non può pretendere di avere colloqui con il nipote senza vetro divisorio

Le particolari esigenze che sottendono al regime del c.d. carcere duro di cui all’art. 41-bis ord. pen., giustificano la limitazione della possibilità di colloqui senza vetro divisorio per i soli figli dei detenuti minori di anni 12, nonché per i nipoti in linea retta, con esclusione di quelli in linea collaterale.

Sul tema si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 28269/18, depositata il 19 giugno. Il fatto. Il Magistrato di sorveglianza di Udine respingeva il reclamo proposto, ai sensi dell’art. 35- bis ord. pen., da un condannato detenuto in regime di 41- bis con il quale veniva contestata una circolare ministeriale del 2012 nella parte in cui consentiva i colloqui senza vetro divisorio con il nipote infradodicenne ex filio , ma non con il nipote ex fratre . Il Tribunale motivava la decisione sul fatto che il detenuto aveva promosso la tutela giurisdizionale di un diritto del minore attraverso uno strumento processuale, il reclamo giurisdizionale appunto, riservato invece alla tutela dei diritti del detenuto, fermo restando che quest’ultimo non vanta alcun diritto soggettivo ad effettuare colloqui con altri familiari senza vetro divisorio. La pronuncia viene impugnata con ricorso per cassazione. Regime speciale. Il Collegio ricorda che per i detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41- bis ord. pen., la sospensione delle regole del trattamento comporta anche in tema di colloqui una disciplina differenziata rispetto a quella ordinaria. Tale regime incide dunque inevitabilmente sui colloqui con i terzi esclusi, salvo casi eccezionali determinati dal Direttore dell’istituto , ma anche sui colloqui con i familiari, comportando una compressione sia dal punto di vista quantitativo che per quanto riguarda le modalità di svolgimento. I colloqui si tengono infatti in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti, con inevitabili ripercussioni anche sulla riservatezza della conversazione che verrà registrata e sottoposta a controllo auditivo e relativa registrazione, previa motivata autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Colloqui con i nipoti. Il Ministero della Giustizia, con la circolare n. 0101491 del 12 marzo 2012, censurata dall’imputato nel caso di specie, veniva concessa la possibilità di colloqui senza vetro divisorio, oltre che ai figli, anche ai nipoti, figli di figli, infradodicenni. Il ricorrente censura la natura ingiustificatamente discriminatoria di tale estensione che non ricomprende anche i nipoti da parte di fratello. La motivazione offerta dal giudice di merito nel rigettare il reclamo viene condivisa dagli Ermellini che, pur riconoscendo il diritto del detenuto al mantenimento delle relazioni affettiva familiari, ribadiscono il fatto per cui l’inibizione del contatto fisico – attraverso il vetro divisorio – tra zio detenuto e nipote non ostacola la relazione affettiva tra i due, bene giuridico primario rilevante nella fattispecie. Si tratta dunque di una modalità conforme con le limitazioni imposte dall’ordinamento penitenziario, proporzionata ed adeguata alla qualificata pericolosità della persona detenuta in regime speciale che non configura un ingiustificato sacrificio né una lesione di un diritto fondamentale del ristretto. In conclusione, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 23 maggio 2017 – 19 giugno 2018, n. 28269 Presidente Tardio – Relatore Saraceno Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 10 dicembre 2015 il Magistrato di sorveglianza di Udine respingeva il reclamo proposto ai sensi dell’art. 35 bis ord. pen. dal condannato L.P.S. , sottoposto al regime di speciale sospensione delle regole di ordinario trattamento ai sensi dell’art. 41 bis ord. pen., con il quale si contestava la legittimità della circolare del D.A.P. n. 0101491 del 12/3/2012 nella parte in cui consentiva il colloquio senza vetro divisorio con il nipote infradodicenne ex filio, precludendo tale possibilità al nipote ex fratre. 1.1 II Tribunale di sorveglianza di Trieste, investito del reclamo dell’interessato, con la decisione indicata in epigrafe, ha confermato il provvedimento impugnato, osservando che il detenuto aveva inteso far valere un diritto a suo giudizio spettante al minore infradodicenne, nipote per parte di fratello, quello di essere preservato dal trauma di un colloquio con lo zio attraverso il vetro divisorio, azionando uno strumento giuridico processuale - il reclamo giurisdizionale - esperibile esclusivamente per la tutela del diritto soggettivo del detenuto e non di persone diverse annotando altresì che - come ben rilevato nel provvedimento impugnato - il detenuto sottoposto al regime penitenziario di cui all’art. 41 bis ord. pen. non è titolare di un diritto soggettivo ad effettuare colloqui con altri familiari senza vetro divisorio in aggiunta alle deroghe previste dalle circolari D.A.P. con riferimento ai colloqui padre-figlio e nonno-nipote. 2. Avverso l’indicato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, con atto sottoscritto personalmente, chiedendone l’annullamento. Denunzia violazione di legge e vizio della motivazione a per avere il Tribunale ritenuto la sostanziale inammissibilità dell’impugnazione e stimato inappropriato il ricorso al reclamo giurisdizionale, trascurando di considerare che il ricorrente aveva lamentato non solo la violazione del diritto del minore, ma anche la lesione del proprio diritto soggettivo o comunque dell’interesse legittimo al colloquio visivo senza vetro divisorio b per avere affermato che la modalità ordinaria di svolgimento del colloquio non ostacola la relazione affettiva e non comporta scompenso psicologico e traumatico al minore, senza dar conto delle ragioni per le quali ai nipoti ex fratre sia riservato un trattamento diverso dai nipoti ex filio c per avere - attraverso un’erronea interpretazione degli artt. 37 d.P.R. n. 230 del 2000 e 41 bis ord. pen. - illogicamente negato l’estensione della previsione della possibilità di eliminare il vetro divisorio agli incontri visivi tra detenuto e familiari minori di anni dodici diversi dai nipoti ex filio d per aver negato l’invocata estensione in parte qua del provvedimento ministeriale che trovava invece la sua giustificazione in molteplici parametri normativi di rango costituzionale artt. 2, 29, 30 e 31 Cost. e ulteriori significativi presidi nell’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e nell’art. 3 della Convenzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite ratificata con L. n. 176 del 1991 , principi recepiti anche dall’art. 28 ord. pen. che impegna l’amministrazione penitenziaria alla promozione dell’unità familiare . Considerato in diritto Osserva il Collegio che il ricorso appare quanto meno infondato. 1. Per i detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41 bis ord. pen. la sospensione delle regole del trattamento comporta, anche in materia di colloqui, una disciplina differenziata rispetto a quella ordinaria, ancorata ad un criterio ragionevole ed obiettivamente verificabile, pienamente congruente con i principi dell’ordinamento penitenziario, che ammette una differenziazione di trattamento in ragione della maggiore pericolosità del detenuto. La sospensione incide sui colloqui con i terzi che sono esclusi salvo casi eccezionali determinati volta per volta dal Direttore dell’istituto , nonché sui colloqui con i conviventi e i familiari, comportandone una significativa differenziazione sotto il profilo quantitativo un solo colloquio mensile , sotto il profilo delle modalità degli incontri da svolgersi in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio degli oggetti , sotto il profilo della riservatezza, essendo i colloqui sempre videoregistrati e sottoposti a controllo auditivo e relativa registrazione, previa motivata autorizzazione dell’Autorità giudiziaria competente ai sensi dell’art. 11, comma 2, ord. pen. art. 41 bis ord. pen., comma 2 quater, lett. b . Prima delle modifiche apportate all’art. 41 bis dalla L. n. 94 del 2009 che ha fortemente ridotto la discrezionalità ministeriale nella individuazione delle misure conseguenti alla sospensione del trattamento ordinario del detenuto, con l’introduzione di un elenco di restrizioni tassativamente indicate dalla legge, tra cui, rilevante ai fini del presente giudizio, quella contemplata dalla lettera b del comma 2 quater, la circolare emessa dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria nr. 3592 del 9/10/2003, al capo f , ha prescritto che i colloqui tra i familiari o altri soggetti ammessi ed il detenuto sottoposto al regime differenziato debbono avvenire in locali dotati di vetri o altri mezzi di separazione fisica a tutta altezza, atti ad impedire il passaggio di oggetti di qualsiasi natura, tipo o dimensione, ma ha introdotto un’espressa deroga, prevedendo la possibilità di intrattenimento di rapporti con contatto diretto tra il detenuto sottoposto a trattamento differenziato e i figli minori di dodici anni con la duplice opzione, per la fruizione di tale opportunità, o del passaggio del minore nell’area del locale ove è posizionato il detenuto o della rimozione del vetro divisorio. Tale regolamentazione di favore e l’abolizione del vetro divisorio è stata estesa, con la circolare D.A.P. n. 0101491 del 12.3.2012, anche ai colloqui del detenuto con i nipoti, figli dei figli, purché sempre minori di anni dodici, previa verifica del grado di parentela e della circostanza che la richiesta sia adeguatamente motivata e corredata da idonea documentazione attestante l’eccezionalità della situazione . 2. Ciò posto, va ricordato, in fatto, che la vicenda all’esame si ricollega all’applicazione di tale ultimo provvedimento ministeriale, del quale l’odierno ricorrente ha lamentato il contenuto ingiustificatamente discriminatorio nella parte in cui non concede la medesima opportunità del contatto diretto anche al nipote ex fratre che - si sostiene - vanta gli stessi diritti del nipote ex filio nel momento in cui è ammesso al colloquio visivo. I giudici del merito hanno concordemente ritenuto qualificabile in termini di diritto soggettivo quello del detenuto al mantenimento delle relazioni affettive familiari e hanno ribadito che i colloqui realizzano l’effettività di tale diritto, costituendo la principale fonte di mantenimento dei contatti con i familiari e però hanno evidenziato che l’implicita inibizione al contatto fisico tra ristretto e nipote ex fratre, desumibile dal provvedimento ministeriale di cui è stata chiesta la disapplicazione, non ostacola la relazione affettiva con il familiare, che è il bene giuridico primario rilevante nella specie, è conforme alle limitazioni imposte dalla legge quanto alle modalità realizzative dei colloqui, è proporzionata ed adeguata alla qualificata pericolosità della persona sottoposta allo speciale regime, non costituisce ingiustificato sacrificio, non impone un trattamento inumano o degradante, non lede un diritto fondamentale incomprimibile del ristretto. 2.1 E la soluzione offerta è giuridicamente ineccepibile, involgendo il caso in disamina da un lato la tutela di una posizione giuridica del detenuto di certo definibile in termini di diritto soggettivo, come quello al mantenimento di relazioni affettive con la famiglia, dall’altro concernente - in fatto - aspetti marcatamente esecutivi di tale diritto le modalità di realizzazione del colloquio , in quanto tali non preclusivi della facoltà. Il provvedimento reclamato integralmente recepito nell’ordinanza impugnata con piena condivisione del suo iter giustificativo , previa puntuale e attenta ricognizione delle fonti primarie e dei parametri normativi costituzionali e convenzionali che qui non si ripete , ha impeccabilmente osservato che la legge struttura in termini di assolutezza e senza eccezione alcuna la previsione relativa allo svolgimento dei colloqui visivi del detenuto sottoposto al regime differenziato con mezzi che impediscano il passaggio di oggetti che, una volta garantito il diritto del minore, nipote in linea collaterale, a mantenere il rapporto con il familiare detenuto e salvaguardato al contempo il diritto del detenuto a coltivare il rapporto con il minore, la mancata rimozione del vetro divisorio non determina la lesione di una posizione soggettiva del secondo, ma configura al più un interesse all’estensione della regolamentazione di favore prevista per i colloqui visivi con i nipoti ex filio, interesse che non incide sulla sostanza del rapporto parentale nei suoi contenuti fondamentali che le circolari del 2003 e del 2012, ferme le limitazioni, in forza di legge, incidenti sulle modalità esecutive dei colloqui del detenuto, non hanno comportato ulteriori restrizioni ma, al contrario, realizzando un contemperamento tra l’interesse privatistico e quello pubblico connesso alla tutela delle esigenze preventive, nel consentire il contatto diretto nei colloqui visivi con il figlio e il nipote in linea retta, minori di anni dodici, hanno adottato una lettura estensiva e più favorevole della previsione normativa di rango primario, comportante non già un’incisione ma un accrescimento delle facoltà del detenuto di coltivare le proprie esigenze affettive che, vantando il ricorrente un interesse all’estensione delle medesime condizioni ad altri soggetti, ma non un diritto a fruire di determinate forme di contatto con i propri cari, la sua aspettativa, pur astrattamente rilevante, deve ritenersi recessiva rispetto al preminente interesse pubblico, alla cui salvaguardia sono state predisposte le cautele e le modalità imposte dall’art. 41 bis, comma 2 quater. 2.2 E per vero, la circolare emessa dal D.A.P. nel 2012 non ha realizzato alcuna limitazione della facoltà del detenuto di intrattenere il colloquio con il minore, nipote in linea collaterale, che rimane regolato nelle sue modalità realizzative dal disposto legislativo in ciò è esatto sostenere, come ribadito dal provvedimento impugnato, che la disposizione regolamentare che estende la possibilità della rimozione di barriere ostacolanti il contatto diretto anche ai colloqui con i nipoti ex filio, amplia e non limitata la facoltà soggettiva del recluso, mentre l’applicazione negli altri casi della disciplina differenziata delle modalità esecutive del colloquio, rispondente ad evidenti esigenze di ragionevolezza, in quanto correlata ad una valutazione già operata dal legislatore con l’art. 41-bis ord. pen., non comporta alcuna ricaduta su posizioni soggettive qualificate, in quanto non ostacola l’effettuazione dell’incontro e delle comunicazioni e manifestazioni affettive verbali, salvaguardando la stabilità del legame e la relazione parentale attraverso l’effettività del colloquio che costituisce facoltà inerente ai diritti soggettivi della persona ristretta in carcere insuscettibile di soppressione, ma suscettibile di diversa regolamentazione. 2.3 Correttamente, poi, il Tribunale, trascrivendo le doglianze articolate nel reclamo, nel quale si lamentava il contenuto discriminatorio del provvedimento ministeriale che penalizza e punisce non il detenuto, ma il minore visitatore inducendo un vissuto traumatico nel secondo, ha altresì evidenziato la sostanziale inammissibilità della pretesa azionata, in quanto il ricorrente adduce che la presenza del vetro divisorio nei colloqui visivi con i nipoti ex frate sia motivo di trauma e difficoltà per la fragile psicologia degli stessi che, una volta ammessi al colloquio, sarebbero titolari di una posizione soggettiva qualificata, quella di essere preservati da tale disagio e di fruire delle medesime agevolazioni previste per i nipoti ex filio, così facendo valere come oggetto di un proprio diritto soggettivo, azionabile attraverso il reclamo, l’asserita lesione di un diritto di terzi. Alla luce delle superiori considerazioni il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.