Marchi falsi pronti ma non ancora piazzati sulla merce: respinta l’ipotesi del “danno lieve”

Confermata la condanna per uno straniero. Inequivocabile il materiale sequestrato. Ciò che conta, secondo i Giudici, è anche la disponibilità della strumentazione per riprodurre all’infinito la produzione di capi d’abbigliamento con loghi falsi.

Inequivocabile l’esito del blitz effettuato dalle forze dell’ordine sequestrati capi d’abbigliamento pronti ad essere marchiati con loghi – famosi – contraffatti. Inevitabile la condanna e respinta la tesi del danno lieve” irrilevante, secondo i giudici, il fatto che i marchi non fossero ancora stati apposti sulla merce Cassazione, sentenza n. 27943/2018, Sezione Quinta Penale, depositata oggi . Danno. Sotto accusa finisce uno straniero, originario del Marocco. A inchiodarlo è il materiale sequestrato, tutto relativo a capi d’abbigliamento destinati a essere marchiati con loghi falsi e a essere poi messi in vendita. Evidenti, secondo i giudici, i presupposti per arrivare a una condanna dell’uomo per il reato di contraffazione. Il legale prova a vedere riconosciuto in Cassazione il danno lieve . Su questo punto egli evidenzia che non sono stati sequestrati dei prodotti finiti, ma solo strumenti idonei alla loro fabbricazione , e aggiunge che è lapalissiana la tenuità dell’offesa arrecata ai titolari dei marchi contraffatti, tutte aziende o squadre di calcio di risonanza mondiale. Questa obiezione viene però respinta. I giudici del ‘Palazzaccio’ ribattono che è irrilevante che i marchi contraffatti non fossero stati definitivamente collocati sui capi d’abbigliamento a cui erano destinati , mentre è risibile il richiamo a un danno potenziale insignificante . Su quest’ultimo punto, anzi, viene osservato che la molteplicità degli oggetti contraffatti e la disponibilità di strumenti per replicare all’infinito la loro produzione fa emergere la non tenuità del danno .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 15 maggio – 18 giugno 2018, n. 27943 Presidente Miccoli – Relatore Pistorelli Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di L'Aquila ha confermato la condanna di El. Ma. Ab. per il reato di cui all'art. 473 c.p., mentre, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, lo ha assolto per il concorrente reato di ricettazione della merce contraffatta sequestratagli perché il fatto non sussiste. 2. Avverso la sentenza ricorre l'imputato a mezzo del proprio difensore articolando due motivi. Con il primo deduce errata applicazione della legge penale e vizi della motivazione in merito all'affermata responsabilità dell'El Ma. nei fatti contestatigli. In tal senso sostiene il ricorrente che la Corte territoriale avrebbe travisato il compendio probatorio di riferimento in merito alla riferibilità all'imputato del materiale rinvenuto nell'abitazione nella quale vivevano anche altre persone, mentre il ritrovamento di un tesserino identificativo a lui intestato in loco non sarebbe elemento decisivo a collegarlo all'abitazione medesima. Ulteriori vizi della motivazione vengono dedotti con il secondo motivo in ordine al denegato riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p., posto che non sono stati sequestrati dei prodotti finiti, ma solo strumenti idonei alla loro fabbricazione. Non di meno la Corte territoriale, nel valutare l'entità del danno, non avrebbe tenuto conto della tenuità dell'offesa arrecata ai titolari dei marchi contraffatti, tutte aziende o squadre di calcio di interesse globale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Anche volendo attribuire ad un mero lapsus calami il fatto che nel primo motivo il ricorrente contesti l'affermato coinvolgimento dell'El Ma. nella consumazione di un reato concernente gli stupefacenti - senza che venga operato peraltro alcun riferimento specifico a quello effettivamente imputatogli -, le obiezioni svolte si rivelano comunque generiche. Quanto ai presunti travisamenti probatori denunziati, invero non viene indicato in cosa sarebbero consistiti e ciò a tacere del fatto che le prove che si assumono travisate sono solo sommariamente evocate , mentre del tutto inconsistenti sono i rilievi sulla tenuta logica della valutazione del compendio indiziario, che omettono di confrontarsi con la confutazione effettuata dalla Corte territoriale delle identiche obiezioni svolte con il gravame di merito. 3. Manifestamente infondato è il secondo motivo. Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità è applicabile anche ai reati contro la fede pubblica, purché il fatto sia commesso per un motivo di lucro e la speciale tenuità riguardi sia l'entità del lucro, conseguendo o conseguito, sia l'evento dannoso o pericoloso, dovendosi riferire tale ultima espressione a qualsiasi offesa penalmente rilevante che, tanto in astratto, con riferimento alla natura del bene giuridico tutelato, quanto in concreto, sia di tale modestia da risultare proporzionata alla tenuità del vantaggio che il reo si proponeva di conseguire o ha conseguito ex multis Sez. F, n. 34651 del 2 agosto 2016, Diouf, Rv. 267679 . In tal senso è dunque irrilevante che eventualmente i marchi contraffatti non fossero ancora stati definitivamente collocati sui capi d'abbigliamento a cui erano logicamente destinati, mentre apodittica è l'obiezione per cui il danno potenziale per i titolari degli stessi sarebbe del tutto insignificante . Logica è invece la motivazione della sentenza sul punto, posto che dalla molteplicità degli oggetti contraffatti e dal fatto che l'imputato fosse in possesso degli strumenti per replicare all'infinito la loro produzione ha desunto la non tenuità del danno. 4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell'art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro duemila alla cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.