Non paga le spese condominiali, può essere ordinato lo sgombero dell’immobile?

Lo sgombero è un’ipotesi tassativa nei casi di occupazione senza valido titolo di un immobile sottoposto a sequestro finalizzato alla confisca di prevenzione nondimeno, la l. n. 161/17 ha esteso l’ipotesi di sgombero anche ai casi di mancato pagamento delle spese inerenti all’immobile.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 26603/18, depositata l’11 giugno. Il caso. Il proposto occupava, insieme alla sua famiglia, l’immobile in sequestro in assenza di valido titolo giustificativo perché titolare di un contratto di locazione, non ad uso abitativo, ma ad uso ufficio, stipulato con la società di cui erano in sequestro quote e patrimonio. Al proposto era stato concesso benevolmente” di restare con la sua famiglia nell’abitazione di lusso in cui abitava pur in difetto di valido titolo, a condizione che provvedesse, a sua cura, alle spese e agli oneri inerenti l’unità immobiliare utilizzata. Tuttavia gli oneri e le spese non erano pagati sicché, secondo il Tribunale doveva allontanarsi dall’abitazione. Il titolo valido paralizza l’esecuzione materiale dello sgombero. Disposto il sequestro conservativo, ove gli occupanti non provvedano spontaneamente, il Tribunale ordina lo sgombero degli immobili occupati senza titolo ovvero sulla scorta di titolo privo di data certa anteriore al sequestro mediante l’ausilio della forza pubblica. L’esistenza di un valido titolo che giustifichi l’occupazione dell’immobile da parte del proposto può paralizzare la materiale esecuzione dello sgombero ma non legittima l’occupante a non provvedere al pagamento delle spese e all’adempimento degli oneri connessi al godimento dell’immobile. Nel caso in esame il proposto non provava il godimento dell’appartamento in virtù di titolo valido avente data certa anteriore al sequestro limitandosi ad invocare l’esistenza di un contratto di locazione dell’immobile avente data di stipula successiva alla data di adozione del sequestro finalizzato alla confisca di prevenzione. Gli attori e la trama del procedimento di prevenzione. Il giudice delegato è l’autorità giudiziaria cui è demandata l’adozione di tutti i provvedimenti relativi alla gestione dei beni del proposto sottoposto a misura di prevenzione del sequestro finalizzato alla confisca di prevenzione e che impartisce le direttive generali per l’amministrazione dei beni. Il giudice delegato è coadiuvato dall’amministratore giudiziario che ha il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all’amministrazione dei beni sequestrati nel corso dell’intero procedimento, anche al fine di aumentare la redditività dei beni. Il legislatore ha individuato, nel procedimento di prevenzione, le figure del giudice delegato e dell’amministratore giudiziario, quali organi deputati a collaborare tra loro nel segno della gestione ed amministrazione dei beni sequestrati e nel periodo che intercorre tra la data dell’imposizione del sequestro e la decisione definitiva sulla confisca di prevenzione, con compiti, funzioni e procedure analoghi a quelli prescritti per il procedimento fallimentare. La misura della concessione. La Corte di Cassazione ha precisato che il giudice delegato può consentire al proposto di godere della casa destinata ad abitazione familiare rimanendo però a suo carico le spese e gli oneri inerenti l’immobile. Si tratta di un provvedimento discrezionale del giudice delegato, che potrà esercitarlo, però, solo ove ricorra la circostanza che la casa adibita ad abitazione familiare sia di proprietà del proposto. In cambio della facoltà di godimento, il legislatore ha previsto che restino a carico del proposto oneri e spese proprio perché, nella fase cautelare, la proprietà del bene è ancora del proposto. E se l’immobile non è di proprietà? Secondo la Suprema Corte, la concessione, alle condizioni date spese e oneri a carico di chi ne gode , può riguardare anche un bene non di proprietà. In una situazione in cui non è ancora intervenuto il provvedimento di confisca dunque, il passaggio allo Stato della proprietà del bene in sequestro non è vi ragione per non estendere la tutela riconosciuta espressamente alla dimensione familiare del proposto anche ai casi in cui la destinazione del bene sottoposto a sequestro di prevenzione ad uso abitativo derivi da un diritto personale di godimento diverso da quello di proprietà diritto di godere e di disporre o da una situazione di fatto tollerata dal proprietario. Interpretazione estensiva in bonam partem. L’esito interpretativo è conforme ad una lettura costituzionalmente orientata in virtù della protezione che la Costituzione accorda alla famiglia e, dunque, anche al luogo ove si svolge la vita familiare. Peraltro, l’amministrazione giudiziaria del bene sequestrato deve essere indirizzata alla custodia, conservazione e amministrazione dei beni sequestrati nel corso del procedimento di prevenzione. Duplice lo scopo da un lato, evitare che, in sede di confisca, il bene risulti gravato da oneri e pesi in relazione ai quali siano configurabili diritti di terzi meritevoli di tutela, dall’altro, consentire di aumentare la capacità di produzione di reddito del bene immobile sottoposto a sequestro. Logicamente, dunque, se il proposto non proprietario può continuare a godere del bene immobile adibito ad uso abitativo, deve anche provvedere alle spese e agli oneri inerenti l’unità immobiliare. Una soluzione diversa sarebbe del tutto irrazionale. In questa prospettiva, è del tutto legittimo aver posto a carico del proposto le spese e gli oneri condominiali relativi al godimento dell’immobile. Altrettanto legittimo sarebbe stato imporre un canone o un’indennità di occupazione a carico del proposto, disponendo lo stesso di beni di rilevante valore all’estero non raggiunti dal provvedimento di sequestro. Stessa soluzione anche se il godimento è frutto di mera benevolenza”. Se lasciare al proposto il godimento dell’immobile nella consapevolezza che, se si segue l’interpretazione letterale, non poteva esserne autorizzato, tale scelta non impedisce comunque di porre a carico del proposto le spese e gli oneri relativi all’occupazione dell’immobile escludere questo carico si porrebbe in contrasto con la finalità tipica dell’amministrazione giudiziaria dei beni sottoposti a prevenzione. L’onere previsto dalla legge è un principio generale indipendentemente dal titolo che ne giustificava l’originario godimento. Lo sgombero non è giustificato. È però illegittimo il provvedimento del giudice delegato nella parte in cui dispone lo sgombero coattivo dell’immobile in caso di mancato pagamento delle spese condominiali nel termine assegnato dal giudice stante la tassatività dell’ipotesi di sgombero si tratterebbe di un’estensione in malam partem . La Corte osserva che quando il sequestro di prevenzione ha per oggetto un bene immobile, il potere di sgombero può essere esercitato nella fase di esecuzione del provvedimento impositivo del vincolo dal tribunale che ha adottato la misura e solo in mancanza di valido titolo. Nel caso di specie non si verte in ipotesi di assenza di titolo perché l’occupazione trova giustificazione nell’autorizzazione concessa dal giudice delegato a continuare l’occupazione dell’appartamento destinato ad abitazione familiare. Non è dunque giustificata l’adozione del provvedimento di sgombero a fronte del mancato pagamento degli oneri. Il potere del giudice delegato non può estendersi sino al punto di ordinare l’allontanamento coattivo dall’immobile. Con la nuova disciplina l. n. 161/2017 – non applicabile al caso in esame – è stato introdotto il principio secondo cui il mancato pagamento delle spese condominiali giustifica l’allontanamento del proposto dall’abitazione familiare sottoposta a sequestro.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 23 febbraio – 11 giugno 2018, n. 26603 Presidente Vessichelli – Relatore Guardiano Fatto e diritto 1. Con l’ordinanza di cui in epigrafe il tribunale di Roma, sezione specializzata per le misure di prevenzione, decidendo in sede di opposizione, ex art. 666, c.p.p., al provvedimento con cui, in data 1.12.2016, il giudice delegato aveva ordinato agli amministratori giudiziari di invitare C.A. a saldare, entro il 15.1.2017, tutte le spese di sua spettanza, relative all’uso dell’immobile, da quest’ultimo adibito a propria abitazione familiare, sito in omissis , oggetto di sequestro nell’ambito del procedimento di prevenzione cui quest’ultimo risulta sottoposto, avvertendolo che, in mancanza, si sarebbe proceduto allo sgombero del suddetto immobile, rigettava la suddetta opposizione. In riferimento a tali spese, per un importo complessivo di Euro 37.394,35, dovute, pro quota, in favore del Condominio di omissis e del Condominio che gestisce il comprensorio ove è ubicata la menzionata unità immobiliare, gli amministratori giudiziari avevano segnalato la condizione di morosità del C. al giudice delegato, che aveva adottato il provvedimento innanzi indicato, opposto dal ricorrente innanzi alla sezione del tribunale di Roma specializzata in materia di misure di prevenzione. 2. Avverso l’ordinanza del tribunale di Roma, di cui chiede l’annullamento, propone tempestivo ricorso per cassazione il C. , a mezzo del suo difensore di fiducia, lamentando l’inosservanza ovvero l’erronea applicazione dell’art. 42, d.lgs. n. 159/2011, nonché il travisamento del fatto sull’esistenza del titolo di locazione dell’immobile in questione. 2.1. Con tale motivo, in particolare, il ricorrente deduce violazione di legge, con riferimento all’art. 42 del d.lgs. n. 159/2011 norma in tema di spese per la conservazione e l’amministrazione dei beni in sequestro e vizio di motivazione, per non avere il tribunale considerato che il C. non è proprietario dell’unità immobiliare in sequestro, occupandola, insieme con il suo nucleo familiare, quale conduttore, in virtù di un contratto di locazione, stipulato fin dal primo aprile del 2015. Tale circostanza, ad avviso del ricorrente, non rende applicabile nei suoi confronti il combinato disposto degli artt. 40, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, e 47, l. fall., su cui si fonda il percorso argomentativo seguito dal tribunale per rigettare la proposta opposizione. Il proposto, vantando un diritto di godimento del bene, sulla base di un titolo avente data certa, anteriore al disposto sequestro, era del tutto legittimato ad occupare l’immobile, giusta la previsione dell’art. 21, d.lgs. n. 159/2011, non superabile mediante l’ordine di sgombero coattivo, condizionato al mancato pagamento delle spese condominiali. Pertanto, rileva il ricorrente, all’eventuale mancato pagamento di tali spese, il giudice delegato avrebbe dovuto reagire, non disponendo lo sgombero coattivo, bensì rivolgendosi al giudice civile competente, per ottenere il pagamento dei canoni non versati, potendosi procedere allo sgombero esclusivamente in caso di accertata e conclamata morosità e solo dopo lo svolgimento di una procedura giurisdizionale inderogabilmente garantita dalla legge . 3. Con requisitoria del 9.1.2018 il sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile. 4. Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei seguenti termini. 4. In via preliminare va precisato che, tenuto conto del tempo in cui venne adottato il sequestro di prevenzione e il decreto del giudice delegato, opposto innanzi al tribunale, la disciplina vigente in subiecta materia era quella precedente alle modifiche introdotte, di recente, dalla L. 17 ottobre 2017, n. 161, di cui, dunque, non si terrà conto, se non per un particolare profilo del quale si dirà in seguito. Ciò posto, per una corretta soluzione delle questioni di diritto portate all’attenzione del Collegio occorre svolgere alcune brevi considerazioni sui poteri esercitabili dal giudice delegato, nominato dal tribunale, in caso di sequestro disposto nell’ambito del procedimento di prevenzione, ai sensi dell’art. 35, co. 1, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159. Come correttamente indicato dal tribunale nel provvedimento impugnato, il giudice delegato è, ai sensi dell’art. 40, d.lgs. n. 159/2011, l’autorità giudiziaria alla quale è demandata l’adozione di tutti i provvedimenti relativi alla gestione dei beni del proposto sottoposti alla misura di prevenzione del sequestro, finalizzato alla confisca di prevenzione, anche impartendo le direttive generali per l’amministrazione degli stessi. In tale attività egli è coadiuvato dall’amministratore giudiziario la cui nomina è, non a caso, contestuale a quella del giudice delegato, ai sensi dell’art. 35, co. 1, d.lgs. n. 159/2011 , il quale ha il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all’amministrazione dei beni sequestrati nel corso dell’intero procedimento, anche al fine di incrementare, se possibile, la redditività dei beni medesimi cfr. art. 35, co. 5, d.lgs. n. 159/2011 . Come rilevato dal pubblico ministero nella sua requisitoria, il Legislatore ha individuato nel procedimento di prevenzione, mutuando la relativa previsione dalla disciplina delle procedure concorsuali, le figure del giudice delegato e dell’amministratore giudiziario, quali organi deputati a condurre, in collaborazione tra loro, la gestione e l’amministrazione dei beni sequestrati, nel periodo che intercorre tra la data dell’imposizione del sequestro e la decisione definitiva sulla confisca di prevenzione, con compiti, funzioni e procedure analoghi a quelli prescritti per il procedimento fallimentare. Tanto premesso, il percorso argomentativo seguito dal tribunale nell’impugnata ordinanza, parte dal presupposto di fatto che il C. occupa, con la sua famiglia, l’immobile in sequestro, in assenza di un valido titolo giustificativo, emergendo che lo stesso è titolare di un contratto di locazione, non ad uso abitativo, ma ad uso ufficio con la società SVE.FIN srl, di cui sono in sequestro quote e patrimonio . Nonostante ciò, evidenzia il tribunale, al ricorrente era stato concesso benevolmente di restare con la sua famiglia nell’abitazione di lusso in cui abitava, pur in difetto di valido titolo, a condizione che egli provvedesse a sue cure alle spese ed agli oneri inerenti l’unità immobiliare utilizzata, come espressamente previsto dall’art. 40, co. 2, d.lgs. 159/2011 . Pertanto, accertata la permanente disponibilità in capo al proposto di beni di rilevante valore economico, non raggiunti dal sequestro di prevenzione, e verificato il rifiuto di quest’ultimo di pagare tali spese ed oneri , pur potendo spendere somme rilevanti per vacanze e feste all’estero, ove dispone di rilevanti risorse , il tribunale concludeva nel senso che, non versando il C. in condizioni di bisogno economico tali da consentirgli di usufruire di un sussidio a titolo di alimenti fattispecie, come si vedrà innanzi, prevista dall’art. 47, co. 1, L. fall. , al mancato pagamento degli oneri e delle spese dovute consegue ex lege l’allontanamento dall’abitazione . 4.1. Orbene, il percorso motivazionale seguito dal tribunale non si contraddistingue per chiarezza espositiva. Sembra, infatti, che il giudice di merito abbia ritenuto applicabile la disciplina prevista dall’art. 40, co. 2, d.lgs. n. 159/2011, pur nella consapevolezza che il C. non disponesse di un valido titolo per occupare l’immobile in sequestro, ai sensi dell’art. 47, co. 2, L. fall. Come è noto la prima disposizione normativa prevede che il giudice delegato può adottare, nei confronti della persona sottoposta alla procedura e della sua famiglia, i provvedimenti indicati nell’articolo 47 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, quando ricorrano le condizioni ivi previste. Nel caso previsto dal secondo comma del citato articolo 47, il beneficiario provvede a sue cure alle spese e agli oneri inerenti l’unità immobiliare ed è esclusa ogni azione di regresso . A sua volta l’art. 47, L. fall., statuisce che se al fallito vengono a mancare i mezzi di sussistenza, il giudice delegato, sentiti il curatore ed il comitato dei creditori, può concedergli un sussidio a titolo di alimenti per lui e per la famiglia. La casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria all’abitazione di lui e della sua famiglia, non può essere distratta da tale uso fino alla liquidazione delle attività . Dall’esame di tali disposizioni normative, emerge con chiarezza che il giudice delegato può adottare in favore del proposto i provvedimenti previsti in favore del fallito dall’art. 47, L. fall., tra cui quello di consentirgli di continuare a godere della casa destinata ad abitazione familiare, rimanendo a carico del proposto stesso le spese e gli oneri inerenti l’unità immobiliare, solo in presenza delle condizioni previste nel menzionato articolo della legge fallimentare. La possibilità di consentire al proposto di continuare a godere della casa destinata ad abitazione familiare sottoposta al provvedimento di sequestro, è, dunque, oggetto di un potere discrezionale del giudice delegato, che potrà esercitarlo solo ove ricorra la circostanza prevista dal secondo comma della menzionata disposizione della legge fallimentare, vale a dire nel caso in cui la casa destinata ad abitazione familiare sia di proprietà del proposto. Esula, infine, dal potere discrezionale del giudice delegato, una volta concesso al proposto di continuare a godere dell’abitazione familiare, di incidere sull’adempimento delle spese e degli altri oneri relativi all’immobile, posto dal Legislatore a carico del proposto, proprio in conseguenza della facoltà di godimento, insita nel diritto di proprietà che egli, nella fase cautelare, ancora vanta sul bene. Ciò posto, il primo quesito giuridico da risolvere è quello di stabilire se, in assenza della condizione prevista dall’art. 47, co. 2, L. fall., essendo pacifico che il C. non è proprietario della casa destinata ad abitazione del suo nucleo familiare, si giustifica la concessione in suo favore del beneficio di continuarne a godere, sopportando le spese e gli oneri gravanti sull’immobile. La risposta positiva si giustifica alla luce di un duplice ordine di considerazioni. In una situazione in cui non è ancora intervenuto il provvedimento definitivo di confisca, con il conseguente passaggio allo Stato della proprietà del bene attualmente in sequestro, non vi è ragione di non estendere la tutela che il Legislatore ha espressamente riconosciuto alla dimensione familiare del proposto, che sia titolare del diritto di proprietà sul bene immobile destinato ad abitazione del suo nucleo familiare, anche a quei casi in cui la destinazione del bene sottoposto a sequestro di prevenzione ad uso di abitazione per sé e per la propria famiglia, derivi da un diritto personale di godimento, diverso da quello che compete al proprietario del bene come, ad esempio, da un contratto di locazione ad uso abitativo o da una situazione di fatto, tollerata dall’originario proprietario dell’immobile. Tale assunto appare conforme ad un’interpretazione estensiva del dettato normativo, costituzionalmente orientata, in virtù della protezione che la Costituzione attribuisce alla famiglia e, di conseguenza, al luogo dove si svolge la vita familiare cfr. artt. 29 30 31, Cost. , che rappresenta, in tutta evidenza, la ratio delle disposizioni contenute nell’art. 47, L. fall D’altro canto va sempre rammentato che l’amministrazione giudiziaria del bene sequestrato, al cui coordinamento è preposto il giudice delegato cfr. Cass., Sez. II, 22.2.1996, n. 148 , deve essere indirizzata, come si è detto, alla custodia, alla conservazione e all’amministrazione dei beni sequestrati nel corso dell’intero procedimento, anche al fine di incrementare, se possibile, la redditività dei beni medesimi . Ciò al duplice scopo, da un lato, di evitare che, in sede di confisca, il bene risulti gravato da oneri e pesi, in relazione ai quali siano configurabili diritti dei terzi meritevoli di tutela, ai sensi degli artt. 52 e ss., d.lgs. n. 159 del 2011 dall’altro di consentire di elevare la capacità di produzione di reddito del bene immobile sottoposto a sequestro, sempre in vista della destinazione delle relative somme di denaro derivanti dalla sua utilizzazione, a scopi di pubblico interesse, secondo i criteri fissati dall’art. 48, d.lgs. n. 159 del 2011. Alla possibilità di estendere al proposto che non sia proprietario dell’immobile destinato ad abitazione familiare sottoposto a sequestro di prevenzione, la facoltà di continuare a godere dell’abitazione pur non essendone proprietario si accompagna, dunque, l’obbligo, che deriva dalla stessa previsione dell’art. 40, co. 2, d.lgs. n. 159 del 2011, di provvedere a sue cure alle spese e agli oneri inerenti l’unità immobiliare. Sarebbe, infatti, del tutto irrazionale, nel momento in cui si attribuisce, attraverso un’interpretazione estensiva in bonam partem, al proposto non proprietario del bene in sequestro, la facoltà di continuare a godere della casa di famiglia, non estendere gli oneri strettamente connessi al godimento del bene. In questa prospettiva porre a carico del proposto, come avvenuto nel caso in esame, l’adempimento delle spese condominiali relativi al godimento dell’immobile, risulta del tutto legittimo, in quanto funzionale ad evitare che in sede di confisca possano essere fatti valere diritti di credito da parte dei terzi, alle condizioni previste dall’art. 52, d.lgs., n. 159 del 2011. Così come sarebbe stata legittima, in astratto, la previsione del pagamento di un canone o di una indennità di occupazione, a carico del proposto, disponendo egli di beni di rilevante valore all’estero non raggiunti da sequestro, in quanto finalizzata ad incrementare la redditività del bene cfr., in questo senso, Cass., Sez. II, 5.6.2015, n. 27809, rv. 264140 Cass., Sez. I, 19.11.2013, n. 51458, rv. 257658 . 4.2. Alle medesime conclusioni è possibile pervenire anche ove non si condivida l’interpretazione estensiva delle disposizioni normative in precedenza indicate. Se, infatti, per utilizzare l’espressione del tribunale, gli organi dell’amministrazione giudiziaria hanno dimostrato benevolenza nel consentire al C. di continuare ad occupare l’appartamento destinato ad abitazione familiare, nella consapevolezza, è il sottinteso della motivazione, che a tanto non poteva essere autorizzato, non essendo egli il proprietario del bene oggetto del sequestro di prevenzione, tale scelta non impedisce, tuttavia, di porre a carico del proposto, pur se indebitamente autorizzato a proseguire nell’occupazione dell’immobile, le spese e gli oneri ad esso relativi, perché siffatto esito interpretativo si porrebbe in insanabile contrasto con le finalità tipiche dell’amministrazione giudiziaria dei beni sottoposti a sequestro di prevenzione, indicate dal Legislatore. In questa prospettiva la previsione normativa, di cui all’art. 40, co. 2, d.lgs. n. 159 del 2011, assume il valore di un principio di carattere generale, ponendo a carico del proposto comunque autorizzato dal giudice delegato ad occupare l’immobile destinato ad abitazione per sé e per il suo nucleo familiare, l’onere di provvedere al pagamento delle spese ed all’adempimento degli oneri gravanti sull’immobile, indipendentemente dalla natura del titolo che ne giustificava l’originario godimento. 4.3. Alla linea interpretativa rappresentata nelle pagine che precedono, non si può opporre l’esistenza di un diritto del C. a permanere nell’abitazione familiare, senza provvedere al pagamento delle spese condominiali, invocando, a sostegno di tale pretesa, il contenuto dell’art. 21, co. 2, d.lgs. n. 159 del 2011, secondo cui, disposto il sequestro di prevenzione, il tribunale, ove gli occupanti non vi provvedano spontaneamente, ordina lo sgombero degli immobili occupati senza titolo ovvero sulla scorta di titolo privo di data certa anteriore al sequestro mediante l’ausilio della forza pubblica . Ed invero, da un canto, l’esistenza di un valido titolo che giustifichi l’occupazione dell’immobile da parte del proposto, può paralizzare la materiale esecuzione del sequestro, impedendo lo sgombero, ma, per le ragioni già esposte, non legittima l’occupante, che sia in possesso di tale titolo, a non provvedere al pagamento delle spese ed all’adempimento degli oneri, connessi al godimento del bene in sequestro. Dall’altro, il ricorrente non ha dimostrato di godere dell’appartamento in virtù di un valido titolo avente data certa anteriore al sequestro, limitandosi egli ad invocare, in suo favore, l’esistenza di un contratto di locazione dell’immobile non allegato all’atto di impugnazione , avente, peraltro, una data di stipula 1.4.2015, indicata in ricorso , successiva alla data di adozione del sequestro, che lo stesso ricorrente fa risalire al 2.10.2014 cfr. p. 3 del ricorso , senza tacere che, come rilevato dal tribunale, il contratto stipulato tra il C. e la società proprietaria aveva ad oggetto la locazione ad uso ufficio e non abitativo dell’immobile di fatto adibito da quest’ultimo ad abitazione familiare. 4.4. Fondato, tuttavia, appare il rilievo difensivo con cui si eccepisce l’illegittimità del provvedimento del giudice delegato, nella parte in cui dispone lo sgombero coattivo dell’immobile nel caso in cui il C. non abbia provveduto al pagamento delle spese condominiali nel termine assegnatogli dallo stesso giudice. Come si è visto, infatti, quando il sequestro di prevenzione ha per oggetto un bene immobile, il potere di sgombero, cioè di allontanarne coattivamente gli occupanti, con l’ausilio della forza pubblica, può essere esercitato nella fase di esecuzione del provvedimento impositivo del vincolo peraltro non dal giudice delegato, ma dal tribunale che ha adottato la misura , solo in presenza delle condizioni previste dal citato art. 21, co. 2, d.lgs. n. 159 del 2011. Pertanto estendere tale potere a soggetti ed a casi diversi da quelli tassativamente previsti, rappresenterebbe un’indebita estensione in malam partem di una disposizione invasiva della sfera di libertà dei singoli. Non può, inoltre, sostenersi che nella fattispecie in esame l’occupazione del C. possa considerarsi senza titolo, trovando essa, piuttosto, giustificazione nell’autorizzazione concessa dal giudice delegato a continuare l’occupazione dell’appartamento destinato ad abitazione familiare. Avere ribadito la sussistenza a carico del proposto dell’obbligo di provvedere al pagamento delle spese condominiali, evidenzia, piuttosto, l’assoggettamento del rapporto, su tale versante, alle regole proprie del diritto civile, in quanto la regolamentazione dei rapporti giuridici relativi all’amministrazione del bene in sequestro non può che avvenire sulla base delle norme dettate dal codice civile, comportando che sia il giudice civile a dirimere le contestazioni formalizzate nel corso della gestione di tali rapporti e non il giudice delegato cfr. Cass., Sez. VI, 11.1.2017, n. 8523, rv. 269795 . L’adozione del provvedimento di sgombero da parte del giudice delegato non trova, pertanto, una valida giustificazione. Infatti, se è vero che rientra tra i compiti del giudice delegato quello di provvedere alla custodia, conservazione ed amministrazione dei beni sequestrati, non è previsto dal vigente sistema normativo che il suo potere si estenda sino al punto di ordinare l’allontanamento coattivo dall’immobile di cui si discute, posto che l’unica procedura ammessa dalla legge per ottenere l’adempimento dell’obbligazione di pagamento di spese ed oneri immobiliari, consiste nella ordinaria azione giudiziaria da instaurarsi dinanzi al competente giudice civile. A conferma di quanto sopra sostenuto, va richiamata la disciplina introdotta dalla L. 17 ottobre 2017, n. 161, che, da un lato, nel rinnovellare il contenuto dell’art. 21, co. 2, d.lgs. n. 159 del 2011, ha attribuito al giudice delegato dunque non più al tribunale , il potere di disporre lo sgombero dell’immobile sottoposto a sequestro di prevenzione nella fase dell’esecuzione, solo in presenza delle medesime condizioni originariamente previste, sentito l’amministratore giudiziario e valutate le circostanze del caso cfr. art. 5, co. 5, lett. b, L. 17.10.2017, n. 61 . Dall’altro, nel riformulare il contenuto dell’art. 40, d.lgs. n. 159 del 2011, inserendo il comma 2 bis, ha statuito che nel caso previsto dal secondo comma dell’art. 47 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 il tribunale non dunque il giudice delegato, che conserva anche con la nuova disciplina il suo ruolo centrale nella gestione dei beni sequestrati , con decreto revocabile in ogni momento, dispone il differimento dell’esecuzione dello sgombero non oltre il decreto di confisca definitivo. Il beneficiario, pena la revoca del provvedimento, è tenuto a corrispondere l’indennità eventualmente determinata dal tribunale e a provvedere a sue cure alle spese e agli oneri inerenti all’unità immobiliare è esclusa ogni azione di regresso. Il tribunale, con il provvedimento con cui rigetta la richiesta, dispone l’esecuzione dello sgombero se precedentemente differito cfr. art. art. 14, co. 1, lett. a, L. 17.10.2017, n. 61 . Con la nuova normativa si stabilisce, dunque, che nel caso in cui il proposto sia proprietario dell’immobile adibito a casa familiare, il tribunale, all’atto dell’imposizione del vincolo reale, deve disporre il differimento dell’esecuzione dello sgombero, con provvedimento che produce i suoi effetti sino al momento in cui il decreto di confisca diventa definitivo e che, tuttavia, anche prima di tale momento, può essere revocato ed, anzi, deve essere revocato, nel caso in cui il beneficiario della sospensione dell’ordine di sgombero non provveda alle spese e agli oneri inerenti all’unità immobiliare. Viene, in tal modo, formalizzato il principio che il mancato pagamento delle spese condominiali giustifica l’allontanamento coattivo del proposto dall’abitazione familiare sottoposta a sequestro. E trova conferma a contrario, che, in assenza di disposizioni di tale natura, quando venne adottato il provvedimento opposto innanzi al tribunale di Roma, il giudice delegato né tantomeno il tribunale per le misure di prevenzione non aveva il potere di disporre lo sgombero coattivo dell’immobile occupato dal C. e dal suo nucleo familiare, in conseguenza del mancato pagamento delle spese condominiali, potere che, come si è detto, la nuova disciplina riconosce espressamente al giudice delegato solo nell’ipotesi prevista dal rinnovellato art. 21, co. 2, d.lgs. n. 159 del 2011. 5. Sulla base delle svolte considerazione il provvedimento impugnato va, pertanto, annullato senza rinvio, limitatamente all’ ordine condizionato di sgombero , mentre nel resto il ricorso va rigettato. La non completa soccombenza del ricorrente, implica che quest’ultimo non sia condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato, limitatamente all’ ordine condizionato di sgombero . Rigetta nel resto il ricorso.