Getta cocaina fuori dal finestrino, ma il concorso nel reato non è certo...

Per provare il concorso nel reato di detenzione, devono essere ricondotte all'agente delle azioni agevolatrici della detenzione, dell'occultamento e del controllo delle sostanze stupefacenti. Il contributo può assumere molteplici forme e, certamente, può consistere anche nella presenza sul luogo del misfatto, purché tale presenza non sia meramente casuale.

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza 25136/18, depositata il 5 giugno 2018. Il caso. La Corte d'Appello competente, confermando la statuizione del Giudice di prime cure, condannava un imputato per l'illecito di cui agli artt. 110 c.p. e 73, comma 1 e 1- bis , lett. a, d.P.R. n. 309/1990 concorso in trasporto e detenzione di cocaina a scopo di spaccio . In particolare, all'imputato veniva contestato di aver occultato in auto la suddetta sostanza stupefacente, che - dopo un inseguimento finito male - veniva sorpreso a gettare, dalla polizia. Il condannato ricorreva per cassazione, contestando violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al suo asserito concorso nell'attività criminosa rilevava come tale sua partecipazione fosse stata dedotta esclusivamente dalla mancata giustificazione in relazione alla sua presenza nella vettura del coimputato, senza prova di un previo accordo o di una pregressa codetenzione. Lamentava, inoltre, l'erronea qualificazione giuridica del fatto, da ricondursi all'art. 378 c.p. favoreggiamento personale . La prova del concorso nel reato di detenzione. La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso. Gli Ermellini hanno preliminarmente ribadito che il Giudice di merito non ha l'obbligo di esaminare ogni questione sottoposta alla sua attenzione, qualora dal contesto emerga la sua irrilevanza. Al contrario, il Giudice deve indicare con precisione le norme su cui ha fondato il proprio convincimento in merito all'esistenza di un concorso nel reato. In materia, la Corte ha evidenziato come sia di fondamentale importanza l'unitarietà del fatto collettivo posto in essere la stessa sussiste nel caso in cui le condotte integrate dai concorrenti abbiano il medesimo scopo e che ciascuno sia consapevole del supporto prestato all'attività criminosa. Il Collegio ha, poi, aggiunto che, qualora difetti una prova diretta di un elemento costitutivo del reato, l'obbligo di motivazione si faccia ancora più stringente. I Giudici del Palazzaccio hanno sottolineato come, nel caso di specie, l'obbligo motivazionale non sia stato soddisfatto, non essendo state avanzate delle motivazioni incisive. A tal proposito, il Collegio ha ricordato che il concorso nel reato richiede un contributo causale, anche minimo, consistente nel rendere più agevole la condotta delittuosa. Non si considerano condotte concorsuali, pertanto, la conoscenza o l'adesione morale o l'assistenza inerte. Nessun rilievo riveste, in sostanza, l'atteggiamento passivo del soggetto al contrario, affinché si possa affermare il concorso nel reato di detenzione, devono essere ricondotte all'imputato delle azioni agevolatrici della detenzione, dell'occultamento e del controllo delle sostanze stupefacenti. Il contributo può assumere molteplici forme e, certamente, può consistere anche nella presenza sul luogo del misfatto, purché tale presenza non sia meramente casuale, ma serva a stimolare l'azione oppure a renderla maggiormente sicura. Gli Ermellini hanno, comunque, evidenziato come l'atipicità delle condotte concorsuali debba essere bilanciata dal soddisfacimento dell'onere motivazionale in relazione all'effettiva e reale partecipazione all'attività criminosa. Tale analisi è mancata nel caso di specie. Concorso o favoreggiamento? In merito alla censura relativa alla mancata applicazione dell'art. 378 c.p., il Collegio ha ricordato come, nel caso di detenzione illecita di stupefacenti, non si possa configurare il delitto di favoreggiamento, dal momento che qualsiasi agevolazione verso il colpevole si traduce in un concorso – almeno – morale. La sentenza impugnata non ha adeguatamente motivato la sussistenza di una detenzione congiunta e, di conseguenza, neppure il diniego dell'ipotesi di favoreggiamento risulta giustificato. Elemento distintivo, a parere della Corte, tra il concorso in illecita detenzione di stupefacenti e il reato di favoreggiamento deve essere identificato nell'elemento psicologico dell'agente, da valutarsi in concreto. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 17 maggio – 5 giugno 2018, numero 25136 Presidente Piccialli – Relatore Serrao Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Lecce, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la pronuncia di condanna emessa a seguito di giudizio abbreviato dal Tribunale di Lecce il 4/07/2013 nei confronti di D.F.E. per il reato previsto dagli articolo 110 cod. penumero e 73, commi 1 e 1-bis lett. a , d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309 in relazione ad illeciti trasporto e detenzione a fini di spaccio, occultata all’interno di autovettura nella disponibilità di un coimputato, di sostanza stupefacente del tipo cocaina per grammi 98,520, accertato in agro di omissis . 2. Il fatto è stato così accertato nei giudizi di merito l’imputato aveva accettato di accompagnare C.C. a , dove quest’ultimo doveva incontrarsi con una persona e con la fidanzata il C. , tuttavia, aveva imboccato la superstrada omissis e si era fermato, dapprima, a parlare con alcune persone e, poi, in una piazzola di sosta, dove si era intrattenuto con un motociclista agenti della Squadra Mobile avevano notato l’autovettura procedere a velocità molto elevata ed avevano tentato, invano, di fermarla l’auto in fuga aveva imboccato lo svincolo per la zona industriale, aveva tentato di speronare l’autovettura della polizia e si era poi fermata, trovandosi nell’impossibilità di proseguire oltre in quel frangente, l’imputato aveva gettato dal finestrino l’involucro con la droga. 3. Avverso tale sentenza ricorre D.F.E. deducendo erronea applicazione delle norme sul concorso di persone nel reato il ricorrente ritiene che la responsabilità a titolo concorsuale nel reato sia stata affermata in relazione ad una situazione neppure riconducibile alla mera connivenza non punibile sulla base della esclusiva presenza in auto del D.F. e dell’assenza di giustificazioni alla decisione di accompagnarsi in auto con il C. , senza alcuna prova del coinvolgimento dell’imputato nella ricezione e nella detenzione dello stupefacente ed in mancanza di apporto causale, ancorché solo morale. Manca la prova della consapevolezza da parte del D.F. dell’attività illecita che l’amico stava compiendo in difetto di prova del previo accordo e della pregressa codetenzione, risulta irrilevante la condotta posta in essere nel tentativo di disfarsi della droga. Deduce, quindi, inosservanza delle norme processuali che affermano il principio di presunzione d’innocenza e della condanna oltre ogni ragionevole dubbio, posto che l’affermazione di responsabilità si è fondata, piuttosto che sulla prova del contributo del D.F. all’attività illecita del C. , sulla mancanza di giustificazione da parte dell’imputato circa la sua presenza nell’auto senza alcuna valorizzazione degli elementi dimostrativi della sua assenza di coinvolgimento, come la mancanza di oggetti indicatori di partecipazione all’attività di spaccio, l’assenza di contatti sospetti nel telefono cellulare sequestratogli, le indagini difensive dimostrative della programmazione di incontri e impegni a Lecce del tutto incompatibili con la partecipazione all’attività illecita, l’aprioristica esclusione di rilevanza delle dichiarazioni di Cristiano C. a proposito dell’estraneità al fatto del D.F. . Deduce, altresì, vizio della motivazione in quanto l’affermazione di responsabilità è fondata su mere congetture e supposizioni, come l’asserzione per cui l’imputato non avrebbe contestato al C. la sua condotta o la ritenuta irragionevolezza del fatto che il C. si facesse accompagnare da un amico ignaro ritiene che la contraddittorietà delle versioni fornite dai due coimputati in merito alle ragioni della sosta nella piazzola potesse interpretarsi come prova a suo favore. Con un secondo motivo censura la sentenza per erronea qualificazione giuridica del fatto, che si sarebbe dovuto sussumere nell’ipotesi prevista dall’articolo 378 cod. penumero , e per conseguente errore sul trattamento sanzionatorio, nonché per vizio di motivazione in merito al mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del Casellario giudiziale. Ritiene che il gesto di gettare l’involucro dal finestrino fosse da interpretarsi come espressione dell’intento di facilitare la cessazione del reato. Con un terzo motivo lamenta il mancato riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall’articolo 114 cod. penumero e, in conseguenza, il mancato riconoscimento dei benefici di legge in relazione al minimo contributo fornito con il lancio dello stupefacente dal finestrino, quando l’accordo, l’acquisto e lo scambio dello stupefacente erano stati già effettuati e la polizia era all’inseguimento del reo. 4. Con memoria difensiva depositata il 27 aprile 2018 il difensore del ricorrente ha insistito per l’annullamento della sentenza impugnata sviluppando ulteriormente i motivi di ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondatamente proposto nei termini che seguono. 2. In linea di principio, per quanto concerne il vizio di motivazione, la Corte di Cassazione ha più volte affermato che il giudice del gravame di merito non è tenuto ad esaminare espressamente ogni elemento istruttorio acquisito nel corso del processo, né a fornire espressa spiegazione in merito al valore probatorio di tutte le emergenze istruttorie, laddove dall’esame di alcune prove a sostegno della decisione possa implicitamente desumersi l’irrilevanza o l’inattendibilità delle prove contrarie, essendo necessario e sufficiente che spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dalle quali si dovranno ritenere implicitamente disattese le opposte deduzioni difensive ancorché non apertamente confutate. In altre parole, non rappresenta vizio censurabile l’omesso esame critico di ogni questione sottoposta all’attenzione del giudice di merito qualora dal complessivo contesto argomentativo sia desumibile che alcune questioni siano state implicitamente rigettate o ritenute non decisive, essendo a tal fine sufficiente che la pronuncia enunci con adeguatezza e logicità gli argomenti che si sono ritenuti determinanti per la formazione del convincimento del giudice Sez. 2, numero 9242 del 08/02/2013, Reggio, Rv. 25498801 Sez.6, numero 49970 del 19/10/2012, Muià, Rv.25410701 Sez.4, numero 34747 del 17/05/2012, Parisi, Rv.25351201 Sez.4, numero 45126 del 6/11/2008, Ghisellini, Rv.24190701 . 2.1. Tale principio deve essere integrato con l’obbligo per il giudice di merito di indicare, con adeguata e logica motivazione, le prove sulle quali, in materia di concorso di persone nel reato, ha fondato il libero convincimento dell’esistenza di un consapevole e volontario contributo, morale o materiale, dato dall’agente alla realizzazione del reato Sez. U, numero 45276 del 30/10/2003, Andreotti, Rv. 22610101 per il concorso morale Sez. 2, numero 48029 del 20/10/2016, Siesto, Rv. 26817701 Sez. 2, numero 4228 del 17/01/1984, Genesio, Rv. 16408601 . 2.2. Con riguardo alla motivazione richiesta per dimostrare la responsabilità del concorrente nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo o, comunque, la reciproca consapevolezza del concorso altrui, in quanto l’attività costitutiva del concorso può essere rappresentata da qualsiasi comportamento esteriore che fornisca un apprezzabile contributo, in tutte o alcune fasi di ideazione, organizzazione od esecuzione, alla realizzazione dell’altrui proposito criminoso. Ne deriva che a tal fine assume carattere decisivo l’unitarietà del fatto collettivo realizzato, che si verifica quando le condotte dei concorrenti risultino, alla fine, con giudizio di prognosi postumo, integrate in unico obiettivo, perseguito in varia e diversa misura dagli imputati, sicché è sufficiente che ciascun agente abbia conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui Sez. 5, numero 25894 del 15/05/2009, Catanzaro, Rv. 24390101 Sez. 6, numero 25705 del 21/03/2003, Salamone, Rv. 22593501 . 2.3. A ciò si aggiunga che, in difetto della prova diretta di un elemento costitutivo del reato, l’obbligo di motivazione si fa più stringente, al punto da richiedere un rigoroso accertamento di un quadro indiziario dal quale si possa desumere, al di là di ogni ragionevole dubbio, la responsabilità penale dell’imputato. Si ricorda, infatti, che nell’ampia categoria degli indizi, a fianco di quelli che sono dotati di forza indiziante, e quindi argomentativa, implicita, è possibile annoverarne degli altri, che di per sé non hanno alcuna capacità indiziante, ma che acquistano tale capacità in forza di dimostrazione, come effetto dell’argomentazione del giudice, contenuta nella motivazione del provvedimento Sez. 1, numero 3150 del 05/03/1991, Calò, Rv. 18697301 . 3. Valutando la sentenza impugnata alla luce dei predetti principi, ne emerge una motivazione non satisfattiva. I giudici di merito hanno ritenuto che l’imputato fosse consapevole del trasporto dello stupefacente perché aveva aderito all’invito del C. di accompagnarlo a Lecce e non sarebbe stato conforme alle più elementari regole della logica che il C. insistesse per avere con sé una persona del tutto ignara del suo proposito criminale non risultava dal narrato del D.F. che si fosse stupito del cambiamento di meta intrapreso dal C. o che avesse mostrato resistenze di sorta la sosta nella piazzola era stata contraddittoriamente giustificata dai coimputati, avendo il C. riferito che fosse funzionale all’acquisto della droga ed il D.F. all’espletamento di un bisogno fisiologico. Nella motivazione si legge che la discrasia nel narrato dei due indicava il tentativo del C. , che aveva affermato l’estraneità del D.F. , di difenderlo, ma gli argomenti spesi non risultano dotati di forza dimostrativa, nel loro insieme, con riguardo al punto decisivo del momento in cui il D.F. avrebbe avuto consapevolezza, ed avrebbe attivamente condiviso l’obiettivo, dell’azione illecita. 3.1. Va, infatti, ricordato che il concorso nel reato esige un contributo causale in termini, sia pur minimi, di facilitazione della condotta delittuosa, mentre la semplice conoscenza o anche l’adesione morale, l’assistenza inerte e senza iniziative a tale condotta non realizzano la fattispecie concorsuale Sez. 3, numero 41055 del 22/09/2015, Rapushi, Rv. 26516701 Sez. 3, numero 9842 del 10/12/2008, dep.2009, Gentiluomini, Rv. 24299601 . Pertanto, ove l’agente abbia mantenuto un comportamento meramente passivo , privo cioè di qualsivoglia efficienza causale in ordine alla realizzazione della condotta detentiva altrui, il concorso di persone nel reato è escluso. Troverà, invece, applicazione la disciplina del concorso nella detenzione laddove il soggetto abbia posto in essere un comportamento tale da avere arrecato un contributo partecipativo positivo, morale o materiale, alla realizzazione del delitto anche in forme che agevolino la detenzione, l’occultamento ed il controllo della droga, assicurando all’altro concorrente, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale questi possa contare. Tale contributo partecipativo può essere di qualsiasi genere è certamente ravvisabile, quindi, finanche, nella semplice presenza, purché non meramente casuale, sul luogo dell’esecuzione del reato, quando essa sia servita a fornire all’autore del fatto stimolo all’azione o un maggior senso di sicurezza nella propria condotta Sez. 6, numero 9986 del 20/05/1998, Costantino, Rv. 21158701 Sez. 6, numero 1108 del 04/12/1996, dep.1997, Famiano, Rv. 20678501 . 3.2. E la circostanza che il contributo causale del concorrente morale possa manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche rispetto alla condotta criminosa rafforzamento del proposito criminoso di altro concorrente, mera adesione o autorizzazione o approvazione per rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione di esso non esime il giudice di merito dall’obbligo di motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità agevolatrice delle attività poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l’atipicità della condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall’articolo 110 cod. penumero con l’indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà Sez. U, numero 45276 del 30/10/2003, Andreotti, Rv. 22610101 . 3.3. I giudici della Corte territoriale si sono limitati ad evidenziare che, all’esito dell’inseguimento, il D.F. non avesse contestato all’amico la condotta spericolata né avesse segnalato al personale della Questura la sua estraneità ai fatti ed avesse, anzi, posto in essere la condotta attiva di disfarsi della droga, peraltro fornendo una versione diversa da quella del coimputato in merito alla fase immediatamente antecedente, con tali rilievi integrando la sentenza di primo grado laddove, con argomentazione decisamente opinabile, si era affermato che, ove il D.F. non fosse stato a conoscenza del contenuto dell’involucro, difficilmente avrebbe potuto acquisire tale consapevolezza nella concitazione dell’inseguimento. 3.4. La condotta posta in essere dall’imputato allorché, dopo aver accompagnato il C. a prelevare la droga, ha tentato di disfarsene lanciandola dal finestrino all’esito dell’inseguimento da parte della Polizia, è stata interpretata come prova di responsabilità del D.F. quale concorrente nel reato, ma la fragilità degli argomenti espressi dai giudici di merito per ricostruire le fasi della vicenda antecedenti questa specifica condotta rende fondata la censura tendente a creare un’aporia mediante la prospettazione di una interpretazione alternativa del medesimo comportamento. 3.5. La sentenza di condanna del D.F. in qualità di concorrente nel reato dovrà essere, per tali ragioni, annullata affinché il compendio indiziario venga nuovamente valutato nel rispetto dei principi che regolano il concorso di persone nel reato, che impongono di qualificare come concorrente nel reato colui che si dimostri abbia fornito un consapevole contributo positivo, morale o materiale, all’altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente Sez.3, numero 34985 del 16/07/2015, Caradonna, Rv. 26445401 . 4. Poste tali premesse, con riguardo alla seconda censura si osserva che l’orientamento interpretativo espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione afferma che, nel caso di detenzione illecita di stupefacenti, reato a condotta permanente, non sia configurabile il delitto di favoreggiamento, in quanto qualunque agevolazione del colpevole, in costanza di detenzione, si risolve inevitabilmente in un concorso quantomeno morale con il colpevole Sez. U, numero 36258 del 24/05/2012, Biondi, Rv. 25315101 Sez. 6, numero 2668 del 07/12/2016, dep.2017, Spera, Rv. 26897301 . 4.1. Nel caso concreto, i giudici di merito hanno attribuito rilievo indiziante della detenzione congiunta della sostanza stupefacente, oltre che al gesto compiuto dal D.F. allorché aveva gettato l’involucro contente la cocaina, alla condotta posta in essere antecedentemente a tale gesto, allorché aveva accompagnato il C. a prelevare la droga, ritenendo desumibile dalle emergenze investigative l’elemento soggettivo della partecipazione all’attività di trasporto e detenzione ascrivibile al correo. Sulla base di tale valutazione del compendio istruttorio, che risulta del tutto carente con riguardo alle ragioni giustificative della consapevolezza della detenzione della sostanza stupefacente da parte del D.F. , è stato richiamato il principio sopra enunciato. 4.2. Ma l’applicazione del predetto principio avrebbe avuto ragion d’essere ove la sentenza impugnata avesse fornito adeguata giustificazione del percorso logico seguito per ritenere provata la detenzione congiunta della sostanza stupefacente, rimanendo in difetto non adeguatamente giustificato il diniego della qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell’articolo 378 cod. penumero . 4.3. La configurabilità del delitto di favoreggiamento, sotto il profilo del rapporto cronologico con il reato principale, se postula, necessariamente, che la commissione di quest’ultimo, nel suo momento iniziale, sia anteriore alla condotta assunta come favoreggiatrice, non presuppone anche che il reato principale sia già esaurito nell’atto in cui detta condotta viene posta in essere. Ne consegue che l’aiuto consapevolmente prestato a soggetto che perseveri attualmente nella condotta costitutiva di un reato permanente, dà luogo generalmente a concorso in tale reato e non a favoreggiamento, a meno che tale aiuto, per le caratteristiche e per le modalità pratiche con le quali viene attuato, non possa in alcun modo tradursi in un sostegno o incoraggiamento dell’altro nella protrazione della condotta criminosa, ma al contrario costituisca soltanto una facilitazione alla cessazione di essa, sia pure al fine di tentare di ottenere l’impunità Sez. 4, numero 6128 del 16/11/2017, - dep. 08/02/2018, Forgiarini, Rv. 27196801Sez. 4, numero 12793 del 06/02/2007, Camera, Rv. 23619501 . Secondo il principio qui accolto, quindi, il discrimine tra la condotta che costituisce concorso nel reato di illecita detenzione di stupefacenti e la condotta che invece dà luogo all’autonomo reato di favoreggiamento personale va rintracciato nell’elemento psicologico dell’agente, che deve essere valutato in concreto. 5. Conclusivamente, la sentenza deve essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Lecce affinché fornisca adeguata motivazione in merito alle emergenze istruttorie concretamente indicative del concorso dell’imputato nel reato di detenzione e trasporto della sostanza stupefacente, ovvero in merito alle ragioni ostative alla qualificazione della condotta ai sensi dell’articolo 378 cod. penumero . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Lecce, altra Sezione, per nuovo giudizio.