Auto usate con tachimetro manomesso: l’accusa è truffa contrattuale

L’aver consapevolmente sottaciuto in sede di trattative la manomissione del tachimetro dell’auto usata posta in vendita con un chilometraggio notevolmente inferiore rispetto a quello effettivo ottenendo, così, un prezzo di gran lunga superiore, porta alla condanna per truffa contrattuale.

Con la sentenza n. 24027/18, depositata il 29 maggio, la Corte di legittimità ha chiuso la vicenda nata dall’accusa di truffa mossa ad un venditore di auto usate che aveva manomesso l’indicazione del tachimetro riducendo notevolmente i chilometri di una BMW venduta ad un prezzo notevolmente maggiore rispetto a quello che sarebbe stato il reale valore della vettura. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna riqualificando però il fatto come frode in commercio ex art. 515 c.p. e rideterminando dunque la sanzione. Truffa o frode in commercio? Analizzando il ricorso presentato dall’imputato, gli Ermellini hanno affermato che la differenza tra truffa contrattuale e frode in commercio consiste nel fatto che la prima fattispecie si concretizza quando l’inganno nei confronti della parte offesa è stato determinante per la conclusione del contratto, mentre la frode in commercio sussiste nel caso di consegna di una cosa diversa da quella dichiarata o pattuita sul presupposto di un vincolo contrattuale costituito liberamente dalle parti senza alcun artificio o raggiro. Dalle risultanze processuale, risulta indubbio che la condotta posta in essere dall’imputato sia caratterizzata dagli artifici e raggiri la manomissione degli strumenti di misurazione del chilometraggio dell’auto, anche se materialmente commessa da altro soggetto, era comunque conosciuta dall’imputato e taciuta al compratore. Si tratta dunque certamente di artifizi posti in essere per indurre il compratore ad acquistare l’auto ad un prezzo ben diverso da quello corrispondente al valore reale della vettura. In termini di qualificazione giuridica del fatto, era dunque corretto l’inquadramento nella truffa contrattuale di cui alla sentenza di prime cure, risultando invece erronea la qualificazione operata in appello. Procedendo alla riqualificazione del fatto ed appurando la remissione della querela, la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata per estinzione del reato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 25 gennaio – 29 maggio 2018, numero 24027 Presidente Savani – Relatore Rosi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14 gennaio 2015 il Tribunale di Potenza ha dichiarato la penale responsabilità di T.G. , in ordine al reato di cui all’art. 640 c.p. perché, quale responsabile della omissis , con artifici o raggiri, consistiti nella consapevolezza che l’indicazione numerica riportata sul tachimetro dell’autovettura usata BMW tg. , era stata ridotta di oltre 70.000 chilometri e nell’omessa informazione di tale manomissione all’acquirente, induceva R.M.V. ad acquistare il predetto veicolo ad un prezzo segnatamente Euro 19.000 corrispondente al valore di una vettura usata con una percorrenza pregressa pari a 129.000 KM, così procurandosi un ingiusto profitto ed alla persona offesa unumero corrispondente danno, fatto commesso in omissis , e lo condannava, concesse le attenuanti generiche, alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi 1 e giorni 10 di reclusione ed Euro 200 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. La Corte di appello di Potenza, con sentenza emessa in data 18 novembre 2016, ha confermato, per quanto riguarda la responsabilità penale dell’imputato, la sentenza di primo grado, riqualificando, però, il fatto quale reato di frode in commercio ex art. 515 c.p. e ha perciò rideterminato la pena in Euro 400 di multa. 2. Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, mediante difensore, ricorso per cassazione chiedendone l’annullamento ed articolando i seguenti motivi 1 Erronea applicazione della legge e contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla corretta applicazione del principio della condanna al di là di ogni ragionevole dubbio ex art. 533 c.p.p. Secondo la difesa la ricostruzione offerta dai giudici di merito si fonderebbe su un assunto indimostrato, ossia il fatto che l’imputato, in quanto commerciante del ramo, non poteva non sapere della manomissione del contachilometri. Tale affermazione sarebbe, a parere della difesa, completamente slegata dal contesto istruttorio, dalle sue risultanze anche in ottica indiziaria e non consentirebbe in alcun modo di affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’imputato sia sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 515 c.p. 2 erronea applicazione della legge penale con riferimento alla mancata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p.p. Secondo la difesa, data la natura del reato, l’occasionalità della condotta e lo stato di incensuratezza dell’imputato, ricorrerebbero tutte le condizioni indicate dall’art. 131 bis c.p.p. perché l’indicata causa di non punibilità possa trovare riconoscimento ed applicazione, pur non essendo stata richiesta in grado di Appello, in quanto i presupposti per la sua applicazione sarebbero immediatamente rilevabili dagli atti e non sarebbero, quindi, necessari ulteriori accertamenti fattuali a tal fine. 3. All’udienza del 3 ottobre 2017, la difesa depositava atto di remissione di querela di R.M.V. ed il Collegio disponeva il rinvio a nuovo ruolo per acquisire, presso la Stazione Carabinieri di omissis , copia della relativa accettazione da parte di T.G. . Considerato in diritto 1. Va premesso che, in fattispecie analoga, questa Corte di legittimità ha stabilito la differenza tra la truffa contrattuale ed il reato di frode in commercio, precisando che la truffa si concretizza quando l’inganno perpetrato nei confronti della parte offesa è stato determinante per la conclusione del contratto, mentre la frode in commercio si perfeziona nel caso di consegna di una cosa diversa da quella dichiarata o pattuita, ma sul presupposto di un vincolo contrattuale costituito liberamente senza il concorso di raggiri o artifici cfr. Sez. 3, numero 40271 del 16/07/2015, Manconi, Rv. 265163 . 2. Secondo quanto ricostruito dalle sentenze di merito nel caso di specie si veda in particolare pag. 4 della sentenza impugnata , le modalità della condotta posta in essere dall’imputato, assumono le caratteristiche degli artifici e raggiri la manomissione degli strumenti di misurazione dei chilometri percorsi dell’auto offerta in vendita, benché non commessa dal T. , ma certamente dallo stesso conosciuta e taciuta nel corso delle trattative ed il prezzo di vendita stabilito dal T. stesso, in relazione all’apparente minore chilometraggio percorso dall’auto, sono stati artifizi certamente idonei ad indurre il R. all’acquisto della BMW ad un prezzo corrispondente al valore di una vettura usata che avesse percorso 129.000 chilometri, risultando occultata la reale vetustà del motore che aveva percorso ben oltre 70 mila chilometri in più . In tal modo il venditore aveva lucrato la consistente differenza di prezzo rispetto al valore di mercato di un autoveicolo BMW che aveva nella realtà percorso oltre 200 mila chilometri. 3. Va rilevato pertanto l’errore nella qualificazione giuridica del fatto, essendo corretta la qualificazione nell’ipotesi della truffa, tipizzata dall’art. 640 c.p. A tale proposito, questo Collegio deve ribadire il principio che dovendosi attribuire una definizione giuridica più grave, la stessa non può essere disposta d’ufficio, stanti i limiti derivanti dalle pronunce della Corte di Strasburgo in relazione all’art. 6 CEDU , né potrebbe essere disposto un annullamento con rinvio della sentenza impugnata ai fini della contestazione all’imputato del reato più grave, poiché l’eventuale condanna comporterebbe la violazione del principio della reformatio in peius , per l’assenza d’impugnazione da parte del pubblico ministero così Sez. 2, numero 50659 del 18/11/2014, Fumarola e altro,la sentenza deve peraltro essere annullata senza rinvio, in quanto Rv. 261696 . 4. Di contro, la Corte di Cassazione può accedere alla riqualificazione giuridica del fatto, se sia stato presentato un motivo nuovo dell’imputato sul punto, pur non enunciato in appello, purché entro i limiti in cui esso sia stato storicamente ricostruito dai giudici di merito cfr. Sez. 1, numero 3763/14 del 15/11/2013, Torrisi, Rv. 258262 . 5. Orbene, nel caso di specie la difesa ha prodotto l’atto di remissione della querela, con ciò richiedendo al Collegio di effettuare tale riqualificazione, certamente favorevole all’imputato, in quanto mentre il delitto di frode in commercio, benché punito con una pena edittale meno grave, è procedibile d’ufficio, quello di truffa risulta procedibile solo a querela, ed in tal modo la formula assolutoria che ne consegue risulta più favorevole di quella che dovrebbe essere pronunciata, considerato che per la fattispecie di cui all’art. 515 c.p. risulta comunque decorso il termine lungo di prescrizione del reato, inclusi i periodi di sospensione del dibattimento, in data 7 ottobre 2017. 6. Pertanto considerato che la querela presentata da R.M.V. è stata rimessa con atto del 6 luglio 2017 e che l’imputato ha accettato la remissione con atto del 7 luglio 2017 con dichiarazioni formulate innanzi ad ufficiali di p.g. del Comando Stazione Carabinieri di omissis la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere il reato ascritto, qualificato come violazione dell’art. 640 c.p., estinto per remissione della querela. Segue la condanna del querelato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato ascritto, qualificato come violazione dell’art. 640 c.p., estinto per remissione della querela. Condanna il querelato al pagamento delle spese processuali.