Procedimento penale e disciplinare per lo stesso fatto: è un bis in idem?

Non è configurabile il divieto di bis in idem nel caso di soggetto detenuto, già sanzionato disciplinarmente ex art. 81, comma 2, d.P.R. n. 230/2000, successivamente chiamato a rispondere per lo stesso fatto del reato di cui all’art. 635 c.p

Il caso. La Corte, sulla scorta di un ricorso della Procura Generale di Ascoli Piceno avverso una sentenza che dichiarava non doversi procedere per ne bis in idem , è stata investita della questione relativa alla assimilazione o meno di una sanzione disciplinare, irrogata ex art. 39, ord. pen. e 77, Reg. Pen. ossia, richiamo del direttore ammonizione rivolta dal direttore esclusione da attività ricreative e sportive per non più di dieci giorni isolamento durante la permanenza all'aria aperta per non più di dieci giorni esclusione dalle attività in comune per non più di quindici giorni ad una sanzione penale. Il problema, sostanzialmente, è quello relativo all’illegittimità dell’applicazione per uno stesso fatto di più sanzioni solo formalmente diverse, ma sostanzialmente entrambe di natura penale”. Normativa di riferimento. Come è noto, tale principio è stabilito a livello di diritto interno all’art. 649 c.p.p., mentre, a livello convenzionale, dall’art. 4, § 7, del Protocollo addizionale alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il quale dispone che nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge ed alla procedura penale di tale Stato . Complementarietà dei procedimenti. La Corte, ripercorrendo la giurisprudenza nazionale, che certamente si adegua a quella della Corte EDU, ha rammentato come non sussiste alcuna preclusione all’esercizio dell’azione penale ai sensi dell’art. 649 c.p.p. in conseguenza della già avvenuta irrogazione, per uno stesso fatto, di una sanzione formalmente amministrativa, ma sostanzialmente penale”, quando i due procedimenti risultino, tra loro, complementari. Afferma la Grande Chambre della Corte EDU, come entrambi i procedimenti possono, infatti, essere portati a conclusione, purché tra essi sussista un nesso materiale e temporale sufficientemente stretto”. In definitiva, i due procedimenti devono integrarsi, risultare complementari e, pur riguardando lo stesso fatto, perseguire finalità differenti. Nessuna incompatibilità tra le due sanzioni. Peraltro, come rilevano i Giudici di legittimità, la Corte Europea, con riguardo ai rapporti tra procedimenti che prevedono l’irrogazione di sanzioni disciplinari e quelli che irrogano sanzioni penali, non ha mai affermato la sussistenza del divieto di bis in idem ex art. 4 del Protocollo 7 alla Convenzione EDU , ed anzi, lo ha escluso espressamente. Tale principio, secondo la Cassazione, trova un ulteriore fondamento sul fatto che il procedimento disciplinare può anche comportare l’applicazione di sanzioni che, in realtà, non sono mai sostanzialmente penali, dato che conseguono alla violazione di regole di comportamento valevoli per contesti definiti e riguardanti una cerchia ristretta di soggetti come ad esempio la popolazione carceraria e, quindi, sono finalizzate a regolare lo svolgimento dei rapporti in specifici contesti o settori. In tal senso, quindi, alla specifica sanzione disciplinare applicata nel caso concreto esclusione dalle attività comuni non può essere attribuita alcuna natura penale, anche in ragione della sua gravità afflittiva in assoluto, tenuto conto che, al di fuori dell’ambiente carcerario non ne ha alcuna, e, quindi consente di escludere una sua qualsivoglia natura penale.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 16 febbraio – 23 maggio 2018, n. 23043 Presidente Cervadoro – Relatore Pacilli Ritenuto in fatto Con sentenza dell’11.4.2017 il Tribunale di Ascoli Piceno ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per ne bis in idem, in quanto per lo stesso fatto, G.R. , in atti generalizzato, aveva già subito un procedimento disciplinare ex art. 81, comma 2, d.P.R. n. 230 del 2000, all’esito del quale gli era stata irrogata la sanzione disciplinare dell’esclusione dall’attività comune. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso immediato per cassazione il PG distrettuale, denunciando la violazione dell’art. 649 c.p.p. premessa la condivisione dei criteri elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo per valutare la natura in concreto penale o meno di una sanzione, il PG ricorrente ha contestato l’assimilazione dell’irrogata sanzione disciplinare ex artt. 309 Ord. penit. e 77 Reg. pen. ad una sanzione penale e, quindi, la violazione dell’art. 649 c.p.p., ritenute dalla sentenza impugnata. All’odierna udienza pubblica è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all’esito le parti presenti hanno concluso come da epigrafe e questa Corte, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica udienza. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. Questa Corte Sez. II, sentenza n. 43435 del 20/06/2017, PG in proc. Cataldo, non massimata , con orientamento che il collegio condivide e ribadisce, ha già ritenuto che Non è configurabile il divieto di bis in idem nel caso di soggetto detenuto, già sanzionato disciplinarmente ex art. 81, comma 2, d.P.R. n. 230 del 2000, successivamente chiamato a rispondere per lo stesso fatto del reato di cui all’art. 635 c.p. il divieto di bis in idem tra procedimento disciplinare e procedimento penale non è stato fin qui affermato dalla Corte EDU, che anzi lo ha espressamente escluso cfr. Corte EDU, Grande Chambre, 21 febbraio 1984, Ozturk c. Germania e 10 febbraio 2009, caso Sergey Zolotukhin c. Russia , come peraltro già chiarito nel Rapporto esplicativo al Protocollo 7 e, comunque, alla sanzione disciplinare de qua, in applicazione dei cc.dd. criteri Engel, non può essere attribuita natura penale . 2. Il divieto di bis in idem è sancito, nel diritto interno, dall’art. 649 c.p.p. e a livello convenzionale dall’art. 4, § 1, del Protocollo addizionale alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, che dispone che nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge ed alla procedura penale di tale Stato . 2.1. L’art. 4, § 1, Prot. 7 ha costituito oggetto di plurimi interventi della Corte EDU, ed in particolare di una decisione della Grande Chambre sentenza 15 novembre 2016, ric. A. e B. c. Norvegia , che ha rigettato il ricorso di due contribuenti, i quali, per la medesima evasione fiscale, avevano riportato condanna in sede penale ed in sede amministrativa ad una sanzione tributaria , valorizzando, per escludere che fosse stato violato il divieto di bis in idem - l’agevole prevedibilità, secondo normativa norvegese, del fatto che, in conseguenza dell’accertata evasione fiscale, potessero essere instaurati in danno dei ricorrenti due distinti procedimenti, finalizzati l’uno all’irrogazione della sanzione penale, l’altro di quella amministrativa tributaria - la sostanziale contestualità dei due distinti procedimenti - l’intervenuto richiamo, nell’ambito del procedimento penale, dei fatti accertati nel procedimento amministrativo - l’intervenuta determinazione della sanzione penale irrogata in concreto, tenendo conto anche di quella sanzione amministrativa tributaria già applicata ai ricorrenti. Per tali ragioni, la Corte EDU ha affermato che, pur essendo stati formalmente celebrati in danno dei ricorrenti, per lo stesso fatto, due distinti procedimenti, che avevano conclusivamente comportato l’irrogazione, in danno dei predetti, di due diverse sanzioni, in concreto, i predetti procedimenti avevano costituito distinti segmenti di un medesimo, complesso, unitario iter giudiziario. 2.1.1. La citata decisione della Grande Chambre della Corte EDU, richiamando, per determinare l’identità del fatto contestato che costituisce uno dei presupposti di operatività del divieto de quo , la sua precedente sentenza del 10 febbraio 2009, Serguei Zolotoukhine c. Russia, ha affermato che è chiaro che la questione di stabilire se entrambi i procedimenti riguardassero lo stesso reato deve essere analizzata sulla base dei soli fatti si vedano in particolare i paragrafi 82 e 84 della sentenza . I due procedimenti verteranno sullo stesso reato se traggono origine da fatti identici o fatti che sono sostanzialmente gli stessi § 82 . È dunque necessario che l’esame riguardi quei fatti che costituiscono un insieme di circostanze fattuali concrete che implicano la stessa persona e indissolubilmente legate tra loro dal punto di vista temporale e dello spazio § 84 . 2.1.2. La menzionata decisione della Grande Chambre della Corte EDU ha ribadito anche la necessità di far riferimento ai cc. dd. criteri Engel così definiti in riferimento alla sentenza che per prima li enunciò Corte Edu, 8 giugno 1976, Engel c. Paesi Bassi per qualificare la natura sostanziale delle sanzioni irrogabili per uno stesso fatto che costituisce altro presupposto di operatività del divieto de quo , ed evitare che, per eludere il divieto, sanzioni sostanzialmente penali vengano qualificate, con una sorta di frode delle etichette , come formalmente amministrative dagli ordinamenti interni. 2.1.3. La Grande Chambre ha, invece, ritenuto non più necessaria l’interruzione del procedimento ancora pendente all’atto della definitività di quello concomitante avente ad oggetto l’idem factum, fissando una regola nuova, secondo la quale la violazione del divieto di bis in idem sancito dall’art. 4, Prot. 7, Conv. EDU è esclusa ed i distinti procedimenti, finalizzati all’irrogazione di sanzioni penali ed amministrative, ben possono essere portati entrambi a conclusione, quando tra essi sussista un nesso materiale e temporale sufficientemente stretto in altre parole, deve essere dimostrato che questi ultimi si combinavano in maniera da essere integrati in un tutto coerente. Questo significa non solo che gli scopi perseguiti e i mezzi utilizzati per raggiungerli devono essere in sostanza complementari e presentare un nesso temporale, ma anche che le eventuali conseguenze derivanti da una tale organizzazione del trattamento giuridico del comportamento in questione devono essere proporzionate e prevedibili per la persona sottoposta alla giustizia § 130 . Secondo la Grande Chambre, in particolare, esiste un nesso sufficientemente stretto dal punto di vista materiale tra due o più procedimenti aventi ad oggetto lo stesso fatto § 132 - se i diversi procedimenti perseguono scopi complementari e riguardano in tal modo, non soltanto in astratto ma anche in concreto, gli aspetti diversi dell’atto pregiudizievole per la società in causa - se il carattere misto dei procedimenti in questione sia una conseguenza prevedibile, sia in diritto che in pratica, dello stesso comportamento sanzionato - se i procedimenti in questione siano stati condotti in maniera da evitare per quanto possibile qualsiasi ripetizione nella raccolta e nella valutazione degli elementi di prova, soprattutto grazie ad una interazione adeguata tra le diverse autorità competenti, facendo apparire che l’accertamento dei fatti compiuto in uno dei procedimenti è stato ripreso nell’altro - se la sanzione imposta all’esito del procedimento conclusosi per primo sia stata tenuta presente nell’ambito del procedimento che si è concluso per ultimo, in modo da non finire con il far gravare sull’interessato un onere eccessivo, rischio, quest’ultimo, che è meno suscettibile di presentarsi se esiste un meccanismo compensatorio concepito per assicurare che l’importo globale di tutte le pene pronunciate sia proporzionato. Sotto il profilo strettamente temporale, inoltre, tale nesso è stato ritenuto configurabile quando tra i due procedimenti sussista anche un collegamento di natura cronologica ciò non rende, peraltro, necessario, che i due procedimenti siano condotti simultaneamente dall’inizio alla fine Lo Stato deve avere la facoltà di scegliere che i due procedimenti siano condotti progressivamente se tale procedura è giustificata da un intento di efficacia e di buona amministrazione della giustizia, persegue finalità sociali diverse e non causa un pregiudizio sproporzionato all’interessato. Tuttavia, , deve esservi sempre un nesso temporale. Tale nesso deve essere sufficientemente stretto affinché la persona sottoposta alla giustizia non si trovi in preda all’incertezza e a lungaggini, e affinché i procedimenti non si protraggano troppo nel tempo § 134 . 2.1.4. Si è, pertanto, concluso che la celebrazione di distinti procedimenti e la conclusiva irrogazione di più sanzioni, aventi natura sostanzialmente penale, non violano il divieto di bis in idem convenzionale, sancito dall’art. 4, Protocollo 7, Convenzione EDU, in quanto la previsione normativa di un doppio binario sanzionatorio, sussistendo tra i procedimenti un nesso sostanziale e temporale sufficientemente stretto , nei termini illustrati, si traduce in un sistema integrato che permette di affrontare i diversi aspetti dell’illecito in maniera prevedibile e proporzionata nel quadro di una strategia unitaria. 3. La sentenza n. 43435 del 2017 di questa Corte, dopo avere riepilogato gli orientamenti in materia della Corte di Strasburgo e della Corte costituzionale, ha condivisibilmente concluso che 7.1. Il giudice nazionale anche di legittimità , nell’interpretazione delle norme interne, è vincolato dai soli orientamenti consolidati della Corte di Strasburgo. 7.2. Ai fini della disapplicazione di una norma interna per contrasto con una norma convenzionale come interpretabile secondo un orientamento consolidato della Corte di Strasburgo, il giudice nazionale avrebbe comunque l’onere di sollevare questione di costituzionalità della norma interna da disapplicare, per contrasto con l’art. 117 della Costituzione, onde consentire alla Corte costituzionale unica attributaría del relativo potere-dovere di verificare se la norma della Convenzione EDU, nell’interpretazione data dalla Corte Europea, non si ponga in conflitto con altre norme conferenti della nostra Costituzione sentenza n. 311 del 2009 , ipotesi nella quale dovrà essere esclusa la idoneità della norma convenzionale a integrare il parametro considerato sentenza n. 113/11 , ovvero di valutare come ed in qual misura il prodotto dell’interpretazione della Corte Europea si inserisca nell’ordinamento costituzionale italiano. Infatti, la norma CEDU - nel momento in cui va ad integrare il primo comma dell’art. 117 Cost. - da questo ripete il suo rango nel sistema delle fonti, con tutto ciò che segue, in termini di interpretazione e bilanciamento, che sono le ordinarie operazioni cui questa Corte è chiamata in tutti i giudizi di sua competenza sentenza n. 317/09 . 7.3. Il divieto di bis in idem sancito dall’art. 4, Prot. n. 7, Conv. EDU, nell’interpretazione della consolidata giurisprudenza della Corte di Strasburgo, ha natura processuale, non sostanziale, poiché consente l’applicazione, per lo stesso fatto, di più sanzioni, anche tutte da ritenersi sostanzialmente penali alla stregua dei criteri Engel, purché all’esito del medesimo procedimento, ovvero di procedimenti legati da un nesso sostanziale e temporale sufficientemente stretto . 4. Nel caso in esame, il Tribunale ha ritenuto che l’odierno procedimento penale per il reato di danneggiamento aggravato contestato sia stato instaurato in violazione del divieto di bis in idem, avendo in precedenza l’imputato riportato per il medesimo fatto la sanzione dell’esclusione dall’attività in comune per la durata di giorni 7 detta sanzione, di natura pacificamente disciplinare e diversa rispetto all’isolamento diurno ex art. 73 d.P.R. n. 230 del 2000, con il quale il giudicante indebitamente la confonde , è prevista dall’art. 39 Ord. penit. per la durata massima di giorni quindici , con espressa indicazione che essa sia applicata solo se il detenuto può sopportarla per tale ragione, il detenuto sanzionato è sottoposto a costante controllo sanitario, e la sanzione, ove si riveli pregiudizievole per la salute del detenuto che vi è sottoposto, può cessare in ogni momento. 5. La decisione impugnata risulta illegittima per due ordini di ragioni. 5.1. Si è già osservato che il giudice nazionale è vincolato soltanto dagli orientamenti consolidati della Corte di Strasburgo, che tuttavia, in materia di rapporti tra separati procedimenti finalizzati all’irrogazione di sanzioni penali e disciplinari, non ha mai affermato la sussistenza del divieto di bis in idem ex art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione EDU. 5.2. Inoltre, come ricordato dalla sentenza n. 43435 del 2017 di questa Corte, l’espresso riferimento operato dall’art. 649 c.p.p. - come presupposto del divieto di bis in idem nel diritto interno - all’esistenza di una sentenza o di un decreto penale di condanna divenuti irrevocabili non anche di una decisione sanzionatoria irrevocabile di natura amministrativa avrebbe comunque reso necessario - in ipotesi - sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p. per contrasto con l’art. 117, comma 1, Cost., assumendo, quale norma interposta, quella di cui all’art. 4 del Protocollo n. 7 cit., e non legittimare l’immediata disapplicazione della disposizione, in tal modo spogliando la Corte costituzionale delle sue esclusive prerogative quanto all’eventuale conflitto tra la predetta norma convenzionale ed altre norme conferenti della nostra Costituzione ed alla valutazione sul come ed in qual misura il prodotto dell’interpretazione della Corte Europea si inserisca nell’ordinamento costituzionale italiano. Invero, le regole proprie di una procedura amministrativa sanzionatoria non possono essere equiparate a quelle che regolano la cognizione penale peraltro assistita da principi e garanzie molto più ampi , se non sacrificando il principio di irretrattabilità dell’azione penale, sancito dall’art. 112 Cost., per privilegiare in ipotesi - l’azione precedentemente come nel caso di specie avviata da un organo amministrativo, ed in tal modo violando, altresì, il principio di soggezione alla legge, sancito dall’art. 101, comma 2, Cost., per l’effetto di disapplicazione di una norma penale sul cui carattere imperativo sarebbe destinato a prevalere, per la sua anteriorità, il definitivo accertamento in altra e meno garantita sede di giudizio, di un fatto illecito ritenuto sostanzialmente penale . D’altro canto, questa Corte ha già chiarito che la non procedibilità ex art. 649 c.p.p. consegue alla preclusione determinata dalla consumazione del potere già esercitato dal P.M. Sez. un., sentenza n. 34655 del 28/06/2005, Rv. 231800 e si delinea all’esito di una valutazione che presuppone, e richiede, la preventiva disamina del contenuto di un provvedimento tipico emesso dal giudice, non certo da un’autorità amministrativa . Trattasi di ostacoli insormontabili per il giudice di merito, come di legittimità , che potrebbero essere superati non in via d’interpretazione, bensì soltanto attraverso la proposizione di una questione di legittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p. per contrasto con l’art. 117, comma primo, Cost., assumendo quale norma interposta quella di cui all’art. 4 del Prot. 7 alla Conv. EDU, secondo l’interpretazione consolidata che ne fornisca, in ipotesi la Corte di Strasburgo che, peraltro, come premesso, non si è mai pronunciata con specifico riferimento al caso in esame . 6. La giurisprudenza di legittimità a seguito della sentenza della Corte EDU, Sez. II, 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia, che aveva rilevato la violazione del divieto di bis in idem in riferimento ad un caso nel quale l’interessato, per il medesimo fatto, era stato separatamente sottoposto a procedimento penale ed amministrativo - ma non disciplinare -, e condannato ad una pena e ad una sanzione formalmente amministrativa, ma ritenuta sostanzialmente penale, per violazione degli artt. 185 e 187-ter D.Lgs. n. 58 del 1998 si è, di recente, ed in più occasioni occupata dei rapporti tra procedimenti finalizzati all’irrogazione di sanzioni penali e procedimenti finalizzati all’irrogazione di sanzioni disciplinari, in relazione al divieto di bis in idem. 6.1. La giurisprudenza civile Sez. un., sentenza n. 4004 del 29 febbraio 2016, Rv. 638596 - 01 ha, in un caso, ritenuto che il procedimento disciplinare nei confronti di un magistrato nel caso di specie, incolpato di corruzione in atti giudiziari può proseguire e condurre all’irrogazione della sanzione disciplinare nel caso di specie, della rimozione anche dopo il giudicato penale di condanna con pena accessoria dell’estinzione del rapporto d’impiego, senza rilevare la violazione del divieto di bis in idem, ed anzi evidenziando la diversa natura della sanzione disciplinare e di quella accessoria penale. In altro caso Sez. II, sentenza n. 2927 del 3 febbraio 2017, Rv. 643161 01 , in tema di giudizio disciplinare nei confronti dei professionisti nella specie, a carico di un notaio , si è ritenuto che, qualora l’incolpato avesse già riportato condanna ad una sanzione penale per i medesimi fatti oggetto del procedimento disciplinare, non può ipotizzarsi la violazione del divieto di bis in idem, in quanto la sanzione disciplinare ha come destinatari gli appartenenti ad un ordine professionale ed è preordinata all’effettivo adempimento dei doveri inerenti al corretto esercizio dei compiti loro assegnati, sicché ad essa non può attribuirsi natura sostanzialmente penale. 6.2. La giurisprudenza penale Sez. III, sentenza n. 36350 del 23 marzo 2015, Rv. 265636 , in un’ipotesi relativa ai rapporti tra un illecito disciplinare di competenza della giustizia sportiva ed un illecito penale mai esaminata dalla Corte di Strasburgo , ha escluso la configurabilità della violazione del divieto di bis in idem per il rilievo che la sanzione disciplinare, inflitta dagli organi della giustizia sportiva, non ha nemmeno natura amministrativa, in quanto non esercita alcuna efficacia al di fuori dell’ordinamento di settore. In un’altra decisione Sez. 2, sentenza n. 9184 del 15/12/2016, dep. 2017, Rv. 269237 , riguardante una fattispecie simile a quella oggetto del presente procedimento, si è ritenuto che non sussiste la preclusione all’esercizio dell’azione penale ex art. 649 cod. proc. pen., quale conseguenza della già avvenuta irrogazione, per lo stesso fatto, di una sanzione formalmente amministrativa ma sostanzialmente penale , ai sensi dell’art. 4 del Protocollo 7 alla Convenzione EDU come interpretato dalla sentenza della Corte EDU, Grande Chambre, 15 novembre 2016, A. e B. c. Norvegia , allorquando le due procedure risultino complementari, in quanto dirette al soddisfacimento di finalità sociali differenti, e determinino l’inflizione di una sanzione penale integrata , che sia prevedibile e, in concreto, complessivamente proporzionata al disvalore del fatto, ritenendo altresì la contiguità temporale dei distinti procedimenti cui l’interessato era stato separatamente sottoposto. 7. La già citata sentenza n. 43435 del 2017 aveva anche evidenziato che la Corte di Strasburgo, in materia di rapporti tra separati procedimenti finalizzati all’irrogazione di sanzioni penali e sanzioni disciplinari, non ha mai affermato la sussistenza del divieto di bis in idem ex art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione EDU, ed anzi che l’operatività del predetto divieto, con riferimento alla predetta materia, è stata addirittura espressamente esclusa 12.1.1. Come dedotto dal Governo norvegese nel caso deciso dalla Corte EDU, Grande Chambre, sentenza 15 novembre 2016, caso A. e 8. c. Norvegia § 67 , dal rapporto esplicativo del Protocollo n. 7 risulta che il contenuto dell’art. 4 del Protocollo è stato concepito per riguardare i procedimenti penali stricto sensu. Tale rapporto indicherebbe nel suo paragrafo 28 che non era sembrato necessario definire l’illecito come penale in quanto il contenuto dell’articolo 4, che contiene già i termini penalmente e procedimento penale, rendeva questa precisazione inutile nel testo stesso dell’articolo. Nel paragrafo 32 il rapporto sottolineerebbe che l’articolo 4 del Protocollo n. 7 non vieta che si tengano procedimenti di natura diversa ad esempio un procedimento disciplinare, nel caso di un funzionario . Inoltre, l’articolo 6 e l’articolo 4 del Protocollo n. 7 perseguivano scopi diversi, se non addirittura opposti, dato che il primo aveva lo scopo di rafforzare le garanzie procedurali in materia penale. 12.1.2. La prospettazione non è stata contestata dalla Grande Chambre, ma si è rivelata improduttiva di conseguenze ai fini della decisione perché il caso esaminato non riguardava sanzioni di natura disciplinare. 12.1.3. D’altro canto, in più occasioni la Grande Chambre della Corte EDU sentenza 21 febbraio 1984, caso Ozturk c. Germania, § 53 sentenza 10 febbraio 2009, caso Sergey Zolotukhin c. Russia, § 55 , ai fini dell’attribuzione della natura sostanzialmente penale ad una sanzione formalmente non penale, ha evidenziato, come elemento atto ad incidere negativamente sulla configurabilità del terzo dei criteri Engel gravità delle conseguenze in cui l’incolpato può incorrere in conseguenza della commissione dello stesso fatto costituente oggetto di due distinti procedimenti , che la sanzione sostanzialmente penale si caratterizza per la circostanza di essere diretta alla generalità dei consociati towards all citizens rather than towards a group possessing a special status la prima delle sentenze citate precisa, inoltre, in the manner, for example, of disciplinary law , con ciò all’evidenza mostrando di escludere, per converso, che possa attribuirsi natura sostanzialmente penale alle sanzioni disciplinari, in quanto valide soltanto all’interno di una ristretta cerchia di consociati, e fino a che il soggetto sanzionato faccia parte di quella ristretta cerchia di persone . 8. Ritiene, pertanto, il collegio che la decisione impugnata sia illegittima anche per un profilo ulteriore rispetto a quelli già in precedenza evidenziati. In relazione ai rapporti tra separati procedimenti finalizzati all’irrogazione di sanzioni penali e sanzioni disciplinari l’operatività del divieto di bis in idem ex art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione EDU non solo non è stata mai affermata dalla Corte di Strasburgo, ma è stata espressamente esclusa Corte EDU, Grande Chambre, sentenza 21 febbraio 1984, caso Ozturk c. Germania, § 53 Corte EDU, Grande Chambre, sentenza 10 febbraio 2009, caso Sergey Zolotukhin c. Russia, § 55 . In particolare, la giurisprudenza della Corte EDU cfr. § 9. di queste Considerazioni in diritto , e quella di legittimità cfr. § 8. ss. di queste Considerazioni in diritto sono sostanzialmente concordi nell’escludere la configurabilità dei presupposti di operatività del divieto di bis in idem tra procedimento penale e procedimento disciplinare, poiché quest’ultimo può comportare unicamente l’applicazione di sanzioni mai sostanzialmente penali, in quanto conseguenti alla violazione di regole di comportamento valevoli unicamente nell’ambito di una cerchia ristretta di soggetti, ma non anche della generalità dei consociati, essendo finalizzate unicamente a regolare l’ordinato svolgersi dei reciproci rapporti in determinati contesti e/o settori. Pur facendo applicazione dei criteri Engel , alla sanzione disciplinare de qua non può essere attribuita natura sostanzialmente penale, in particolare quanto alla sua gravità , decisivamente condizionata, in senso negativo, dal fatto che detta sanzione esercita efficacia afflittiva soltanto nel contesto carcerario e fino a che il soggetto sanzionato ne faccia parte, ma non esercita alcuna efficacia al di fuori di tale contesto. Nel caso in esame, infine, la sanzione disciplinare già applicata all’imputato risulta - tenuto conto delle sue connotazioni, descritte nel § 4. di queste Considerazioni in diritto - priva di quei caratteri di marcata afflittività che potrebbero indurre l’interprete a qualificarla, in concreto, come sanzione di natura sostanzialmente penale . 9. Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata, con rinvio alla Corte di appello di Ancona per il giudizio, che andrà celebrato applicando il seguente principio di diritto Non è configurabile il divieto di bis in idem nel caso di soggetto detenuto, già sanzionato disciplinarmente ex art. 81, comma 2, d.P.R. n. 230 del 2000, successivamente chiamato a rispondere per lo stesso fatto del reato di cui all’art. 635 c.p. il divieto di bis in idem tra procedimento disciplinare e procedimento penale non è stato fin qui affermato dalla Corte EDU, che anzi lo ha espressamente escluso cfr. Corte EDU, Grande Chambre, 21 febbraio 1984, Ozturk c. Germania e 10 febbraio 2009, caso Sergey Zolotukhin c. Russia , come peraltro già chiarito nel Rapporto esplicativo al Protocollo 7 e, comunque, alla sanzione disciplinare de qua, in applicazione dei cc.dd. criteri Engel , non può essere attribuita natura penale . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Ancona per il giudizio.