Ordine pubblico a rischio con il sito web che fornisce istruzioni per la costruzione di ordigni

Definitiva la condanna per un giovane, che se l’è cavata però con otto mesi di reclusione. Ha allestito un sito web ricco di consigli pratici per preparare e utilizzare bombe e agenti chimici.

Come in una pellicola cinematografica, ha creato un sito web, riempiendolo di istruzioni per la preparazione e l’uso di materiali esplosivi e di agenti chimici pericolosi. Così, per ben tre anni, ha messo a disposizione di tutti – persone normali, squilibrati e terroristi alle prime armi – veri e propri manuali per costruire ordini. Una volta beccato, non è riuscito in alcun modo a giustificare la follia fatta, e si è ritrovato condannato per avere violato la normativa sulle armi. Contenuta, comunque, la pena solo otto mesi di reclusione Cassazione, sentenza n. 21948/18, sez. I Penale, depositata oggi . Informazioni. Protagonista – negativo – un giovane, che dal proprio computer si è dilettato a creare un sito – oggi non più disponibile, ovviamente – ricco di informazioni dettagliate sulla realizzazione e sull’utilizzo di materiali esplosivi. Inequivocabili i contenuti delle varie pagine web in una, ad esempio, si poteva leggere Costruisci una bomba facile facile”, con tanto di files di testo contenenti le istruzioni per il confezionamento degli ordigni . Il sito, messo in rete nel 2005, è stato accessibile fino ai primi giorni del 2008, quando è stato oscurato e poi cancellato definitivamente. E proprio l’analisi dei materiali messi a disposizione degli internauti ha convinto i Giudici, prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello, a ritenere il giovane colpevole in maniera certa. Consequenziale la sua condanna a otto mesi di reclusione per avere fornito istruzioni, per via telematica, sulla preparazione e sull’uso di materiali esplosivi e di aggressivi chimici . Tutela. Inutile si è rivelata la scelta di presentare ricorso in Cassazione. Inutili le obiezioni difensive proposte, respinte in modo netto dai Magistrati, che hanno confermato senza tentennamenti la condanna pronunciata in Appello. Per i Giudici del ‘Palazzaccio’ il riferimento decisivo è la tutela del bene giuridico dell’ordine pubblico . In questa ottica viene evidenziato che merita di essere punito non solo l’uso di determinati dispositivi ad alto potenziale offensivo , ma anche la mera divulgazione delle informazioni necessarie per la loro preparazione , divulgazione realizzata, in questo caso, attraverso internet.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 19 dicembre 2017 – 17 maggio 2018, n. 21948 Presidente Mazzei – Relatore Renoldi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 18/03/2015, la Corte d'appello di Roma confermò la sentenza del Tribunale di Roma in data 6/11/2013 con la quale Ma. Tr. era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di otto mesi di reclusione in quanto riconosciuto colpevole, con le attenuanti generiche, del reato di cui all'art. 2-bis della legge 2 ottobre 1967, n. 895, per avere, fuori dai casi consentiti da disposizioni di legge o di regolamento, fornito sulle pagine del sito web www.cyberbobhack.com da lui attivato, istruzioni dettagliate per la preparazione e l'uso di materiali esplosivi ed aggressivi chimici pericolosi inserendo pagine web e collegamenti denominati costruisci un fumogeno e una bomba facile facile , contenenti files di testo costituenti le istruzioni per il confezionamento di tali ordigni fatti accertati in Roma fino al 31/01/2008. 2. Avverso la sentenza d'appello, ha proposto ricorso per cassazione lo stesso Tr. a mezzo del difensore fiduciario, avv. Gi. To., deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., il vizio di motivazione della sentenza impugnata ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. E , cod. proc. pen Ciò in quanto la Corte territoriale avrebbe impropriamente richiamato, a sostegno della ricostruzione accolta, alcune massime riferibili a situazioni e fattispecie del tutto diverse dalla commissione, attraverso una pluralità di atti, di un reato di pericolo eventualmente permanente, quale quello disciplinato dall'art. 11 del D.Lgs. n. 74 del 2000, alla fattispecie di reato omissivo permanente contemplata dall'art. 25 del D.P.R. n. 203 del 1988, relativa allo svolgimento di attività inquinante senza autorizzazione. Nel caso di specie, tuttavia, non si sarebbe in presenza di alcuna serie di atti , dal momento che la condotta di attivazione del sito web contenente le istruzioni per la fabbricazione di materiali pericolosi si configurerebbe come condotta un isussistente, analogamente alla omologa ipotesi contemplata dall'art. 270-quinquies cod. pen. relativa al fornire istruzioni per la preparazione di esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali . Considerato in diritto 1. Il ricorso è, per un verso, aspecifico, nonché, sotto altro profilo, manifestamente infondato. 2. Preliminarmente, osserva il Collegio che in sede di appello, la difesa aveva sollevato una eccezione di prescrizione del delitto contestato, correlata al carattere istantaneo della fattispecie incriminatrice. Tale tesi, tuttavia, è stata confutata, con ampia e condivisibile motivazione, della Corte di appello, la quale ha osservato che il reato in contestazione rientra nello schema tipico dei reati di pericolo eventualmente permanenti, sicché la sua consumazione, ancorché iniziata al momento del primo verificarsi della situazione di pericolo, si protrae per l'intera durata dell'offesa e, dunque, fino a quando la predetta esposizione a pericolo del bene giuridico tutelato abbia eventualmente a protrarsi. Un modello che, come posto in luce attraverso la citazione di alcune pronunce di questa Corte, appartiene anche ad altre fattispecie di reato, tra le quali, appunto, vengono in rilievo proprio quelle previste dall'art. 11 del D.Lgs. n. 74 del 2000 e dall'art. 25 del D.P.R. n. 203 del 1988, menzionate nell'impugnazione. In questa prospettiva, dal momento che le istruzioni per la fabbricazione dei congegni esplosivi erano state pubblicate in rete fin dal 2005, allorché era stato attivato il sito web sul quale esse erano state inserite, e che alla data del 31/01/2008 le istruzioni erano ancora visibili, doveva ritenersi che la lesione del bene giuridico si fosse protratta fino a tale momento, con conseguente slittamento del dies a quo del termine di prescrizione. 3. Orbene, osserva il Collegio come il ricorso per cassazione, nel limitarsi a dedurre la non corretta citazione di alcuni estremi giurisprudenziali da parte della sentenza impugnata, non si sia confrontato, in alcun modo, con le argomentazioni svolte dalla Corte territoriale al fine di confutare la tesi difensiva circa la mancata prescrizione del reato. In particolare, l'impugnazione non ha articolato alcuna censura sostanziale, non essendo stato esplicitato alcun concreto argomento in ordine alla rilevanza della questione dedotta. In altri termini, la difesa del ricorrente ha cercato di confutare i richiami giurisprudenziali compiuti dai giudici di appello senza spiegare quali effetti sarebbero derivati da tale censura, la quale, conseguentemente, si connota in termini di insuperabile aspecificità. 3.1. Nel merito, le argomentazioni difensive sono, comunque, manifestamente infondate. L'art. 2-bis della legge 2 ottobre 1967, n. 895, introdotto dall'art. 8, comma 5, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005, n. 155 intitolato Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale , punisce chiunque, fuori dei casi consentiti da disposizioni di legge o di regolamento e salvo che il fatto costituisca più grave reato, fornisce istruzioni in qualsiasi forma, anche anonima, o per via telematica sulla preparazione o sull'uso di materiali esplosivi, di armi da guerra, di aggressivi chimici o di sostanze batteriologiche nocive o pericolose e di altri congegni micidiali . Tale ipotesi di reato, secondo quanto precisato nella relazione alla legge di conversione del menzionata decreto legge, era stata introdotta allo scopo di calibrare la fattispecie e la relativa sanzione con il disposto degli articoli 1, 2 e 5 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, riguardante le armi da guerra, quelle chimiche e batteriologiche e gli altri congegni micidiali . Dalla lettura combinata della disposizione prevista dall'art. 2-bis I. 895 del 1967 e di quelle di cui agli artt. 1 della L. 895/1967 che punisce colui il quale fabbrica, introduce nello Stato o pone in vendita o cede a qualsiasi titolo armi da guerra o tipo guerra o parti di esse senza licenza dell'autorità e 1 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 secondo cui l'autorità di pubblica sicurezza, alla quale spetta, ai sensi dell'art. 28 dello stesso decreto, il rilascio della licenza, veglia al mantenimento dell'ordine pubblico, alla sicurezza dei cittadini, alla loro incolumità e alla tutela della proprietà , si evince che la fattispecie in esame è posta a tutela dell'ordine pubblico e, più precisamente, a protezione dell'interesse alla prevenzione dei reati e, in particolare, della vita e della incolumità individuale. Interpretazione confermata dal raffronto con l'art. 695 cod. pen., che disciplina la contravvenzione di fabbricazione o commercio non autorizzati di armi , che la dottrina pone a tutela del bene giuridico dell'ordine pubblico, inteso nell'accezione indicata. Tale fattispecie realizza, all'evidenza, una anticipazione della tutela penale, punendo non già l'uso di determinati dispositivi ad alto potenziale offensivo, quanto piuttosto la mera divulgazione delle informazioni necessarie per la loro preparazione, secondo il paradigma tipico dei reati di pericolo. All'interno di tale categoria, come condivisibilmente ritenuto dalla Corte territoriale, rientrano anche talune fattispecie caratterizzate dalla possibilità che pur realizzandosi l'azione tipica uno actu, si verifichi comunque una durevole compromissione del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice cd. reati eventualmente permanenti . Nel caso di specie, invero, il reato è stato integrato, appunto, uno actu, attraverso il semplice inserimento, nei sito web allestito dall'imputato, di informazioni finalizzate a consentire, a terzi soggetti, la realizzazione di pericolosi ordigni. Al contempo, tale condotta ha realizzato una prolungata protrazione dell'offesa, tale da consentire di ricondurla ai reati permanenti. In questo modo, peraltro, il dies a quo del termine prescrizionale è stato correttamente individuato, secondo le regole generali, non già nel momento in cui la fattispecie è stata perfezionata ovvero nel 27/10/2005, data della immissione delle istruzioni sul sito web , quanto piuttosto nell'ultimo momento, successivo alla pubblicazione del dato, in cui si ha conoscenza del fatto che le istruzioni de quibus fossero ancora visibili, ovvero il 31/01/2008. Pertanto, sotto tale profilo, le doglianze formulate dal ricorrente devono ritenersi manifestamente infondate. 4. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 2.000,00 Euro. PER QUESTI MOTIVI Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 duemila in favore della Cassa delle Ammende.