Violenza sessuale: 5mila euro alla vittima come refusione delle spese, la liquidazione non è sproporzionata

I parametri forensi di cui al d.m. n. 55/2014 possono essere aumentati fino all’80% o diminuiti fino al 50% in virtù delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, nonché dell’importanza, della natura e della complessità del procedimento, della gravità e numero delle imputazioni e delle questioni giuridiche trattate.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20884/18, depositata l’11 maggio. La vicenda. Il GIP del Tribunale di Asti applicava all’imputato la pena patteggiata per il delitto di violenza sessuale con abuso delle condizioni di inferiorità psichica della persona offesa, condannandolo alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, oltre a rimborso forfettario, IVA e contributi previdenziali. Avverso tale sentenza, ricorre in Cassazione l’imputato deducendo l’erronea applicazione del d.m. n. 55/2014 avendo il giudice liquidato la somma in assenza di ogni motivazione, oltre al fatto che l’importo sarebbe incongruo rispetto al numero di udienze e all’attività defensionale della parte civile. Tabelle. La sentenza di patteggiamento può essere impugnata in Cassazione, in riferimento alla condanna alla rifusione delle spese di parte civile, laddove la richiesta di quest’ultima superi i limiti di una ragionevole opinabilità. Nel caso di specie però la liquidazione operata dal giudice di merito si sottrae ad ogni censura in quanto correttamente parametrata alle tariffe professionali vigenti d.m. n. 55/2014 , alla gravità del fatto contestato e alla lunga attività istruttoria espletata in udienza preliminare. La cifra di 5mila euro fissata dal giudice è infatti frutto dell’applicazione della tariffa di cui alla tabella 15, aumentata del 30% in ragione della complessità della questione ai sensi dell’art. 12 d.m. cit In conclusione, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 novembre 2017 – 11 maggio2018, n. 20884 Presidente Cavallo – Relatore Mengoni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 9/3/2017, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Asti applicava a M.F. - ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. - la pena di due anni di reclusione con riguardo al delitto di cui alla rubrica al contempo, condannava lo stesso imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, liquidate in 5.000,00 Euro, oltre rimborso forfettario, IVA e Cassa di previdenza. 2. Propone ricorso per cassazione il M. , a mezzo del proprio difensore, deducendo - con unico motivo - la violazione ed erronea applicazione degli artt. 12, d.m. n. 55 del 2014, 541, comma 1, cod. proc. pen., con difetto di motivazione. Il Tribunale avrebbe liquidato la somma citata in assenza di qualsivoglia argomento, quindi in modo illegittimo e tale da non consentire alcun controllo sulla disposizione medesima l’importo definito, inoltre, risulterebbe incongruo rispetto al numero di udienze, oltre che superiore alle tariffe determinate dal citato d.m. n. 55/2014 per la fase di giudizio, specie alla luce della modesta incidenza dell’attività defensionale della parte civile. Ancora, il parziale risarcimento del danno, nella misura di 40.000,00 Euro, avrebbe giustificato la compensazione delle spese, quantomeno in via parziale. 3. Con requisitoria scritta del 19/9/2017, il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto dichiarare inammissibile il gravame, attesa la congruità della motivazione adottata e della relativa liquidazione. Considerato in diritto 4. Il ricorso risulta infondato. Costituisce costante e condiviso indirizzo di questa Corte quello per cui è ricorribile per cassazione, sotto il profilo del vizio di motivazione, la sentenza di patteggiamento nella parte relativa alla condanna alla rifusione delle spese di parte civile Sez. 6, n. 42543 del 15/9/2016, C., Rv. 268843 Sez. 5, n. 9744 del 12/12/2014, Bertolucci, Rv. 263099 più in particolare, allorquando la richiesta di liquidazione da questa proposta sia contenuta nei limiti di una ragionevole opinabilità e risulti che il giudice abbia concretamente esercitato il potere di controllo a lui spettante, non è consentita l’impugnazione per cassazione della relativa disposizione, sotto il profilo del vizio di motivazione, se l’impugnazione non è accompagnata dall’esposizione, sia pure per capi, delle ragioni di illegittimità della liquidazione e non venga addotta la violazione dei limiti tariffari relativi alle attività difensive certamente svolte dal patrono di parte civile. Ciò in quanto la motivazione della sentenza è funzionale, sotto il profilo in esame, all’interesse dell’imputato a formulare i rilievi attinenti alla pertinenza delle voci di spesa, alla loro congruità e alla loro documentazione, laddove presentino margini di opinabilità e necessitino, per la loro pregnanza, di analitica esposizione. Quando, invece, la liquidazione operata in concreto dal giudice sia tale da coprire per certo le voci di spesa indefettibilmente sostenute dalla parte civile, e sia contenuta nei valori medi di cui alla Tabella allegata al decreto n. 55 del 10 marzo 2014, la motivazione non può che dare atto del rispetto di tali valori, per cui la sua mancanza non determina quel pregiudizio che costituisce la ragione della ricorribilità in cassazione. 6. Tutto quanto riportato in termini generali, osserva allora la Corte che, nel caso di specie, il provvedimento di liquidazione non merita alcuna censura la somma di 5.000,00 Euro, infatti, è stata determinata con richiamo espresso alle tariffe professionali vigenti, alla gravità del fatto contestato ed alla lunga attività istruttoria espletata in udienza preliminare, in tal modo seguendo i parametri di cui al d.m. 10 marzo 2014, n. 55 Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247 . In particolare, quanto alle tariffe, la tabella allegata 15 Giudizi penali individua - con riferimento al giudizio innanzi al GIP/GUP - un importo medio di 3.870,00 Euro 810 per studio della controversia 720 per fase introduttiva del giudizio 990,00 per istruttoria 1.350 per fase decisionale , che il giudice può aumentare, di regola , fino all’80% o diminuire fino al 50%, in ragione della complessità della questione. Ciò in forza dell’art. 12 del decreto medesimo, il cui comma 1 individua i parametri che debbono presiedere alla liquidazione dei compensi si deve, cioè, tener conto delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, dell’importanza, della natura, della complessità del procedimento, della gravità e del numero delle imputazioni, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate, dei contrasti giurisprudenziali, dell’autorità giudiziaria dinanzi cui si svolge la prestazione, della rilevanza patrimoniale, del numero dei documenti da esaminare, della continuità dell’impegno anche in relazione alla frequenza di trasferimenti fuori dal luogo ove svolge la professione in modo prevalente, nonché dell’esito ottenuto avuto anche riguardo alle conseguenze civili e alle condizioni finanziarie del cliente. Si tiene altresì conto del numero di udienze, pubbliche o camerali, diverse da quelle di mero rinvio, e del tempo necessario all’espletamento delle attività medesime . 7. Orbene, il Tribunale di Asti - nel liquidare la somma indicata - ha correttamente fatto uso della norma in esame, valorizzando la gravità del fatto duplice episodio di violenza sessuale, con abuso di condizioni di inferiorità psichica e la lunga attività istruttoria espletata nel corso dell’udienza preliminare sviluppatasi in quattro udienze e due incidenti probatori e, alla luce di ciò, ha legittimamente applicato una tariffa superiore alla media, peraltro nella limitata misura del 30% e, pertanto, in termini assai inferiori al limiti di cui al citato art. 12, comma 1, ultimo periodo. Con motivazione, quindi, non meritevole di censura. Il ricorso deve esser rigettato, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.