Sottolineare una situazione di fatto durante l’assemblea condominiale non è reato

Reputazione, amor proprio, dignità personale e opinione del gruppo sociale. Questi sono gli elementi utilizzati dalla Suprema Corte per identificare la sussistenza dell’intento diffamatorio nella fattispecie in esame.

Sulla questione la Cassazione con sentenza n. 21128/18, depositata l’11 maggio. La vicenda. Il Tribunale confermava la sentenza del Giudice di Pace con la quale l’imputato veniva condannato alla pena di giustizia per il delitto di diffamazione in danno a minori. Nello specifico i fatti di reato riguardavano alcune affermazioni dell’imputato durante un’assemblea condominiale secondo le quali i figli minori di alcuni condomini venivano accusati di aver rotto il cancello condominiale, mentre in realtà il cattivo funzionamento era dovuto ad un vizio nella struttura dello stesso cancello. Contro la pronuncia di merito il condannato ha proposto ricorso per cassazione deducendo, tra i vari motivi, violazione di legge in merito alla sussistenza del delitto di diffamazione. Nessun intento diffamatorio. La Cassazione ha evidenziato che la frase ritenuta diffamatoria in realtà si limita a sottolineare una situazione di fatto, non contestata nel suo accadimento. Infatti l’accusato, durante l’assemblea, si era limitato ad osservare che i minori giocassero nei pressi del cancello, facendo scorrere ripetutamente quest’ultimo. Gli Ermellini hanno osservato che le affermazioni non costituiscono nessuna accusa di aver cagionato la rottura del cancello condominiale, come erroneamente hanno ritenuto i Giudici di merito, ma soltanto un isolato uso scorretto dello stesso, che è cosa ben diversa e inidonea, in difetto di contraria dimostrazione, a far credere che sia stata la causa efficiente delle rottura del motore elettrico del cancello . L’amor proprio. Inoltre, la Suprema Corte ha precisato che in tema di diffamazione per identificare la reputazione, oggetto di lesione, non è sufficiente valutare la considerazione che ciascuno ha di sé o il semplice amor proprio , ma è necessario verificare il senso della dignità personale in conformità all’opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico . Infine, precisa la Corte le modalità espressive dispiegate devono essere proporzionate e funzionali alla comunicazione dell’informazione e non tradursi in espressioni che, in quanto gravemente infamanti e inutilmente umilianti, trasmodino in una mera aggressione verbale del soggetto criticato . Da quanto premesso, secondo la Cassazione, consegue che l’evidenziazione del mero uso scorretto del cancello condominiale da parte di minori non può essere identificata come un attentato alla onorabilità e alla dignità umana . In conclusione la Corte accoglie il ricorso e annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 1 marzo – 11 maggio 2018, n. 21128 Presidente Fumo – Relatore Sabeone Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza del 14 dicembre 2016, ha sostanzialmente confermato, rimodulando la pena, la sentenza del Giudice di pace di Santa Maria Capua Vetere del 16 ottobre 2014 che aveva condannato C.F. per il delitto di diffamazione in danno dei minori D.F.M. e A I fatti, come ricavabili dal capo d’imputazione, erano consistiti nelle affermazioni dell’imputato, rese nel corso di un’assemblea condominiale, secondo le quali i minori avrebbero determinato la rottura del motore del cancello condominiale a mezzo di un uso scorretto dello stesso mentre in realtà il cattivo funzionamento era dovuto ad un vizio strutturale del cancello stesso. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il C. , il quale lamenta, a mezzo del proprio difensore, una violazione di legge e una motivazione illogica in merito al mancato accoglimento dell’eccezione d’incompetenza di cui all’articolo 11 cod.proc.pen. in quanto la madre dei minori era Magistrato in servizio nel Distretto della Corte di Appello di Napoli una ulteriore violazione di legge e illogicità della motivazione in merito alla ritenuta sussistenza del delitto di diffamazione infine, una ulteriore violazione di legge e carenza di motivazione in merito al disposto trattamento sanzionatorio. Considerato in diritto 1. Il ricorso è meritevole di accoglimento. 2. Infondato è, però, il motivo in rito. L’articolo 11 cod.proc.pen. disciplina la competenza per i procedimenti riguardanti Magistrati, sia come indagati o imputati sia come persone offese o danneggiati dal reato, stabilendo che in tali casi è competente il Giudice ugualmente competente per materia che ha sede nel capoluogo del distretto, diverso da quello dove ha prestato o presta servizio il Magistrato coinvolto, di Corte d’appello determinato per legge dalla tabella A, allegata all’articolo 1 disp.att.cod.proc.pen., che contiene una attribuzione di competenze a catena . La disposizione costituisce un’evidente eccezione al principio generale del Giudice naturale, così come individuato dal codice di rito, e trova la sua ratio nell’esigenza di tutelare il diritto di difesa del cittadino imputato e gli interessi del Magistrato danneggiato o offeso dal reato e di garantire la terzietà e l’imparzialità del Giudice v. Corte Cost., sentenza 15 ottobre 1991, n. 390 , eliminando presso l’opinione pubblica qualsiasi sospetto di parzialità determinato dal rapporto di colleganza e dalla normale frequentazione tra Magistrati operanti in Uffici Giudiziari del medesimo distretto di Corte d’appello e, quindi, nella necessità di assicurare in ogni caso l’imparzialità del Giudice, che potrebbe essere compromessa nei casi in cui giudicandi e giudicanti fossero legati da particolari rapporti di comunanza professionale territoriale e quindi di frequentazioni quotidiane. Inoltre, secondo l’orientamento ormai consolidato di questa Corte Suprema, la speciale competenza stabilita dal citato articolo 11 cod.proc.pen. ha natura funzionale e non meramente territoriale di conseguenza, l’eventuale incompetenza può essere eccepita o rilevata, anche di ufficio, in qualsiasi stato e grado del procedimento, ai sensi dell’articolo 21, comma 1 cod.proc.pen. v. Cass. Sez. Un., 15 dicembre 2004 n. 292 e Sez. VI 2 aprile 2012 n. 13182 . La concreta operatività della disciplina dettata dall’articolo 11 cod.proc.pen. è subordinata, però, alla condizione che il Magistrato, nel procedimento penale, assuma formalmente la qualità di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato v. Cass. Sez. VI 9 maggio 2005 n. 40984 . Ciò, in altri termini, significa che la qualità di imputato, persona offesa, o persona danneggiata del magistrato, affinché diventi operante la nuova competenza debba essere una qualità formale assunta nella sede procedimentale, attraverso le iniziative formali previste dall’ordinamento giuridico spettanti all’organo del Pubblico Ministero. Il che non è avvenuto nel caso di specie in cui i minori persone offese sono stati addirittura rappresentati, ai fini della costituzione di parte civile, dal solo padre D.F.F. . 3. Quanto al merito effettivo, ritiene questo Collegio che la fase ritenuta diffamatoria ne fanno un uso scorretto in quanto il 14/2/09 alle ore 15,35 i figli dei Sig. D.F. giocavano nei pressi del viale, facendo scorrere forzatamente e ripetutamente il cancello in fase di chiusura-apertura in realtà non abbia alcun intento diffamatorio ma si sia limitata ad evidenziare una situazione di fatto, non contestata nel suo accadimento. In primo luogo, non vi è alcuna infondata accusa di aver cagionato la rottura del cancello condominiale, come erroneamente ritenuto dai Giudici del merito, ma soltanto un isolato uso scorretto dello stesso, che è cosa ben diversa e inidonea, in difetto di contraria dimostrazione, a far credere che sia stata la causa efficiente della rottura del motore elettrico del cancello. In secondo luogo, questa volta in punto di diritto, questa Corte, con antica ma consolidata giurisprudenza v. a partire da Cass. Sez. V 28 febbraio 1995 n. 3247 afferma che in tema di diffamazione, la reputazione non si identifichi con la considerazione che ciascuno ha di sé o con il semplice amor proprio, ma con il senso della dignità personale in conformità all’opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico. Non costituiscono, pertanto, offesa alla reputazione le sconvenienze, l’infrazione alla suscettibilità o alla gelosa riservatezza. Inoltre, le modalità espressive dispiegate devono essere proporzionate e funzionali alla comunicazione dell’informazione e non tradursi in espressioni che, in quanto gravemente infamanti e inutilmente umilianti, trasmodino in una mera aggressione verbale del soggetto criticato. Non si vede, pertanto, quale attacco ad personam, quale attentato alla onorabilità e alla dignità umana possa derivare ai soggetti passivi del contestato reato dall’evidenziazione di un mero uso scorretto di un cancello condominiale da parte degli stessi, peraltro, minori e conseguentemente meno sensibili al preteso disvalore sociale di un loro comportamento non consono ai canoni di correttezza della vita condominiale . 4. Il ricorso va, in conclusione, accolto e la sentenza impugnata annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. Oscuramento dati identificativi e personali essendo coinvolti nel processo soggetti minorenni. P.Q.M. La Corte, annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non sussiste. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.