L’esimente del diritto di critica non sussiste se manca la veridicità del fatto

L’esercizio del diritto di critica richiede la verità del fatto attribuito e assunto a presupposto delle espressioni criticate, in quanto non può essere consentito attribuire a un soggetto specifici comportamenti mai tenuti.

A ribadirlo è la Corte di Cassazione in un caso piuttosto emblematico. La vicenda. E’ accaduto infatti che in un articolo di giornale si fosse attribuito alla persona offesa una serie di fatti, risultati successivamente non veri. La Corte di Cassazione ha così avuto facile gioco verso l’imputato che lamentava di essere stato prosciolto esclusivamente per l’intervenuta prescrizione, essendo invece palese” l’esercizio del suo diritto di critica. Verità dei fatti. Il punto dirimente è stato rinvenuto nel fatto che i corsi fantasma” lamentati e criticati nell’articolo in questione, in realtà fossero partiti e, dunque, fossero stati svolti, posto che la loro interruzione era avvenuta a causa del commissariamento dell’ente organizzatore e dal congelamento dei contributi pubblici. Sicché i corsi in questione seppur parzialmente si erano tenuti, il che escludeva la totale insussistenza degli stessi. Da qui la non veridicità del fatto su cui si era fondato l’invocato diritto di critica. Il principio di diritto espresso è risalente e pienamente condivisibile. D’altra parte, la critica, per un fatto non vero, è una critica ingiusta e tale ingiustizia non può costituire – come indicato dal Supremo collegio – un diritto.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 26 febbraio – 10 maggio 2018, n. 20800 Presidente Bruno – Relatore Fidanzia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 30 settembre 2015 la Corte d’Appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di B.D. perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione in ordine al delitto di diffamazione, con l’aggravante dell’attribuzione di un fatto determinato, ai danni di I.F. , con conferma a carico del prevenuto delle statuizioni civili. All’imputato è stato contestato di avere, mediante il comunicato-stampa riportato nell’articolo pubblicato sul giornale omissis in data omissis offeso la reputazione della parte civile, in proprio e quale rappresentante dell’ASCOM di Cosenza, con le seguenti espressioni Corsi-fantasma pagati con centinaia di milioni di vecchie lire di cui i presidenti delle aziende Speciali della Camera di Commercio si sono autonominati direttori, la vicenda della ConfCommercio situazione sconcertante, che è stata oggetto di interpellanze parlamentari in cui si chiede l’intervento della Corte dei Conti e della magistratura e che ha portato i vertici nazionali alla revoca del marchio per l’Ascom di Cosenza . 2. Con atto sottoscritto dal proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato affidandolo ai seguenti motivi. 2.1. Con il primo motivo è stata dedotta violazione di legge penale in relazione agli artt. 595 comma 3 c.p. e 13 L. n. 47/48. Lamenta, preliminarmente, il ricorrente che le sue dichiarazioni non sono state riportate fedelmente nell’articolo redatto, il cui contenuto non è quindi allo stesso riferibile. In ordine all’espressione in cui si fa riferimento ai corsi-fantasma , deduce il ricorrente che erroneamente i giudici di merito hanno ritenuto che tale espressione possa equivalere a corsi inesistenti, dato che, secondo la definizione letterale, per fantasma si intende l’apparizione di un defunto, ovvero di un qualcosa che è esistito ma che non appartiene più alla realtà fenomenica. Nel caso di specie è pacifico che il corso denominato , finanziato con denaro pubblico, organizzato dalla PromoCosenza azienda speciale della Camera di Commercio , di cui la persona offesa era direttore, non aveva avuto un risultato positivo. La notizia riportata dal cronista rispettava quindi i canoni di veridicità e della continenza. Lamenta che la deduzione operata dalla Corte territoriale, secondo cui con la suddetta espressione si fa pensare che i soldi finanziati per quei i corsi fantasma andassero, invece, nelle tasche dei Presidenti che tal fine si autonominavano Direttori dei Corsi costituiva un evidente salto logico frutto di un’interpretazione altamente soggettiva del giudice d’appello, non corrispondente a quanto riferito dal cronista e riferito dall’imputato. Peraltro, tale critica non era stata rivolta all’A. che all’epoca dei fatti non era più il presidente dell’Azienda da circa sei mesi. Per quanto riguarda le altre espressioni contenute nel comunicato passato alla stampa, il riferimento alla Corte dei Conti era verosimilmente il frutto di un errore di comprensione del giornalista. Inoltre era vero che la Confcommercio aveva revocato il proprio marchio all’ASCOM e di tale questione se ne era occupata la magistratura romana e la Corte dei Conti. Ne conseguiva l’insussistenza del delitto di diffamazione. 2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 51 e 595 c.p. e 13 L. n. 47/48. Lamenta il ricorrente che i fatti esposti nell’articolo per cui è procedimento sono veri e per escluderne la valenza diffamatoria occorre inserirli nello specifico ambito di confronto politico, essendo consentita una maggiore flessibilità nell’esercizio del diritto di critica politica nei confronti di soggetti che rivestono cariche pubbliche. Considerato in diritto 1. Entrambi motivi, che possono essere esaminati unitariamente, avendo ad oggetto, tematiche omogenee, sono inammissibili anche perché manifestamente infondati. Preliminarmente, la censura del ricorrente secondo cui le sue dichiarazioni non sarebbero state riportate fedelmente nell’articolo per cui è procedimento è inammissibile per genericità, non essendosi lo stesso neppure preoccupato di evidenziare quale sarebbe stato allora il contenuto esatto delle sue dichiarazioni. Esaminando a questo punto il contenuto del comunicato, come riportato nel capo d’imputazione, va osservato che condivisibilmente la Corte territoriale ha ritenuto che l’espressione corsi-fantasma pagati con centinaia di milioni di vecchie lire di cui i presidenti delle aziende Speciali della Camera di Commercio si sono autonominati direttori abbia natura diffamatoria, essendo evidente che una tale espressione evochi un comportamento chiaramente truffaldino là dove si afferma che i corsi fossero fantasma e, quindi inesistenti, e si allude che i soldi finanziati per gli stessi andassero nelle tasche dei Direttori autonominatisi. Né è in alcun modo persuasiva l’affermazione del ricorrente secondo cui il termine fantasma non equivarrebbe ad inesistente, essendo evidente che questo è il significato che lo stesso inequivocabilmente assume sia nel linguaggio comune che in quello giornalistico. D’altra parte, l’interpretazione del comunicato effettuata dalla Corte di merito non costituisce affatto un salto logico , e ciò in considerazione del chiaro tenore letterale dell’espressione sopra esaminata e non avendo comunque il ricorrente neppure prospettato un’interpretazione alternativa della stessa. Si condivide, altresì, l’assunto del giudice di secondo grado secondo cui il contenuto diffamatorio del comunicato è stato rafforzato dal giornalista ponendo in collegamento la vicenda dei c.d. corsi fantasma con la revoca da parte della Confcommercio nazionale del proprio marchio alla ASCOM di Cosenza di cui era presidente la parte civile . In realtà, è risultato dalla ricostruzione del giudice di secondo grado che tale revoca era avvenuta per difficoltà finanziaria dell’associazione, in alcun modo collegate né all’attività né alle artificiose ruberie dei Presidenti evidenziate nell’articolo per cui è procedimento. Né il ricorrente può invocare l’esercizio del diritto di critica. In proposito, deve ricordarsi l’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui l’esercizio del diritto di critica richiede la verità del fatto attribuito e assunto a presupposto delle espressioni criticate, in quanto non può essere consentito attribuire ad un soggetto specifici comportamenti mai tenuti. Ne consegue che, limitatamente alla verità del fatto, non sussiste alcuna apprezzabile differenza tra l’esimente del diritto di critica e quella del diritto di cronaca, costituendo per entrambe presupposto di operatività. Sez. 5, n. 7662 del 31/01/2007, Rv. 236524 vedi anche sez 5 n. 7715/14, Rv 264064 e n. 40930/13, Rv 257794 . Inoltre, un soggetto, per poter invocare la scriminante dell’esercizio del diritto di critica, non può limitarsi alla mera allegazione dell’esistenza del fatto che intende criticare in quanto, come l’imputato che invochi il diritto di cronaca ha l’onere di provare la verità della notizia riportata Sez. 5, n. 10964 del 11/01/2013, Rv. 255434 , o quantomeno offrire la prova della cura posta negli accertamenti svolti per vincere dubbi ed incertezze prospettabili in ordine alla verità della notizia Sez. 5, n. 12024 del 31/03/1999, Rv. 215037 Sez. 5, n. 15643 del 11/03/2005, Rv. 232134 Sez. 5, n. 23695 del 05/03/2010, Rv. 24752401 , altrettanto, anche con riferimento all’esercizio del diritto di critica, l’agente è onerato di indicare tutti gli elementi comprovanti la dedotta causa di giustificazione al fine di porre il giudice in condizione di valutare seriamente la fondatezza di tale argomento difensivo. Nel caso di specie, non solo l’imputato ha dedotto nel comunicato fatti dei quali non ha fornito neppure un principio di prova eventualmente valutabile a norma dell’art. 530 comma 3 c.p.p. , ma dallo stesso tenore inequivocabile del ricorso emerge che i fatti indicati non erano veri. In particolare, lo stesso ricorrente evidenzia che, nell’organizzazione del corso denominato XXXXXX, pur essendoci stati gravissimi problemi gestionali sin dall’inizio, lo stesso corso era iniziato e i ragazzi che lo avevano frequentato erano giunti ai due terzi del percorso, non potendolo completare, per essere stato avviato il procedimento di revoca del finanziamento del progetto e per essere l’agenzia PromoCosenza, cui era stata demandata l’organizzazione del corso, stata commissariata. Dunque non si trattava affatto di un corso-fantasma . Analogamente, con riferimento alla revoca del marchio Confcommercio alla ASCOM, nel ricorso il prevenuto dà atto che tale revoca c’era stata ma neppure allega che fosse riconducibile allo scandalo dei corsi fantasma . Non vi è dubbio che la mancanza di verità o veridicità del fatto indicato nel comunicato stampa inviato dal ricorrente impedisce in radice la configurabilità dell’esimente dell’esercizio del diritto di critica. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma che si stima equo fissare in Euro duemila in favore delle cassa delle ammende. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro duemila in favore delle cassa delle ammende.