Blocca con forza l’alunna dispettosa: nessuna sanzione per la maestra

La donna era stata condannata in Tribunale e in Appello. I Giudici del Palazzaccio hanno ritenuto legittimo il suo comportamento, finalizzato a bloccare la bambina e ad impedire che con i suoi comportamenti pericolosi provocasse la reazione dei compagni.

Ha trattenuto la piccola alunna – Lucia, nome di fantasia –, di appena 5 anni, per un braccio, forse con eccessiva foga, con l’intento però di calmarla, evitando che con la sua vivacità scatenasse la reazione dei compagni di classe, e si è ritrovata sotto accusa, prima per violenza privata” e poi per abuso dei mezzi di correzione”. Ora, dopo sei anni difficili, passati a difendere la propria immagine personale e professionale, la giovane maestra – neanche 40 anni di età – può tirare un sospiro di sollievo secondo i Giudici del Palazzaccio, non ha compiuto alcun abuso. Anzi, col suo comportamento la donna ha sottratto la bambina ai comportamenti aggressivi degli altri alunni Cassazione, sentenza n. 20236/18, Sezione Sesta Penale, depositata oggi . Materna. Contesto della delicata vicenda è una scuola materna in provincia di Pavia. L’episodio incriminato, che ha dato il ‘la’ alla vicenda giudiziaria, risale al 2012, quando una giovane maestra – Paola, nome di fantasia – finisce sotto accusa perché, secondo i racconti fatti da alcuni bambini, ha trattenuto per un braccio un’alunna per bloccarne l’eccessiva vivacità , e ha addirittura istigato i bambini della classe a colpire la compagna . Le ripercussioni per la maestra sono pesanti da un lato, l’allontanamento dalla scuola, e la perdita del posto di lavoro dall’altro lato, la condanna in Tribunale a 6 mesi di reclusione per violenza privata , con annesso obbligo di risarcire i danni subiti dalla bambina e dai suoi genitori. La situazione non migliora in Corte d’Appello, dove i giudici confermano la condanna per Paola, ritenendola però responsabile di abuso dei mezzi di correzione , e riducono la pena a 4 mesi di reclusione . Comportamento. Nonostante la sanzione più lieve in Appello, Paola ritiene ingiusto dover portare con sé quel ‘marchio d’infamia’, relativo non solo alla violenza compiuta ai danni della piccola Lucia, ma anche, come sostenuto dai giudici di secondo grado, alla sostanziale inadeguatezza alla gestione di situazioni di conflitto all’interno della classe , frutto, per giunta, della aggressività dimostrata dalla stessa Lucia. Ecco spiegato il ricorso in Cassazione, centrato soprattutto sulla assenza di comportamenti aggressivi della maestra in danno della bambina e della volontà di costringerla a subire maltrattamenti dai compagni di classe . Secondo il legale di Paola è emerso che la sua cliente ha trattenuto la bambina per un braccio, con un atto di minima valenza fisica o morale, atto necessario per rafforzare la proibizione di comportamenti oggettivamente pericolosi da parte sua e per evitare le reazioni dei compagni agli atteggiamenti aggressivi della piccola Lucia che disturbava l’andamento delle lezioni con calci, sberle e pizzicotti . Questa ricostruzione, già accettata in Appello, è ritenuta decisiva dai Giudici del Palazzaccio, i quali fanno cadere definitivamente le accuse nei confronti della maestra. Impossibile, in sostanza, parlare di abuso dei mezzi di correzione , poiché la bambina è stata trattenuta per sottrarla alle aggressioni dei compagni di scuola . E in questo quadro è irrilevante, concludono i magistrati della Cassazione, il richiamo a una presunta incapacità della maestra a gestire situazioni di conflitto all’interno della classe .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 11 aprile – 8 maggio 2018, n. 20236 Presidente Petruzzellis – Relatore Gianesini Ritenuto in fatto 1. Il Difensore di Va. LA RO. ha proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza con la quale la Corte di Appello di MILANO, in riforma parziale della sentenza di primo grado, ha qualificato la complessiva condotta dell'imputata come violazione dell'art. 571 cod. pen. e ha conseguentemente quantificato la pena in quattro mesi di reclusione. 2. Il ricorrente ha dedotto due motivi di ricorso per vizi di motivazione ex art. 606, comma 1 lett. e cod. proc. pen 2.1 Con il primo motivo, il ricorrente, dopo aver rilevato che la stessa Corte di Appello aveva attribuito all'imputata una sostanziale inadeguatezza alla gestione di situazioni di conflitto all'interno della classe a causa della aggressività dimostrata dalla piccola Giada, ha sottolineato che la motivazione aveva dato atto della assenza, in capo all'imputata, di comportamenti aggressivi in danno della bambina e della volontà di costringere la minore a subire detti comportamenti da parte dei compagni di classe, minore che era stata trattenuta per un braccio, con un atto di minima valenza fisica o morale necessario per rafforzare la proibizione di comportamenti oggettivamente pericolosi, solo per evitare appunto le reazioni dei compagni di classe agli atteggiamenti e ai comportamenti aggressivi della stessa minore che disturbava l'andamento delle lezioni con calci, sberle e pizzicotti. 2.2 Con il secondo motivo, poi, il ricorrente ha lamentato che le circostanze attenuanti generiche fossero state valutate in termini di mera equivalenza con le aggravanti contestate quando la stessa minore, nella audizione protetta, aveva dichiarato di non essere stata maltrattata e non erano emersi elementi di disagio mai segnalati prima della pronuncia della sentenza di appello. Considerato in diritto 1. La sentenza impugnata va annullata senza rinvio ex art. 620 cod. proc. pen. perché il fatto non sussiste. 2. Va premesso brevemente che i fatti oggetto di esame sono stati originariamente contestati come violazioni degli artt. 610 cp e 40, secondo comma, 581 cod. pen. e qualificati poi come abuso dei mezzi di correzione di disciplina ex art. 571 cod. pen. dalla sentenza di Appello. 2.1 La stessa Corte di Appello afferma di prestare fede alla versione dell'imputata, secondo la quale la minore era stata trattenuta non per costringerla a tollerare le violenze degli altri bambini ma per sottrarla alla aggressione dei compagni di scuola e alle dichiarazioni della piccola Giada che aveva negato di essere stata percossa dall'imputata o aggredita dagli altri bambini del pari, la Corte dà atto che le altre insegnanti avevano negato di aver visto comportamenti anomali da parte della imputata. 2.2 Dalle indicazioni di fatto sopra riportate e che la stessa Corte, lo si ripete, condivide nella loro materialità, il Giudice di Appello ha tratto la conclusione della incapacità della imputata a gestire situazioni di conflitto all'interno della classe e della violazione della funzione educativa nel fatto che la piccola Giada era stata afferrata per un braccio al fine, evidentemente, di sottrarla alle aggressioni degli altri bambini. 2.3 Se così stanno le cose, va allora affermato che non risulta in alcun modo realizzato l'elemento materiale del reato di cui all'art. 571 cod. pen. che richiede, come è noto, un abuso dei mezzi di correzione inteso come eccesso nell'uso di mezzi giuridicamente leciti dato che la minima attività costrittiva svolta sulla bambina per sottrarla alle possibili aggressioni dei compagni di scuola era evidentemente finalizzata a preservare la incolumità della piccola alunna mentre non rileva , nei termini della realizzazione dell'elemento materiale del reato, quella incapacità a gestire situazioni di conflitto all'interno della classe sulla base della quale la Corte di Appello ha fondato il giudizio di responsabilità penale per il reato di cui all'art. 571 cod. pen. da ultimo, Cass. Sez. 6 del 3/2/2016 n. 9954, Rv 266435 , che richiede comunque il ricorso, seppure minimo e orientato a scopi educativi, a forme di violenza fisica o morale . P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.