Punibile per truffa chi ottiene biglietti aerei gratis raggirando il titolare dell’agenzia di viaggi

Il delitto di truffa contrattuale è configurabile laddove l’agente ponga in essere artifici o raggiri al momento della conclusione di un negozio giuridico traendo in inganno la controparte ed ottenendo così un consenso che non sarebbe altrimenti stato dato.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19741/18, depositata il 7 maggio. La vicenda. La Corte d’Appello di Milano confermava la condanna di un imputato per il reato di truffa commesso ai danni del titolare di un’agenzia di viaggio avendolo convinto a farsi consegnare due biglietti aerei per il Bangladesh senza poi pagarne il corrispettivo. Aveva ottenuto, sempre dalla medesima persona offesa, altri 11 biglietti aerei tramite artifici e raggiri con i quali faceva trasparire l’urgenza degli stessi inviando poi un riepilogo di un bonifico falso. Avverso la sentenza ricorre dinanzi alla Corte di Cassazione l’imputato. Truffa contrattuale. La Corte di legittimità coglie l’occasione per ripercorrere i contorni della fattispecie della truffa contrattuale. Secondo la consolidata giurisprudenza, tale reato è configurabile laddove l’agente ponga in essere artifici o raggiri al momento della conclusione di un negozio giuridico traendo in inganno la controparte ed ottenendo un consenso che non sarebbe altrimenti stato dato. Il successivo inadempimento non configura un illecito civile ma rappresenta la conclusione dell’attività criminosa. Elemento caratterizzante della fattispecie è la sussistenza del dolo iniziale, ovvero quello che ha influito in modo determinante sulla volontà negoziale della parte offesa falsandone il processo volitivo. Applicando tale principio alla vicenda in esame, la Corte di legittimità conferma la ricostruzione operata dai giudici di merito che con motivazione logica ed adeguata hanno riconosciuto nella condotta dell’imputato gli estremi del reato. Per questi motivi, il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 21 marzo – 7 maggio 2018, n. 19741 Presidente Davigo – Relatore Di Pisa Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con sentenza del 11/09/2017 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale di Milano del 12/07/2016 in forza della quale P.M. è stato ritenuto colpevole del delitto di truffa ai danni di M.A. , legale rappresentante della società omissis s.r.l. , per avere, con artifici e raggiri consistiti nel fare apparire come seria la richiesta di acquisto di due biglietti aerei con destinazione omissis nell’ottica di un rapporto di collaborazione nel campo del servizio della biglietteria aerea, indotto in errore il titolare, procurandosi un ingiusto profitto costituito dalla consegna dei biglietti senza pagare alcunché capo a. nonché colpevole del reato di tentata truffa nei confronti della medesima parte offesa per avere compiuto artifici e raggiri consistiti nel richiedere con urgenza, per la tratta omissis , undici biglietti per il costo di Euro 11.377,00 inviando un riepilogo di un bonifico con un codice falso ed, in realtà, mai eseguito inducendo in errore il rappresentante della società omissis s.r.l. al fine di acquisire un ingiusto profitto non riuscendo nell’intento per cause indipendenti dalla propria volontà. 2. Avverso la suddetta sentenza l’imputato, a mezzo del proprio difensore, propone ricorso per cassazione deducendo due motivi primo motivo violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla ritenuta configurabilità del reato di truffa consumata di cui al capo a . Assume che difettava l’elemento oggettivo del reato in quanto la società, prima dell’emissione dei biglietti, non aveva ricevuto alcun documento attestante il pagamento mentre non poteva avere alcun rilievo ai fini della configurabilità del reato contestato il successivo inoltro della documentazione attestante i pagamenti mai eseguiti secondo motivo difetto di motivazione mancando, con riferimento alla vicenda di cui al capo b , la prova di un comportamento diretto inequivocabilmente a commettere una truffa in quanto anche in questo caso la società aveva operato direttamente mentre il documento attestante il bonifico era stato ricevuto in un momento successivo era stato lo stesso imputato a richiedere l’annullamento dei biglietti in questione la società in ragione della prenotazione non doveva pagare alcuna penale, in concreto non corrisposta secondo quanto riferito dal teste escusso D 3. Il ricorso è manifestamente infondato. Il P. ha riproposto censure già sostanzialmente prospettate con i motivi di appello, e sulle quali la Corte territoriale ha esaurientemente risposto. E questa Corte non può sindacare il contenuto del convincimento dei giudici di merito ma solo la correttezza delle affermazioni, la logicità dei passaggi tra premesse e conseguenze nonché la rispondenza degli enunciati alle doglianze proposte dalla parte. In tema di sindacato del vizio di motivazione non è certo compito del giudice di legittimità quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito né quello di rileggere gli elementi di fatto posti a fondamento della decisione la cui valutazione è compito esclusivo del giudice di merito quando, come nella specie, l’obbligo di motivazione è stato esaustivamente soddisfatto dal giudice di merito, con valutazione critica di tutti gli elementi offerti dall’istruttoria dibattimentale e con indicazione, pienamente coerente sotto il profilo logico giuridico, degli argomenti dai quali è stato tratto il proprio convincimento, la decisione non è censurabile in sede di legittimità. Va, pure, evidenziato che non è sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti. Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011 dep. 25/05/2011, Tosto, Rv. 25036201 . 3.1. In punto di diritto va, quindi, rilevato che la condotta posta in essere dall’imputato rientra, anche sotto il profilo psicologico, nell’ipotesi della truffa contrattuale che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, è configurabile allorché l’agente pone in essere artifici e raggiri al momento della conclusione del negozio giuridico, traendo in inganno il soggetto passivo che viene indotto a prestare un consenso che altrimenti non sarebbe stato dato. La successiva inadempienza pertanto non costituisce illecito civile, ma la conclusione dell’attività criminosa ex plurimis Cass. /1980 Rv. 148455 Cass. /2008 Rv. 242296. Nella truffa contrattuale, poi, l’elemento che imprime al fatto della inadempienza il carattere di reato è costituito dal dolo iniziale, quello cioè che, influendo sulla volontà negoziale di uno dei contraenti falsandone, quindi, il processo volitivo avendolo determinato alla stipulazione del negozio in virtù dell’errore in lui generato mediante artifici o raggiri rivela nel contratto la sua intima natura di finalità ingannatoria Cass. /1981 Rv. 149803 Cass. /1983 Rv. 164164 , apparendo, quindi, del tutto priva di fondamento la tesi circa la sussistenza di un mero inadempimento contrattuale ovvero di altre fattispecie di reato. 4. Orbene la Corte territoriale ha dato conto, con motivazione logica, congrua e adeguata, non censurabile in questa sede, delle ragioni in base alle quali ha affermato la responsabilità dell’imputato ritenendo che le modalità delle vicende confermavano la sussistenza degli estremi oggettivi e soggettivi dei reati contestati, apparendo evidente la condotta truffaldina dell’imputato il quale ebbe a predisporre, al fine di trarre profitto con l’acquisto di biglietti aerei senza pagare alcunché documentazione attestante dei bonifici mai effettuati con l’indicazione di codici bancari C.R.O. inesistenti. 5. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al pagamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro duemila. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende. Sentenza a motivazione semplificata.