La sospensione dell’esecuzione della pena non è consentita se la rapina è aggravata

Qualora la rapina sia aggravata, poiché posta in essere ai danni di una persona di età superiore a 65 anni, la presenza di tale aggravante, prevista dall'art. 628, comma 3, n. 3-quinquies c.p.p., impedisce la sospensione dell’esecuzione della pena secondo il combinato disposto degli artt. 656, comma 9, c.p.p. Esecuzione delle pene detentive e 4-bis ord. pen. Divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti .

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 18496, depositata il 27 aprile. Il caso. Il GIP del Tribunale di Genova, in qualità di giudice dell’esecuzione, rigettava con ordinanza la richiesta di correzione di errore materiale dell’ordine di esecuzione. Avverso l’ordinanza del Tribunale l’interessato ricorre per cassazione denunciando l’erronea applicazione dell’art. 656, comma 9, c.p.p. Esecuzione delle pene detentive , essendo il reato in esecuzione una rapina aggravata, reato per il quale sarebbe possibile la sospensione dell’esecuzione. Inoltre, il ricorrente lamenta come l’aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 3- quinquies c.p.p. Rapina non avrebbe dovuto essere considerata ai fini dell’esecuzione, in quanto norma avente natura sostanziale ed entrata in vigore dopo la consumazione del reato. L’aggravante della persona offesa con più di 65 anni. Il Supremo Collegio rileva la legittimità sia dell’ordine di esecuzione sia del diniego della sospensione dell’esecuzione in ragione dell’età della persona offesa 70 anni . Ciò posto, i Giudici di legittimità ribadiscono che non può invocarsi il principio dell’irretroattività della legge penale più sfavorevole al reo, non versandosi in materia di norme penali di natura sostanziale , piuttosto di norme di natura processuale , per le quali è consentita l’applicazione del regime esecutivo più sfavorevole. Tuttavia, la Suprema Corte precisa che in realtà le circostanze aggravanti come quella in esame hanno natura mista e non producono solo effetti sostanziali, per i quali vige il principio di irretroattività, ma anche effetti processuali, come l’ostatività ai benefici penitenziari ed alla sospensione dell’esecuzione, tutelati costituzionalmente dal principio di razionalità e dal principio di difesa . La Corte quindi rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 31 gennaio 27 aprile 2018, n. 18496 Presidente Di Tomassi Relatore Di Giuro Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe indicata il G.i.p. del Tribunale di Genova, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di correzione di errore materiale dell’ordine di esecuzione emesso dalla Procura della Repubblica presso lo stesso Tribunale, presentata nell’interesse di T.F. . 2. Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione, personalmente, T.F. , lamentando violazione degli artt. 656 cod. proc. pen., 1 e 2 cod. pen., 4 bis ord. pen., 25 Cost. e 7 Cedu. Il ricorrente evidenzia come nel caso di specie vi sia stata un’erronea applicazione dell’art. 656, comma 9, cod. proc. pen. in relazione all’ordine di carcerazione della Procura di Genova, essendo il reato in esecuzione una rapina aggravata dall’art. 61 n. 5 cod. pen., reato non previsto come ostativo alla sospensione dell’esecuzione ai sensi del suddetto disposto normativo. Rileva che l’aggravante speciale di cui all’art. 628, comma 3 n. 3 quinquies è entrata in vigore dopo la consumazione - avvenuta il 10.8.13 - del reato commesso dal T. . E che pertanto non doveva essere considerata ai fini dell’esecuzione, non potendo trovare applicazione, ai sensi degli artt. 25 Cost., 1 e 2 cod. pen. e 7 Cedu, il principio del tempus regit actum, essendo mutata non una norma processuale ma una norma sostanziale ed in pejus. L’esecuzione doveva, invece, riguardare una rapina aggravata dalla minorata difesa e non da un’aggravante speciale non prevista dall’ordinamento al tempo della commissione del fatto. Il ricorrente insiste, quindi, per l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. Invero, il Giudice dell’esecuzione rileva - che l’ordine di esecuzione è stato correttamente emesso dalla Procura, a norma dell’art. 659, comma 9, cod. proc. pen., in presenza di un reato ostativo rientrante nel catalogo previsto dall’art. 4 bis ord. pen. - che, invero, è un dato di fatto incontestato che il delitto di rapina, di cui a detto ordine, sia stato commesso ai danni di un soggetto settantenne, come evidenziato nel capo di imputazione a sostegno dell’aggravante della minorata difesa di cui all’art. 61, n. 5 cod. pen. - che, se è scontato che detta ultima aggravante non concorra a integrare una condotta rilevante ai sensi dell’art. 4 bis ord. pen., è altrettanto certo che l’età della vittima superiore ai sessantacinque anni costituisce una specifica circostanza aggravante ricompresa, al punto 3-quinquies, tra quelle contemplate dal terzo comma dell’art. 628 cod. pen., sì da attrarre comunque la condotta in esame nell’alveo di quelle per le quali non opera il regime di sospensione dell’esecuzione - che, pur essendo stata detta aggravante ad effetto speciale introdotta con decreto legge emesso quattro giorni dopo il 14.8.13 la consumazione del fatto, non può invocarsi il principio dell’irretroattività della legge penale più sfavorevole al reo, non versandosi in materia di norme penali di natura sostanziale, non avendo di certo il T. riportato una pena più elevata in conseguenza di un’inammissibile applicazione retroattiva di tale aggravante, ma trovandosi piuttosto, esposto all’operatività di una norma di natura processuale che prevede un determinato regime di esecuzione della sentenza di condanna in presenza di certi requisiti, tra i quali, per sopravvenuta volontà legislativa, compare quello dell’avanzata età della vittima di una rapina - che per il principio tempus regit actum, che presiede all’operatività delle norme processuali penali, nulla osta all’applicazione nei confronti del T. del più sfavorevole regime esecutivo ricollegato dall’ordinamento a fatti quale quello accertato a carico del condannato che, pertanto, l’istanza difensiva di correzione dell’ordine di esecuzione, da intendersi come richiesta ex art. 670 cod. proc. pen. concernendo questioni sull’esecutività del titolo, deve essere respinta in quanto infondata. Assolutamente corretta risulta l’analitica motivazione appena riportata. Invero, l’aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 628, comma 3, 3 quinquies, seppure entrata in vigore successivamente alla commissione del fatto, impedisce, ai sensi del combinato disposto degli artt. 4 bis ord. pen. e 656, comma 9 cod. proc. pen. e quindi di una disciplina di natura processuale, la sospensione dell’esecuzione della pena per il fatto come accertato, quale rapina ai danni di una persona offesa di età superiore ai sessantacinque anni. Il nuovo inquadramento normativo della circostanza dell’età della persona offesa, prima rilevante ai fini dell’aggravante della minorata difesa, non preclusiva della sospensione dell’esecuzione della pena, se non può valere ai fini sostanziali, per il principio dell’irretroattività della legge penale più sfavorevole, rileva ai suddetti fini processuali, riconducendo la condotta delittuosa accertata nell’ambito di quelle per le quali non opera, ai sensi dell’art. 656, comma 9 cod. proc. pen., il regime di sospensione dell’esecuzione della pena. Invero, al pari della recidiva, le circostanze aggravanti come quella in esame hanno natura mista e non producono solo effetti sostanziali, per i quali vige il principio di irretroattività, ma anche effetti processuali, come l’ostatività ai benefici penitenziari ed alla sospensione dell’esecuzione, tutelati costituzionalmente dal principio di razionalità e dal principio di difesa si veda con riguardo all’istituto della recidiva Sez. 1, n. 42403 del 16/11/2006 - dep. 28/12/2006, P.M. in proc. Marziano, Rv. 235583, che evidenzia come sia necessario che la recidiva sia stata effettivamente valutata . 2. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del T. al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.